Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiviso

scapin michele
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da scapin michele »

Per noi che non siamo esperti di bibbia è difficile seguirvi con queste vostre riflessioni, ma vedo che a voi studiosi queste riflessioni vi entusiasmano e vi prendono.
non ci sarà mai un modo uguale di leggere gli avvenimenti accaduti , nemmeno fossero accaduti ieri, facciamoci una ragione di questo , e forse è meglio evitare entrare in certi argomenti che possono dividere .
Mi piace pensare che Dio continua parlare al suo popolo continuamente in ognuno di noi, parole silenziose che si aprono ad ogni cuore che si apre a Lui , parole che non anno bisogno del consenso di nessuno perchè nell'esperienza spirituale personale ciò che sperimenti è più importante di ciò che comprendi, e ciò c he comprendi è sempre comunque ciò che Dio ci concede di comprendere . Non dividiamoci, cercando di portare la nostra verità , acettiamo tutti il fatto che nessuno ha la verità in tasca, e tutti siamo in cammino.
Dio non fa violenza a nessuno ,entra in ognuno in punta di piedi e non ci chiede che grado di conoscenza abbiamo di Lui , ci chiede semplicemente di seguirlo e affidarci a lui senza troppi ragionamenti. un forte abbraccio a tutti :-)
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Gianni
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Gianni »

Caro Scapin Michele, forse, come dici, “non ci sarà mai un modo uguale di leggere gli avvenimenti accaduti”, ma perché affermarlo a priori? “Certi argomenti che possono dividere” sono soprattutto le dottrine. Ciò ha però a che fare con il credo.

Qui stiamo cercando un metodo condiviso per capire la Scrittura nel modo corretto. Finora, mi spiace dirlo, abbiamo solo girato intorno senza stabilire una sola regola di interpretazione. Forse era necessario chiarire le premesse come abbiamo fatto, non so. Ma vedrai l’efficacia di quanto cerchiamo di fare una volta stabilite le regole interpretative.

C’è una cosa molto importante che dici, ed è questa: “Ciò che sperimenti è più importante di ciò che comprendi, e ciò che comprendi è sempre comunque ciò che Dio ci concede di comprendere”.
Invito però te e chi ci legge a riflettere bene sull’applicazione queste tue importanti parole. Facciamo insieme, prendendo un passo biblico a caso.

In Gn 6:5, tradotto da CEI, è detto che “il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male”.
Ora, immagina tre persone che discutono su questo passo biblico: un credente ignorante (ovvero che non ha fatto studi, essendosi fermato alla quinta elementare), un ateo istruito e un credente studioso di Sacra Scrittura.

Il credente ignorante dice: Dio che sa tutto sapeva che i sentimenti umani erano malvagi.
Il credente studioso gli domanda perché faccia riferimento ai sentimenti. E quello risponde che è chiaro, perché il testo menziona il cuore umano.
Al che, il credente studioso cerca di spiegargli che il primo passo da fare per capire bene il testo biblico è di verificarne la traduzione. L’ateo istruito concorda, ma l’altro no, perché ritiene che la traduzione sia già molto chiara: si parla di cuore, quindi di sentimenti.
Il credente studioso apre però la Bibbia ebraica e mostra che il testo biblico originale dice: “Ogni scopo di pensieri di cuore”, spiegando che la parola in questione è makhashavàh (מַחֲשָׁבָה), che vuol dire proprio “pensiero”, per cui i sentimenti non c’entrano. L’ateo conferma. L’altro insiste sulla parola “cuore”, quindi sui sentimenti.
Il credente studioso gli spiega a quel punto che dopo aver controllato il testo originale bisogna capire con che senso la Bibbia usa una certa parola, e tenta di spiegargli che nella Bibbia il cuore è la sede dei pensieri, non dei sentimenti (che nella Bibbia hanno invece sede negli intestini). L’ateo conferma di nuovo. E il poveretto, il credente ignorante, comincia a prendersela con il credente studioso, ribadendo che la Bibbia parla di cuore. Il credente studioso e l’ateo si scambiano un’occhiata veloce che vuol dire: Lascia perdere, tanto non capisce.

Vanno avanti e i due credenti dicono che in quel passo la Bibbia sta spiegando il motivo per cui Dio sta per causare il Diluvio. L’ateo specifica che così credeva chi scrisse quella frase. Tutti e tre concordano alla fine che il passo vuol dire proprio questo ovvero che il Diluvio avviene per questo.

Ora, caro Scapin Michele, applichiamo le tue importanti parole.

“Ciò che sperimenti è più importante di ciò che comprendi”. Nel nostro esempio i due credenti hanno sperimentato un timore reverenziale verso Dio e hanno avvertito la necessità di ubbidirgli con maggior impegno. L’ateo ha sperimentato solo indifferenza.
Indubbiamente ciò che si sperimenta è più importante di ciò che si comprende. Quanto alla comprensione, però, l’ateo ha capito e il credente ignorante no. La comprensione dell’ateo non gli serve a nulla, la non comprensione del credente ignorante non ostacola la sua fede.
Noi però non dobbiamo scegliere tra queste due condizioni. Ce n’è infatti una terza: capire bene e aver fede, che è la condizione del credente istruito.

Che fare allora se oggi un credente non sa capire, pur avendo fede? C’è ben poco da fare. Si può solo amarlo per la sua fede, evitando di coinvolgerlo in approfondimenti biblici, che gli farebbero più male che bene, non essendo lui in grado di capire.
Possiamo però fare tra noi una riflessione: ai tempi biblici, un contadino ebreo analfabeta capiva benissimo il significato di “cuore” e oggi chi vuol capirlo deve studiare.

“Ciò che comprendi è sempre comunque ciò che Dio ci concede di comprendere”. Questa tua affermazione è tanto vera quanto errata.
È verissima per ciò che riguarda le verità profonde. Yeshùa disse ai suoi apostoli, che per lo più erano pescatori alquanto ignoranti: “A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli”. - Mt 13:11.
La tua affermazione è però errata se applicata in generale, perché altrimenti dovremmo dire che nel nostro esempio Dio avrebbe concesso la piena comprensione solo al credente istruito (e all'ateo!) e l’avrebbe negata al credente ignorante. Giacché così non può essere, la semplice spiegazione è che è solo lo studio che assicura una più corretta comprensione del testo biblico. Tant’è vero che l’ateo aveva capito ciò che il credente ignorante non era in grado di capire.

In conclusione, possiamo dire che ci sono due livelli. Il livello minimo, quello che conta davvero, è la fede in Dio. L’ateo istruito non arrivava a tale livello minimo neppure lontanamente. Il secondo livello è la fede unita allo studio serio della Scrittura. Attenzione, però: questo secondo livello non è richiesto. Noi potremmo essere, per assurdo, tutti convinti che il sole gira attorno alla terra e avere una fede che sposta le montagne, ed essere il popolo amato da Dio. Così era per gli ebrei.
Ci sono poi astronomi che sanno perfettamente come funziona il sistema solare e sono atei. Vale di più il credente ignorante del moto terrestre o l’ateo erudito? Certamente il primo.
Ma noi non dobbiamo per forza scegliere tra la fede ignorante e l’erudizione atea. Esiste anche la fede erudita, amico mio.
Vale di più la preghiera di una bimbetta di cinque anni o la preghiera di un teologo tutto teoria? Io credo quella della bimba, senza dubbio. Ma anche qui c’è una terza scelta: “Che dunque? Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza”. - 1Cor 14:15.

Questa discussione cerca di stabilire i criteri per comprendere correttamente la Scrittura. Tali criteri possono essere condivisi perfino da un ateo. Applicando i giusti criteri ermeneutici si arriva a una corretta comprensione del testo biblico.

L’ateo comprenderà correttamente e lì si fermerà.
Il credente che usa l’intelligenza comprenderà correttamente e ne gioirà, godendo più pienamente della sua fede.
Per il credente che non vuole o non è in grado di usare l’intelligenza, va bene così.
trizzi74
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da trizzi74 »

Caro Gianni, potresti spiegarmi con degli esempi la differenza tra l'ermeneutica e l'esegesi? Grazie.
"Le religioni sono sistemi di guarigioni per i mali della psiche, dal che deriva il naturale corollario che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di religioni."
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Salvatore Tarantino
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Salvatore Tarantino »

A mio parere, prima di trovare un metodo di interpretazione condiviso bisogna predisporre il terreno giusto.
Bisogna leggere la bibbia accettando l'idea che potrebbe contenere ciò che non ci aspettiamo.
Si possono ugualmente avere idee e interpretazioni diverse, ma se le differenze saranno effetto di credenze personali il dialogo diverrà ben presto frustrante, mentre se le differenze saranno effetto di un diverso ragionamento del quale si riesce a spiegare agli altri il procedimento logico che ne sta alla base ecco che il dialogo sarà veramente edificante: i pensieri di ognuno stimoleranno anche gli altri a valutare diversi percorsi.
Un'obiezione logica a un ragionamento spingerà alla riflessione, mentre un'obiezione dogmatica creerà soltanto fastidio inutile.
Se si cerca la verità sinceramente allora si studia proficuamente, ma se la bibbia deve essere uno strumento per dimostrare che "la religione mia è giusta, mentre la tua è sbagliata" allora otteniamo soltanto un rissa.
Secondo me è poco utile formulare un metodo di interpretazione condiviso se il dialogo deve avvenire tra una persona che cerca la verità e una persona che deve dimostrare di avere ragione.
Non mi stupirei se qualcuno scrivesse che il metodo migliore è quello di lasciarsi guidare dallo Spirito Santo: è il modo migliore per dire tutto e niente.
Io sono più orientato alla ricerca di persone che condividono con me il giusto terreno per il dialogo: preferisco parlare con un agnostico piuttosto che con un religioso convinto che lui o la sua chiesa sono infallibilmente guidati dallo Spirito Santo in tutta la verità.

Ps: nonostante tutto un suggerimento di partenza vorrei darlo: se due persone devono confrontarsi sulla bibbia mettano innanzitutto in chiaro su cosa sono d'accordo, in modo da non doverlo mettere in discussione, dopodichè accettino l'idea che qualsiasi cosa che l'interlocutore non condivide deve essere, non messa in discussione (sarebbe ancora poco), ma dimostrata fin dalle sue fondamenta.
Una dottrina non è vera finchè non viene dimostrata da cima a fondo: non voglio vedere un bel castello, voglio vedere tutte le pietre, una per una, cominciando dal basso fino alla cima.

Scusate se non ho letto tutti i commenti precedenti...
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Gianni
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Gianni »

Caro Trizzi, iniziamo intanto a definire bene le due parole.

Ermeneutica. Parola derivata dal greco, che significa, sottintendendo tèchne (= arte), “arte di interpretare”. Si tratta della metodologia dell’interpretazione ovvero dell’insieme delle regole che permettono di interpretare in testo in modo corretto. In pratica, è il medodo.
Va detto che anticamente aveva il semplice significato di tradurre. Con questo senso lo troviamo anche nella Bibbia, ad esempio in Gv 1:42: “Abbiamo trovato il Messia» (che, tradotto [ἑρμηνεύεται (ermenèuetai)], vuol dire Cristo)”.
Oggi però con ermeneutica si intende quella della tradizione scientifica dell'età moderna, basata sul metodo.

Esegesi. Anche questa parola deriva dal greco; è composta da ecs (= fuori) e àghein (= condurre); letteralmente indica l’azione di estrapolare o estrarre dal testo il suo significato.

Da queste definizioni puoi capire che “esegesi" potrebbe essere considerato, sbagliando, sinonimo di "interpretazione". Sono invece due cose diverse.
L’ermeneutica stabilisce le regole interpretative ovvero il metodo, mentre l’esegesi applica il metodo.

Mi chiedi degli esempi. Nel mio scritto precedente hai un esempio.

Lì il credente ignorante fa un’esegesi tutta sua della parola “cuore”. La fa da ignorante, basandosi solo sul suo pensiero occidentale in cui al cuore sono legati i sentimenti.

Il credente studioso applica invece prima di tutto due semplici regole ermeneutiche:
1. Verificare la traduzione;
2. Riferirsi al senso che la parola “cuore” aveva nel pensiero ebraico e quindi biblico.
Solo ora può fare la sua esegesi: lì la Bibbia sta dicendo che Dio nota che la mente (= cuore biblico) umana concepisce solo pensieri malvagi, e decide di sterminare l’umanità di allora con il Diluvio.
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Caro Gianni, dovresti spiegare bene anche il senso di "interpretare" le scritture
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Gianni »

Leggo solo ora il commento di Salvatore, che condivido.

Vorrei sottolineare l’importanza del ragionamento, del quale si riesce a spiegare agli altri il procedimento logico, di cui Salvatore parla.
È proprio il ragionamento logico che sta alla base dell’ermeneutica.

Salvatore dice bene: “È poco utile formulare un metodo di interpretazione condiviso se il dialogo deve avvenire tra una persona che cerca la verità e una persona che deve dimostrare di avere ragione”.

Salvatore non se ne stupisce, ma io mi sento molto avvilito quando sento affermare che “che il metodo migliore è quello di lasciarsi guidare dallo Spirito Santo”. Con chi la pensa così, capisco che non c’è niente da fare.
È davvero molto meglio ragionare con un agnostico che usa il raziocinio piuttosto che con un religioso convinto che lui o la sua chiesa sono infallibilmente guidati dallo Spirito Santo in tutta la verità.
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Gianni
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Gianni »

Caro Naza, interpretare le Scritture significa applicare una corretta ermeneutica per fare una corretta esegesi.
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Concordo Gianni. In questa discussione , parlando di interpretazione, Vittorio era partito da Atti 2 dove Pietro cita la LXX dando origine ad una "tradizione", cioè interpretare le scritture mediante una traduzione. Con ciò forse voleva sottointendere che da Pietro in poi e tutti coloro che vennero dopo (presunti successori), veniva interpretata la scrittura secondo una tradizione. Ma aspettiamo che risponda per capire meglio.
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
trizzi74
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da trizzi74 »

Caro Gianni, la critica testuale,la critica letteraria, lo studio dei generi letterari, la storia delle forme, la storia della tradizione e la storia della redazione hanno a che fare con l'ermeneutica o con l'esegesi?
"Le religioni sono sistemi di guarigioni per i mali della psiche, dal che deriva il naturale corollario che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di religioni."
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