L'ispirazione della Bibbia

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Gianni
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L'ispirazione della Bibbia

Messaggio da Gianni »

Apro questa nuova discussione sulla spinta di quanto è stato ultimamente considerato in altre discussioni. Il tema dell’ispirazione della Bibbia si affaccia ogni tanto nelle nostre discussioni e credo sia il caso di trattarlo a fondo, perché è alla base della comprensione dell’intera Sacra Scrittura.

Come va intesa l'ispirazione? Vi è cooperazione tra Dio e l'uomo? Ecco i problemi che dobbiamo affrontare, cercando le risposte.

Il termine “ispirazione” deriva dalla parola latina in-spirare e indica l'azione dello spirito – sia esso un vento o un dio – sopra una persona; si può tradurre con “soffiare dentro”. “Tutta la Scrittura è ispirata [θεόπνευστος (theòpneustos)] da Dio” (2Tm 3:16, TNM), Il vocabolo è composto da “Dio” (θεός, theòs) e “spirito” (πνεῦμα, pnéuma), del quale parleremo in seguito più a lungo. Lo si potrebbe tradurre con “soffio divino” che spinge l'uomo a parlare o a scrivere in nome di Dio. Pare che Filone sia stato il primo scrittore a usare la parola greca in questo senso.
Quasi tutte le religioni hanno degli scritti che sono ritenuti frutto di ispirazione divina e conseguentemente parola di Dio. A questa categoria appartengono la Bibbia, il Corano, i Rig Veda e i Libri Sibillini. Il Corano e i Rig Veda, secondo alcuni fedeli, sarebbero una copia dettata di opere preesistenti in cielo e create prima del cosmo.
Le principali differenze tra la Bibbia e gli altri scritti sacri stanno nel fatto che questi sono politeisti (buddhisti, shintoisti), mentre la Bibbia è monoteista (l'islamismo, pur essendo monoteista, proviene dalla Bibbia). Gli scritti sacri non biblici si presentano quale frutto d’intuizione mistica e sono quindi tra loro convergenti, mentre la Bibbia li sorpassa tutti. Si pensi alla regola d'oro che in tutte le religioni appare in forma negativa: “Non fare ad altri ciò che non desideri sia fatto a te”, mentre nella Bibbia si presenta in forma positiva: “Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro” (Mt 7:12). Di più, negli scritti non biblici, Dio non è presentato in forma personale, ma piuttosto come un'idea che sfocia facilmente nel panteismo; la religione non è legata a una persona come invece lo è nella Bibbia (Yeshùa). Queste differenze si spiegano con il fatto che la Bibbia è rivelazione divina (Dio scende all'uomo), mentre le religioni sono solo un tentativo dell'uomo di salire a Dio.
È importante capire la differenza tra rivelazione e ispirazione. Si tratta di due fenomeni diversi che non si possono confondere tra loro. La rivelazione consiste nel manifestare qualcosa che prima era nascosto; “rivelare” significa, infatti, togliere il velo che prima occultava qualcosa. Quando s’immerge una pellicola in un’emulsione adatta essa rivela la sua immagine. Quando Champollion poté decifrare il segreto dei segni geroglifici egizi, egli rivelò il segreto di questa scrittura. Gli studi moderni stanno rivelando il segreto dei “geni”, fonte della personalità, che prima era nascosto. I nostri sentimenti rimangono nascosti in noi fino a quando non li riveliamo ad altri con dei fiori o specialmente con la parola. Qui non parliamo però questa rivelazione da uomo ad uomo, bensì della rivelazione che Dio stesso dona all'uomo. Vari sono i mezzi con cui Dio può rivelare se stesso: l'opera del creato, la storia, la parola.
1. Il Creato. Giacché Dio ha creato tutti gli esseri ed ha dato un nome a tutti gli esseri creati, fissandone così la natura (Gn 1), ne viene che questi devono recare l'impronta del loro creatore. Dio, infatti, conta il numero delle stelle, le chiama tutte per nome: “Egli conta il numero delle stelle, le chiama tutte per nome” (Sl 147:4). Paolo può perciò scrivere: “Le sue [di Dio] qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue” (Rm 1:20). L'autore biblico ispirato vede questa rivelazione non in forma di ragionamento sillogistico, ma d’intuizioni simboliche. La natura è in un certo senso il rivestimento della potenza divina: “I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l'opera delle sue mani” (Sl 19:1). “La gloria di Dio” è raccontata dal firmamento intero senza parole, infatti “non hanno favella, né parole; la loro voce non s'ode”. - Sl 19:3.
2. Rivelazione di Dio che dirige la storia umana. Questa rivelazione si è attuata nella storia, specialmente in quella del popolo ebraico. La storia rimane incomprensibile senza una voce che ce la spieghi, il che si ha con il messaggio profetico. Così i profeti della scuola deuteronomica ci mostrano la benedizione divina verso Israele quando questa agisce bene e la punizione sua quando essa opera male (Dt 11:13-28). Narrando i fatti, il cronista li interpreta, e mostra come Dio abbia guidato Israele punendola quando ha prevaricato. Gli scrittori sacri, nella conquista della Palestina da parte di Israele vedono Dio che forma il suo popolo perché divenga luce delle altre nazioni, anche se purtroppo questo non sempre si è avverato. Gli apocalittici (Daniele e Giovanni) insegnano che la storia è guidata da Dio verso l'espressione più perfetta del regno di Dio. Evidentemente la visione divina della storia si può intravedere rivolgendoci al passato alla luce della voce profetica della Bibbia, ma si potrà conoscere appieno solo alla fine del tempo presente quando la nostra mente si uniformerà alla mente di Dio. Per ora la storia va valutata solo alla luce della parola divina; la storia da sola è incapace di rivelarci appieno l'azione con cui Dio si rivela all'uomo.
3. La parola. Dio si è costituito un popolo (Israele) per attuare la sua redenzione; ad esso ha inviato i suoi profeti. Questa rivelazione divina raggiunse la sua pienezza in Yeshùa, figlio di Dio, che ne costituisce l'atto culminante. Essa fu simultaneamente attuata con atti e con parole. Yeshùa il consacrato poté dire di sé: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14:6) e ancora: “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (14:9). La parola è il mezzo efficace con cui noi possiamo comunicare i nostri sentimenti. Con la parola possiamo insegnare, manifestare la nostra cultura, comunicare i nostri risultati, esprimere le nostre idee, manifestare i nostri suggerimenti, dare le nostre disposizioni. Anche Dio, se vuole comunicarci qualcosa, deve scegliere delle parole umane che noi possiamo comprendere. Per attuare questo, Dio ha adoperato degli uomini, che ha costituito suoi profeti, come leggiamo nella Lettera agli ebrei: “Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1:1,2). È evidente che il profeta non ha bisogno che tutto gli sia rivelato. Egli poté narrare da solo dei fatti a lui noti quando ne fu testimone (Gv 1:14) o quando li studiò personalmente. In questi casi non ebbe bisogno di una speciale rivelazione. Quando Giovanni o Matteo scrivevano dei fatti relativi a Yeshùa ai quali avevano assistito, non avevano bisogno di una speciale rivelazione. Tutt'al più necessitavano di un aiuto dello spirito santo per non dimenticare ciò che avevano udito e che era necessario per illuminare gli uomini e suscitare in essi la fede: “Lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto” (Gv 14:26). Luca studia le fonti, interroga i testimoni oculari, per cui non aveva bisogno di una rivelazione per narrare i risultati dei suoi studi: “È parso bene anche a me, dopo essermi accuratamente informato di ogni cosa dall'origine, di scrivertene per ordine” (Lc 1:3). La rivelazione era invece necessaria per ciò che il profeta non poteva conoscere per conto suo.

Tra i mezzi di comunicazione della rivelazione ovvero per comunicare ciò che l'uomo non può conoscere di Dio o del futuro, Dio impiegò i mezzi che sono ben espressi nel libro di Samuele: “Saul consultò il Signore, ma il Signore non gli rispose né tramite sogni, né mediante l'urim, né per mezzo dei profeti”. - 1Sm 28:6.

Da diverso tempo circola l’idea, anche tra biblisti cattolici e protestanti, che il “cristianesimo” sia una delle molteplici vie per andare a Dio. Yeshùa sarebbe una delle molte rivelazioni.
L'idea biblica è ben diversa: la rivelazione di Yeshùa non è una come le altre, è una nuova rivelazione che presenta Dio, non solo come creatore, ma come redentore, salvatore, padre. Questo appare anche dal discorso paolino all'areopago:
“Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo ch'egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti”. - At 17:30,31.
Unica è dunque la rivelazione redentrice: quella del consacrato Yeshùa, figlio di Dio. E questa rivelazione si trova nei libri profetici (Scritture Ebraiche e Scritture Greche), che sono scritti ispirati, anche se non sono frutto in ogni loro parte di speciale rivelazione divina. Lo sono le parti che gli scrittori non potevano conoscere, come il famoso “mistero” paolino per il quale tutti gli uomini sono chiamati a salvezza (Ef 3). Le altre sono ispirate, ma non rivelate.

Lascio spazio alle vostre domande o riflessioni, prima di continuare.
Stefanotus
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Re: L'ispirazione della Bibbia

Messaggio da Stefanotus »

Ciao.
Secondo me Dr. Gianni, dovrebbe parlare prima di attendibilità della Bibbia, prima di affrontare l'argomento dell'ispirazione biblica.
Se il testo della Bibbia che lei possiede tra le mani non è ritenuta attendibile come Parola di Dio, come può valutarne il contenuto come ispirato?

Quindi credo che forse lei debba porre la riflessione sull'attendibilità della rivelazione biblica.
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francesco.ragazzi
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Re: L'ispirazione della Bibbia

Messaggio da francesco.ragazzi »

...come può non essere attendibile ciò che è ispirato ???...
Stefanotus
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Re: L'ispirazione della Bibbia

Messaggio da Stefanotus »

Se si ritiene che lo scritto in sé sia influenzato dal pensiero, dal carattere e dalle convinzioni di chi lo ha redatto, allora il testo diviene inattendibile.

Banalmente il neologismo Paolino riguardante l'ispirazione divina di 2 Timoteo 3:16 si potrebbe interpretare come la convinzione Paolina riguardante la legge, ma non una realtà effettiva. Si tratterebbe delle idee di Paolo, delle sue convinzioni, quindi non di una verità divina.

O ancora... se le copie originali del testo biblico sono andate perdute ed oggi ci si ritrova con frammenti e copie... come si può considerare attendibile il testo biblico come Parola di Dio?
Quanto gli agiografi hanno influenzato la redazione del testo stesso?
Quanto i copisti possono aver tramandato correttamente il testo nei secoli a noi oggi?
Quali erano le modalità di copiatura che usavano gli scribi amanuensi?
Come si può stabilire quale testo sia più affidabile di un altro?

Insomma, se non si decide prima "come si può" considerare un testo attendibile, non si può argomentare riguardo la sua ispirazione.
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Gianni
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Re: L'ispirazione della Bibbia

Messaggio da Gianni »

Stefanotus, lascia stare il dottore, per cortesia. Mi piacerebbe se potessimo darci del tu, come tutti qui. Grazie. :-)
Parlare di attendibilità della Bibbia mi pare superfluo. Per quante prove si possano portare, se uno non ci crede, non ci crede. La fede è implicata. Comunque tratterò più avanti la questione della canonicità dei libri biblici, quindi qualcosa diremo.
In ogni caso mi sembra un assioma parlare di attendibilità della Bibbia, dal momento che si ritiene ispirata.
Non è vero che se si ritiene che lo scritto in sé sia influenzato dal pensiero, dal carattere e dalle convinzioni di chi lo ha redatto, allora il testo diviene inattendibile. La lepre, ad esempio, è posta tra i ruminanti, sebbene non lo sia. L’agiografo lo deduce dalla sua osservazione diretta, perché quell’animale sembra ruminare. Questa è un’idea sua, ma in nessun modo inficia l’ispirazione che riguarda il messaggio di Dio. Un altro esempio: Paolo consiglia a Timoteo di bere un po’ di vino per il suo mal di stomaco perché al tempo quella era la medicina. Questa era un’opinione errata, ma nulla c’entra col il messaggio biblico.
Dei manoscritti biblici abbiamo solo copie, è vero, ma ne abbiamo migliaia. Del De Bello Gallico, che nessuno mette in dubbio, ne abbiamo soltanto una decina (più 9 che 10) in buono stato. Se tu conoscessi l’accuratezza con cui fu trasmesso il testo biblico, non porresti questa obiezione. In più, con i ritrovamenti del Mar Morto sono stati scoperti manoscritti biblici più antichi di secoli e secoli rispetto a quelli che avevamo, e sono risultati del tutto conformi.
Tu dici che se non si decide prima come si può considerare un testo attendibile, non si può argomentare riguardo la sua ispirazione. Così non è. Casomai è vero il contrario. Il De Bello Gallico è attendibilissimo, ma nessuno lo ritiene ispirato.
Qui partiamo dall’assunto che “nessuna profezia venne mai dalla volontà dell'uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo” (2Pt 1:21). Chi ha fede ci crede. Per chi non ci crede, non ci sarà mai prova che tenga.
Stefanotus
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Re: L'ispirazione della Bibbia

Messaggio da Stefanotus »

Gianni ha scritto:Stefanotus, lascia stare il dottore, per cortesia. Mi piacerebbe se potessimo darci del tu, come tutti qui. Grazie. :-)
Credo che parlarsi con rispetto alle volte è necessario, bisogna cioè instaurare un rapporto cominciando dai basilari. :-)
La nostra lingua italiana ci offre una forma di rispetto data dal "lei", e credo che in certi casi vada usata, in segno di rispetto, da entrambe le parti. :-)
Parlare di attendibilità della Bibbia mi pare superfluo.
Esistono interi libri sullo studio dell'attendibilità della Bibbia oppure per screditarla. Non a caso il famoso best seller "Gesù non l'ha mai detto", è un testo che scredita l'attendibilità scritturale utilizzando la stessa critica letteraria a cui alle volte fa ricorso anche lei, spero inconsapevolmente.
Per quante prove si possano portare, se uno non ci crede, non ci crede. La fede è implicata. Comunque tratterò più avanti la questione della canonicità dei libri biblici, quindi qualcosa diremo.
Mi faccia capire, sta usando il forum per distribuire un suo trattato oppure sta avviando una discussione?
Io non sarei tanto d'accordo al discorso FEDE.
Innanzitutto perché la Bibbia da una definizione della parola fede. Anzi, la Bibbia mi pare che suggerisca che la fede "nasce" dall'udire, dall'udire la Parola di Dio. Conosce questo verso?
Se si certamente concorderà con me che per avere fede, non si deve riceverla come un dono da Dio, ma questa nasce dall'udire la Parola di Dio predicata. Concorda?

Come vede, per cercare di parlare di fede, in questo forum "biblico" ho tentato di attenermi a cosa dice la Bibbia in merito.
Ma cosa si intende per Parola di Dio?
Perché l'espressione Parola di Dio e la parola Bibbia vengono affiancate tra loro?
Le ricordo che in un precedente post lei ha "gentilmente" deriso alcune mie affermazioni sull'autorità della Bibbia in materia di fede e norma di condotta spirituale. La sua tesi sosteneva che i testi originali a nostra disposizione sono poco accurati, in parte incompleti, quindi... mi domando, come si può considerare attendibile un testo del genere?

Inoltre non riesco a comprendere come lei possa considerare attendibile questo testo, al punto da chiamarlo Parola di Dio, se poi nel suo blog e nel forum diffonde l'idea che per "interpretarlo" bisogna prima entrare nella "mentalità giudaica"?
Non sta forse affermando che un lo stesso Dio (eterno ed onnisciente, così è presentato nella stessa Bibbia) abbia deciso di diffondere la Sua volontà attraverso un libro che per essere compreso, richieda lo studio delle lingue originale o un corso di cultura ebraica di qualche genere?
Non sta affermando che solo chi ha fatto questo percorso può comprendere la Bibbia?
Come si fa a ritenere affidabile un testo che dovrebbe presentare la salvezza di Dio, ma lo fa richiedendo simili premesse?

Le rinnovo il suggerimento: non sarebbe meglio prima affrontare l'argomentazione sull'attendibilità del testo? Sulla sua affidabilità e quindi sulla sua autorità?
Come può lei basare uno suo studio sulla ispirazione se non chiarisce prima come intende utilizzare i testi biblici?
Come le ho detto, se lei utilizzasse un approccio ermeneutico critico, certamente le parole di Paolo apostolo in un testo scritto a Timoteo e che parla di ispirazione, potrebbero essere considerate come "affermazioni" personali, nate dalla sua cultura, dalla sua personale convinzione e quindi potenzialmente in contrasto con quanto affermato da altri scrittori neotestamentari come Giuda, Giovanni, etc.
In ogni caso mi sembra un assioma parlare di attendibilità della Bibbia, dal momento che si ritiene ispirata.
Nella discussione su Elohim lei ha dimostrato che io e lei abbiamo due criteri diversi di ispirazione, quindi due concetti diversi di attendibilità della Bibbia.
Non è vero che se si ritiene che lo scritto in sé sia influenzato dal pensiero, dal carattere e dalle convinzioni di chi lo ha redatto, allora il testo diviene inattendibile. La lepre, ad esempio, è posta tra i ruminanti, sebbene non lo sia. L’agiografo lo deduce dalla sua osservazione diretta, perché quell’animale sembra ruminare. Questa è un’idea sua, ma in nessun modo inficia l’ispirazione che riguarda il messaggio di Dio.
Noto che a lei è piaciuto molto questo passaggio della Bibbia, utilizzato a più riprese nei suoi interventi per sminuire l'ispirazione verbale della Scrittura. Ma chi stabilisce "quali sono gli animali "ruminanti" e quali invece sono "roditori"?
Lei stabilisce OGGI, nel 2015 che la lepre sia tecnicamente un roditore e non un ruminante sulla base di una regola generica di biologia/zoologia. Ma secondo lei, a Dio, ispirando il levitico cosa interessava? la categorizzazione del 2015 per evitare di scandalizzare lei?
Le basterebbe ad esempio fare una banalissima ricerca in internet per sapere che persino nell’Enciclopedia Feltrinelli Fischer, vol. 13, Biologia 2 (Zoologia), p. 215, si legge: "Anche i roditori sono da considerarsi “ruminanti”, in quanto mangiano una seconda volta gli escrementi relativamente ricchi di sostanze alimentari che sono stati emessi dal loro grande intestino cieco".
Non so se lei ha dei figli o delle figlie che le hanno chiesto un coniglietto, forma domestica della lepre. Si è vero, tecnicamente lepre e coniglio non hanno il rumine, la cavità dello stomaco, a cui va per prima il cibo e da cui risale alla bocca durante la ruminazione, per essere masticato con cura. Ma se lei avesse avuto un coniglietto a casa, si sarebbe potuto accorgere che spesso al mattino i conigli espellono per via anale qualcosa simile alle feci, cioè un solo pre-digerito che viene nuovamente rimangiato per la digestione definitiva. Ciò vale anche per le lepri, da cui discendono. Questo è anche ciò che gli studiosi di zootecnica scrivono e insegnano.
Quindi se la Bibbia pone le lepri tra i ruminati, non è certamente perché vuole dare lezione di zoologia, ma sicuramente perché vi era un motivo preciso per cui nel Levitico Dio stava vietando di mangiare questo animale, come altri. Quindi il testo risulta perfetto: la lepre era un animale che digeriva in parte e poi e rimangiava ciò che aveva-predigerito. Il termine storico giusto per gli animali che facevano queste azioni è "ruminanti". Quindi la Bibbia è "corretta", non si tratta di un errore come lei tenta da giorni di dimostrare citando di continuo questo passaggio.
Un altro esempio: Paolo consiglia a Timoteo di bere un po’ di vino per il suo mal di stomaco perché al tempo quella era la medicina. Questa era un’opinione errata, ma nulla c’entra col il messaggio biblico.
Tralascerei il fatto che ancora oggi molti medici (o per esser precisi oggi dovrei dire nutrizionisti e/o dietologi) consigliano un bicchiere di vino durante il pasto per facilitare la digestione... perché potrebbe ribattere che il vino che abbiamo noi oggi non è sicuramente lo stesso vino del tempo apostolico. Ma le chiedo lei ha informazioni precise sulla patologia di Timoteo e sul consiglio di Paolo, tali da poter affermare che questa è un opinione errata legata ad una convinzione Paolina?
Oppure vuole che le faccia la gentilezza di possibili spiegazioni che confermano la correttezza del consiglio di Paolo?
Ad ogni modo, di certo questo aspetto è inutile da sottolineare, perché si trattava di un consiglio personale dato da Paolo a Timoteo, non un consiglio da utilizzarsi tra credenti. Credo che lei sappia bene la differenza no?
La Bibbia presenta informazioni che rimangono anche relegate nel periodo storico in cui sono state scritte, altrimenti dovremmo tutti andare a cercare le pergamene di Paolo citate in 2 Timoteo 4:13 per andare a riportagliele!
Si tratta di informazioni che sono presenti nella Bibbia e che di per sé sono corrette, ma non ci "servono" molto oggi.

Come le dicevo, tralascerei questo aspetto, e le chiederei: ma se lei stesso mi suggerisce che Paolo ha convinzioni errate riguardo l'uso del vino, come può poi chiedermi di credere che sul discorso dell'ispirazione biblica sia attendibile?
Non le sembra un po' incoerente?
Paolo non sapeva consigliare sulla salute, dovrei fidarmi dei consigli sulla salvezza?
Oppure mi sta dicendo che aveva una sorta di infallibilità papale?

Le rinnovo il consiglio: non conviene approfondire l'autorità e l'attendibilità biblica prima di parlare di "ispirazione"?
Dei manoscritti biblici abbiamo solo copie, è vero, ma ne abbiamo migliaia. Del De Bello Gallico, che nessuno mette in dubbio, ne abbiamo soltanto una decina (più 9 che 10) in buono stato. Se tu conoscessi l’accuratezza con cui fu trasmesso il testo biblico, non porresti questa obiezione. In più, con i ritrovamenti del Mar Morto sono stati scoperti manoscritti biblici più antichi di secoli e secoli rispetto a quelli che avevamo, e sono risultati del tutto conformi.
Dr. Gianni, la prego di non essere scortese nuovamente attaccandomi sul personale e mettendo in dubbio la mia preparazione. E' stato lei infatti a scrivere che quando non si sa più come argomentare si attacca sul personale.
Io non l'ho fatto, perché lei lo fa?
Le sto parlando con il massimo rispetto di cui sono capace, riterrei educato e rispettoso lei facesse lo stesso nei miei confronti.
Io le dico che ne so a sufficienza sull'attendibilità del testo biblico, al punto da affermare di credere nell'ispirazione plenaria e verbale della Bibbia. Ma le sto facendo notare che forse sarebbe utile "ripassare" questi argomenti.
Tu dici che se non si decide prima come si può considerare un testo attendibile, non si può argomentare riguardo la sua ispirazione. Così non è. Casomai è vero il contrario. Il De Bello Gallico è attendibilissimo, ma nessuno lo ritiene ispirato.
Non giochi con le parole per favore.
Lei non può spingere nessuno a credere in un libro che lei stesso dichiara opera umana, comprendente errori sulle lepri o sulla medicina o su un sole che si deve fermare (aggiungo io). E' un po' assurdo quello che mi chiede di fare. Da una parte sostiene di fidarmi del testo biblico, dall'altra mi dice che vi sono degli errori. Quindi a cosa dovrei porre fiducia, al testo in sé o a lei che mi dice cosa è giusto e cosa è sbagliato da questo libro?
Qui partiamo dall’assunto che “nessuna profezia venne mai dalla volontà dell'uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo” (2Pt 1:21). Chi ha fede ci crede. Per chi non ci crede, non ci sarà mai prova che tenga.
Cioè cosa sta facendo? Mi cita parti del libro che lei sostiene contenente imprecisioni, per sostenere che il libro stesso è ispirato quindi attendibile?
Si rende conto del paradosso?
Stefanotus
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Re: L'ispirazione della Bibbia

Messaggio da Stefanotus »

armando ha scritto:Ciao Stefanotus... Benvenuto da parte mia .
Onestamente non sono attualmente in grado di rispondere alle tue non poche domande.
Per questo ,prendo una scorciatoia , e ti pongo io una sola domanda .
Quanto per te, Stefanotus risulta attendibile il testo bibblico.

Ti ringrazio da subito per quello che vorrai scrivere .

Ciao
Spero di portare un sincero e concreto contributo BIBLICO al forum.
chelaveritàtrionfi
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Re: L'ispirazione della Bibbia

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Riguardo alla lepre, il testo biblico dovrebbe riportare "ma'alat gherah : facente salire il cibo mangiato", Gianni o altri mi correggano.
La lepre è uno pseudo ruminante, non un ruminante, perchè non ha il rumine se proprio vogliamo considerare la definizione scientifica. Nei ruminati (hanno 4 stomaci)il cibo viene rigurgitato (facente salire il cibo mangiato) . Nei leporidi (un solo stomaco) è cibo defecato e predigerito. Stessa cosa nei conigli. L'autore poteva riferirsi a questo aspetto. Cibo defecato, rimangiato e nuovamente rimasticato ed ingerito.

Riguardo al vino , alcuni medici ne consigliano un bicchiere ai pasti (quelli che conosco io no) e comunque mai a stomaco vuoto , semplicemente per la diatriba scientifica sulla digestione. Non ci sono prove certe su un effetto positivo del vino sulla digestione. Da un lato l'alcol stimola la secrezione salivare che grazie all'enzima ptialina agisce prima della digestione per scindere componenti complessi come l'amido. Il vino presenta un pH acido come anche quello dello stomaco, quindi sembrerebbe innocuo ma stimola la produzione di acido cloridrico ed il normale processo digestivo non ha bisogno di questo aiuto, anzi si può averne una produzione eccessiva. L'alcol può addirittura appesantire di più il lavoro del fegato intento nel metabolismo di carboidrati, proteine e grassi (dipende dalla tolleranza individuale e dalla quantità).
Nel versetto comunque si parlava di mal di pancia e sicuramente il vino specialmente a stomaco vuoto , se si ha una mucosa gastrica irritata, non è il rimedio ...anzi. Nelle persone sensibili è dannoso anche una bassa quantità di alcol.
Ci può essere una spiegazione sul consiglio del vino per il mal di pancia. Il vino era considerato bevanda basilare perchè in quel tempo uno dei maggiori problemi igienici riguardava l'acqua che spesso era inquinata a causa degli animali, dei lavaggi, degli scoli o della sporcizia. Prima di venire raccolta in una cisterna, l'acqua passava attraverso il fango e gli sterpi del tetto dove si conservavano molte cose diverse. Paolo pensava forse ai problemi dell'acqua potabile quando raccomandava Timoteo di fare uso del vino a causa dello stomaco.


Comunque non sono questi esempi per indicare possibili errori nella bibbia. I critici prendono anche questi come pretesti per mettere in discussione la bibbia. Ed anche se c'è impronta umana, perchè l'autore biblico non è uno scolaro che scrive un dettato, nulla toglie all'attendibilità di quanto riportato. Un autore ispirato ha l'amore dentro di se di scrivere con cura.

Sono tanti altri gli esempi per la discussione. Ma sicuramente il signor Stefano, che fa anche lezioni di medicina e zoologia , :-) :-) :-) ha tutte le risposte. Allo stesso che domanda se bisogna fare un percorso di studio delle lingue originali o un corso di cultura ebraica per comprendere la bibbia , chiedo:

"si deve fare un corso universitario studiando ermeneutica ecc.. per comprendere la bibbia?" :-) :-) :-) :-)
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
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Gianni
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Re: L'ispirazione della Bibbia

Messaggio da Gianni »

Signor Stefanotus, come crede; le darò del lei. Lei mi dia pure del tu; per me va benissimo.
Io non sto distribuendo alcun trattato (che trattato, poi?). Sto semplicemente facendo delle considerazioni sull’ispirazione della Bibbia.
Udendo la parola di Dio si può riporre fede, come afferma Rm 10:11-14, che lei cita. Ma la fede è dono di Dio, essendo un frutto dello spirito. - Gal 5:22.
Attribuendomi poi idee non mie, lei pone problemi di attendibilità dei testi biblici. E con questo sono già due deviazioni che lei fa dalla discussione in atto: la questione della fede e la questione della critica testuale. Non vorrei davvero che qui facessimo la fine fatta nell’altra discussione, dedicando decine di pagine a questioni fuori tema.
Lei pone poi addirittura una terza questione: quella dell’interpretazione del testo biblico. Mi costringe anche qui a deviare dal tema per risponderle. Lei mi domanda se Dio abbia deciso di diffondere la Sua volontà attraverso un libro che per essere compreso richieda lo studio delle lingue originali o un corso di cultura ebraica di qualche genere. Lei parte da un assunto sbagliato. Occorre invece partire da qui: “A loro [agli ebrei] furono affidate le rivelazioni di Dio” (Rm 3:2). Dio, affidando le sue rivelazioni al suo popolo, le ha affidate loro nella loro lingua. L’ebreo dei tempi biblici, contadino o pescatore che fosse, non aveva alcuna necessità di fare studi perché la Scrittura era espressa nella sua lingua madre e nel suo modo espressivo. Siamo noi oggi che per capirla dobbiamo fare studi. Se lei ha un’altra strada, ci dica quale. Coerentemente, dovrebbe prendere una copia fotostatica del testo biblico, e già qui avrebbe il primo problema perché non saprebbe neppure come tenerla in mano, non sapendo se la sta tenendo nel verso giusto o all’incontrario. Anche se per puro caso la tenesse nel verso giusto, non ci capirebbe un’acca. Se lei oggi può leggere la Bibbia è perché esimi studiosi hanno raccolto i manoscritti e hanno poi prodotto un accurato testo critico che hanno affidato ai traduttori. O forse lei pensa che la sua Bibbia in italiano sia scesa dal cielo così com’è?

Credo che abbiamo deviato fin troppo dal tema. La invito ad aprire discussioni apposite sui temi che ha sollevato: fede, critica testuale, attendibilità del testo sacro, rapporti tra Bibbia e scienza. Io non intendo cadere nella trappola di di sollevare polveroni per parlare di mille cose diverse e tutte insieme.

Qui parliamo di ispirazione. È su questo tema che mi attendo domande od osservazioni. Grazie.
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francesco.ragazzi
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Re: L'ispirazione della Bibbia

Messaggio da francesco.ragazzi »

Nella scrittura della Bibbia c’è stata una misteriosa collaborazione tra Dio e l’uomo. L’iniziativa di scrivere l’ha presa Dio per primo. Egli ha scelto lo scrittore umano e lo ha spinto a scrivere tutto e soltanto ciò che Lui ha voluto.
L’uomo però non è stato un semplice esecutore materiale, una specie di copista o di dattilografo che scrive sotto dettatura. L’uomo ha messo al servizio di Dio tutte le sue capacità artistiche e letterarie, le sue competenze, la sua cultura, il suo stile.
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