Ostacoli alla comprensione della Sacra Scrittura

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Angelo Cannata
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Re: Ostacoli alla comprensione della Sacra Scrittura

Messaggio da Angelo Cannata »

Israel75 ha scritto:Nella Scrittura non c'è relativsimo
Come fai a stabilirlo? Nel momento in cui lo dici sei tu che lo stai dicendo, quindi è già relativo a te, al tuo modo di pensare. È possibile in questo mondo parlare senza essere condizionati dal proprio modo di pensare? Come posso avere fiducia nel mio cervello se l'unico strumento che ho per controllarlo è il mio cervello stesso? Quand'anche volessi servirmi di altri strumenti o delle opinioni altrui, alla fine i risultati dovranno comunque passare di nuovo attraverso il mio cervello; significa che è inevitabile che controllore e controllato coincidano. Come si può avere fiducia nel cervello in queste condizioni?
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Israel75
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Re: Ostacoli alla comprensione della Sacra Scrittura

Messaggio da Israel75 »

Come fai a stabilirlo? Nel momento in cui lo dici sei tu che lo stai dicendo, quindi è già relativo a te, al tuo modo di pensare.
E' vero infatti io ho scritto poco dopo che le interpretazioni (come pure la mia) sono relative . Ma la Scrittura è parola di D-O. Ora se parlare di relativismo equivale a pensare che ognuno di noi ha il proprio D-O , come sostieni tu , il passo successivo è molto semplice . Vale tutto e il suo contrario e dalla Scrittura si può "tirare fuori tutto e il suo contrario". Facile no? ;)
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
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Angelo Cannata
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Re: Ostacoli alla comprensione della Sacra Scrittura

Messaggio da Angelo Cannata »

Simpaticissimo il messaggio di Giovanni, che rispecchia la sua sensazione di fronte al relativismo; so che la gente prova questo di fronte all'idea che si può sostenere tutto e il contrario di tutto, come effettivamente a volte mi sono trovato a dire io stesso. Forse è il caso di chiarire qualcos'altro.
Una volta che un relativista si trova davanti a questa conseguenza del relativismo, prende pure atto che nella vita ci sono delle necessità pratiche. Se, per esempio, egli si trova alla cassa di un supermercato, non può presentare una discussione sull'esistenza o inesistenza del denaro da pagare; perché non può farlo? Perché c'è un'urgenza pratica: la cassiera vuole il denaro e non vuole discussioni filosofiche. Questo permette al relativista di condurre una vita pratica normale, ma appena egli ne avrà il tempo tornerà a portare avanti le sue ricerche. Il fatto che la cassiera non voglia filosofia, ma denaro, non dimostra che quel denaro esiste, dimostra solo che nella vita ci sono delle urgenze. Ma in nome delle urgenze nella storia si sono anche commessi crimini e ingiustizie: sono anche nate dittature. È per questo che poi vediamo gente che si presenta alla cassa né con filosofia, né con denaro, ma con spranghe di ferro per commettere attentati: perché questa gente ha avuto la percezione che con la scusa dell'urgenza si sono presi provvedimenti politici o economici ingiusti, senza un ascolto democratico. Ora, una volta che il relativismo non fornisce criteri di comportamento dettagliati e il comportarsi per urgenze può condurre a calpestare la democrazia, c'è un altro criterio che consente la vita pratica sociale: il convenzionalismo, secondo cui la verità è quella su cui ci si mette d'accordo. Proprio perché figlio del relativismo, esso sa che la verità su cui ci si è accordati è relativa e quindi problematica, inventata. In un forum, come in una partita di pallone, ci si mette d'accordo su certe regole, perché si desidera comunicare o giocare. Nulla toglie però che quelle stesse regole possano essere discusse e magari il momento più adatto in cui farlo, per praticità, non sarà durante una partita. Anche questo però per bisogni umani: nulla toglie che lo si faccia proprio durante la partita, se per esempio si percepisce che non c'è altro momento in cui poterlo fare.
In conclusione, lo scherzo di Giovanni non dimostra che il relativismo sia una falsità; dimostra soltanto che è possibile farne anche un uso che da alcuni potrebbe essere sentito come sovversivo e in effetti, come ho detto, nella storia a volte è diventato l'unica arma a disposizione per difendere la democrazia.
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emiliano
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Re: Ostacoli alla comprensione della Sacra Scrittura

Messaggio da emiliano »

Vorrei farti una domanda caro Angelo, parli di esperieza, di relativismo nell'approccio tra essere e realtà, di metafisici e antimetafisici, ma per te è solo teoria oppure pratica? Lasciando stare tutti gli esempi di cassiere e democrazie, che possono essere pertinenti(secondo me fino ad un certo punto) ma non risolutivi, hai sperimentato la realtà per poterne parlare in temini relativistici?
Il SIGNORE è il mio pastore: nulla mi manca.
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Angelo Cannata
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Re: Ostacoli alla comprensione della Sacra Scrittura

Messaggio da Angelo Cannata »

emiliano ha scritto:hai sperimentato la realtà per poterne parlare in temini relativistici?
Sperimento la realtà tutti i giorni, ma ovviamente, chiamandola "realtà" non intendo che io abbia certezza che esiste al difuori del mio cervello: è solo perché comunemente si usa parlarne in questi termini.
Michele ha scritto:Di solito non si confonde mai la parte fisica intellettiva, il cervello, che è un traduttore di segnali, con la parte mentale.
Come si fa a distinguere parte fisica e parte mentale?
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Angelo Cannata
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Re: Ostacoli alla comprensione della Sacra Scrittura

Messaggio da Angelo Cannata »

Michele ha scritto:Si può distinguere in vari modi, uno dei tanti è quello del dolore fisico e del dolore mentale.
Così passiamo il tempo a rinviare le questioni: come si distingue il dolore fisico da quello mentale?
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Angelo Cannata
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Re: Ostacoli alla comprensione della Sacra Scrittura

Messaggio da Angelo Cannata »

In effetti un relativista rifiuta il concetto stesso di conclusione, poiché in questo mondo non si è mai visto nulla di concluso. Viceversa, in un post precedente ho scritto che certi comportamenti pratici vengono assunti con la motivazione che c'è un'urgenza.
Immagino che la tua distinzione tra parte fisica del cervello e parte mentale significhi una distinzione tra neuroni e parte spirituale, cioè immateriale. Se è così, mi sembra ingiustificata: sarebbe come dire che anche un computer possiede una parte spirituale, poiché ci sono i circuiti elettronici che lo compongono, ma ci sono anche i significati, i contenuti che un essere umano è in grado di riscontrare in mezzo a quei circuiti, nel momento in cui accende quel computer e ne legge i documenti che contiene. Alla fine non sarebbe altro che la distinzione tra significante e significato. Ma questo significa attribuire alle nostre astrazioni (cioè il significato) un'identità a se stante. Uno dei tanti scherzi che la nostra mente è in grado di giocare a se stessa.
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Gianni
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Re: Ostacoli alla comprensione della Sacra Scrittura

Messaggio da Gianni »

Partiamo dall’affermazione di Angelo che dice: “Sperimento la realtà tutti i giorni, ma ovviamente, chiamandola ‘realtà’ non intendo che io abbia certezza che esiste al di fuori del mio cervello: è solo perché comunemente si usa parlarne in questi termini”. Sorvolando sul fatto che bisognerebbe casomai parlare di mente e non di cervello, soffermiamoci – per ragionarci - sulla sperimentazione della realtà.
Angelo cita il caso reale di trovarsi di fronte alla cassa di un supermercato. Ogni volta che va al supermercato sperimenta questa realtà. Però, lui dice, non ne ha la certezza e gli viene il dubbio che quella che lui chiama realtà per convenzione non sia reale. Eppure un modo pratico per appurarla lo ha: provare a passare dalla cassa facendo finta di niente. A quel punto potrebbe argomentare che gli allarmi che suonano e le guardie che lo bloccano facciano parte di una realtà inesistente che è solo nella sua mente. Se così fosse, Angelo vivrebbe in una dimensione in cui è del tutto costretto suo malgrado. Quello che lui immagina avrebbe in tal caso una dinamica tutta propria e assolutamente indipendente dalla sua mente. Vivrebbe insomma in un’illusione che ha sue regole ferree che si ripetono costantemente e che lo tengono prigioniero. Infatti, ogni volta che tentasse di andare oltre l’illusione di una cassa, andrebbe incontro alle stesse conseguenze.
C’è di più. Tutti, ma proprio tutti, sperimentano le stesse cose. Ora, se tutti sono degli illusi e la cassa non è reale, ciò comporterebbe che tutti noi siamo prigionieri della stessa identica illusione che sperimenta Angelo. Illusione che non ci è possibile modificare perché mantiene le sue proprie caratteristiche sempre e con tutti.
E qui occorre fermarsi per valutare tutte le possibilità di chi passa davanti a una cassa di un supermercato.
• È tutto reale, fisico, tangibile. Non tenerne conto implica andare a sbattere contro la cassa e farsi male oppure essere bloccati dalla sorveglianza.
• È un’immaginazione del singolo e succede solo a lui, con due possibili soluzioni: 1) A un certo punto si sveglia perché stava sognando; 2) Gli succede anche da sveglio e probabilmente sarà portato via in camicia di forza da due infermieri.
• È un’immaginazione che succede a tutti. In tal caso tutti sono prigionieri di una cosa che chiamano realtà ma che non esiste.
La prima possibilità (è tutto reale, fisico e tangibile) non può essere negata: ne facciamo tutti esperienza sempre allo stesso modo. La seconda è un caso a sé, banale nel caso del sogno, psichiatrico nel caso di veglia. La terza non va sottovalutata.
Considerandola, dobbiamo domandarci: la materia è reale? Se un mattone ci cade in testa non abbiamo dubbi. Ma qual è l’elemento più piccolo che costituisce quel mattone e noi stessi? Una volta si sarebbe detto l’atomo.
Nella teoria atomica di un tempo l'atomo era ritenuto indivisibile per definizione. Si scoprì poi che l’atono ha una sua struttura interna: è cioè composto da particelle più semplici, che vennero inizialmente dette “particelle subatomiche”. Queste poi vennero chiamate “particelle elementari”. Dopo le scoperte iniziali di elettrone, protone e neutrone, il numero e la tipologia delle particelle elementari crebbero in modo continuo. Si rese necessario dedicare allo studio delle particelle una nuova branca della fisica: la fisica delle particelle. La fisica delle particelle è la branca della fisica che studia i costituenti fondamentali e le interazioni fondamentali della materia.
Alcune delle particelle che venivano considerate elementari si rivelarono a loro volta composte di particelle ancora più elementari.
Va notato che il termine particella non è del tutto adeguato: la meccanica quantistica ha eliminato la distinzione tra particelle e onde che aveva caratterizzato la fisica del 19° secolo. In senso stretto, il termine particella non è del tutto corretto. Gli oggetti studiati dalla fisica delle particelle obbediscono ai principi della meccanica quantistica. Come tali, mostrano una dualità onda-corpuscolo, in base alla quale manifestano comportamenti da particella sotto determinate condizioni sperimentali e comportamenti da onda in altri.
Nella fisica classica con “materia” genericamente si indica qualsiasi cosa che abbia massa e occupi spazio, escludendo l'energia dovuta al contributo del campo delle forze. Questa definizione non è più adatta per la moderna fisica atomica e subatomica, per la quale lo spazio occupato da un oggetto è prevalentemente vuoto, e l'energia è equivalente alla massa (E=mc²). Si può invece adottare la definizione che la materia è costituita da una certa classe delle più piccole e fondamentali entità fisicamente rilevabili.
In parole povere, andando sempre più nel sottile per scoprire da cosa è composta la materia, ad un certo punto non troviamo più entità con massa e che occupano spazio, ma onde di energia.
Oggi sappiamo che l’universo è finito. Secondo lo scienziato italiano Zichichi possiamo perfino sapere quanto pesa. Alla domanda su cosa mai ci sia oltre i confini dell’universo la risposta data da Zichichi è: il nulla. Ma non si confonda il nulla con il vuoto (il vuoto è qualcosa e occupa spazio). Il nulla è qualcosa che non conosciamo.
L’esempio del sogno ci aiuta a capire. Quando si sogna - a parte i rari sogni coscienti - c’è un solo modo di sapere che si tratta di un sogno: svegliarsi. Nel sogno tutto appare assolutamente reale. Ma dove si trova lo spazio del sogno e quanto in esso contenuto? Dove sono gli oggetti e le persone che mentre sogniamo sono per noi del tutto reali? Inoltre, cosa mai c’è oltre lo spazio delimitato del sogno? Quello spazio onirico non è da alcuna parte. Ci appare reale, ma è solo nei nostri pensieri.
Questo esempio ci aiuta a comprendere l’universo e quanto in esso accade. È come se fossimo il sogno di Dio (o chissà - se è concessa la battuta – il suo incubo).
Esiste qualcosa che congloba tutto, ma questo tutto non può essere superiore a quel qualcosa, perché è troppo ben organizzato per essere lasciato al caso, che tra l’altro non troverebbe spiegazioni per il suo accadere. Quel qualcosa che tutto ingloba merita il nome di Qualcuno. La Bibbia, in modo tanto semplice quanto profondo, lo esprime così: “In Lui viviamo, ci moviamo, e siamo”. - At 17:28.
Un filosofo vero, e non un filosofante da supermercato della domenica, disse: “Se Dio non esiste, dimostrarne l'esistenza è una sciocchezza; ma se Dio esiste, dimostrarne l'esistenza è una bestemmia”. - Søren Kierkegaard.
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Angelo Cannata
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Re: Ostacoli alla comprensione della Sacra Scrittura

Messaggio da Angelo Cannata »

Gianni ha scritto:È come se fossimo il sogno di Dio
Mi sembra che in questo modo tu stesso ammetta che non è possibile dimostrare che la vita non è un sogno: qualsiasi ipotesi può essere inglobata nell'ipotesi del sognare; questo non è altro che un aspetto di un fenomeno più generale: qualsiasi sistema di idee può essere in grado di inglobare in sé tutti gli altri; cioè il relativismo è in grado di inglobare dentro di sé tutto il resto, compreso il realismo, ma anche il realismo è in grado di fare la stessa cosa. Il risultato è che non è possibile individuare alcun sistema di idee come superiore rispetto a tutti gli altri.
Gianni ha scritto:è troppo ben organizzato per essere lasciato al caso
Per quanto riguarda il valore della complessità e organizzazione dell'universo, come elemento per sospettarne qualche autore, un'argomentazione cara a Zichichi, mi meraviglia come lo stesso Zichichi non si accorga che qualsiasi complessità (e la relativa meraviglia che è in grado di provocare) è sempre commisurata alle capacità della mente che la sta pensando; per un neonato un giocattolino è un prodigio impressionante, un miracolo inspiegabile, e tutti siamo disposti a riconoscere che ciò è dovuto all'ingenuità e all'inesperienza del neonato; non è ovvio che ciò può valere anche per gli adulti? Come mai, di fronte alla meraviglia provata da un neonato, siamo disposti dire che è la sua mente ad essere inesperiente, mentre di fronte alla meraviglia provata da un adulto preferiamo lasciare da parte la considerazione dei suoi limiti e preferiamo pensare che il prodigio dev'esserci per forza? La nostra mente non può essere assunta come criterio per stabilire il livello di organizzazione di una complessità, oltre il quale è necessario pensare a un Dio che l'ha fabbricata.
Gianni ha scritto:dimostrarne l'esistenza è una bestemmia”. - Søren Kierkegaard
Il fatto che Dio non potrebbe essere dimostrato neanche se esistesse non ci fa guadagnare nulla: significa solo che la via delle dimostrazioni non serve a nessuno, né ai credenti, né agli atei. Inoltre sarebbe disonesto, ma soprattutto insostenibile, lasciar sospettare che Dio esiste proprio perché è indimostrabile.
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Gianni
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Re: Ostacoli alla comprensione della Sacra Scrittura

Messaggio da Gianni »

Angelo, io non ha affatto detto che non sia possibile dimostrare che la vita non sia un sogno. Ho detto invece che “è come se fossimo il sogno di Dio”. L’analogia ci aiuta a capire come tutto l’universo sia racchiuso in Dio e come sia un assurdo cercare ciò che dovrebbe esserci oltre l’universo. L’universo stesso, ridotto ai suoi minimi termini è composto da onde di energia. La materia stessa è alla fin fine costituita da onde di energia, sebbene noi la viviamo come materia tangibile.
Il relativismo è una gran sciocchezza, Su ciò ti invito a studiare con cura ciò che ha scritto il teologo Joseph Aloisius Ratzinger, ora papa emerito. Mentre che ci sei, studia anche Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo, dello scienziato Antonino Zichichi.
Riguardo al tuo esempio di come si pongono un bambino e un adulto di fronte a un balocco, permettimi di ricordarti l’enorme distinzione che la psicologia fa tra realtà e percezione della realtà. Una cosa è la realtà, altra la sua percezione. Mentre la prima non cambia, la seconda può variare. La realtà vera è sempre e soltanto una sola, indipendentemente da come la percepiamo. Un diamante è e rimane un diamante come un ciuco è e rimane un ciuco. Dimostrato scientificamente.
Quanto alla dimostrazione dell’esistenza di Dio, prima di tutto occorre definire bene la parola “ateo”. Ateo è colui che sa dimostrare l’inesistenza di Dio. Siccome nessuno ci è mai riuscito, un vero ateo non c’è. Meglio allora parlare di agnostico ovvero di chi non sa. Dio non è dimostrabile scientificamente per una serie di ragioni. Intanto la scienza non è arrivata a conoscere né tantomeno a spiegare tutto. Ci sono chilometri e chilometri di scaffali che contengono libri di scienza obsoleti destinati solo al macero. In più, la scienza può indagare unicamente nel suo ambito. Dio trascende la scienza. Ma di tanto, sai? Di tanto tanto.
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