Non commettere adulterio

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Gianni
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Re: Non commettere adulterio

Messaggio da Gianni »

Caro Salvatore, tu puoi anche concludere che il tuo studio sia corretto, tuttavia non lo avresti inserito negli studi controversi se fosse stato ineccepibile.
Riguardo a Dt 24:1-4, è il caso di chiarire bene la questione. Quella che tu chiami “una norma inesistente nelle Scritture” si trova proprio nel passo deuteronomico. Nota che i farisei domandano a Yeshùa: “Perché dunque Mosè comandò di scriverle un atto di ripudio e di mandarla via?” (Mt 19:7). Yeshùa risponde: “Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli” (v. 9). E dove troviamo tale concessione se non in Dt 24:1-4? In base a tale concessione agli israeliti era consentito di divorziare per vari motivi, sintetizzati nell’espressione “qualcosa di indecente” (Dt 24:1). Che questo “qualcosa di indecente” non fosse l’adulterio è indicato dal fatto che la Toràh data da Dio a Israele decretava che i colpevoli di adulterio fossero messi a morte, non che se la cavassero semplicemente divorziando (Dt 22:22-24). La Toràh precisava che si doveva amare il prossimo come se stessi (Lv 19:18), per cui è lecito e logico presumere che colpe minori non potevano essere usate come scuse per divorziare dalla moglie. Nonostante la concessione, Dio provvide però a regolare il divorzio.
Al tempo del profeta Malachia i divorzi facili riguardavano molti mariti ebrei che divorziavano per qualsiasi motivo, sbarazzandosi della moglie; i sacerdoti, invece di far rispettare la Toràh, lo permettevano, contristando Dio (Mal 2:10-16). Così era anche al tempo di Yeshùa, tanto che gli stessi farisei gli posero la domanda di Mt 19:3.
Tu osservi che “nei Vangeli, quanto al ripudio lecito”, si parla “sono nella prospettiva maschile” perché “è naturale, dato che il ripudio è una facoltà maschile”. Tu qui fai un salto di logica, scambiando l’ipotesi con la prova. Se dovessimo applicare la tua deduzione in passi espressi al maschile avremmo degli assurdi. Prendi, ad esempio, Dt 18:19: “L’uomo che non ascolterà le mie parole che egli [il profeta] pronuncerà nel mio nome, io stesso gliene chiederò conto” (TNM). Qui il testo ebraico ha proprio ysh, “uomo” al maschile. Sarebbe insensato dedurre che si parla nella prospettiva maschile perché era solo dovere maschile ascoltare i profeti. Infatti, NR sostituisce haysh (“l’uomo”) con un generico “se qualcuno”; similmente, la LXX greca usa ἄνθρωπος, che indica l’essere umano indipendentemente dal sesso.
Tu osservi ancora che se Yeshùa avesse esteso alla donna il diritto di divorziare dal marito per giusta causa (fornicazione) dovremmo trovare nelle Scritture Greche delle violente reazioni da parte dei giudei. Intanto, una reazione al fatto che Yeshùa non consentiva ai mariti di divorziare per un nonnulla, la troviamo addirittura da parte dei suoi discepoli: “I discepoli gli dissero: «Se tale è la situazione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene prender moglie»” (Mt 19:10). Possiamo quindi immaginare l’atteggiamento reazionario non solo dei giudei ma degli stessi discepoli (pur essi giudei) di Yeshùa. Tuttavia, abbiamo un dato di fatto riguardo alle comunità dei discepoli. Paolo raccomanda che “che la moglie non si separi dal marito” (1Cor 7:10), poi dice subito dopo: “Ma se in realtà si separa, che rimanga senza sposarsi oppure che si riconcili col marito” (v. 11, TNM). Qui siamo ovviamente di fronte a una separazione e non a un divorzio, per questo non le è lecito risposarsi. Paolo però ammette la separazione quando necessaria, perché dice: ἐὰν δὲ καὶ χωρισθῇ, “se poi anche si separasse”. Ora, se le è concessa la separazione, perché mai non le sarebbe concesso il divorzio per giusta causa? Sarebbe una grave ingiustizia che farebbe ripiombare i credenti nel maschilismo.
Riguardo alla Toràh orale, in essa c’è un apposito trattato chiamato Nashìm (“Donne”, o “Mogli”), che – suddiviso in sette trattati - tratta delle regole su matrimoni e divorzi. Il sesto trattato di Nashìm (chiamato Ghittin “Documenti/Divorzi”) tratta del divorzio ebraico, però più delle procedure che dei motivi. Comunque si legge nella letteratura ebraica non facente parte della Toràh scritta: “È giusto divorziare dalla propria moglie se rovina il cibo, o se si trova una donna più bella”. - Ghittin, 91a.
Nel diritto ebraico il divorzio è tollerato ma sconsigliato, se non nei casi estremi in cui il rabbino non riesca a riconciliare i coniugi. Il marito può concedere il divorzio alla moglie, ma non viceversa; il marito è messo però in condizioni tali da non poter rifiutare il divorzio alla moglie, minacciandolo con pene detentive e perfino con la fustigazione. Maimonide afferma: “Se uno è obbligato dalla legge a divorziare da sua moglie e rifiuta di fare ciò, una corte ebraica in qualunque luogo ed in qualunque momento può sottoporlo a fustigazione fino a che non dichiari: ‘Lo voglio’. Egli poi scrive il ghet di suo pugno e questo è un contratto di divorzio valido” (Yevamot 93b, 114b). La moglie può costringere il marito a concederle il divorzio in diverse circostanze. La moglie ha diritti simili a quelli del marito. Ai tempi biblici, quando era ancora in uso il concubinato, non era necessaria alcuna stesura del ghet per ripudiare una delle concubine, ma era obbligatorio per il ripudio della propria moglie o di una delle proprie mogli. Nella Toràh questo documento è chiamato “libello di separazione”. Una volta avvenuto il divorzio, la donna può risposarsi. Si legge infatti in Mishnàh Ghittin 9:3: «Tu sei ora libera di sposare l’uomo che desideri». A Masada è stato ritrovato un ghet databile a circa il 70 della nostra èra in cui si legge proprio questa liberatoria.
Quando si parla di Toràh orale, Salvatore, occorre sapere di cosa si parla.
Tra l’altro, Paolo usa la stessa formula in 1Cor 7:39, applicandola in caso di morte del marito. A chi obietta che egli non menziona qui il divorzio, occorre far notare che Paolo sta parlando delle vedove, per cui sarebbe fuori luogo menzionare il divorzio. La stessa considerazione vale per Rm 7:1-3, perché qui Paolo parla della Toràh, da cui ovviamente non si può divorziare. Non abbiamo proprio alcuna ragione di pensare che Paolo fosse contrario al divorzio per giusta causa, sia per volere del marito che per volere della moglie; e ciò vale prima di tutti per Yeshùa.
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Salvatore Tarantino
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Re: Non commettere adulterio

Messaggio da Salvatore Tarantino »

Gianni, adesso stai divagando con delle considerazioni molto libere e riproponendo argomentazioni già discusse.
La mia conclusione poggia su un ragionamento molto più semplice: ti ho fatto tre domande e dalle tue tre risposte non si evince che dal ripudio concesso solo all'uomo si sia passati al ripudio anche in favore della moglie, nè a ipotetici scandali proprio su questa novità.
Fare dei bei discorsi sulle diverse società del tempo non cambierà il fatto che il ripudio a favore della donna nelle Scritture non è mai esistito.
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francesco.ragazzi
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Re: Non commettere adulterio

Messaggio da francesco.ragazzi »

Le innovazioni di Yeshua :
Entrambe le parti di Luca 16:18 sono delle innovazioni esegetiche, cioè, sono nuove interpretazioni della Scrittura. I rabbini credevano che la Torah fosse una fonte inesauribile o un pozzo senza fine:
si potrebbe scavare in essa sempre più in profondità, ricavandone sempre nuove e preziose intuizioni. Yeshua alludeva a questo quando disse:«ogni scriba ammaestrato per il regno dei cieli è simile ad un padron di casa il quale trae fuori dal suo tesoro cose nuove (cioè, interpretazioni personali innovative)e cose vecchie(cioè, quello che egli ha appreso dai suoi maestri)»
(Mat.13:52).
La prima parte di Luca 16:18 è un'innovazione: Yeshua sentenzia che divorziare dalla propria moglie per sposarne un’altra è un atto di adulterio. Questa affermazione va oltre le dichiarazioni che Yeshua poteva aver sentito dagli insegnanti del tempo. La sua interpretazione «stabilisce e rafforza»la Torah (Mat.5:17), cioè, la sua innovazione rinforza e chiarisce la Torah. La seconda parte del verso è anch’essa una innovazione, ancor più forte della prima (di solito, un'innovazione o la sua formulazione più potente, veniva fatta alla fine dell’insegnamento): il marito che divorzia da sua moglie per sposarne un’altra, non solo infrangerà il settimo comandamento, ma farà in modo che anche altri lo possono infrangere. Soltanto un grande maestro era in grado di fare delle interpretazioni innovative, e Yeshua parlava come uno che aveva autorità.
(tratto da uno studio di A. Quintavalle)
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Gianni
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Re: Non commettere adulterio

Messaggio da Gianni »

Caro Francesco, io sono d’accordo con le conclusioni di Argentino Quintavalle. Tu cosa ne hai tratto in merito alla discussione in atto?
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francesco.ragazzi
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Re: Non commettere adulterio

Messaggio da francesco.ragazzi »

Caro Gianni,
Condivido in pieno tutti i tuoi interventi, una visione ampia e chiara molto vicina allo spirito della Legge proclamato da Yeshua !

Caro Giovanni,
La poligamia non è nel progetto divino, come tu stesso rispondi, frutto delle civiltà maschiliste oltre che egoiste passate .- "...in principio non era così..." .-
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Salvatore Tarantino
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Re: Non commettere adulterio

Messaggio da Salvatore Tarantino »

Giovanni, poichè è scritto:

“Ma io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non
sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un'altra, commette adulterio” (Matteo 19,9)

la poligamia è divenuta illecita, altrimenti non commetterebbe adulterio chi sposa un'altra donna... la aggiungerebbe semplicemente alla prima.

Tuttavia rimane aperta una questione particolare:
"Se dei fratelli staranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la moglie del defunto non si sposerà fuori, con uno straniero; suo cognato verrà da lei e se la prenderà per moglie, compiendo così verso di lei il suo dovere di cognato" (Deuteronomio 25,5).
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Gianni
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Re: Non commettere adulterio

Messaggio da Gianni »

Grazie, Francesco. :-)
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francesco.ragazzi
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Re: Non commettere adulterio

Messaggio da francesco.ragazzi »

Caro Salvatore, hai scritto :
"Se dei fratelli staranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la moglie del defunto non si sposerà fuori, con uno straniero; suo cognato verrà da lei e se la prenderà per moglie, compiendo così verso di lei il suo dovere di cognato" (Deuteronomio 25,5).

Ai tempi odierni ha senso ?
La moglie del fratello defunto non è un maglione che si indossa, capisco le motivazioni del tempo, ma oggi credo sia improbabile che si faccia senza sentimento e solo per dovere...
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Salvatore Tarantino
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Re: Non commettere adulterio

Messaggio da Salvatore Tarantino »

Lo scopo era quello di dare una discendenza al fratello, non era un capriccio.
Per una applicazione concreta di questa norma e della sua sostanziale violazione, leggi la storia di Tamar (in Genesi).

Ritengo comunque che questa norma sia relativa al solo popolo ebraico, ma qui entriamo in ragionamenti complicati e andiamo fuori tema.
noiman
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Re: Non commettere adulterio

Messaggio da noiman »

Ciao forumisti, un saluto...... :-( :-( :-( :-(
Ultima modifica di noiman il mercoledì 15 febbraio 2017, 22:40, modificato 1 volta in totale.
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