“Dio era la parola”

AEnim

Re: “Dio era la parola”

Messaggio da AEnim »

Intanto che ci sono una curiosità: pros, perchè "presso" e non "avanti"?
Ricordo la parola προσκήνιον, comp. di προ- «avanti» e σκηνή «tenda, scena», avanti alla scena o alla tenda, in italiano proscenio, che sarebbe il palcoscenico.
"e la parola era avanti il Dio" meglio pros-ton "avanti-al Dio, avanti-a Dio" (lo precedeva, in questo senso gli era prossima).

Non sono quindi sicura che l'intezione sia porre l'articolo davanti alla parola Dio, ma piuttosto andrei a verificare le modalità di uso della particella pros, o piuttosto dell'allocuzione pros-ton quando sia da intendere avanti o davanti.

Theòs e Lògos non sono entrambi della seconda declinazione?

καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν
qui Lògos è nominativo e Theòn è accusativo

καὶ Θεὸς ἦν ὁ Λόγος
qui vedo due nominativi! Theòs è espresso al nominativo e anche Lògos.
Due nominativi?

Sin dal principio esisteva [anche] la Parola (sin dal principio come Dio), e la Parola precedeva Dio (nel senso che appariva prima mentre Dio appariva subito dopo di essa parola), quindi il Lògos (soggetto al nominativo) Theòs (soggetto al nominativo) en= è, come a segnalare una identità.
Da vedersi come qualcuno che cammina avanti a qualcun'altro, quindi lo precede sempre, apparendo sempre per primo, e subito dopo arriva sempre l'altro, come se lo preannunciasse (come il rumore dei suoi passi precede l'apparire di una persona, perciò i suoi passi sono (segno della) sua presenza) e ciò appare come una identità fra le due cose, nel senso che la parola manifesta la presenza del dio, quasi come una identità, manifestandone la presenza.

Verificate che sia possibile o meno e ditemi cosa remerebbe contrario.

Diamo un occhiata ai sensi di Lògos
https://it.wikipedia.org/wiki/Logos
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Gianni
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Re: “Dio era la parola”

Messaggio da Gianni »

Naza e AEnim, avete fatto due interventi molto competenti.

AEnim, tu domandi perché non tradurre πρός “avanti” anziché “presso”. In effetti, stando al vocabolario, si potrebbe; così come si potrebbe tradurlo “oltre a”. A determinare la scelta è sempre il contesto. Siccome “la parola era Dio”, non possiamo dire che era oltre a Dio. Possiamo dire che era avanti a Dio? Proviamo: La parola era avanti al Dio e la parola era Dio. Non sembra contraddittorio? Anche ‘era presso il Dio ed era Dio’, sebbene abbia senso, presenta un aspetto di contraddittorietà, sebbene lieve.
Io faccio una riflessione, sulla quale chiedo la vostra opinione. In Gv 1:1 abbiamo tre affermazioni: 1) La parola era in principio, 2) era pròs il Dio, 3) era Dio. A me sembra che la terza parte sia una precisazione della seconda. Che la parola fosse in principio non pone problemi: è un chiaro riferimento a Gn 1. Poi Giovanni dice che “era pròs il Dio” (2). Ed ecco la mia riflessione: Giovanni, forse per non essere frainteso, precisa che “la parola era Dio”. Se è così, non solo 3) spiega 2), ma ci dà la chiave per meglio capire il pròs di 2).
Non va dimenticato che stiamo accogliendo “presso” sulla base della traduzione latina apud che Girolamo fece di pròs.
Tornando sul teoricamente possibile “avanti”, osservo che se Giovanni avesse voluto dire così, avrebbe usato la preposizione πρό + genitivo, preposizione che – tra parentesi – è quella di προσκήνιον (proscenio), che etimologicamente è composto da πρό (non πρός), “davanti”, e σκηνή, “tenda”.
È molto interessante la tua osservazione, AEnim, che la parola “gli era prossima” (a Dio). Direi poi che è geniale il tuo suggerimento di andare a verificare l’uso giovanneo di pros. L’ho fatto. Giovanni lo usa decine di volte, ma mai con il senso di “avanti” (davanti). Ho poi ristretto la ricerca a πρὸς τὸν θεόν. Oltre che Gv 1;1b, lo troviamo subito dopo in 1:2: “Questo [la parola, che in greco è maschile] era in principio pròs il Dio”, che non fa che ribadire quanto detto al v. 1. L’espressione πρὸς τὸν θεόν è usata poi da Giovanni in 1Gv 3:21 e in Ap 13:6. Paolo la usa in Rm 15:17,30, in 2Cor 3:4 e in Flp 4:6. Infine la rinveniamo in Eb 2:17 e 5:1. Tutti questi passi li lascio al vostro esame.
Theòs e lògos, cara AEnim, sì, sono entrambi della seconda declinazione. Dici bene: in καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, lògos è al nominativo e theòn è all’accusativo (che è richiesto da pròs). In καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος ci sono due nominativi, sì. Quello con l’articolo è il soggetto, quello senza articolo è il predicato nominale.
Sei brava, AEnim. Hai colto alla fine una sfumatura sul filo del rasoio della logica, dicendo che “la Parola precedeva Dio (nel senso che appariva prima mentre Dio appariva subito dopo di essa parola)”. Ho detto sul filo del rasoio perché quando la parola era in principio, Dio già c’era. Se stiamo alla sequenza temporale, dovremmo dire che innanzitutto c’era Dio, che non aveva ancora parlato (il “disse” di Gn), poi parlò e “disse”; in questo senso “la Parola precedeva Dio”, ma poi – a ben vedere – non possiamo dire che “Dio appariva subito dopo di essa parola”, perché stando al racconto Dio non compare affatto. Ho capito però cosa intendi dire e mi complimento per questa tua capacità introspettiva, anche psicologica, richiamando il rumore dei passi nel giardino edenico. Ecco, AEnim, la soluzione sta forse proprio qui. Come quei passi svelarono la presenza divina, manifestandola (è stupendo questo manifestarsi senza manifestarsi che si armonizza con l’invisibilità di Dio), così – uso le tue parole – “la parola manifesta la presenza del Dio”. Ecco allora che possiamo tradurre quel pròs con “conforme”. “In principio c’era la parola e la parola era conforme al Dio e la parola era Dio”. Tu dici “quasi come una identità”. Brava, una volta di più. “Quasi come”, non la stessa cosa. Potremmo dire: i passi di Dio nel guardino, quasi come un’identità; Dio non è i suoi passi, ma i suoi passi sono Dio. Dio non è la parola, ma la parola è Dio.
È un piacere, AEnim, scandagliare con te il testo biblico. Ora faccio mio il tuo invito: Verificate che sia possibile o meno e ditemi cosa remerebbe contrario.

Naza caro, hai fatto una corretta analisi logica: il soggetto di tutte e tre le frasi di Gv 1:1 è il lògos. Riguardo alla terza frase la tua analisi è ineccepibile: «Abbiamo Θεὸς [Theós] senza l’articolo ed è un nome che si riferisce grammaticalmente al soggetto, quindi abbiamo un complemento predicativo del soggetto. Il verbo “ἦν èn” unisce il nome Θεὸς, in questo caso, al soggetto della frase ὁ Λόγος». E dici benissimo: la terza frase, sistemata in italiano, va tradotta: “La parola era Dio”.
Complimenti per aver citato lo studioso di greco E. C. Colwell, ma perché dici «Colwell, a quanto pare, ritiene che Giovanni 1:1 andrebbe compreso in questo modo: “e [il] Dio era la Parola”»? Se «un predicato nominale determinato tende a perdere l'ʹarticolo quando precede il verbo essere», come dice lo stesso Colwell, nella terza frase di Gv 1:1 il θεὸς (senza articolo) è un predicato nominale e, come da te giustamente osservato, ὁ λόγος (con l’articolo) è il soggetto. Aggiungo che se avessimo ὁ θεὸς ἦν ὁ λόγος non si capirebbe qual è il soggetto e quale è il predicato.
La connotazione qualitativa evidenziata da M. Zerwick spiega perfettamente il passo in questione. In Ez 28:2,9 (LXX) il soggetto ha la qualità umana (trattandosi di un uomo, potremmo dire la natura umana), ma non quella divina. A differenza del principe di Tiro, il lògos-parola era Dio (non il Dio): aveva questa qualità, divina.
E chi mai l’ha detto che θεὸς, θεόν e λόγος sono tutti termini che cominciano con la lettera maiuscola? Nelle traduzioni, magari, ma sono i traduttori che lo decidono. Nel caso di θεὸς è giocoforza, perché lo esige l’italiano. Nel caso di λόγος è una scelta. Personalmente preferisco la minuscola, perché la maiuscola è tendenziosa: fa tanto pensare al "Gesù" trinitario, tant’è che i traduttori trinitari fanno sfregio della grammatica e la parola, che è una cosa, diventa subito dopo “Egli”!
Quanto al lògos nella filosofia, va trattato a parte, forse anche parallelamente a quello biblico, ma non insieme, come se fossero mischiati. Occorre poi distinguere il lògos della teologia dei secoli successivi al primo, che si riallaccia a quello della filosofia, iniziando da Plotino (terzo secolo) e da quella genialata filosofica delle ipostasi, il che ci porta diritti alla pagana trinità.
Infine, Naza, tu concludi: «Dato che anche in campo filosofico vi erano diverse correnti, o assumiamo che l'evangelista ne seguì o ne stabilì una nuova (ma qui dovremmo asserire che l'ebraismo fu eclissato dall'ellenismo), oppure che si attenne semplicemente agli insegnamenti diretti di un maestro che era Giudeo - Galileo». Da parte mia commento: non possiamo assolutamente asserire che l'ebraismo fu eclissato dall'ellenismo; come avevo già osservato, quando l’ebraismo venne in contatto col la filosofia greca ne fu affascinato e si rivestì di una veste ellenica, ma non ne fu assolutamente eclissato. Quanto a Giovanni, non seguì né stabilì una nuova corrente filosofica: non solo non lo fece ma neppure ne avrebbe avuto le capacità, essendo un illetterato. Si attenne semplicemente agli insegnamenti diretti del giudeo Yeshùa? Certamente sì, ma non per il lògos, su cui il rabbi di Nazaret non ebbe insegnamenti. Giovanni si attente al lògos biblico, al davàr ebraico.
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Maria Grazia Lazzara
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Re: “Dio era la parola”

Messaggio da Maria Grazia Lazzara »

Buon giorno a tutti

Trovo anch'io geniale l'intuizione di AEnim ( si è accesa una lampadina nella sua mente ) quando dice che : la parola manifesta la presenza di Dio come i passi nel giardino manifestavano la presenza di Dio .

La parola é un annunciare Dio
La parola precede Dio , fa da ingresso al Dio .

Gianni saggiamente puntualizza : nè la parola è Dio nel senso pieno come non lo erano i passi .

Io ripeto : la parola denota una parte componente di Dio , una delle tante sue conformazioni .
Ma una domanda ancora mi frulla in testa : nella parola è insito il pensiero , la ragione ,la concretizzazione ,togliendo questo cosa rimane ?
chelaveritàtrionfi
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Re: “Dio era la parola”

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Caro Gianni, il mio commento alle maiuscole è dovuto al fatto che ho fatto riferimento alla Nestle, ma mi sono accorto che altri testi riportano la lettera minuscola. Riporto quelli che ho trovato:
Berean Greek New Testament 2016
Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ Λόγος, καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεὸς ἦν ὁ Λόγος.

SBL Greek New Testament 2010
Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν, καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος.

Nestle Greek New Testament 1904
Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ Λόγος, καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεὸς ἦν ὁ Λόγος.

Westcott and Hort 1881
ΕΝ ΑΡΧΗ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν, καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος.

Westcott and Hort / [NA27 variants]
ΕΝ ΑΡΧΗ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν, καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος.

Westcott and Hort / {NA28 variants}
ΕΝ ΑΡΧΗ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν, καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος.

RP Byzantine Majority Text 2005
Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν, καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος.

Greek Orthodox Church 1904
Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ Λόγος, καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεὸς ἦν ὁ Λόγος.

Tischendorf 8th Edition 1872
Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν, καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος.

Scrivener's Textus Receptus 1894
Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεὸς ἦν ὁ λόγος.

Stephanus Textus Receptus 1550
Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος

Beza Greek New Testament 1598
ἘΝ ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ Θεὸς ἦν ὁ λόγος.


Se confrontiamo la Nestle con la Westcott and Hort, nel secondo caso abbiamo quei termini: λόγος, θεόν, e θεὸς con la lettera minuscola.

Riguardo a Colwell, nonostante la regola, vi era anche la questione se in καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος il termine θεὸς sia inteso in senso qualitativo o determinato. Già aveva riportato che il grecista M. ZERWICK aveva fatto notare che spesso nel greco della LXX e del NT la mancanza di articolo è associata alla connotazione qualitativa.

Anche sul Journal of Biblical Literature, 1973, vol. 92, p. 85. Op. cit., pp. 85, 87,
https://digilander.libero.it/domingo7/JBL92.htm
possiamo leggere:
Our study so far suggers that the anarthrous predicate in this verse has primarilly a qualitative significance and that it would be definite only if there is some specific indication of definiteness in the meaning of contest

Il nostro studio finora suscita che il predicato anartroso in questo versetto abbia principalmente un significato qualitativo e che sarebbe definitivo solo se vi è qualche indicazione specifica di definitività nel senso del contesto
https://digilander.libero.it/domingo7/H6.jpg

The categories of qualitativeness and definiteness, that is are not mutually exclusive, and frequently it is a delicate exegetical Issue for interpreter to decide which emphasis a Greek writer had in mind.

Le categorie di qualitatività e di definitività, che non si escludono reciprocamente, e spesso è un delicato problema esegetico per l’interprete decidere quale enfasi uno scrittore greco aveva in mente

As Colwell called attention to the possibility that such nouns may definite, the present study has focused on theie qualitative force. In Mark 15:39 I would regard the qualitative emphasis as primary, although there may also be some connotation of definiteness. In John 1:1 think that the qualitative force of the predicate in so prominent that the noun cannot be regarded as definite.

Poiché Colwell ha richiamato l'attenzione sulla possibilità che tali sostantivi possano definire, il presente studio si è concentrato sulla loro forza qualitativa. In Marco 15:39 considererei primaria l'enfasi qualitativa, sebbene possa esserci anche qualche connotazione di determinatezza. In Giovanni 1:1 penso che la forza qualitativa del predicato sia così prominente che il sostantivo non può essere considerato definito.
https://digilander.libero.it/domingo7/H7.jpg


Queste spiegazioni credo siano state evidenziate per via della traduzione riportata sulla TNM dove vi è l'articolo indeterminativo "un" davanti a θεὸς.

Infine, riguardo alla filosofia ecc.. ho commentato che la connotazione di carattere linguistico dà la possibilità di effettuare un’analisi oggettiva dell’intero testo biblico seguendo una logica contestuale del testo. Se pur si volesse percorrere il campo “filosofico”, considerando anche le varie allegorie e notando l’uso di specifici termini, entreremo in un campo minato.

Su chi sia la penna del testo Giovanneo, alcuni esegeti ammettono che non si tratti letteralmente di Giovanni il pescatore, ma di Giovanni il presbitero, chiamandolo Giovanni l’Evangelista. Il commento precedente l’ho tratto da qui:

https://www.youtube.com/watch?v=AJ1zFeKrWpM
credo venga spiegato dal minuto 26.

Vedi Gianni perché dico che mi stai facendo impegnare :d :d
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
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Re: “Dio era la parola”

Messaggio da Gianni »

Buongiorno, Maria Grazia. Parlare della parola come di una parte componente di Dio non mi sembra corretto. Sebbene faccia parte del linguaggio biblico-ebraico, che è concreto, parlare ad esempio delle mani, delle dita e della pupilla di Dio, non possiamo assumere le mani, le dita e la pupilla come parti componenti di Dio. La parola presuppone una voce, quindi delle corde vocali e una gola. Credo però di avere capito cosa intendi dire. Non sarebbe meglio dire allora che la parola è una manifestazione di Dio? Tu domandi, mi sembra retoricamente, cosa rimane togliendo il pensiero, la ragione e la concretizzazione che sono insiti nella parola. Se ho ben compreso la tua domanda, direi che rimane solo il suono della voce, senza contenuto. Ma, siccome Dio non ha bocca e non parla davvero, rimane il suo pensiero, espresso appunto nella parola biblicamente intesa.
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Re: “Dio era la parola”

Messaggio da Gianni »

Buongiorno anche a te, Naza.
La questione delle maiuscole si risolve definitivamente controllando i manoscritti originali greci.
La connotazione qualitativa è basilare e mi pare risolva la questione di Gv 1:1c.
L’identificazione dell’autore del quarto Vangelo può essere trattata separatamente, ma in ogni caso non tocca il brano che stiamo considerando.
Ti stai impegnando molto? Lo vedo! Questa è biblistica, amico mio. E Stella diceva che il passo è semplicissimo e non servono tanti studi per capirlo … :-)
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Re: “Dio era la parola”

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Caro Gianni, anche il teologo menzionato nell’audio video afferma che specialmente Giovanni non si può comprendere se non si è passati dall’antico testo ed è meglio all’inizio leggere gli altri 3 vangeli. Personalmente credo che il solo contesto letterale e la logica non siano sufficienti per comprendere a fondo passi come questo. Sono cose che tu sai ed avrai notato sicuramente. Ritengo anche che sia molto utile se non determinante, la conoscenza di tutto il contorno e l ambiente in cui l’autore scrive e non per condizionamenti negli scritti piuttosto per capire come nei secoli si siano sviluppate alcune dottrine. Essendo che esiste ampia documentazione… ció è possibile notarlo. Stella peró ( forse nell’altra cartella) ha posto una domanda lecita. Riporto in sintesi perché non sono al pc, e cioè in pratica se tutti gli altri non sono capaci di analizzare il greco e non notare tutte queste cose. Un po’ come andare da due medici che suggeriscono due cure diverse per la stessa patologia.


Tuttavia , sempre secondo me, anche la traduzione dovrebbe, se consentito, lasciare spazio anche all’ interpretazione ( per via delle allegorie).

Mettendo in atto tutto ciò, i collegamenti spaziano a destra ed a sinistra e vengono fuori le differenze interpretative e le costruzioni teologiche.

Ps: mentre scrivevi, Gianni, stavo inserendo nel post precedente un rigo riguarde le spiegazioni che ho citato .. sul fatto che la TNM introduce l’articolo indeterminativo ‘un’
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
AEnim

Re: “Dio era la parola”

Messaggio da AEnim »

Gianni ha scritto: mercoledì 26 aprile 2023, 6:39
Innanzitutto io ho scritto
Gianni ha scritto: mercoledì 26 aprile 2023, 6:39 era pròs il Dio
in quel momento ritenendolo 'sbagliato', in quanto ho ipotizzato momentaneamente (sai, mica che dopo 40 anni mi ricordo la grammatica greca :) ) pròs-ton una espressione composita dove quindi il ton non avrebbe più avuto alcuna funzione di articolo, ma hai ragione che è probabile che dopo non ci sta un accusativo, casomai un genitivo o un dativo, anche se esistono le eccezioni e tu dici che pròs comunque regge l'accusativo, e mi par di ricordare che se una particella regge fissa un modo, lo regge quale che sia il significato con cui lo si usi (presso o avanti, in questo caso). Non no più il Rocci, l'ho dovuto dar via, non posso verificare. Quindi niente, cercavo di sbarazzarmi dell'articolo ma non ci sono riuscita.

Esatto Gianni, mi è venuto in mente proprio Dio nel Gan Eden.
Dopotutto gli antropomorfismi biblici lo rendono 'immaginabile' alla stregua di quasiasi altro "il Dio" (e mi pare pure non sia l'unico che va passeggiando per i suoi giardini).

Ritengo che si, il concetto di 'conforme' sia corretto, che si tratti proprio di ciò

A me quel "era presso Dio" ha sempre dato fastidio perchè in italiano mi appariva avere poco significato.

Essere presso qualcuno significa "abitare presso" qualcuno, essere nella sua casa (e ciò starebbe bene rendendomi il senso che ci si stia riferendo al parlare umano), ma se poi viene dichiarata una identità (era presso di lui, era lui) le due cose collidono, per cui fra me ho sempre detto: deciditi, scegli, delle due l'una, o era presso, abitava nella casa, oppure era lui, delle due l'una perchè tutte e due non sono possibili. Mi ha sempre dato subito una idea di indecisione e contraddizione.

Molte cose sono cambiate da quando ho approcciato il Sanscrito e la - chiamiamola - filosofia di tale lingua. E' lingua che si mantiene separata e distinta (alcuni affermano che sia anche il senso del termine ebraico kadosh) dalle altre, al fine di mantenersi in modo tale da poter parlare opportunamente delle "cose divine". Per questo non è lingua madre di nessuno, e può essere solo appresa (una quasi specie di esperanto). Studiare quelle cose richiede un distacco dalla propria lingua corrente dove quasi sicuramente i significati si sono modificati perchè - fra le altre cose - di ciascuna parola si recepisce anche l'emozione o il sentimento (il respiro, che per gli orientali è cosa fondamentalissima) con la quale ci è stata pronunciata e quelle (emozioni, sentimenti), se non opportune, guastano e corrompono i significati percepiti.

Credo forse vi sia dentro anche una idea di un tempo in cui il parlare umano era conforme (nel senso di parlare conformemente ad una visione del mondo, dottrina, credenza).

Noi sanscritisti (sto scherzando, ovviamente non sono ciò) dobbiamo per forza essere scafati in tutte le sfumature con le quali si determina relazione fra la parola e le cose divine in quanto la questio è in premessa della lingua (che ordina il suo alfabeto secondo l'esatto luogo di articolazione). Ovviamente distinguiamo le visioni emica ed etica.

Che io mi ricordi, il concetto di arkè, en arkè, richiama anche l'idea di un tempo "ideale" (scusate il gioco di parole) in cui tutto era più 'conforme' ed al quale è seguito un deterioramento, e quindi non solo il "be-reshit" biblico.

Per cui per me è anche come se avesse detto: un tempo la parola degli umani era più conforme alle cose divine ed abitava nella casa di Dio, ed avrebbe avuto senso anche per chi suonasse "ed abitava nella casa del dio". Una frase a doppio senso, o a più sensi, che può suonare, per ciascuno che la legge, alla propria maniera.
Mi è difficile ignorare che chi scrive scrive nella lingua di una cultura non biblica e sa che verrà letto anche da altri madrelingua greci.
Theòs e lògos, cara AEnim, sì, sono entrambi della seconda declinazione. Dici bene: in καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, lògos è al nominativo e theòn è all’accusativo (che è richiesto da pròs). In καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος ci sono due nominativi, sì. Quello con l’articolo è il soggetto, quello senza articolo è il predicato nominale.
Quindi, sempre mi coglie l'istinto di vedere se e come si può legittimamente togliere l'articolo, e direi di si in quanto ha qui una funzione di mero 'segnalatore' di quale sia il predicato e come segnalatore diventa obbligatorio ma non per questo va tradotto. Si potrebbero fare altre considerazioni come cercare di capire come un greco seguace di qualche 'il dio' avrebbe inteso questa frase e cioè se sarebbe stato in grado di capire che si parla non di un 'il dio' ma di quello unico.
In καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος ci sono due nominativi, sì. Quello con l’articolo è il soggetto, quello senza articolo è il predicato nominale.
Quindi tutta la vita secondo me sarebbe più corretto tradurre: Dio era la parola, e non la parola era Dio.

Ti ricordo anche una cosa che avevo postato e che non vi siete filati per niente, in cui si facevano specifiche a proposito di tutte le lingue in cui il verbo essere è copula e quindi può definire 'identità' ma altrettanto leggittimamente 'similitudine'.

E' importante
https://www.biblistica.eu/viewtopic.php ... ari#p72086


Viene da una discussione in un gruppo Yahoo fra il mio amico ebreo docente in pensione di Linguistica comparata e il Monsignore, era circa la fine degli anni '90.


Quindi la domanda me la devo porre: similitudine o identità qui?


Abituatevi che io ho un modo molto originale di approcciare le cose: in pratica per poterle rimontare prima le smonto, porto qualunque problematicità io riesca a trovare. Il che NON significa mai che io stia sostenendo qualcosa, anzi in genere non sostengo nessuna cosa.
Ultima modifica di AEnim il mercoledì 26 aprile 2023, 10:43, modificato 2 volte in totale.
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Re: “Dio era la parola”

Messaggio da Gianni »

Caro Naza, rispondo alle tue osservazioni.

A ben vedere, nessun passo biblico si può comprendere pienamente se non si conosce tutto il resto della Sacra Scrittura. Il Vangelo giovanneo non si può comprende se prima non si leggono gli altri tre Vangeli? Anche Mt e Lc, scritti dopo Gv? Ora, senza entrare in una nuova discussione relativa alla datazione dei Vangeli, prendiamo pure buona l’attuale disposizione dei Vangeli. A questo punto bisognerebbe dice che tutti e quattro non si possono comprendere pienamente senza conoscere l’intero cosiddetto Nuovo Testamento. Ma poi bisognerebbe precisare che questo non si può comprendere pienamente se non conosciamo prima la Bibbia ebraica. Ci fermiamo qui? Neppure per sogno, perché la Bibbia ebraica non si si può comprendere pienamente se non si conosce la lingua e il modo di pensare degli antichi ebrei. Il punto è, Naza, che tutto ciò deve essere dato come acquisito. Se uno apre la Bibbia e, pur essendo laureato in Lettere Antiche, si mette a leggere Gv 1:1, non ne cava molto, anche se, conoscendo bene il greco, può spiegartene la costruzione sintattica e tradurlo come si deve.

Tu vuoi andare oltre per avere “la conoscenza di tutto il contorno e l’ambiente in cui l’autore scrive”? Caro Naza, tutto ciò lo do per scontato. Chi arriva ad analizzare un passo come il nostro deve già avere questa conoscenza. Vuoi prenderti un intervallo di almeno quattro anni per studiare prima Scienze Bibliche? Si può fare. Diversamente puoi avvalerti della conoscenza che hai e arricchirla man mano, come stai facendo. Non saprei che altra strada indicare.

“Capire come nei secoli si siano sviluppate alcune dottrine” va benissimo, se vuoi capire come si giunse alla trinità. Ma ci interessa? Potrebbe essere una strada, nel senso che ripercorrendola si può vedere dove, come e perché ci fu un discostamento dal puro monoteismo biblico, ma comporterebbe fare la strada lunga invece di prendere quella diretta. Sarebbe come, dovendo andare da qui in centro città, percorressi la strada di chi è finito in periferia per capire in quali punti ha deviato.

Non ricordo la domanda lecita di Stella, ma se me la riporti posso rispondere. Dici che è un po’ come andare da due medici che suggeriscono due cure diverse per la stessa patologia. Forse intendevi dire che fanno due diagnosi diverse per gli stessi sintomi.
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Re: “Dio era la parola”

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AEnim, similitudine o identità? Non identità, perchè il lògos era pròs il Dio, non il Dio. Similitudine, allora? Io direi conformità. :-)
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