Re: Leggere il testo biblico originale
Inviato: venerdì 24 marzo 2023, 17:52
Naza … fuochino.
Intanto precisiamo una cosa. Cosa intendi dicendo che “essendoci un senso obbligato del segno diacritico, anche nella traslitterazione siamo obbligati ad indicarlo”? Se ti riferisci al verso del segno (acuto e grave), come già detto più volte, nella traslitterazione non se ne tiene conto. Da riportare, obbligatoriamente, è l’accento tonico (usando le vocali accentate della tastiera e senza preoccuparsi de l’accento è grave o acuto).
Vediamo ora quella che sembrerebbe a prima vista un’anomalia nella seguente frase:
Τί οὖν ἐστιν Ἀπολλῶς; τί δέ ἐστιν Παῦλος
Le parole in rosso sono senza accento, e avevamo detto sin dall’inizio che ogni parola greca riporta obbligatoriamente l’accento. Come si spiega allora?
Per prima cosa va osservato che ogni parola di qualsiasi lingua ha un accetto tonico, anche se non è segnato. Se scrivo “carota”, un italiano sa che l’accento va sulla o. Quindi anche ἐστιν deve pur avere un accento. Eppure è indicato solo uno spirito.
Ecco la regola: ci sono in greco alcune parole che quando per la pronuncia si appoggiano ad altre perdono l’accento.
Faccio un esempio con l’italiano. Provate a dire “il libro” e “ho sete”. Se ci fate caso, nel parlato suonano così: illlìbro”, “osète”. Sia “il” che “ho” vengono attaccate alla parola seguente, formando un tutt’uno.
Vediamolo in greco: ἡ μήτηρ, con la ἡ senza accento; pronuncia emèter. Così anche ἐν τῷ, con ἐν senza accento; si legge entò.
Ora, ci sono parole che per l’accento si appoggiano alla parola che segue, altre alla parola precedente. In grammatica si chiamano proclitiche ed enclitiche. Non è necessario che sappiate i loro nomi né che sappiate distinguerle. La pronuncia verrà naturale.
Esempi: ὁ Ἰησοῦς, ὥρα μου, εἰς αὐτὸν, οὐ πολλὰς, τά τε πρόβατα, εἰς ἀγοράν.
Tuttavia, quando ἐστιν non è enclitica mantiene il suo accento: ἐστίν.
Potete anche dimenticarvi di tutto ciò. Averlo saputo impedisce di spaccarsi la testa a domandarsi perché certe parole sono senza accento.
Ora guardate che meraviglia di precisione ha il greco:
ἔλαβόν τι
σῶμά τινων
Due accenti! Uno è quello naturale della parola, l’altro è aggiunto per farvi appoggiare l’enclitica.
Non datevene pensiero: nel testo greco trovare già tutto scritto per bene.
Vediamo adesso gli accenti in τί δέ ἐστιν. Perché rimangono acuti? Perché τι e δε sarebbero atone, ma il fatto che tutte e tre le parole vanno pronunciate come se fossero una sola non permette di inserire il grave come se fossero staccate.
Di nuovo, nulla da imparare. Basta sapere perché.
Intanto precisiamo una cosa. Cosa intendi dicendo che “essendoci un senso obbligato del segno diacritico, anche nella traslitterazione siamo obbligati ad indicarlo”? Se ti riferisci al verso del segno (acuto e grave), come già detto più volte, nella traslitterazione non se ne tiene conto. Da riportare, obbligatoriamente, è l’accento tonico (usando le vocali accentate della tastiera e senza preoccuparsi de l’accento è grave o acuto).
Vediamo ora quella che sembrerebbe a prima vista un’anomalia nella seguente frase:
Τί οὖν ἐστιν Ἀπολλῶς; τί δέ ἐστιν Παῦλος
Le parole in rosso sono senza accento, e avevamo detto sin dall’inizio che ogni parola greca riporta obbligatoriamente l’accento. Come si spiega allora?
Per prima cosa va osservato che ogni parola di qualsiasi lingua ha un accetto tonico, anche se non è segnato. Se scrivo “carota”, un italiano sa che l’accento va sulla o. Quindi anche ἐστιν deve pur avere un accento. Eppure è indicato solo uno spirito.
Ecco la regola: ci sono in greco alcune parole che quando per la pronuncia si appoggiano ad altre perdono l’accento.
Faccio un esempio con l’italiano. Provate a dire “il libro” e “ho sete”. Se ci fate caso, nel parlato suonano così: illlìbro”, “osète”. Sia “il” che “ho” vengono attaccate alla parola seguente, formando un tutt’uno.
Vediamolo in greco: ἡ μήτηρ, con la ἡ senza accento; pronuncia emèter. Così anche ἐν τῷ, con ἐν senza accento; si legge entò.
Ora, ci sono parole che per l’accento si appoggiano alla parola che segue, altre alla parola precedente. In grammatica si chiamano proclitiche ed enclitiche. Non è necessario che sappiate i loro nomi né che sappiate distinguerle. La pronuncia verrà naturale.
Esempi: ὁ Ἰησοῦς, ὥρα μου, εἰς αὐτὸν, οὐ πολλὰς, τά τε πρόβατα, εἰς ἀγοράν.
Tuttavia, quando ἐστιν non è enclitica mantiene il suo accento: ἐστίν.
Potete anche dimenticarvi di tutto ciò. Averlo saputo impedisce di spaccarsi la testa a domandarsi perché certe parole sono senza accento.
Ora guardate che meraviglia di precisione ha il greco:
ἔλαβόν τι
σῶμά τινων
Due accenti! Uno è quello naturale della parola, l’altro è aggiunto per farvi appoggiare l’enclitica.
Non datevene pensiero: nel testo greco trovare già tutto scritto per bene.
Vediamo adesso gli accenti in τί δέ ἐστιν. Perché rimangono acuti? Perché τι e δε sarebbero atone, ma il fatto che tutte e tre le parole vanno pronunciate come se fossero una sola non permette di inserire il grave come se fossero staccate.
Di nuovo, nulla da imparare. Basta sapere perché.