Chi è Dio?

AEnim

Re: Chi è Dio?

Messaggio da AEnim »

Infatti stavo scrivendo, poi ho cancellato (mi sento in colpa, ti ho fatto lavorare più del necessario), che il nome è 'significativo' (se vogliamo è anche 'limitante', conferisce una sorta di 'ambito di pertinenza', come legato ad una missione, .... quindi per D-o qualsiasi nome sarebbe limitante ... di fatto io considero il tetragramma un 'non-nome'). E' il passaggio da ciò all'avere potere su qualcuno che non avevo mai fatto: "[Ti] ho chiamato per nome. Sei mio".
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Gianni
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Re: Chi è Dio?

Messaggio da Gianni »

Hai ragione: il tetragramma è un 'non-nome' che, in assenza del nome, divenne il Nome.
speculator2
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Re: Chi è Dio?

Messaggio da speculator2 »

"...... Viene da lontano ardente con la sua ira e con gravi nubi... "
"Viene"vuol dire che non è qui.

"Da lontano"vuol dire che non è vicino ma viene. Può venire velocemente.

"Ardente", vuol dire che brucia velocemente.

"Con la sua ira" credo che sia arrabbiato irato contro i malfattori.
"Con gravi nubi "perché non si vede affatto non si capisce.
amos74
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Re: Chi è Dio?

Messaggio da amos74 »

Personalmente non credo che il Tanakh ci dica chi sia HaShem ;tuttavia, vi sono a mio avviso due termini a Lui applicati che possono aiutarci a comprendere le Sue fondamentali funzioni;uno è appunto il Tetragramma, per il quale sono stati ipotizzati due significati:"Colui che era, è e sarà", ciò un Essere al di fuori del tempo;"Colui che porta all'esistenza", cioè l'Essere senza il quale nulla esisterebbe all'infuori di Lui. L'altro termine è "Elohim", plurale di intensità di eloha, che vuol dire "il Potere sopra ogni altro potere", in altri termini il Potere Supremo.

Pertanto, ritengo che dal Tanakh possiamo desumere queste due funzioni fondamentali di HaShem:

-È il Potere al quale ogni altra realtà è subordinata;

-Nulla può esistere se non per Sua volontà, una volontà fuori dal tempo perché HaShem stesso è fuori dal tempo.
noiman
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Re: Chi è Dio?

Messaggio da noiman »


Viene citato sempre il passo di Shmòt 3/14, è diventato un classico, nonostante la traduzione rispetti quasi sempre il testo originale non viene tenuto conto il gusto della parola che è anche immagine acustica, significato che va oltre il suono, questo è un esempio di come abbiamo trascurato il senso originale e lo abbiamo piegato alla nostra lingua attraverso un semplice scambio fonetico sottovalutando la profonda l’intenzione dell’agiografo di introdurre una relazione tra D-o e Moshè , forse D-o voleva dimostrare la sua essenza? O piuttosto introdurre un rapporto in cui D-o inizia a essere presente dopo un lungo abbandono del suo popolo schiavo in Egitto, in Shmòt il presente è mischiato al futuro già nella prima affermazione “E Dio disse ha Moshè: “Io sono colui che sono”.

La punteggiatura, le virgole e le pause poste dai traduttori non riproducono il respiro naturale del testo originale ma quello della lingua di destinazione, essi hanno trasformato il “suono” in letteratura, i profumi si mischiano con gli odori, la risposta divina che è uno dei nomi di D-o è limitato al concetto di esistere, la banalizzazione di un verbo che esclude il divenire del suono, lo sforzo di mettere a fuoco una parola che potesse raccogliere il concetto relazionale con il proprio pensiero.
L’incomprensione delle parole ebraiche che traduciamo di volta in volta come “Io sono colui che sono, [ sarò quello vorrò essere] [ sarò quello che sarò] ”Poi disse “Così dirai ai figli di Israele:”L’io sono mi ha mandato a voi” (Shmòt 3/14).
Nell’ebraico esiste il tempo al futuro e quindi è giusta la lettura “tomar” “dirai,” ma si pone anche la differenza tra concepire il tempo che sta davanti a noi con qualcosa che viene dopo di noi, il futuro per il pensiero greco è quello che deve giungere, e qualche cosa che si pone davanti a noi, per il pensiero ebraico il futuro è qualche cosa che viene dopo di noi, su questo sarebbe interessante approfondire il saggio di Paola Ricci Simoni, dal titolo “Suoni e ritmi del Libro, Sul problema della traduzione”, un commento a Martin Buber.
Entrambi sono condizioni del futuro ma con una differenza sostanziale, la percezione originale di colui che sentiva queste parole intuiva il senso dell’azione già apparentemente compiuta ma ancora sospesa nel divenire, al punto che un futuro potrebbe essere un “presente” imperfetto, in attesa di movimento, in fondo D-o non si vuole annunciare nel suo passato e neanche nel suo divenire, ma solo nel presente che è sospeso nel suo divenire, sembra un gioco di parole, non mi riesce meglio.
Il suono della voce che annuncia queste parole si è appesantita dal linguaggio e dalla sua oralità scritta, affermazione che apparentemente è una contraddizione e che non ci illumina per niente di cosa intendeva l’agiografo quando scrisse una espressione così impegnativa ויאמר אלהים אל משה אהיה אשר אהיה “ “Vaiomèr Elohìm al Moshè hejè asher hejè”

Il commento rabbinico ha ripreso tante volte questo passo difficile, difficile perchè pensato, respirato e pronunciato in una lingua che sfugge al nostro pensiero, Rambam commenta che il mistero di questa affermazione è contenuta nella ripetizione del verbo essere in forma di proposizione evolutiva: ”Colui che richiede che si menzioni la proposizione relativa legata ad esso, perché è un termine manchevole, che ha bisogno di un legame…[….] E’ come si spiegasse che l’oggetto dell’attribuzione e l’attributo coincidono; e questo spiega che Egli esiste, ma non mediante l’esistenza”
(Maimonide- La Guida dei Perplessi 106/20).
La non pronuncia del NOME è l’esempio di questa dinamica, affidare al linguaggio un “urlo” che appare secondo solo a quello della creazione. (Martin Buber Parola e scrittura), ma non stiamo ancora parlando del Nome che come osserva Tiger nella sua forma del tetragramma era già possibile rilevare nelle culture parallele e anche antecedenti a quando i primi agiografi compilarono i libri della Torah, se la Torah è fatta dei nomi di D-o, la forza stessa di D-o è nel suo nome impronunciabile perché sfugge alla sfera acustica, il tetragramma e uno squarcio nell’arigàh il tessuto, dove metaforicamente compare il nome completo, ma noi vediamo solo un frammento nello squarcio del mantello divino, il nome non può essere pronunciato perché non è completo e quindi incomprensibile, per approfondimenti occorre leggere Sholem.
L’infinito di D-o non può comunicare con il finito delle sue creature se non tramite i simboli. Il tetragramma è uno di questi simboli, tutto il giudaismo ha creato un velo per difendere questo nome, il silenzio sul pronunciamento, sul significato è quasi totale e intenzionale, anche il sommo sacerdote pronunziava il nome all’interno di una speciale benedizione che doveva restare segreta.
Il midrash afferma che prima della creazione c’era solo D-o e il suo Nome, dopo la creazione il nome di Dio giunge sulla terra nei quattro segni, le lettere che hanno sigillato la creazione lettere che nel pensiero orientale, sono divenuti “motori di ricerca” insieme alle altre lettere dell’alfabeto ebraico. Il risultato è una profonda connessione con la creazione, quello che è Sopra e collegato tramite le lettere a quello che è Sotto.
Il frammento non è pronunciabile, ma l’opera completa si.
Ecco il divieto e poi consiglio su questa indagine. Che te ne fai di un frammento, ti occorre l’insieme: “D-O e il particolare ma anche l’insieme.Il costruttore dal particolare riconosce l’insieme, ma il profano si ritrova in mano solo il particolare”
Il pensiero che ne scaturisce è muto, per chi indaga sui segni dei masoreti è solo un riflesso, inutilizzabile perché i segni non danno suoni e solo le speculazioni .
Le quattro lettere invece per i cabalisti che no ricercano un suono sono argomento di indagine un vero scrigno di significati che aprono la conoscenza verso il mondo delle Sephirot e la conoscenza del Principio.
In un CD sonoro i punti diventano matematica e nuove lettere che nel loro combinarsi in un linguaggio generano un altro testo, non più sonoro ma comprensibile chi è n grado di leggere una struttura diversa, suoni che sono come le fiamme che vagano tremolanti e non rivelano l’essenza del fuoco che le ha generate.
Noiman






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