Riflessioni Bibliche

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bgaluppi
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Re: Riflessioni Bibliche

Messaggio da bgaluppi »

Ciao Noiman, vedo che ti stai interessando parecchio della figura di Gesù! Complimenti per le tue considerazioni. La cosa interessante che ho potuto rilevare – sperando di non sbagliarmi – è che Gesù fu una figura che andò oltre i princípi meramente accademici, e mi spiego. A volte parla e si comporta come un fariseo, ma non era fariseo. A volte parla come un enochiano, ma non era un enochiano. A volte parla e si comporta come un esseno, ma non era un esseno. Per questa sua "ampiezza di contenuti", era seguito da persone appartenenti a gruppi diversi e credo che fu questo il motivo principale per cui dette molto fastidio alle classi di potere dominanti e fu "fatto fuori". Per dirla in breve, mi sembra che il suo insegnamento raccolga, concentri ed armonizzi l'essenza dottrinale di tutti i gruppi giudaici esistenti al suo tempo.
Ciao!
MassimoWlaBibbia
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Re: Riflessioni Bibliche

Messaggio da MassimoWlaBibbia »

Non capisco dove si evince nelle Scritture che Gesù parli e si comporti come un Esseno, visto che a me piuttosto sembrerebbe che si comporti esattamente al contrario, in primis evidente dal fatto che la comunità Essena era esclusiva, mentre Gesù era assolutamente per l'inclusivita'. Né si può dire, mi sembra di capire, che Gesù fosse vicino agli Zeloti, né tanto meno ai Sadducei. Molto più vicino invece ai Farisei, con cui condivideva l'importanza della Legge Orale, di cui dice che sono seduti sulla sedia di Mosè, sebbene di alcuni di essi (non di tutti !!) però condanna l'atteggiamento ipocrita. Molte grazie.
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Gianni
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Re: Riflessioni Bibliche

Messaggio da Gianni »

Massimo, concordo.
MassimoWlaBibbia
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Re: Riflessioni Bibliche

Messaggio da MassimoWlaBibbia »

Grazie Gianni.

In tutta sincerità, Ritengo che dai Vangeli sembri emergere una contesa tra Gesù ed i Farisei solo perché li leggiamo all'Occidentale e perché probabilmente alcune traduzioni sono "addomesticate".
Ad esempio, nel I sec. A.E.V., Simeon Ben Shetach, leader Fariseo, mandò a dire al Fariseo Hanina Ben Dosa che lo avrebbe bandito per il suo modo ostinato ed insistente di chiedere in preghiera a Dio! Ma non avrebbe potuto farlo, Hanina Ben Dosa era conosciuto per la sua pietà e perché con le sue preghiere otteneva spesso segni miracolosi. Insomma, le critiche non erano assolutamente inusuali!

Molte delle azioni compiute da Gesù di Sabato erano perfettamente comprensibili e condivisibili per i Farisei, proprio sulla base della Legge Orale, che evidentemente definisce cosa ha la precedenza sulla osservanza del Sabato (e.g. una guarigione, la circoncisione (quindi la relativa incisione nella carne), il servizio sacerdotale, la fame eccessiva nel caso di Davide ed il pericolo imminente di sopravvivenza, ecc.).
È proprio la Legge Orale che Gesù esalta - è proprio questo a mio avviso uno degli elementi cardini della sua predicazione. E per i Farisei la Legge Orale era estremamente importante.
L'esempio più eclatante è evidente nella parabola del buon samaritano, che aiuta l'uomo ferito gravemente lungo la strada, mentre il sacerdote prima ed il levita poi non lo fanno in quanto, ritenendolo quasi morto, plausibilmente non intendevano contaminarsi: ma è la misericordia ad avere la precedenza sulla Legge.
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Gianni
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Re: Riflessioni Bibliche

Messaggio da Gianni »

L'atteggiamento di Yeshùa nei confronti della tradizione orale emerge nell’episodio della raccolta di alcune spighe di grano durante un sabato (Mt 12:1-8; Mc 2:23-28; Lc 6:1-5). Questo episodio mostra anche che egli non violò il sabato e non insegnò mai a disubbidire al quarto Comandamento. Inoltre, Yeshùa affermò la legittimità di una certa tradizione orale giudaica proprio nella sua discussione sul sabato. Infatti, Yeshùa rivelò una profonda consapevolezza della visione giudaica di Dio, dell’umanità e dell’alto scopo per il quale il mondo era stato creato, quando disse che “il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato” (Mr 2:27). Il settimo giorno della creazione – molto prima di dare la sua Toràh - Dio aveva creato il sabato proprio smettendo di creare: “Si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta”. – Gn 2:2,3.

Secondo gli insegnamenti della Toràh, era permesso camminare attraverso i campi di grano per spigolare: “Quando entrerai nei campi di grano del tuo prossimo potrai cogliere spighe con la mano; ma non metterai la falce nel grano del tuo prossimo” (Dt 23:25). Il punto è: questa concessione valeva di sabato? Occorre entrare in quel campo di grano in giorno di sabato per capire più chiaramente le critiche mosse ai discepoli di Yeshùa dai giudei. In verità, Yeshùa non raccolse le spighe di grano. Furono i suoi discepoli che, avendo fame, “si misero a strappare delle spighe e a mangiare” (Mt 12:1). Lc 6:1 ci dà un dettaglio molto importante, perché dice che i discepoli “sfregandole con le mani, mangiavano” le spighe di grano. Questa era un’azione che era accettata come lecita in giorno di sabato da molte autorità (Talmud Babilonese, Shabàt 128a). Cogliere del grano in grande quantità (mietere) era proibito, ma se ne poteva prendere una piccola quantità e anche strofinarla nelle mani. Tuttavia, sebbene alcune importanti scuole di pensiero giudaico la vedessero così, quella era una questione aperta alla discussione. I farisei che ripresero i discepoli di Yeshùa pensavano che ciò violasse la legge del sabato. Al tempo di Yeshùa era una preoccupazione legittima, anche se si deve notare che i farisei stavano sempre con gli occhi addosso a Yeshùa per coglierlo in fallo.

Il popolo giudaico aveva cercato di interpretare il Comandamento del sabato attraverso la cosiddetta Toràh orale, che si credeva trasmessa a voce da Dio a Mosè sul monte Sinày con la Toràh scritta conservata nella Bibbia. La Toràh orale serviva a chiarire i punti oscuri della Toràh scritta, permettendo così al popolo di ubbidire alle richieste di Dio. Perché mai sarebbe stata necessaria una legge orale? La risposta che i maestri d’Israele davano era: perché ce n’era una scritta.

Yeshùa, va osservato, non trattò la domanda accusatrice dei farisei con disprezzo. Piuttosto, rispose con un’ottima argomentazione squisitamente tecnica. Egli si avvalse di quella che poi sarebbe stata chiamata halakàh (che significa “sentiero”) e che si occupa del diritto tradizionale basandosi sull’interpretazione rabbinica della Toràh. Yeshùa dimostrò grande profondità nella conoscenza della legge orale, che era un rigido codice legalistico con più di un’interpretazione (la tradizione orale permetteva la discussione e diversità di pensiero). Sebbene alcuni fossero più legalisti di altri, tutti riconoscevano che il sabato doveva essere osservato.

Con la legge orale si risolvevano tutte le questioni difficili. Facciamo degli esempi. Era proibito tagliare in giorno di sabato perché questo era considerato un lavoro. Tagliare quelle poche spighe, era un lavoro? La circoncisione di un maschietto nell’ottavo giorno richiedeva il tagliare il suo prepuzio; cosa veniva prima, se quell’ottavo giorno cadeva di sabato, la circoncisione o il riposo sabatico? In questo caso particolare, osservando la legge del sabato si violava quella della circoncisione; osservando la legge della circoncisione, si violava quella del sabato. La Toràh scritta non si occupava della questione, ma quella orale risolveva il problema, perché stabiliva che la legge della circoncisione aveva la precedenza sul sabato. Un bambino, quindi, poteva e doveva essere circonciso l’ottavo giorno anche se era sabato e anche se bisognava tagliare, cosa considerata un lavoro (Talmud Babilonese, Yoma 85b). Questa decisione halakica è menzionata in Gv 7:22-24 da Yeshùa stesso che cita la Toràh orale: “Mosè vi ha dato la circoncisione (non che venga da Mosè, ma viene dai padri); e voi circoncidete l'uomo in giorno di sabato. Se un uomo riceve la circoncisione di sabato affinché la legge di Mosè non sia violata, vi adirate voi contro di me perché in giorno di sabato ho guarito un uomo tutto intero? Non giudicate secondo l'apparenza, ma giudicate secondo giustizia”.

Nell’episodio in cui alcuni farisei discutono sulla legittimità di cogliere e sgranare poche spighe di grano di sabato, Yeshùa basa la sua discussione sugli insegnamenti orali della tradizione giudaica. Così, cita un episodio della vita del re Davide quando stava fuggendo dal complotto ordito dal re Saul: “Non avete letto quello che fece Davide, quando ebbe fame, egli insieme a coloro che erano con lui? Come egli entrò nella casa di Dio e come mangiarono i pani di presentazione che non era lecito mangiare né a lui, né a quelli che erano con lui, ma solamente ai sacerdoti?” (Mt 12:3,4). Ora, quest’argomentazione di Yeshùa era non solo molto pertinente ma decisiva. Infatti, “i pani di presentazione” che lui ricorda si usavano di sabato: “Ogni sabato si disporranno i pani davanti al Signore, sempre” (Lv 24:8) e tali pani erano preparati proprio di sabato: “Alcuni dei loro fratelli, tra i Cheatiti, erano incaricati di preparare per ogni sabato [שַׁבַּת שַׁבָּת (shabàt shabàt), “di sabato in sabato” (TNM)] i pani della presentazione” (1Cron 9:32). La vita di Davide e dei suoi uomini era stata a rischio per la fame, e la considerazione per la vita era cruciale per le decisioni legali della Toràh orale. Per la tradizione orale tutti i Comandamenti dovevano essere sospesi per salvare una vita umana. Gli stessi farisei declamavano la salvezza della vita a tutti i costi, eccezion fatta in caso d’idolatria, incesto e assassinio (un giudeo osservante avrebbe dovuto scegliere la morte piuttosto che commettere idolatria, incesto o assassinio). Comunque, la conservazione della vita aveva la precedenza sull’osservanza del sabato. Davide e i suoi uomini, ricercati da Saul, erano così affamati che le loro vite erano a rischio; tutti i Comandamenti della Bibbia dovevano essere sospesi per salvare le loro vite. Ma si potrebbe obiettare che i discepoli di Yeshùa non erano così affamati da averne a rischio la vita. La stessa cosa però valeva per Davide e i suoi uomini: la Bibbia non riferisce che stessero letteralmente morendo di fame. Il punto, nondimeno, è che la tradizione orale sosteneva che la fame minacciava la loro vita. Tra l’altro, la tradizione orale aveva fatto anche un’osservazione (alquanto spiritosa) sostenendo che per la grande fame Davide aveva mangiato una quantità eccessiva di pane (Yalkut Shimeoni II,130)! Di certo Yeshùa conosceva bene questa storia di Davide, e di certo la conoscevano quei farisei, poiché egli la usò con loro. La tradizione orale giudaica connetteva il sabato con l’episodio della fuga di Davide. Così, Yeshùa citò la tradizione orale per dare una valutazione più profonda del significato del sabato.

E non solo. Yeshùa fece un altro riferimento alla tradizione orale quando menzionò i sacerdoti e i divieti del sabato: “Non avete letto nella legge che ogni sabato i sacerdoti nel tempio violano il sabato e non ne sono colpevoli?” (Mt 12:5). Egli fece notare che i sacerdoti, eseguendo i loro compiti nel Tempio di sabato, compivano un lavoro e che perciò violavano il sabato. Ma si noti che aggiunse: “Non ne sono colpevoli”. E qui si rifece alla tradizione orale, perché quei lavori sarebbero rimasti proibiti se non ci fosse stata l’interpretazione corretta data dalla Toràh orale. Come se non bastasse, le parole usate da Yeshùa sono le stesse identiche che si rinvengono nella tradizione orale giudaica (Shabàt 15b; Yoma 85b). Yeshùa usò la tradizione orale per rispondere a quelli che avevano messo in discussione le azioni dei suoi discepoli, mostrando di avere una profonda conoscenza della Toràh, sia scritta sia orale.

Ai “cristiani” viene insegnato che Yeshùa rivoluzionò la Toràh, modificandola o abrogandola del tutto. Ma Yeshùa – come fa notare Julius Wellhausen – “non fu cristiano, fu ebreo”. La sua teologia giudaica aveva profonde radici. Alcuni detti di antichi rabbini erano molto simili agli insegnamenti di Yeshùa. Ad esempio, le parole da lui dette in Mr 2:27 sono le stesse identiche del saggio giudeo Rabbi Simeone ben Menasya: “Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato” (cfr. Enciclopedia Giudaica e Mechiltà di Rabbi Yishmaèl su Es 31:3). Sebbene i cosiddetti cristiani credano che l’espressione di Yeshùa abbia segnato chissà quale rottura nell’osservanza del sabato, tale espressione fu sua quanto lo fu del rabbino Simeone ben Menasya e faceva parte della corrente comune nel pensiero giudaico. Il linguaggio di Simeone ben Menasya sottolineava l’idea di un dono divino: il sabato fu donato all’umanità per il suo bene e a suo beneficio.

Tuttavia, il detto di Yeshùa aveva un significato più profondo, collegato all’insegnamento giudaico della creazione del mondo. Infatti, la Bibbia dice che Dio ha creato il mondo in sei giorni ma si riposò nel settimo. Questo fatto si riflette nel Decalogo con l’ingiunzione a osservare il sabato come un giorno di riposo. Nella frase di Yeshùa (“Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato”) il verbo “fatto” è ἐγένετο (eghèneto), voce del verbo γίνομαι (ghìnomai) che significa non solo “essere fatto” ma anche “iniziare ad esistere”, quindi “essere creato”. Questo verbo è usato molto spesso dalla LXX greca per tradurre l’ebraico בָּרָא (barà), “creare”. “Il sabato è stato fatto” potrebbe essere quindi meglio tradotto con “il sabato è stato creato”; in ogni caso l’allusione di Yeshùa è alla creazione. La tradizione orale giudaica asseriva che il mondo era stato creato per tutta l’umanità e che Dio aveva creato l’uomo nel sesto giorno, alla vigilia del primo sabato, così da poter entrare direttamente nell’osservanza dei Comandamenti di Dio. – Talmùd Gerosolimitano, Sanhedrin 22c, cap.4; Talmùd Babilonese, Sanhedrin 38a.
Riferendosi a questa interpretazione giudaica della Scrittura, Yeshùa non abrogò il sabato, ma pose l’accento sullo scopo del sabato, opinione condivisa da molti rabbini giudei come Simeone ben Menasya. In questo contesto, l’affermazione che “il figlio dell'uomo è signore del sabato” può essere riferita a ogni singolo essere umano (che è quindi come tale signore del sabato), tanto più che la frase è data come spiegazione alla non giusta condanna dei suoi discepoli che avevano preso le spighe di sabato: “Non avreste condannato gli innocenti; perché il figlio dell'uomo è signore del sabato”. – Mt 12:7,8.

Esaminando a fondo le parole di Yeshùa nel loro contesto storico e culturale, apprezziamo di più tutta la profonda competenza e l’autorità del suo insegnamento. Con perfetta eloquenza e ottimo ragionamento, Yeshùa non solo accettò la sfida dei farisei sulla questione del sabato, ma seppe controbattere dando loro un profondo insegnamento: Dio va incontro ai bisogni di ogni persona, perché “il sabato è stato creato per l’uomo e non l’uomo per il sabato”. Tutti e tre i sinottici, riportando l’episodio, non aggiungono altro: segno che quei farisei non seppero replicare.
MassimoWlaBibbia
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Re: Riflessioni Bibliche

Messaggio da MassimoWlaBibbia »

Grazie Gianni per questa analisi dettagliata, con cui mi trovo totalmente d'accordo!
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Gianni
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Re: Riflessioni Bibliche

Messaggio da Gianni »

Bene. :-)
noiman
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Re: Riflessioni Bibliche

Messaggio da noiman »

Bene Gianni molto bello il tuo ultimo intervento …. :YMHUG: l’ho salvato in una cartella apposita dove ci sono altri tuoi scritti, ancora per chiarire lo shabbàt approfitto di questa cartella che si chiama “riflessione biblica” , sottolineo che di fatto l’osservanza dello shabbàt nel giudaismo è una ricerca della imitazione all'opera divina, il concetto di melakà comprendeva qualunque atto che fosse azione intenzionale che nel settimo giorno fu sospeso da D-o.
Con questa intenzione è nata la finezza del pensiero tra il lavoro intenzionale e quello non intenzionale, i lavori proibiti e le loro toledòth (lavori discendenti) sono l’esempio , ma non si è solo discusso del principio ma anche la quantità, l’esempio delle spighe di grano spiluccate in un campo che sappiamo tutti che non è trebbiatura, la differenza che fa distinzione è la kavanàh cioè l’intenzione che distingue l’azione, pensiero ebraico che probabilmente Gesù conosceva e con queste argomentazioni sfidava quello era un pensiero alternativo dell’epoca, il dibattito intragiudaico, cioè quello che diventerà successivamente una vera discussione talmudica sempre male interpretata dal cristianesimo a danno degli ebrei.
Interessante l’esempio estremo di Shimon bar Jochài che ipotizza che un uomo che intendeva raccogliere un certo grappolo d’uva ne ha raccolto un altro, anche se non c’è nessuna differenza, dal momento che non intendeva fare quello che ha fatto non ha compiuto un lavoro vero e proprio.
Ricordo che l’espressione “il sabato è fatto per l’uomo” non discute del valore dello shabbàt ma ne sottolinea lo scopo
Shavua tov :YMHUG:
Noiman

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Gianni
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Re: Riflessioni Bibliche

Messaggio da Gianni »

Grazie, Noiman. Buona settimana anche a te. :-)
speculator2
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Re: Riflessioni Bibliche

Messaggio da speculator2 »

Se al tempo in cui visse Gesù era una discussione e preoccupazione legittima se si potessero cogliere con sfregamento delle spighe di sabato, non capisco che significato potesse avere la stessa discussione dopo, immediatamente dopo, il 70 dopo Cristo o dopo la disastrosa conclusione della seconda rivolta del 135 circa.

Quindi penso che i vangeli tranne Giovanni, non sono stati scritti immediatamente dopo il 70 o dopo il 135 dopo Cristo.
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