da Gianni » giovedì 21 gennaio 2021, 10:05
Cari amici tutti, Francesco ha aperto una discussione interessantissima perché implica l’ermeneutica, che consiste nel metodo di interpretazione. Vi invito quindi a partecipare e, in particolare, invito Noiman, perché stiamo per considerare un’affermazione dell’ebreo Giovanni. Non ha alcuna importanza che Noiman non accetti il Vangelo di Giovanni né che non creda alla conclusione cui Giovanni arriva. Qui ci limitiamo a considerare le parole giovannee “in principio era la parola” (Gv 1:1). Inizio col rispondere a Francesco, invitandovi a partecipare (Noiman in particolare).
Caro Francesco, tu hai illustrato uno dei tanti casi in cui la Bibbia viene spiegata ricorrendo alle categorie mentali occidentali. Il che va bene, se però ci si arriva passando per l’ebraico. Ora cercherò di spiegarmi meglio.
Il tuo ragionamento non fa una grinza. La parola chiave (e nel contempo il punto debole) è proprio questo: ragionamento. Non a caso ti richiami al valore filosofico della parola greca usata da Giovanni: lògos, da cui deriva loghikè, “logica”. La questione è però un’altra: Giovanni stava davvero facendo un discorso “logico” ovvero un ragionamento? Questo ce lo aspetteremmo da un Paolo, persona istruita, ma non certo da un incolto come Giovanni.
Giovanni era ebreo e da ebreo pensava. Egli inizia il suo Vangelo con le stesse identiche parole con cui inizia il Tanàch: “In principio”, le stesse identiche parole greche con cui la LXX tradusse l’ebraico bereshìt. E cosa accadde “in principio”? Che “Dio disse” e le cose iniziarono ad esistere.
Per il nostro ragionamento occorre fermarsi qui. (Aggiungo solo che Giovanni sostituisce il genesiaco dire di Dio con la sua parola, e si capisce subito perché: egli intende dire che la parola di Dio scese nell’uomo ebreo Yeshùa che, in virtù di ciò, disse sempre e soltanto parole di Dio; basta infatti esaminare tutto il suo Vangelo per vedere che il termine “parola” è sempre riferito alla parola di Dio. Ma qui le strade si dividono: da una parte gli ebrei, che non accettarono e non accattano la conclusione di Giovanni, e dall’altra i cosiddetti cristiani che stravolgono il pensiero giovanneo trasformando la parola di Dio nel loro Gesù ed arrivando a vedervi la loro dottrina pagana trinitaria).
Fermiamoci dunque alla dichiarazione iniziale di Gv che “in principio era la parola”. Da ebreo, Giovanni non poteva ricorrere ad un ragionamento secondo la nostra logica razionale ereditata dalla filosofia greca. L’ebreo Giovanni era, come tutti gli ebrei biblici, persona concreta che rifiutava le astrazioni. Quando dice parola è proprio la parola che ha in mente. Noi occidentali diremmo che Dio pensò, progettò e creò. L’ebreo, sempre concreto, dice che Dio parlò. Per quanto figurato possa essere questo modo di esprimersi, rimane concreto. E quanto sia concreto lo mostrano le parole del salmista che espresse la stessa cosa in termini ancor più concreti: “I cieli furono fatti dalla parola del Signore, e tutto il loro esercito dal soffio della sua bocca” (Sl 33:6). Qui il parallelismo non lascia dubbi: la parola corrisponde al fiato, al soffio della bocca.
A ben vedere, il concretismo ebraico è più efficace del nostro modo logico di pensare: Dio parla e tutto viene creato; Dio non ha bisogno di pensare, di ragionare e di progettare. Dio fa.
Il “discorrere interiore secondo ragione”, per usare le parole di Francesco, lo troviamo altrove, ad esempio in Gn 8:21: “Il Signore disse in cuor suo: «Io non maledirò più la terra a motivo dell'uomo, poiché il cuore dell'uomo concepisce disegni malvagi fin dall'adolescenza»”. Anche qui siamo di fronte ad un concretismo, espresso in più in forma antropomorfica (che la Scrittura usa per rendere Dio più comprensibile e più vicino all’uomo). Davvero Dio parla dentro di sé, si rammarica e torna suoi passi? Non dimentichiamoci che chi descrive è l’agiografo, un uomo, e lo fa da ebreo nel modo di esprimersi ebraico. Le “lingue degli angeli”, come le chiama Paolo, non sono accessibili agli umani.
Si noti poi la parola “cuore”: è “in cuor suo” che Dio parla a se stesso ed è “il cuore dell'uomo” che “concepisce disegni”.
Per gli ebrei il pensiero e i ragionamenti si svolgevano nel cuore, non nella mente come per gli occidentali. E in Gv 1 di cuore non c’è traccia.
In conclusione, la spiegazione data da Francesco è la versione occidentale del processo che l’ebreo Giovanni riduce al semplice e concreto dire di Dio.