Yeshùa ed il divorzio

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bgaluppi
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da bgaluppi »

La parola di Dio è la stessa ieri,oggi e per sempre.
Prova a chiederti: perché Dio comanda di mettere a morte certi peccatori? Non bastava vietare certe cose? E perché gli ebrei anche praticanti oggi non considerano questi comandamenti validi? La risposta è contenuta nella Bibbia: “Quando il Signore, il tuo Dio, avrà sterminato davanti a te le nazioni che tu stai andando a spodestare, e quando le avrai spodestate e ti sarai stabilito nel loro paese, guàrdati bene dal cadere nel laccio seguendo il loro esempio, dopo che saranno state distrutte davanti a te, e dall'informarti sui loro dèi, dicendo: «Come servivano i loro dèi queste nazioni? Anch'io voglio fare lo stesso». Non farai così riguardo al Signore tuo Dio, poiché esse praticavano verso i loro dèi tutto ciò che è abominevole per il Signore e che egli detesta; davano perfino alle fiamme i loro figli e le loro figlie, in onore dei loro dèi.” (Dt 12:29-31). Israele doveva nascere come popolo, non aveva ancora una terra e uno stile di vita, doveva imparare a vivere in modo nuovo, doveva santificarsi e distaccarsi dagli altri popoli, che facevano cose abominevoli: “tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio. Il Signore ti ha scelto, perché tu sia il suo popolo prediletto fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra.” (Dt 14:2). Tuttavia, era abituato a certi costumi e certe pratiche, perché dai tempi di Abraamo era cresciuto a stretto contatto con essi e ora dovevano essere estirpati. Per cui Dio comanda che il peccatore venisse messo a morte e tagliato via di mezzo al suo popolo, dicendo “così toglierai via il male di mezzo a te”. Per togliere l'abitudine a certe pratiche ritenute peccato, era necessario “tagliare via” chi le commetteva, affinché quelle non proliferassero. Certi comandamenti erano necessari in un tempo in cui gli israeliti con facilità facevano cose che avevano appreso dai popoli stranieri presso cui avevano dimorato.

Dio non cambia, ma insegna all'uomo le cose giuste al momento giusto e nel modo più appropriato, come fa un padre col proprio figlio. Alla base, il princìpio è sempre lo stesso, ma via via che il figlio cresce, l'insegnamento viene trasmesso in modo diverso. Se la parola di Dio non cambia, per cui oggi andrebbe applicata esattamente come prescritta ieri, come facciamo con comandamenti tipo: “Se qualcuno ha rapporti sessuali con una donna e questa è una schiava promessa a un uomo, ma non riscattata o affrancata, saranno puniti entrambi” (Lv 19:20); bisognerebbe ripristinare la schiavitù. Stessa cosa per: “Se il tuo schiavo ti dice: "Non voglio andarmene via da te", egli dice questo perché ama te e la tua casa e sta bene da te. Allora prenderai una lesina, gli forerai l'orecchio contro la porta, ed egli sarà tuo schiavo per sempre. Lo stesso farai per la tua schiava” (Dt 15:16-17). Molti comandamenti sono formulati per la società del tempo e non possono essere applicati oggi, perché avevano senso solo in un determinato periodo storico e in determinate situazioni: “Avrai pure un luogo fuori dell'accampamento e là fuori andrai per i tuoi bisogni; fra i tuoi utensili avrai una pala, con la quale, quando vorrai andare fuori per i tuoi bisogni, scaverai la terra e coprirai i tuoi escrementi. [...] il tuo accampamento dovrà essere santo” (Dt 23:12-14). Ti immagini oggi un ebreo di Gerusalemme che prende la sua pala e se ne va a fare bisogni fuori dalla città, per non contaminare la terra? Per fortuna hanno inventato il sistema fognario...
Tu dici che Dio attraverso Mose diede quella norma per arginare quella deriva della durezza del cuore. Ma il punto è proprio questo: Yeshua dice che in principio non era cosi. Quella norma,benché Dio sapeva fin dall'inizio che l'avrebbe data a causa della durezza del cuore in seguito alla caduta adamica, non era nel desiderio di Dio fin dal principio,ora e domani.
Adamo ed Eva, il Giardino, il serpente parlante, l'albero della conoscenza e della vita, sono tutte immagini concrete che trasmettono un insegnamento. Credi davvero che Dio abbia creato la donna dividendo in due l'essere umano originario? O che Dio, a quei tempi (quali?), se ne andava passeggiando in mezzo al giardino sul far della sera? Yeshùa, dicendo “in principio” non era così, fa riferimento non ad una situazione storica reale, ma ad un insegnamento che il racconto genesiaco trasmette. Altrimenti, dovremmo andarcene in giro nudi senza vergogna, invece di coprirci con dei vestiti, perché “in principio non era così”. Il racconto genesiaco insegna il valore assoluto del matrimonio: uomo e donna diventano una sola carne, sia in senso intimo che fisico (producono una “sola carne”, che è il figlio); Yeshùa, per rispondere ai farisei, richiama quel valore assoluto che insegna Genesi: per volontà di Dio l'uomo e la donna si uniscono, e dunque l'uomo “non separi ciò che Dio ha unito”. Dunque sottinea l'importanza e la sacralità del matrimonio, che non prevede ripudio. Poi dice che Mosè dette quella norma per la durezza del cuore degli uomini, il che significa che la legge serve a regolamentare e gestire situazioni che l'uomo non è in grado di gestire da solo; ma essendogli stato chiesto se l'uomo potesse mandar via la moglie per un qualsiasi motivo, lui risponde che il divorzio non è neppure contemplato da Dio, e che è concesso solo per la durezza del cuore. Essenzialmente, afferma che invece di discutere su quali siano i giusti motivi per il divorzio, si dovrebbe capire che non deve esserci divorzio.
se uno non mette in atto il desiderio di Dio che succede? Si salva o non si salva?
Lo dice Yeshùa stesso che, in caso di fornicazione, il divorzio è lecito e quindi non è peccato. Invece, colui che resta sposato nonostante la fornicazione del compagno, fa bene o fa male? Non c'è peccato nel divorzio per giusta causa, perché sia la Torah che Yeshùa lo ammettono. Se l'uomo fosse perfetto, in un giardino in Eden, non divorzierebbe, perché non tradirebbe il compagno; ma l'uomo non è nel giardino.
Dici che Dio vorrebbe un matrimonio indissolubile come ideale ma se ricorrono certe condizioni Dio approva il divorzio.
Ma cosa vuol dire ideale indissolubile? Vuol dire che Dio vuole che non venga sciolto per cui qualsiasi azione umana che mira a questo va contro la sua volontà. Andare contro la volontà di Dio è peccato o no?
È peccato andare contro la legge, ossia la Torah. Infatti, “Chiunque commette il peccato trasgredisce la legge: il peccato è la violazione della legge.” (1Gv 3:4). Ma se il divorzio è ammesso e regolamentato dalla legge, chi lo mette in pratica secondo quella legge non sbaglia.

Tu pretendi di invalidare ciò che la Torah e Yeshùa convalidano. Ciò che è proibito non è il divorzio in sé, ma il divorzio senza giusta causa. E ancor più, è proibito risposarsi in seguito a divorzio senza giusta causa:

“chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un'altra, commette adulterio”

Ossia:

In caso di fornicazione, chi manda via sua moglie e ne sposa un'altra NON commette adulterio.

“Quando un uomo sposa una donna che poi non vuole più, perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo, le scriva un atto di ripudio, glielo metta in mano e la mandi via.”

Ossia:

L'uomo non mandi via la moglie se non trova qualcosa di indecente a suo riguardo.
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bgaluppi
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da bgaluppi »

Quindi, in conclusione, io posso certamente lapidare mia moglie adultera e l'adultero con cui ha commesso l'adulterio. Non pecco facendo questo.
Sono parole molto forti, Salvatore. Significa tornare indietro di tremila anni, e vivere secondo un modello arcaico, come i mussulmani radicali. Yeshùa disse che nessun peccatore può giudicare un peccatore ("chi è senza peccato scagli la prima pietra"), ma lui poteva farlo, essendo senza peccato; ma neppure lui scagliò la pietra, nonostante la Torah lo ordini, e non lo suggerisca. Sei sicuro che quella norma non sia valida per l'Israele primitiva, in cui certi peccati erano diffusi e dovevano essere estirpati? Lo stesso metodo della lapidazione era usato perché comune a quel tempo, non certo perché Dio lo preferisse ad altri metodi; oggi esistono modi molto meno barbari per eseguire una pena di morte. Dovremmo invece utilizzare la lapidazione perché lo dice la Bibbia? Questo è un modo di ragionare estremamente religioso-radicale, che non tiene conto dell'aspetto storico-culturale in cui la Bibbia fu scritta. La Bibbia dice anche che un popolo conquistato doveva essere sterminato, incluse donne e bambini innocenti, o che “le donne, i bambini, il bestiame e tutto ciò che sarà nella città, tutto il suo bottino, li prenderai come tua preda” (Dt 20:14), ma questi oggi sarebbero crimini di guerra; allora non lo erano, perché lo cherem e l'assoggettamento di donne e bambini erano pratiche normali, ecco perché Mosè le comanda, non certo perché per Dio sia cosa buona e giusta. La pena di morte non veniva quasi mai applicata anche ai tempi di Yeshùa. Perché? C'è un insegnamento della Mishnah che dice che un tribunale religioso che ha eseguito una sentenza di morte in 70 anni è considerato ingiusto e distruttivo. Gli ebrei al tempo di Yeshùa sapevano come applicare certe prescrizioni, perché la tradizione orale (trasmessa sin dai tempi mosaici) le spiegava. Oggi, gli ebrei che non lapidano gli adulteri commettono forse una violazione della Torah? Le norme sulla pena di morte non servivano ad uccidere, perché Dio “desiderava” la morte del peccatore, ma a far capire che certe azioni non andavano commesse e che costituivano comportamenti di cui liberarsi, onde progredire moralmente; l'esecuzione veniva perpetrata in certi casi come esempio deterrente (vedi episodio dell'uomo ucciso perché raccoglieva legna in giorno di sabato). L'obbiettivo primario era la sopravvivenza di Israele e della sua integrità, in tempi in cui era facile perderla perché non esisteva rispetto per la vita umana; per cui, la pena di morte serviva affinché non perisse tutto il popolo, affinché Israele non ricadesse in quelle pratiche che erano uso comune nelle società in cui visse e con cui viveva a contatto; come conferma Caifa dicendo: “non riflettete come torni a vostro vantaggio che un uomo solo muoia per il popolo e non perisca tutta la nazione” (Gv 11:50).
animasalvata
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da animasalvata »

Su Gittin90b non intendevo una morte inflitta da altri uomini, ma un giudizio di Dio come dici. In questo senso la seconda unione tra un uomo e una ripudiata per ''giusta causa'' non sarebbe un matrimonio benedetto, ma sarebbe una fornificazione che secondo alcuni saggi sarebbe punibile di morte da parte di Dio. Se l'uomo non può prendere la ripudiata in casa per non incappare nel giudizio di Dio per complementarietà una ripudiata per ''giusta causa'' non può risposarsi perche farebbe incappare il secondo uomo nel giudizio di Dio. Se è fornificazione per l'uomo lo è anche per la donna che lo fa fornificare.
Se invece Dio benedisce la seconda unione (sempre tra un uomo e una ripudiata ''per giusta causa'') come matrimomio vero e benedetto allora i saggi si sono sbagliati nel dire che il secondo marito se muore è per punizione divina. Ma se hanno ragione questi saggi significa che Dio non approva quella seconda unione perche la considera un comportamento sbagliato.

Quanto a Matteo 19,10 la frase degli apostoli ''se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna conviene non sposarsi'' non va separata dal contesto precedente che parla del ripudio. Secondo me una tale espressione degli apostoli sarebbe la conseguenza meravigliata di aver compreso che non si può scindere un unione,anche in caso di adulterio, tranne il caso di fornificazione intesa come unione incestuosa (o tra credente e non credente) o intesa come mancanza di volonta di procreare fin dall'inizio. Infatti è bene non separarsi ma se ciò è inevitabile non ci si deve risposare. Da qui la reazione degli apostoli ''conviene non sposarsi''. Se la l'adulterio scioglie il matrimonio completamente allora le persone sarebbero libere di risposarsi senza conseguenze spirituali e quindi la condizione dell'uomo rispetto alla donna sarebbe più facile.

Quanto all'odore che causa assenza di intimità a mio parere non è un pretesto valido se Dio approva il divorzio limitato come sostieni. L'odore che causa assenza di intimità rientrerebbe in una casistica più lassista e non credo che Cristo avrebbe ammesso il divorzio per questi motivi.
animasalvata
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da animasalvata »

bgalupi stai dicendo a Salvatore che lui è tornato indietro di 3000 anni ma secondo me anche tu perche pensi che la norma sul divorzio è ancora lecita. Se dici che le cose cambiano chi dice che anche quella norma non sia cambiata? Chi stabilisce cosa è immutabile della legge e cosa no? Se è vero che la legge in parte cambia allora posso credere che Yeshua ha cambiato la legge sul divorzio per far fare un salto spirituale all'uomo. Adesso perche ritenere ancora valida una legge arcaica e passata ritornando indietro cosi di 3000 anni.
Dici che le affermazioni di Salvatore Tarantino sono dure,però pensi che Dio fa le cose giuste al momento giusto sostenendo che a quel tempo era giusto lapidare una donna. Non capisco come tu possa pensare che Dio potesse approvare allora una simile mentalità umana,senza perdono e maschilista. Io non concordo con ciò che ha detto Salvatore ma anche quello che pensi tu è altrettanto duro. Secondo te siamo noi a stabilire cosa è giusto o meno. Secondo il tuo parere oggi per esempio Dio non considera più peccato il rapporto omosessuale perche questi si sono conquistati ''diritti''. Sarebbe l'uomo a comandare a Dio cosa Dio deve ritenere giusto o sbagliato.

Inoltre ciò che pensi della torah non trova risconto ne nelle parole di Yeshua (non è venuto per abolire anche uno iota della legge) e con quello che insegnano altri rabbini sulla torah. Ti allego uno screen tratto dal forum ebraico-consulenza per farti capire come tutta la legge è eterna e valida per sempre.

Quanto a quello che dici sul ''principio'' e la ''genesi'', le immagini allegorie della genesi non cambiano di una virgola il fatto che il divorzio non era gradito nel principio. Che il frutto sia reale o allegorico eccetera cosa cambia per il divorzio? Cristo parla di divorzio,non di qualcosa di allegorico (il divorzio sappiamo cos'è e non è una allegoria) e dice che in principio non era cosi. Le altre immagini allegoriche della genesi cosa centrano col divorzio? In principio Dio non gradiva il divorzio questo è il punto. Poi che il frutto,la pianta o ol serpente siano letterali o meno non vedo cosa possa centrare con l'unione matrimoniale. Da quando l'unione matrimoniale è considerata allegorica nel mondo?
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bgaluppi
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da bgaluppi »

Se la l'adulterio scioglie il matrimonio completamente allora le persone sarebbero libere di risposarsi senza conseguenze spirituali e quindi la condizione dell'uomo rispetto alla donna sarebbe più facile.
L'adulterio scioglie il vincolo, come non potrebbe? Un'unione è tra due, non tre. Adulterio deriva da "ad alterum (ire)", andare da un altro, per cui non si è più col partner precedente. Non esiste unione a tre, o l'uno o l'altro. Per cui, una volta rotto il vincolo, è rotto per entrambi, e quindi entrambi sono liberi. Se spezzi una fune, entrambe le parti sono separate, non è che una è ancora legata e l'altra no.

Il nuovo matrimonio è impossibile, secondo Yeshùa, nel caso in cui si sia divorziato senza giusta causa, per cui resta un vincolo anche se i due si separano.

I discepoli dicono quelle parole perché erano abituati a concepire la possibilità dell'uomo di ripudiare la moglie con relativa facilità. Yeshùa, invece, rende il vincolo più difficile da separare.
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da animasalvata »

Ho trovato queste osservazioni bibliche sul sito biblistica http://www.biblistica.it/wordpress/?page_id=599" onclick="window.open(this.href);return false;
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da bgaluppi »

Dici che le affermazioni di Salvatore Tarantino sono dure,però pensi che Dio fa le cose giuste al momento giusto sostenendo che a quel tempo era giusto lapidare una donna. Non capisco come tu possa pensare che Dio potesse approvare allora una simile mentalità umana
Non ho detto che Dio lo ritenesse giusto, leggi bene. Ho detto che Mosè (non Dio) conanda quella norma in quanto era uso comune. Mosè fu scelto da Dio (Elohim) come legislatore (elohim), dunque le sue decisioni rappresentavano volontà divina. Si tratta di un princìpio di trasmissione della legge superiore che anticamente era diffuso in tutte le culture (ogni popolo aveva il suo o i suoi elohim) e che oggi è frainteso per via del pensiero religioso.
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da Salvatore Tarantino »

Bgaluppi, non torno indietro di 3 mila anni (ma se anche fosse?, anche "non uccidere" è vecchio di 3 mila anni), da credente non posso scagliare nessuna pietra, sarei un pazzo a chiudere davanti a me il Regno dei Cieli solo per vedere morte due persone che mi hanno fatto soffrire.
Lapidare gli adulteri rimane una norma valida ma diventa sostanzialmente inapplicabile o, per dirla in altri termini, non conveniente da applicare.
Io stesso mi condannerei ogni giorno quando dico "rimetti i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori"... sarebbe come dire a Dio: "lapidami per tutti i miei peccati".
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da Salvatore Tarantino »

animasalvata ha scritto:Salvatore ci dici perché alla ripudiata per cosa indecente non è permesso risposarsi mentre al marito che ha ripudiato si?
Tra i versi più chiari abbiamo il seguente: “[...] chiunque manda via sua moglie, salvo che per motivo di fornicazione, la fa diventare adultera e chiunque sposa colei che è mandata via commette adulterio” (Matteo 5,32).
Si noti innanzitutto che si parla in questo caso di una moglie ingiustamente ripudiata (“salvo che per motivo di fornicazione”); si noti poi che essa addirittura viene definita “adultera”, benchè senza colpa, a causa dell'ingiusto ripudio del marito; e si noti infine che, benchè ingiustamente ripudiata, non può risposarsi, perchè chiunque la sposa commette adulterio.

In Romani 7,2-3 è affermato: “Infatti la donna sposata è legata per legge al marito mentre egli vive; ma se il marito muore, è sciolta dalla legge che la lega al marito. Perciò, se lei diventa moglie di un altro uomo mentre il marito vive, sarà chiamata adultera; ma se il marito muore, ella è libera da quella legge; così non è adultera se diventa moglie di un altro uomo”.
La moglie è dunque vincolata al marito finchè quest'ultimo è in vita, qualunque sia stato il motivo, legittimo o illegittimo, del ripudio.
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Salvatore Tarantino
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da Salvatore Tarantino »

La regola e l'eccezione sono molto semplici da comprendere se sgomberiamo la mente da un'etica moderna e occidentale.
La regola è che il matrimonio è indissolubile, per entrambi i coniugi.
L'eccezione è che il marito può ripudiare la moglie in caso di fornicazione.
Altra regola è che nessuno può unirsi a una donna che sia o sia stata sposata finchè suo marito è in vita.
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