Yeshùa ed il divorzio

LucaincercadiDio
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da LucaincercadiDio »

Riprendiamo domani con calma..ho avuto una giornata pesante e le ultime energie le voglio dedicare alla preghiera col Padre.
Vi auguro una serena notte! I-)
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bgaluppi
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da bgaluppi »

Buonanotte Luca. Però lasciamo perdere i TdG e concentriamoci sulle parole di Yeshùa, che l'importante è capire quelle. ;)
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bgaluppi
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da bgaluppi »

Allora, “Dei farisei gli si avvicinarono per metterlo alla prova, dicendo: «È lecito mandare via la propria moglie per un motivo qualsiasi?»” (Mt 19:3). O meglio “per ogni motivo” (κατὰ πᾶσαν αἰτίαν, katà pàsan aitìan). Marco riporta una risposta di Yeshùa, che è una domanda che rimanda a Dt 24:1: “Egli rispose loro: «Che cosa vi ha comandato Mosè?»” (Mr 10:3). Yeshùa avrebbe potuto rispondere semplicemente citando lui stesso il versetto della Torah, e i farisei non avrebbero potuto obbiettare; ma evidentemente capisce che le loro motivazioni sono diverse, volendo loro conoscere il motivo per cui, secondo Yeshùa, un uomo poteva divorziare dalla moglie. Volevano capire a quale scuola di pensiero facesse riferimento in tema di divorzio. Forse volevano trascinarlo in una diatriba dottrinale, per misurare la sua conoscenza e magari, si, coglierlo in fallo. Infatti, essi gli rispondono evitando di tirare in ballo la tanto discussa clausola “Perché ha trovato in lei una cosa sconveniente”, e dicono: “Mosè permise di scrivere un atto di ripudio e di mandarla via” (ibidem, v. 4). Certo, permise al marito di scrivere un atto di ripudio, ma qualora non la volesse più perché ha trovato nella moglie qualcosa di sconveniente, non “per ogni motivo”. Al che, Yeshùa dà la sua risposta, che però non soddisfa il quesito dei farisei, ma sposta il tema su un altro piano:

“È per la durezza del vostro cuore che Mosè scrisse per voi quella norma; ma al principio della creazione Dio li creò maschio e femmina. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne. Così non sono più due, ma una sola carne. L'uomo, dunque, non separi quel che Dio ha unito.” (Mr 10:5-9, cfr. Mt 19:4-8).

Mosè, ispirato da Dio, stabilì la norma del divorzio perché l’uomo, in seguito alla disobbedienza adamica, non fu più in grado (per la durezza del suo cuore) di adempiere perfettamente all’unione assoluta inizialmente concepita dal Creatore (poiché “il peccato è entrato nel mondo”, Rm 5:12). La Torah è spirituale, ma l’uomo è carnale e non in grado di obbedire in modo perfetto alla volontà di Dio (Rm 7:14; Gal 5:17). Per questo motivo, Mosè stabilì la legalità del ripudio in determinate circostanze. Il ripudio legale, dunque, è legittimato dalla Torah non perché Dio lo concepisca o lo approvi (cfr. Mal 2:16), ma perché l’uomo non mostra di essere in grado di realizzare pienamente l’assoluta unità coniugale fisica e spirituale inizialmente concepita da Dio.

Poi dice ai farisei: “L'uomo [ἄνθρωπος, ànthropos, l’essere umano, non l’uomo maschio], dunque, non separi quel che Dio ha unito”. Ossia, sostiene la sacralità dell’unione tra uomo e donna stabilita da Dio in origine ed esorta a non scindere quell’unione. Non parla propriamente di ripudio, ossia di divorzio legale; e non proibisce il ripudio mosaico, cadendo in fallo, ma esorta a non dividere ciò che Dio ha unito. I farisei lo interrogano sul ripudio, tendendogli un piccolo tranello, e Yeshùa li zittisce senza dare loro la risposta che cercavano.

Ma la domanda che insorge è: come può mai l'uomo scindere ciò che Dio ha unito? Attraverso non tanto il divorzio legale, ma piuttosto tramite la fornicazione, come spiega invece ai suoi discepoli (non ai farisei, Mt 5:2; Mr 10:10,11):

“Chiunque manda via la propria moglie, eccetto in caso di fornicazione, la fa essere adultera; e chiunque sposa una donna ripudiata, commette adulterio” (Mt 5:32, cfr. Mr 10:11,12), che Mr 10:11,12 completa: “Chiunque manda via sua moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se la moglie ripudia suo marito e ne sposa un altro, commette adulterio”

Non dice che non si può mandar via la moglie, ossia non proibisce il divorzio legale, ma che, nel caso di divorzio senza giusta causa, non è possibile risposarsi. Se ribaltiamo il tutto, avremo:

In caso di fornicazione: chiunque manda via sua moglie e ne sposa un'altra non commette adulterio, e chi sposa una ripudiata (per fornicazione), non commette adulterio (perché il vincolo è sciolto dall'atto di fornicazione)”. Per cui, se c’è giusta causa, è possibile non solo divorziare, ma anche risposarsi, per entrambe le parti. Infatti, Dt 24:2 lo consente, solo che la moglie adultera non avrebbe potuto sposare il suo amante o restare sposata col marito, o risposarlo in seguito a divorzio e matrimonio con un altro uomo (Dt 24:2-4; Sotah 5:1).

Il problema su cui Yeshùa sembra insistere, dunque, non è tanto il divorzio legale in sé — che presenta realisticamente come evento possibile “per la durezza del cuore” degli uomini —, ma piuttosto la fornicazione che rompe il vincolo sacro e l’adulterio conseguente in caso di divorzio legale senza giusta causa e di nuove nozze. Da dove salta fuori la proibizione del divorzio, dunque? Non certo dalle parole di Yeshùa, né dalla Torah.

Ricapitolando, la sua risposta ai farisei, che volevano metterlo alla prova, è “L'uomo non separi quel che Dio ha unito”, in base a Gn 2:24 e Mal 2:13,14, ma il suo insegnamento ai discepoli è sostanzialmente questo: l’uomo non rompa un vincolo sacro (tramite fornicazione), perché così scioglierebbe ciò che Dio ha unito; se dovesse accadere che uno divorzi legalmente (ripudio) in assenza di motivazione valida (fornicazione), non si sposi di nuovo, poiché se lo fa commette adulterio ed espone altri all’adulterio, in quanto il divorzio legale non annulla l’unione sacra sancita attraverso una promessa davanti a Dio. Tuttavia, in caso di fornicazione, il vincolo sacro è scisso e dunque il divorzio è legittimo (anzi, obbligatorio, Dt 24:1), come è legittimo un secondo matrimonio (per ambo le parti, poiché Dt 24:2 prevede la possibilità di nuove nozze anche per la parte colpevole, e perché è ovvio che se un vincolo tra due parti si scinde, si scinde per entrambe e non solo per una parte). Divorzi legalmente con un ripudio ma senza giusta causa? La sacralità del vincolo resta, dunque non puoi risposarti, pena l’adulterio. Divorzi per fornicazione con un ripudio? Puoi risposarti, perché il vincolo sacro è sciolto (ma la parte colpevole resta colpevole di fornicazione, con tutte le conseguenze del caso).

La normativa giuridica tradizionale favoriva anche il ricongiungimento dei coniugi divorziati (cfr. Jewish Encyclopedia, voce “Divorce”; Eduyot, IV, 7; Talmud Yerushalmi, Ketubot 11:3); ma se la moglie nel frattempo si era sposata con altro uomo, il quale l’aveva poi ripudiata o era morto, ella non poteva più ricongiungersi col primo marito, in base a Dt 24:2-4.
LucaincercadiDio
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da LucaincercadiDio »

Quest’ultima esposizione l’ho trovata più chiara, quindi credo che chiunque possa capirne la sintesi, molto bene spiegata.

Superato questo punto c’è da capire nella società moderna come inquadrare il tutto, dato che i nostri ragazzi o noi stessi in età adolescente e ovviamente pre matrimoniale si sono già addentrati nel ripido cammino dell immoralità sessuale.
Che principio vige per essi?
Come arriveranno al matrimonio?
Oggi non ci sono più i fidanzamenti/matrimoni dell’epoca ebraica, di conseguenza come vengono inquadrate le relazioni fugaci del mondo odierno?
LucaincercadiDio
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da LucaincercadiDio »

Verissimo, difatti Paolo si trova a dare consigli per i matrimoni misti tra giudei e gentili.
Lo studio di Antonio che sto finendo di leggere, spiega molto bene anche il suo punto di vista.
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Alen.chorbah
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da Alen.chorbah »

LucaincercadiDio ha scritto:Quest’ultima esposizione l’ho trovata più chiara, quindi credo che chiunque possa capirne la sintesi, molto bene spiegata.

Superato questo punto c’è da capire nella società moderna come inquadrare il tutto, dato che i nostri ragazzi o noi stessi in età adolescente e ovviamente pre matrimoniale si sono già addentrati nel ripido cammino dell immoralità sessuale.
Che principio vige per essi?
Come arriveranno al matrimonio?
Oggi non ci sono più i fidanzamenti/matrimoni dell’epoca ebraica, di conseguenza come vengono inquadrate le relazioni fugaci del mondo odierno?
Questo è un argomento un po spinoso, in quanto per esempio nella torah e nel tanak non ci sono chiari riferimenti di condanna ai rapporti prematrimoniali. Quando si parla di fornicazione nelle SE si fa riferimento a tutt'altro. Noiman potrebbe darci qualche delucidazione. :d
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bgaluppi
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da bgaluppi »

Giusto, Luca. E giusto, Alen. Inquadramento di certi insegnamenti nei tempi moderni, e “pulizia” della testa dai dogmi che ci hanno inculcato. C'è forse qualcosa di male se oggi, due fidanzatini sedicenni ignari della legge di Dio ma che magari si vogliono bene veramente, fanno l'amore prima del matrimonio legale? Di fatto, nel momento in cui si “amano” e si possiedono, sono già sposati; e se quel legame è vero, durerà nel tempo e impareranno ad amarsi veramente. Oppure si interromperà, ma se è vero lascerà comunque un segno positivo. E se non conoscono la legge biblica, ma agiscono guidati dalle loro emozioni e da intenzioni pure, come possono commettere peccato se poi successivamente si lasciano? Cosa diversa sono i casi in cui i giovani vanno in discoteca per “fornicare” volontariamente come animaletti; ho visto una trasmissione in cui facevano vedere maschietti strafatti in un locale notturno che fanno a gara a chi “si fa” più ragazze in una serata; ma nonostante questo, non sappiamo mai se tra di loro ci sono dei futuri figli di Dio, “perché io vi dico che da queste pietre Dio può far sorgere dei figli ad Abraamo” (Mt 3:9).

Più in generale, faccio alcune considerazioni. Bisognerebbe crescere i figli insegnando loro sin da piccoli a riconoscere i valori, a saper distinguere il bene dal male, ovviamente basandosi sugli insegnamenti biblici. È vero che molti giovani oggi mettono in atto pratiche sessuali condannate nella Bibbia già prima dei tredici anni, ma è anche vero che non tutti lo fanno. Ci sono giovani che scelgono di non fare certe cose, nonostante la maggioranza dei compagni le facciano. Perché questo? Dipende solo dall'educazione ricevuta? Io credo di no. La Bibbia infatti dice che i figli di Dio sono da Lui “preconosciuti e preordinati ad essere conformi all'immagine del suo figlio” (Rm 8:29). Questa è una verità osservabile: pur essendo l'educazione un aspetto importantissimo nella crescita di un individuo, non tutti i figli che vengono educati in modo sbagliato da genitori sconsiderati divengono sconsiderati, e non tutti i figli che vengono educati in modo esemplare divengono adulti esemplari. Anche in Israele esistevano adulterio e idolatria, dunque una società fatta su modello biblico non garantisce certo immunità da errore. Questo accade perché ogni essere umano può scegliere e alla fine, se facciamo una determinata cosa, è perché scegliamo di farla. Inoltre, Dio guida i suoi verso un punto di arrivo: un giovane può anche commettere i peccati più atroci, ma, se Dio lo vuole, arriverà un momento in cui lo metterà davanti ad una scelta che cambierà la sua vita. Non c'è niente che Dio non possa perdonare ad un cuore sincero che si umilia davanti a Lui.

Certo, in Israele un bimbo cresceva in una famiglia dove la preghiera, la lettura della Torah e il modo di vivere in obbedienza erano il suo ambiente naturale. Oggi non è così, in quanto il mondo è in preda alle nazioni e all'apostasia, e l'ambiente naturale in cui cresciamo è eccessivamente “liberale”. Dunque, credo che da una parte si debba istruire i figli seguendo l'insegnamento biblico, senza però esagerare esasperandoli, come fanno certi genitori “fondamentalisti religiosi” (Ef 6:4; Col 3:21); dall'altra credo sia necessario mettere in conto che sbaglieranno necessariamente, poiché condizionati dal mondo. E potrebbe pure accadere che magari i nostri adorati figli, per i quali desideriamo ogni bene, non siano tra i preconosciuti e preordinati, e scelgano dunque di non seguire Dio, nonostante tutto l'impegno che ci mettiamo ad educarli.

Io nutro una speranza: che Dio abbia un progetto per ognuno di noi e che Dio, prima o dopo, porti alla salvezza ogni essere umano dotato di un cuore puro e buono.
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bgaluppi
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da bgaluppi »

Alen ha tirato in ballo la pornèia, ossia ciò che in italiano è tradotto con il termine “fornicazione”, che non specifica bene il senso. Ma il termine greco era chiaro agli antichi. Mi sono fatto una mia idea su cosa sia la fornicazione di cui parla Yeshùa. Cito dal mio studio.

Ciò che Yeshùa chiama “fornicazione” è πορνεία (pornèia), anticamente facente riferimento alle relazioni sessuali illecite e in modo specifico alla prostituzione, benché il termine sia usato raramente dagli autori classici. In Os 2:2 (2:4 sulla LXX) il termine compare in associazione a μοιχεία (moichèia), che fa riferimento specifico all’adulterio: αὐτὴ οὐ γυνή μου, καὶ ἐγὼ οὐκ ἀνὴρ αὐτῆς: καὶ ἐξαρῶ τὴν πορνείαν αὐτῆς ἐκ προσώπου μου καὶ τὴν μοιχείαν αὐτῆς ἐκ μέσου μαστῶν αὐτῆς, “lei [la Casa di Israele] non è più mia moglie, e io non sono più suo marito! Tolga dalla sua faccia la sua prostituzione, e il suo adultèrio dal suo petto” (NR). I due termini, pur essendo spesso usati assieme, sono qui distinti: πορνεία è “rapporto illecito” in senso più generale, mentre μοιχεία è precisamente “adulterio”; il profeta poi aggiunge: “Non avrò pietà dei suoi figli, perché sono figli di prostituzione [בני זנונים]; perché la loro madre si è prostituita; colei che li ha concepiti ha fatto cose vergognose, poiché ha detto: "Seguirò i miei amanti [מאהבי], che mi danno il mio pane, la mia acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande"” (vv. 4,5 NR). Il testo ebraico ha בני זנונים “figli di prostituzione”, e il termine זְנוּנִים (zenunim) deriva da זָנָה (zanah) e riguarda la relazione illecita anche in senso figurato, in riferimento ai rapporti di Israele con nazioni straniere o divinità pagane (cfr. Is 23:17; Ez 23:30; Dt 31:16; Lv 17:7). La πορνεία, dunque, è il comportamento illecito, sia esso da intendersi letteralmente o figuratamente, all’interno del matrimonio o fuori dal matrimonio (in base ai divieti stabiliti in Lv 18, 20). In relazione al matrimonio, è innanzitutto “adulterio”, ossia il “prostituirsi” con persona che non sia il coniuge, ma anche un comportamento dichiarato illecito dalla Torah, come ad esempio: “Non ti avvicinerai a una donna per scoprire la sua nudità mentre è impura a causa delle sue mestruazioni” (Lv 18:19); “Non darai i tuoi figli perché vengano offerti a Moloc” (v. 21); “Non ti accoppierai con nessuna bestia per contaminarti con essa” (v. 23); “Se qualche persona si rivolge agli spiriti e agli indovini per prostituirsi andando dietro a loro, io volgerò la mia faccia contro quella persona, e la toglierò via dal mezzo del suo popolo” (Lv 20:6). L’apostasia è paragonata alla prostituzione, dunque può essere considerata πορνεία, e costituiva motivo valido di divorzio anche per la moglie (cfr. Maimonide, Mishneh Torah, Ishut, iv. 15). Che Yeshùa, con il termine “fornicazione”, non facesse riferimento esclusivo all’adulterio, è chiaro, poiché altrimenti l’agiografo avrebbe usato il termine μοιχεία, come in Mt 15:19 (Mr 7:21), o in Mt 5:32 e 19:9, in cui usa il verbo μοιχεύω (moichèuo) da cui origina μοιχεία.

Dunque, la fornicazione è un peccato in senso generale, ma in ambito matrimoniale è devastante e irreparabile, perché va a scindere quell'intesa sacra tra due credenti che si uniscono davanti a Dio.
LucaincercadiDio
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Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da LucaincercadiDio »

Quoto con quanto dice Antonio.
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Salvatore Tarantino
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Iscritto il: sabato 9 agosto 2014, 8:04

Re: Yeshùa ed il divorzio

Messaggio da Salvatore Tarantino »

Bgaluppi, ho letto circa metà del tuo studio.
Le tue premesse sono condivisibili, ma ritengo che poi ti contraddici.
In particolare tu premetti che Yeshùa non avrebbe potuto modificare la Torah, salvo poi attribuirgli una modifica consistente, dove affermi che anche il ripudio da parte della donna è ammesso da Yeshùa nonostante non sia ammesso dalla Torah.
La tua interpretazione, oltre che contraddittoria rispetto alla tua stessa premessa, è forzata, poichè affermare che "se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro commette adulterio" non significa che può ripudiarlo in altri casi.
Tutte le volte in cui questo comandamento (il divieto del divorzio) è affermato facendo cenno anche all'unica eccezione (il ripudio a causa di fornicazione), quest'unica eccezione è affermata solo in favore del marito e mai in favore della donna.
Similmente tu affermi che una donna ripudiata legittimamente può risposarsi, ma ciò non lo si può evincere, se non con un'altra forzatura, dai versi che citi, poichè "chi sposa una donna ripudiata commette adulterio" non ammette eccezioni (le due affermazioni sono separate e "salvo il caso di fornicazione" vale solo per la prima), e Paolo perentoriamente afferma che se una donna sposa un altro uomo mentre il marito vive sarà considerata adultera (solo la morte del marito gli permette di risposarsi).
Aggiungo che Deuteronomio 24,1-4 spiega che l'uomo non può riprendersi la moglie ripudiata che nel frattempo si è risposata, ma questo non significa che questa donna aveva il diritto di risposarsi.
Non dobbiamo confondere l'ipotesi di un fatto con la legittimità del fatto stesso.
Penso che in entrambi i casi sei caduto nella trappola del pensiero moderno, che ti ha influenzato pur proponendoti di non permettere che accadesse.
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