“Chi mi ha toccato il mantello?”. L'identità dell'emorroissa

maximus55
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“Chi mi ha toccato il mantello?”. L'identità dell'emorroissa

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Tra i brani più belli e stimolanti dei vangeli, ed in particolare del vangelo di Marco, quello che narra la guarigione dell’emorroissa, la donna che perdeva sangue, occupa certamente un posto di grande rilievo. Nei due anni appena trascorsi, ho iniziato un percorso di avvicinamento a quest’ affascinante personaggio biblico per tentare, se possibile, di far luce sulla sua vera identità. Il lavoro che ho pubblicato sul mio blog, consultabile al sito: https://ilpozzodeimagi.wordpress.com/" onclick="window.open(this.href);return false;
vuole sottoporre all’attenzione degli studiosi una specifica ipotesi storica, qui formulata per la prima volta, secondo cui la donna, conosciuta nei vangeli sinottici come ”l’emorroissa” può essere identificata verosimilmente con Cipro, la moglie di Erode Agrippa I il Grande, l’ultimo re di Giudea dal 41 al 44 d.C.
La ricerca si articola in due momenti diversi. Il primo, costituito essenzialmente dalla raccolta e dall’analisi di tutti gli elementi storico-documentali atti ad individuare e a identificare ciascuna delle due donne; il secondo, rappresentato invece dal confronto puntuale dei due insiemi di elementi raccolti.
In ottemperanza al popperiano criterio di falsificabilità, sottopongo onestamente il mio lavoro alla vostra critica nella speranza di evidenziarne pregi e difetti sia sul piano storico che su quello metodologico.
Un cordiale grazie a tutti per la cortese attenzione.
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bgaluppi
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Re: “Chi mi ha toccato il mantello?”. L'identità dell'emorro

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Lo esamineremo!
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bgaluppi
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Re: “Chi mi ha toccato il mantello?”. L'identità dell'emorro

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maximus55, tu prendi in esame e metti a confronto dei versetti, che elenco e discuto di seguito. Cusa se non ho letto l'intero studio ma è davvero lungo.

Mr 5:25:
καὶ γυνὴ οὖσα ἐν ῥύσει αἵματος δώδεκα ἔτη
e una donna essente in presenza di un flusso di sangue dodici anni

messo in italiano corretto diremmo “e una donna, che per dodici anni aveva un'emorragia”

Questa donna era malata e aveva delle perdite di sangue che i medici non riuscivano a curare: “Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, e che molto aveva sofferto da molti medici e aveva speso tutto ciò che possedeva senza nessun giovamento, anzi era piuttosto peggiorata...” (Mr 5:25,26).

Accosti questo versetto a Lv 15:25:

ואשה כי־יזוב זוב דמה
זוֹב (zob), dalla radice זוּב (zub, fluire), indica in questo caso il flusso mestruale di tre giorni (Rashì), oltre i sette giorni di ciclo o tra un periodo e il successivo. Ma comunque non si tratta di malattia. La LXX traduce con ῥύσει αἵματος (rùsei hàimatos) perché il termine ῥύσει in questo caso è il corrispettivo greco di זוֹב (zob). Ma mentre in ebraico, mi pare, si riferisce in modo specifico agli organi genitali, in greco la cosa è diversa. Infatti, Marco lo usa per indicare un'emorragia, che niente ha a che fare con i genitali. Dunque, non è che Marco lo usi in modo specifico in riferimento a Lv 15:25 o per alludere a qualcosa di particolare, ma perché il termine per indicare un flusso in genere ("lo scorrere", Rocci), in greco, è ῥύσις. Nel caso dell'emorroissa si trattava di un ῥύσις αἵματος, una perdita di sangue (hàimatos specifica il tipo di flusso) dovuta ad una malattia.

Poi citi Mr 5:29, per dimostrare che l'uso di ῥύσις αἵματος non è casuale:

καὶ εὐθὺς ἐξηράνθη ἡ πηγὴ τοῦ αἵματος αὐτῆς
e immediatamente fu seccata la fonte del sangue di lei

e lo accosti a Lv 12:7:

וטהרה ממקר דמיה
e sarà pura dalla fonte del suo sangue

Anche in questo caso, nel contesto, il termine ebraico indica qualcosa di specifico: il flusso del sangue in seguito al parto. In greco, invece, pur indicando il termine πηγή (peghè), in questo caso, un flusso di sangue dovuto ad un'emorragia, se non specificato indica una fontana, o un'origine, o un pozzo (in alcuni casi). Esattamente come il termine ebraico indica in generale, se non specificato, una fontana o una fonte. Nel versetto marciano indica il flusso di sangue solo perché è specificato τοῦ αἵματος, e comunque non ha nulla a che fare con il flusso dovuto al parto. I due termini, per chiarire, si riferiscono al flusso di sangue dovuto a parto e malattia solo perché il testo lo specifica.

Inoltre, il termine טָהֵר (taher) significa essere pulito, o puro, mentre il termine greco ξηραίνω (xeràino) significa seccare, asciugare, rendere arido. Dunque sono due termini completamente diversi da un punto di vista semantico. Nel versetto marciano, Yeshùa secca la fontana del sangue, ossia interrompe l'emorragia.

Da tutto ciò, non credo si possa in alcun modo asserire che Marco abbia fatto uso di locuzioni particolari, col fine di alludere a qualcosa. Ha usato i termini greci che esprimono esattamente ciò che voleva dire: la donna aveva un'emorragia per una malattia incurabile e, per la sua fede, viene guarita. Quale altro termine avrebbe dovuto usare per indicare il flusso, se non πηγή? Il termine è usato 12 volte nelle Scritture Greche ed indica sempre un pozzo o una fonte d'acqua, tranne che in questo caso in cui è specificato il sangue; stessa cosa per la LXX, dove compare 100 volte e indica sempre una fonte, tranne che nei casi specifici in cui il tema è il sangue ed è specificato. Mi pare davvero forzato affermare che Marco faccia uso di termini che possano indicare che la donna aveva partorito tempo prima. Lo scopo di tutto questo passaggio marciano è evidenziare la forza della fede, niente altro. Esattamente come l'episodio dell'adultera che Yeshùa salva dalla lapidazione vuole affermare la forza del perdono e il fatto che nessun uomo può giudicare, perché ogni uomo è peccatore.

“Figliola, la tua fede ti ha salvata; va' in pace e sii guarita dal tuo male.” — Mr 5:34

Credo che l'unico modo per dimostrare con Mr 5:25 ss. che l'emorroissa era Cipro, la moglie di Erode Agrippa I il Grande, sia trovare fonti storiche che attestino che Cipro fu affetta da emorragia per dodici anni e che guarì misteriosamente. ;)
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Re: “Chi mi ha toccato il mantello?”. L'identità dell'emorro

Messaggio da maximus55 »

Gentile bgaluppi, grazie innanzitutto per la cortese attenzione e per le obiezioni critiche da te sollevate sulle quali mi riservo di risponderti appena possibile. Nel frattempo, a proposito del tuo invito a "trovare fonti storiche che attestino che Cipro fu affetta da emorragia per dodici anni e che guarì misteriosamente", sarei lieto se tu volessi darmi il tuo parere sui capitoli 5 e 6 del mio lavoro (5 – CIPRO: il matrimonio con Agrippa; 6 – CIPRO: l’infertilità primaria) in cui affronto esattamente questo problema. Grazie e arrivederci.
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bgaluppi
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Re: “Chi mi ha toccato il mantello?”. L'identità dell'emorro

Messaggio da bgaluppi »

maximus55 sei molto serio e corretto e cercherò di fare del mio meglio per esaminare i tuoi scritti. :-)
maximus55
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Re: “Chi mi ha toccato il mantello?”. L'identità dell'emorro

Messaggio da maximus55 »

Gentile bgaluppi, vorrei offrirti una risposta un po’ più articolata del normale e forse rischierò, spero a vantaggio della chiarezza, di essere prolisso o ripetitivo rispetto a quanto ho già scritto nel mio blog. Ti chiedo pertanto un surplus di pazienza e di empatia.
Dico subito che il punto di partenza delle mie analisi è costituito dai dati rilevabili in tutti i commentari dei vangeli sinottici e cioè che il “ἐν ῥύσις αἵµατος” di Mc 5,25 è tratto dalla traduzione dei LXX di Lv 15,25, mentre il “ἡ πηγὴ τοῦ αἵµατος” di Mc 5,29 si richiama alla traduzione dei LXX di Lv 12,7. Il confronto tra questi versetti non è dunque una mia proposta , ma un elemento esegetico da tutti pacificamente riconosciuto. Quello che invece è frutto della mia intuizione è l’aver dedotto da questo confronto una possibile conseguenza che non era mai stata tratta precedentemente e cioè che l’emorroissa, al momento della sua guarigione, aveva partorito da poco.
Per tentare di dimostrarlo osserviamo innanzitutto che entrambi i brani paralleli di Mt 9, 20-22 e Lc 8, 43-48 sono dipendenti dalla fonte marciana, ma i due evangelisti operano dei tagli rispetto all’originale; in particolar modo, il testo matteano presenta la storia in maniera essenziale, espungendo molti dei particolari e delle osservazioni redazionali marciane. In ambedue, ad esempio, viene escluso il riferimento al commento irriverente dei seguaci di Gesù di Mc 5, 31 («I discepoli gli dissero: ‘Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?’»). Dunque il testo di Marco è il più antico e quindi il più vicino ai fatti e alla tradizione originaria.
In secondo luogo, dal fatto che l’emorroissa era affetta da ben dodici anni da un ininterrotto flusso di sangue (ῥύσις αἵµατος), sulla base della normativa che regolamenta i flussi emorragici vaginali al di fuori del periodo delle mestruazioni (Lev 15, 25-30), è lecito assegnare alla donna un severo stato di impurità. Essa, dal momento in cui è insorta la malattia, è stata costretta ad allontanarsi dalla vita socio-religiosa. Ma l’elemento importante dell’intera vicenda sta nel fatto che la donna, pienamente consapevole di portare con sé una forza contaminatrice (non a caso essa viene presentata come «impaurita e tremante», osa toccare il mantello di Gesù, trasmettendo al Nazareno lo stato di impurità. A questo proposito S. Grasso afferma: «Soltanto sapendo che la donna, secondo la legge ebraica, non solo non avrebbe dovuto comparire in pubblico, ma neppure toccare Gesù, perché il contatto con lei lo renderebbe immondo per una giornata intera, si può capire il suo caparbio riserbo e il suo inquieto timore» (1). Come sottolinea Bovon, il verbo «toccare», viste le implicazioni halakhiche dell’episodio, «risulta qui una parola chiave» (2). E a proposito del “silenzio matteano” su alcuni particolari della narrazione, Davies e Allison scrivono: «The woman whit an issue is presented in a wholly positive light. The subject of her uncleanness is not mentioned or alluded to. Her touch does not effect indignation. Onlookers do not whisper that Jesus has come into contact with an unclean woman. All of this is surprising. But whatever the explanation for the text's silence, it is possible that the woman comes up 'from behind' precisely because she is unclean and must accordingly try to touch Jesus without anyone observing» (3).
Inoltre, è utile evidenziare che il gesto compiuto dall'ammalata sembrerebbe portare con sé una qualche connessione con la magia (4), adombrata anche dalla δύναµις defluita da Gesù, quasi fosse «una scarica di corrente elettrica» (5). La stessa esplicita menzione del termine κρασπέδον – presente in Mt 9, 20 e in Lc 8, 44, ma assente dal racconto marciano – confermerebbe tale connessione. Infatti, secondo quanto messo in luce da Evans, nell'ambiente giudaico le frange del mantello di un taumaturgo racchiudono in sé un potere magico(6). Ad ogni modo, il gesto di toccare il corpo di Gesù, nel caso dell’emorroissa come in altri racconti di guarigione, comporta «il trasferimento di energia taumaturgica o qualcosa di simile. Il toccare implica una continuità sistemica tra due corpi diversamente dotati, ma che si appartengono per sostanziale contiguità, entrano in connessione. Si opera fra loro una qualche identificazione o congiunzione prevista dal sistema. La potenza che risiede nel corpo del taumaturgo si trasmette al corpo debole e imperfetto e ne cancella l’imperfezione». Una sottolineatura importante viene fatta dall’evangelista al v. 29, nel quale è possibile leggere che, dopo il gesto compiuto dall’emorroissa e la potenza uscita dal corpo di Gesù, la donna si rende conto di essere guarita dalla «piaga» che la affliggeva (ἔγνω τῷ σώµατι ὅτι ἴαται ἀπὸ τῆς µάστιγος). A tal proposito, Weissenrieder scrive: «Il termine ‘piaga’ può quindi essere interpretato come terminologia della malattia che distingue, nello spirito della torà di purità, le malattie con la connotazione dell’impurità dalle altre ipotesi di malattia. In Lev. 15 il termine non viene applicato alla malattia del ‘flusso di sangue’ anomalo. Tale estensione si avrà soltanto con 4Q274»(7). Dunque, sulla base di quanto appena affermato, si deve supporre che l’evangelista, o il redattore premarciano, avessero ben chiare le implicazioni halakhiche che l’episodio racchiudeva in sè. Inoltre, con l’utilizzo preciso della parola «piaga» per indicare una malattia quale l’emorragia anomala, la pericope rivela che l’estensione semantica del termine non era stata limitata solamente all’ambiente qumranico, ma che una tale accezione fosse in qualche modo entrata a far parte dell patrimonio del «common judaism»(8).
La consapevolezza di queste implicazioni halakhiche ci autorizza a trattare le due espressioni “ἐν ῥύσις αἵµατος” di Mc 5,25 e “ἡ πηγὴ τοῦ αἵµατος” di Mc 5,29 in un modo del tutto particolare. Si tratta infatti di due espressioni che, essendo prese da un testo giuridico e normativo come il Levitico, hanno per così dire un carattere “tecnico” e la loro singolarità ci costringe naturalmente a riflettere attentamente sui motivi che hanno spinto Marco ad utilizzare delle locuzioni così particolari. Non vi è dubbio infatti che le scelte terminologiche operate dall'evangelista, o dalla sua fonte, debbano corrispondere ad una precisa intenzionalità, e se ciò può dirsi dell’espressione “ῥύσει αἵματος” che, con uno specifico richiamo a Lv 15,25, Marco utilizza per descrivere esattamente lo stato di impurità/malattia dell’emorroissa, altrettanto lo si potrà dire dell’espressione “πηγὴ τοῦ αἵματος” che viene usata per descriverne la purificazione/guarigione. Ed è proprio qui che Marco ci sorprende, è il caso di dirlo, “letteralmente”: egli utilizza infatti una locuzione che, nel testo biblico dei LXX, compare una sola volta ed in un brano, Lv 12,7, dove non si accenna ad una generica purificazione da un flusso di sangue, ma si fa uno specifico riferimento alla purificazione di una puerpera: “καὶ προσοίσει ἔναντι κυρίου καὶ ἐξιλάσεται περὶ αὐτῆς ὁ ἱερεὺς καὶ καθαριεῖ αὐτὴν ἀπὸ τῆς πηγῆς τοῦ αἵματος αὐτῆς οὗτος ὁ νόμος τῆς τικτούσης ἄρσεν ἢ θῆλυ” (Lv 12,7). “Il sacerdote li offrirà davanti al Signore e farà il rito espiatorio per lei; ella sarà purificata dal flusso del suo sangue. Questa è la legge che riguarda la donna, quando partorisce un maschio o una femmina” (Lv 12,7) (9). La conclusione in forma di domanda, s’impone con la semplice evidenza di una logica consequenzialità: l’emorroissa, non molto tempo prima del suo incontro con Gesù, aveva partorito un figlio?
NOTE:
-1 Cfr. S. GRASSO, Vangelo di Marco, cit., p. 153.
-2 F. BOVON, Vangelo di Luca, Paideia, Brescia 2005, vol. I, p. 522 [ed. orig.: Das Evangelium nach Lukas, vol. I, Benziger, Zürich 1989].
-3 W.D. DAVIES – D.C. ALLISON, A Critical and Exegetical Commentary on the Gospel According to Saint Matthew, T & T Clark, Edinburgh 1991, vol. II, p. 128.
-4 A tal proposito, S.L. Love, analizzando il parallelo matteano (Mt 9, 20-22) sottolinea che «il comportamento della donna non si scosta dalle credenze popolari sulla magia nelle società agrarie. Essa crede che la veste del guaritore ha potere di guarigione, nozione ripetuta in Mt. 14, 36 (cf. Atti 5, 15; 19, 12). Se nella storia dima un’aura di magia la storia stessa potrebbe essere collocata o nel periodo dell’evangelista o nel tempo di Gesù o in entrambi» (Idem, Gesù guarisce l’emorroissa, in W. STEGEMANN – B.J. MALINA – G. THEISSEN (eds.), Il nuovo Gesù storico, Paideia, Brescia 2006, pp. 119-132, in particolar modo p. 130 [ed. orig.: Jesus in neuen Kontexten, Kohlhammer, Stüttgart 2002]. Cfr. anche W.L. LANE, The Gospel According to Mark, Eerdmans, Grand Rapids 1974, p. 192: «Her touch combined faith with quasi-magical notions which were widespread in that day».
-5 J.P. MEIER, Un ebreo marginale, cit., vol. II, p. 866. A tal proposito, cfr. anche J. DELORME, Jésus et l’hémorroisse ou le choc de la rencontre, in «Sémiotique & Bible» 44 (1986) 1-17.
-6 Cfr. C.A. EVANS, «Who Touched Me?». Jesus and the Ritually Impure, in B. CHILTON – C.A. EVANS, Jesus in Context, cit., pp. 353-376, in particolar modo pp. 366-367 n. 33. Cfr. anche B.J. KOET, Purity and Impurity of the Body in Luke-Acts, cit., p. 89.
-7 A. WEISSENRIEDER, La piaga dell’impurità? L’ipotesi patologica antica del «flusso di sangue» in Lc. 8, 43-48, in W. STEGEMANN – B.J. MALINA – G. THEISSEN (eds.), Il nuovo Gesù storico, cit., pp. 104-118, in particolar modo p. 113. Cfr. anche EAD., Images of Illness in the Gospel of Luke, cit., pp. 229-256.
-8 Cfr. A. S. ROMANO, Purità ed impurità tra ebraismo e tradizioni sinottiche. Casi di impurità corporale. Diss. Università degli Studi di Napoli Federico II, 2008, pp. 16-20.
-9 Come aiuto, ecco anche la traduzione del passo biblico in uso nelle Comunità ebraiche italiane: “E questi presenterà il sacrificio davanti al Signore ed espierà per lei, ed essa sarà pura dal suo flusso di sangue; questa è la legge relativa alla donna che abbia partorito un maschio o una femmina”, cfr. M. E. Artom, Levitico, in Il Pentateuco e Haftaroth, con traduzione italiana e note, Edizione a cura della Assemblea dei Rabbini d’Italia, III edizione 5736-1976, s.l.e., sub Lv 12,7, p. 184.
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bgaluppi
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Re: “Chi mi ha toccato il mantello?”. L'identità dell'emorro

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In secondo luogo, dal fatto che l’emorroissa era affetta da ben dodici anni da un ininterrotto flusso di sangue (ῥύσις αἵµατος), sulla base della normativa che regolamenta i flussi emorragici vaginali al di fuori del periodo delle mestruazioni (Lev 15, 25-30), è lecito assegnare alla donna un severo stato di impurità.
Da dove evinci che il flusso fosse di tipo mestruale e che la donna fosse considerata impura? Il testo greco non parla di questo, ma dice che la donna aveva un'emorragia. Il termine ῥύσις non fa riferimento specifico all'ambito degli organi genitali; per usarlo in questo senso, dovrebbe essere specificato. Il termine deriva da ῥέω (rèo), che significa scorro, fluisco, mi diffondo, e indica “lo scorrere” e il “diffondersi”. In alcun modo ῥύσις αἵματος può riferirsi al ciclo di una donna, a meno che non sia specificato; e il testo non lo specifica, né dice che era impura, queste sono conclusioni a cui arrivano certi studiosi tramite ragionamenti che il testo biblico non consente fare. Proviamo a tradurre letteralmente i vv. di Mr 5:25-26:

Καὶ γυνὴ οὖσα ἐν ῥύσει αἵματος δώδεκα ἔτη,
E una donna essente con un flusso di sangue dodici anni

καὶ πολλὰ παθοῦσα ὑπὸ πολλῶν ἰατρῶν καὶ δαπανήσασα τὰ παρ’ αὐτῆς πάντα, καὶ μηδὲν ὠφεληθεῖσα ἀλλὰ μᾶλλον εἰς τὸ χεῖρον ἐλθοῦσα,
e molte cose avente sofferto per opera di molti medici e avente sperperato tutte le sue sostanze affatto avente ricevuto beneficio ma piuttosto verso il peggio essente andata

Praticamente, questa donna aveva un grave problema di emorragia che andava avanti da dodici anni; i molti medici che l'avevano visitata non avevano che peggiorato la cosa. Come abbiamo detto, il termine ῥύσις indica lo scorrere di qualcosa, e ῥύσις αἵματος indica lo scorrere del sangue, nel qual caso una perdita dovuta ad una ferita, poiché la donna si sottopone a cure mediche che non risolvono la cosa, anzi la peggiorano.

Il fatto che la LXX usi ῥύσις αἵματος in riferimento al ciclo mestruale, non significa affatto che lo stesso termine in Marco assuma lo stesso significato, perché i due contesti sono diversi e definiscono la causa di quel flusso. ῥύσις αἵματος significa semplicemente “flusso di sangue”, “perdita di sangue”, ed è il contesto che ne stabilisce la ragione, l'origine. Dunque, evincere che l'emorroissa fosse in stato di impurità sulla base di Lv 15 e sulla base della traduzione della LXX è assai forzato, poiché i contesti sono totalmente diversi e poiché il testo marciano stesso non dice che la donna era impura (κοινός, koinòs), ma che aveva una perdita di sangue continua. In Lv si parla del ciclo mestruale e delle leggi di impurità, in Mr si parla di una donna che aveva una malattia, che i medici non hanno saputo curare per 12 anni. Nessuna donna, oltretutto, ha un flusso mestruale continuo per 12 anni.

Detto questo, è assai difficile poter ipotizzare che quella donna avesse appena partorito, perché il testo non lo consente assolutamente. Oltretutto, il buon senso suggerisce che una donna malata che soffriva di un'emorragia e aveva speso tutti i suoi soldi in cure mediche che avevano peggiorato la sua condizione, difficilmente si mettesse a dare alla luce dei figli.
maximus55
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Re: “Chi mi ha toccato il mantello?”. L'identità dell'emorro

Messaggio da maximus55 »

Gentile bgaluppi, mi chiedi: "Da dove evinci che il flusso fosse di tipo mestruale e che la donna fosse considerata impura?". Come ho già detto a questa domanda rispondono concordemente tutti gli esegeti, cattolici e non, che hanno studiato questa pericope. L'esempio che segue (uno tra i tanti) lo traggo dal sito http://www.biblistica.it/wordpress/?page_id=3359" onclick="window.open(this.href);return false;:
" La donna emorragica (Mr 5:21-34; Mt 9:20-22; Lc 8:43-48). Questo episodio è incluso nel racconto che descrive la resurrezione della figlia di Giairo, perché avvenne durante il tragitto verso la casa di quel capo della sinagoga. Per le vie tortuose e strette del villaggio, mentre la folla premeva Yeshùa da ogni parte, una donna afflitta da perdite di sangue ne approfittò per accostarsi a lui e toccarlo, nella speranza di ottenere la guarigione.

Si trattava di una metrorragia (descritta in Lc 15:25-30) proveniente dagli organi genitali: ἡ πηγὴ τοῦ αἵματος αὐτῆς (e peghè tu àimatos autès; letteralmente: “la fonte del sangue di lei”; “la fonte del suo sangue”, Mr 5:29, TNM; “Flusso del suo sangue”, Lv 12:7). Secondo la legge biblica questa perdita di sangue era causa di una gravissima impurità che si trasmetteva a cose e persone con cui la donna entrava in contatto: “La donna che avrà un flusso di sangue per parecchi giorni, fuori del tempo delle sue mestruazioni, o che avrà questo flusso oltre il tempo delle sue mestruazioni, sarà impura per tutto il tempo del flusso, come durante le sue mestruazioni. Ogni letto sul quale si coricherà durante tutto il tempo del suo flusso sarà per lei come il letto sul quale si corica quando ha le sue mestruazioni; ogni mobile sul quale si sederà sarà impuro, come l’impurità delle sue mestruazioni. Chiunque toccherà quelle cose sarà immondo; si laverà le vesti, laverà sé stesso nell’acqua e sarà impuro fino a sera”. – Lv 15:25-27.

Date queste restrizioni, si comprende perché la donna agì in modo circospetto. E si comprende anche la sua vergogna nel rendere pubblico l’accaduto:

“La folla faceva ressa intorno a lui. Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni [e aveva speso tutti i suoi beni con i medici] senza poter essere guarita da nessuno, si avvicinò di dietro e gli toccò il lembo della veste; e in quell’istante il suo flusso ristagnò. E Gesù domandò: ‘Chi mi ha toccato?’. E siccome tutti negavano, Pietro e quelli che erano con lui risposero: ‘Maestro, la folla ti stringe e ti preme’. Ma Gesù replicò: ‘Qualcuno mi ha toccato, perché ho sentito che una potenza è uscita da me’. La donna, vedendo che non era rimasta inosservata, venne tutta tremante e, gettatasi ai suoi piedi, dichiarò, in presenza di tutto il popolo, per quale motivo lo aveva toccato e come era stata guarita in un istante”. – Lc 8:42-47."
Per quanto invece riguarda la tua osservazione: "Oltretutto, il buon senso suggerisce che una donna malata che soffriva di un'emorragia e aveva speso tutti i suoi soldi in cure mediche che avevano peggiorato la sua condizione, difficilmente si mettesse a dare alla luce dei figli", ti chiedo di leggere, appena ne hai il tempo, i capitoli 8 e 9 del mio lavoro in cui affronto specificamente questo problema.
Arrivederci a presto.
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bgaluppi
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Re: “Chi mi ha toccato il mantello?”. L'identità dell'emorro

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Ciao maximus. Ho letto lo studio di Gianni, che non conoscevo, e vedo che lui cita il testo così: ἡ πηγὴ τοῦ αἵματος αὐτῆς (e peghè tu àimatos autès), traducendo letteralmente: “la fonte del sangue di lei”; “la fonte del suo sangue”. Ma io non trovo il pronome personale sul testo greco, né in Mr né in Mt e Lc. Nel qual caso, ritengo che sia impossibile stabilire che l'origine della malattia fosse collegata agli organi genitali. È questo che mi lascia perplesso, perché rùsis hàimatos significa semplicemente "perdita di sangue". È vero anche che se avesse avuto un'emorragia per 12 anni, probabilmente sarebbe morta; mentre una metrorragia, come spiega Gianni, ha più senso. Devo riflettere sulla questione. :-)
Leviticus
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Re: “Chi mi ha toccato il mantello?”. L'identità dell'emorro

Messaggio da Leviticus »

in effetti una certa recente esegesi tedesca non si sofferma sul tipo di emorragia ma su appunto il concetto di impurità.
Cioè qui, per chi circonda Gesù, il termine impuro ha un senso prettamente giuridico, significherebbe pericoloso per la vita umana come appunto un infezione o una malattia o delle perdite mestruali eccessive, i cadaveri gli indemoniati.
Mentre Gesù parla di un concetto spirituale, impuro/puro si differenzia se uno porta o no in sé lo spirito santo.
Quindi qui l evangelista vorrebbe sottolineare questa differenza di piani.
Il rapporto con il tanachk andrebbe quindi fatto in questo senso non per correggere il concetto di impurità ma per parlare proprio di un altra impurità, per affermare altre cose.
Ultima modifica di Leviticus il giovedì 1 novembre 2018, 5:17, modificato 1 volta in totale.
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