Il v.7 dice "egli viene". Chi viene? Il messia, che rappresenta Dio che viene (Lo rappresenta, non è Dio), come Dio viene in Is 26:21, e in Mal 3:1, in cui il messaggero "viene" insieme a Dio:
“«Ecco, io vi mando il mio messaggero, che spianerà la via davanti a me e subito il Signore, che voi cercate, entrerà nel suo tempio. Ed ecco, il messaggero del patto, che voi desiderate, egli viene», dice il Signore degli eserciti.”
Al v.8 è Dio che parla: “dice il Signore Dio” (λέγει Κύριος ὁ Θεός, lèghei kùrios ho theòs). L'espressione “alfa e omega” ricorre di nuovo in 21:6: “Io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita”. Anche qui è Dio che parla, perché è “colui che siede sul trono” (v. 5) e in 4:2-11 colui che siede sul trono è solo Dio. Poi cito Gianni, per velocizzare:
In 22:13 compare di nuovo e per l’ultima volta: “Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine”. Va notato che in questo capitolo di Apocalisse parlano diverse persone: i versetti 8 e 9 spiegano che l’angelo parlò a Giovanni, il versetto 16 ovviamente si applica a Yeshùa, la prima parte del versetto 17 è attribuita a “lo spirito e la sposa”, e chi parla nell’ultima parte del versetto 20 è chiaramente Giovanni stesso. “L’Alfa e l’Omega” dei versetti 12-15 va dunque riferito a colui che porta questo titolo negli altri due casi: Dio.
Ma veniamo dunque al v.17, in cui è Yeshùa a parlare, e dice di essere “il primo e l'ultimo”. Indubbiamente, come tu dici, questa espressione si riferisce sempre a Dio. Infatti, in tutti i casi in cui Apocalisse parla di "alfa e omega" si riferisce a Dio, come abbiamo visto sopra. Dunque, in questo caso l'espressione deve essere relativizzata a ciò che segue al v.18. Qui si parla della resurrezione, non in senso assoluto: era morto poi fu vivo; è ovvio che se Yeshùa affermasse di essere l'alfa e l'omega, cioè Dio, non potrebbe poi dire di essere morto, perché Dio non muore (sarebbe un controsenso e una bestemmia). Il senso del primo ed ultimo è riferito al fatto che Yeshùa fu il primo e l'ultimo ad essere resuscitato direttamente da Dio, in conformità a quanto espresso nelle Scritture Greche: “il primogenito dei morti” (Ap 1:5; Col 1:18). Infatti, stando a quanto Yeshùa afferma, non sarà più Dio direttamente a resuscitare, ma il messia (Gv 5:28,29), per il potere conferitogli da Dio. Perché Dio resuscita solo Yeshùa? Perché la resurrezione di Yeshùa consiste nell'intronizzazione del Re Messia, sempre secondo le Scritture Greche (Rm 1:4). E solo il messia è intronizzato da Dio, nessun altro, ma chi è conforme al messia resusciterà grazie a lui (Gv 1:12).
Bada bene, non pretendo di insegnarti nulla, ci mancherebbe, e so che non accetti queste cose, quindi rispetto la tua posizione; ti dico soltanto ciò che io ho compreso dalle Scritture Greche. Una volta, io credevo nella divinità del messia; è stato proprio grazie all'approfondimento delle Scritture Greche, raffrontate al Tanach, che ho abbandonato la mia vecchia posizione.
E ora mi ricollego a quanto dici prima:
Non un dio minore, ma un re ultraterreno intronizzato da Dio, che regnerà sulla terra e porterà vera pace e vera conoscenza. Riemerge il problema dell'unicità di Dio al di fuori della nostra realtà. Tu hai spiegato piú di una volta che l'ebraismo - o parte di esso - non concepisce l'esistenza di una realtà celeste diversa da quella terrestre. Ma sai bene che il pensiero ebraico non è concorde su questo, e lo posso dire perché ho verificato accuratamente e direttamente questa cosa. Dn 7:13 - tu dici - si riferisce a Israele. Ma sai bene che altri maestri dell'ebraismo - già citati in un'altra discussione - interpretano la figura "simile ad un figlio d'uomo" come il Re Messia. A tal proposito, cito la spiegazione che mi è stata data da un rabbino, che cita il Talmud (metto le mie precisazioni tra parentesi quadre):Il NT invece dice tutt'altra cosa. Secondo la sua filosofia, Gesù Cristo siede in un trono spirituale, accanto a Dio. Egli si troverebbe ora, in uno stato spirituale e questo lo rende un dio, seppur un dio minore.
Ora, se Dn 7:13 è riferibile al messia (e certamente chi lo sostiene non è uno sprovveduto), e se il Talmud lo conferma, e se il messia viene in potenza volando sulle nuvole, sigifica che quel messia non è un uomo, ma, appunto, "simile" ad un uomo. E significa che viene da una realtà che non è quella terrena. Dunque, esisterebbe una realtà celeste. Se ciò è vero - ed è questo che afferma Apocalisse - il messia avrà il potere di Dio, dunque sarà "come" Dio (nota: non Dio, ma come Dio, cioè esercitante il potere di Dio, che non è la stessa cosa; e Paolo afferma che tale potere sarà rimesso, 1Cor 15:27,28). Sarà impossibile mettere in dubbio o contrastare la sua autorità. Quel potere non lo ha per natura, come semi-dio, ma gli è stato conferito da Dio intronizzandolo per mezzo della resurrezione. E qui potremmo riaprire la diatriba sugli angeli, che forse è meglio non riaprire (Yeshùa afferma che i risorti, ossia i santi, saranno “come angeli nei cieli”, non dèi minori); dico soltanto che il fatto che Dio abbia creato una realtà terrena, fatta di creature terrene, non esclude la possibilità che possa aver creato una realtà celeste, fatta di creature celesti (“Dio creò i cieli e la terra” è interpretabile in modo univoco?). Ma sempre di creature si tratta, non di creatori (e anche il messia è creatura); dunque il concetto non è idolatrico e non annulla l'unicità del Creatore. Il messia, adesso, esisterebbe in quella realtà, come gli angeli esistono in quella realtà, che noi non vediamo. Se ti interessi un minimo di fisica quantistica vedrai come tali idee non siano poi così "incredibili" e inammissibili.Rashi [che legge il simile a figlio d'uomo come il messia] is a pretty definitive source in Jewish thought. If he says it, and he does, it is valid. The Rasag and the Metzudas David both agree with this interpretation [del messia]. The Talmud (Sanhedrin 88a) clearly implies that the verse speaks about the messiah, and asks if he will come flying on clouds (Daniel 7:13) or on a donkey (Zechariah 9:9). That is not to say that there are no other interpretations. The Torah has many layers of meaning.
Rispettiamo, dunque, le nostre diverse interpretazioni, prendendo atto del fatto che Dio è Uno e Solo, e che nessuno di noi può affermare con certezza che certe realtà celesti esistano oppure no. Possiamo scegliere una posizione interpretativa, ma non affermare che tale posizione costituisca verità. Facendo ciò, ci ergeremmo a depositari di sapienza divina, oppure metteremmo limiti alla realtà creata da Dio e alle Sue capacità e volontà. Il rabbino di cui sopra, infatti, non chiude alla possibilità di interpretazioni diverse. Lasciamo che la Scrittura ci parli in modi diversi, ma non necessariamente contrastanti. Infatti, come te, io credo in un Creatore Unico e Solo, il Dio di Israele; e questo l'ho imparato anche dai Vangeli, non solo dal Tanach.