Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Besasea, grazie delle risposte. Sollevi diversi punti che devo affrontare uno alla volta. Intanto ti rispondo su Apocalisse. Ogni volta che compare l'espressione "alfa e omega" è riferita a Dio, non a Yeshùa. Eccezion fatta per il v.17, che spiegherò in un momento.

Il v.7 dice "egli viene". Chi viene? Il messia, che rappresenta Dio che viene (Lo rappresenta, non è Dio), come Dio viene in Is 26:21, e in Mal 3:1, in cui il messaggero "viene" insieme a Dio:

“«Ecco, io vi mando il mio messaggero, che spianerà la via davanti a me e subito il Signore, che voi cercate, entrerà nel suo tempio. Ed ecco, il messaggero del patto, che voi desiderate, egli viene», dice il Signore degli eserciti.”

Al v.8 è Dio che parla: “dice il Signore Dio” (λέγει Κύριος ὁ Θεός, lèghei kùrios ho theòs). L'espressione “alfa e omega” ricorre di nuovo in 21:6: “Io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita”. Anche qui è Dio che parla, perché è “colui che siede sul trono” (v. 5) e in 4:2-11 colui che siede sul trono è solo Dio. Poi cito Gianni, per velocizzare:
In 22:13 compare di nuovo e per l’ultima volta: “Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine”. Va notato che in questo capitolo di Apocalisse parlano diverse persone: i versetti 8 e 9 spiegano che l’angelo parlò a Giovanni, il versetto 16 ovviamente si applica a Yeshùa, la prima parte del versetto 17 è attribuita a “lo spirito e la sposa”, e chi parla nell’ultima parte del versetto 20 è chiaramente Giovanni stesso. “L’Alfa e l’Omega” dei versetti 12-15 va dunque riferito a colui che porta questo titolo negli altri due casi: Dio.


Ma veniamo dunque al v.17, in cui è Yeshùa a parlare, e dice di essere “il primo e l'ultimo”. Indubbiamente, come tu dici, questa espressione si riferisce sempre a Dio. Infatti, in tutti i casi in cui Apocalisse parla di "alfa e omega" si riferisce a Dio, come abbiamo visto sopra. Dunque, in questo caso l'espressione deve essere relativizzata a ciò che segue al v.18. Qui si parla della resurrezione, non in senso assoluto: era morto poi fu vivo; è ovvio che se Yeshùa affermasse di essere l'alfa e l'omega, cioè Dio, non potrebbe poi dire di essere morto, perché Dio non muore (sarebbe un controsenso e una bestemmia). Il senso del primo ed ultimo è riferito al fatto che Yeshùa fu il primo e l'ultimo ad essere resuscitato direttamente da Dio, in conformità a quanto espresso nelle Scritture Greche: “il primogenito dei morti” (Ap 1:5; Col 1:18). Infatti, stando a quanto Yeshùa afferma, non sarà più Dio direttamente a resuscitare, ma il messia (Gv 5:28,29), per il potere conferitogli da Dio. Perché Dio resuscita solo Yeshùa? Perché la resurrezione di Yeshùa consiste nell'intronizzazione del Re Messia, sempre secondo le Scritture Greche (Rm 1:4). E solo il messia è intronizzato da Dio, nessun altro, ma chi è conforme al messia resusciterà grazie a lui (Gv 1:12).

Bada bene, non pretendo di insegnarti nulla, ci mancherebbe, e so che non accetti queste cose, quindi rispetto la tua posizione; ti dico soltanto ciò che io ho compreso dalle Scritture Greche. Una volta, io credevo nella divinità del messia; è stato proprio grazie all'approfondimento delle Scritture Greche, raffrontate al Tanach, che ho abbandonato la mia vecchia posizione.

E ora mi ricollego a quanto dici prima:
Il NT invece dice tutt'altra cosa. Secondo la sua filosofia, Gesù Cristo siede in un trono spirituale, accanto a Dio. Egli si troverebbe ora, in uno stato spirituale e questo lo rende un dio, seppur un dio minore.
Non un dio minore, ma un re ultraterreno intronizzato da Dio, che regnerà sulla terra e porterà vera pace e vera conoscenza. Riemerge il problema dell'unicità di Dio al di fuori della nostra realtà. Tu hai spiegato piú di una volta che l'ebraismo - o parte di esso - non concepisce l'esistenza di una realtà celeste diversa da quella terrestre. Ma sai bene che il pensiero ebraico non è concorde su questo, e lo posso dire perché ho verificato accuratamente e direttamente questa cosa. Dn 7:13 - tu dici - si riferisce a Israele. Ma sai bene che altri maestri dell'ebraismo - già citati in un'altra discussione - interpretano la figura "simile ad un figlio d'uomo" come il Re Messia. A tal proposito, cito la spiegazione che mi è stata data da un rabbino, che cita il Talmud (metto le mie precisazioni tra parentesi quadre):
Rashi [che legge il simile a figlio d'uomo come il messia] is a pretty definitive source in Jewish thought. If he says it, and he does, it is valid. The Rasag and the Metzudas David both agree with this interpretation [del messia]. The Talmud (Sanhedrin 88a) clearly implies that the verse speaks about the messiah, and asks if he will come flying on clouds (Daniel 7:13) or on a donkey (Zechariah 9:9). That is not to say that there are no other interpretations. The Torah has many layers of meaning.
Ora, se Dn 7:13 è riferibile al messia (e certamente chi lo sostiene non è uno sprovveduto), e se il Talmud lo conferma, e se il messia viene in potenza volando sulle nuvole, sigifica che quel messia non è un uomo, ma, appunto, "simile" ad un uomo. E significa che viene da una realtà che non è quella terrena. Dunque, esisterebbe una realtà celeste. Se ciò è vero - ed è questo che afferma Apocalisse - il messia avrà il potere di Dio, dunque sarà "come" Dio (nota: non Dio, ma come Dio, cioè esercitante il potere di Dio, che non è la stessa cosa; e Paolo afferma che tale potere sarà rimesso, 1Cor 15:27,28). Sarà impossibile mettere in dubbio o contrastare la sua autorità. Quel potere non lo ha per natura, come semi-dio, ma gli è stato conferito da Dio intronizzandolo per mezzo della resurrezione. E qui potremmo riaprire la diatriba sugli angeli, che forse è meglio non riaprire (Yeshùa afferma che i risorti, ossia i santi, saranno “come angeli nei cieli”, non dèi minori); dico soltanto che il fatto che Dio abbia creato una realtà terrena, fatta di creature terrene, non esclude la possibilità che possa aver creato una realtà celeste, fatta di creature celesti (“Dio creò i cieli e la terra” è interpretabile in modo univoco?). Ma sempre di creature si tratta, non di creatori (e anche il messia è creatura); dunque il concetto non è idolatrico e non annulla l'unicità del Creatore. Il messia, adesso, esisterebbe in quella realtà, come gli angeli esistono in quella realtà, che noi non vediamo. Se ti interessi un minimo di fisica quantistica vedrai come tali idee non siano poi così "incredibili" e inammissibili.

Rispettiamo, dunque, le nostre diverse interpretazioni, prendendo atto del fatto che Dio è Uno e Solo, e che nessuno di noi può affermare con certezza che certe realtà celesti esistano oppure no. Possiamo scegliere una posizione interpretativa, ma non affermare che tale posizione costituisca verità. Facendo ciò, ci ergeremmo a depositari di sapienza divina, oppure metteremmo limiti alla realtà creata da Dio e alle Sue capacità e volontà. Il rabbino di cui sopra, infatti, non chiude alla possibilità di interpretazioni diverse. Lasciamo che la Scrittura ci parli in modi diversi, ma non necessariamente contrastanti. Infatti, come te, io credo in un Creatore Unico e Solo, il Dio di Israele; e questo l'ho imparato anche dai Vangeli, non solo dal Tanach.
ארמאנדו אלבנו
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

Bgalupi ti ricordo che secondo il nuovo testamento Cristo è stato risuscitato da Dio ATTRAVERSO il suo Spirito che è la sua forza e lo Spirito di Yah è sempre Yah stesso. Cristo sempre secondo il nuovo testamento risuscitera altre persone e lo farà utilizzando appunto lo Spirito di Yah,la forza di Yah, che è Yah stesso. Pertanto Cristo è il primo ad essere riscuscitato da Yah ad una nuova realtà umana (diversa da quella di Lazzaro) ma non è nemmeno l'ultima.

La tua spiegazione nn regge perché lo Spirito è Yah. Sarebbe stata valida se Dio avesse risorto Cristo attraverso una forza impersonale e poi tutti gli altri da Cristo sempre attraverso la forza impersonale di Dio. Ma lo Spirito di Yah è tutt'altro che forza impersonale. Ti ricordo pure che Cristo disse che tutto quello che è del Padre appartiene al figlio; pertanto anche i titoli di Alfa e Omega,di primo e ultimo,di Onnipotente. Inoltre la rivelazione è DI Cristo e pertanto è quasi sempre lui quello che parla,senza contare che Cristo dice tutto quello che dice Dio. Cerchiamo di non fare un minestrone dove prima parla uno,poi un altro,poi un altro ancora ecc. Cristo è colui che siede sul trono perchebha diritto di sedersi su quel trono ed è anche lo Spirito che parla alle chiese. In apocalisse pertanto,eccetto le poche volte che parlano Giivanni e gli angeli e la sposa,è sempre Gesù che parla a Giovanni PERCHÉ la rivelazione è DI,APPARTIENE A,Gesù. E Gesù dice TUTTO QUELLO CHE DICE DIO. Quando Gesù dice di essere il primo e l'ultimo è Dio che parla attraverso Gesù e che gli da quelle parole proprio come quando parlava in prima persona attraverso i profeti. Al limite se il primo e l'ultimo è riferito alla resurrezione allora significa che Cristo è il primo e l'ultimo ad essersi destato dai morti. Ti ricordi la parola abbattete questo tempio e io lo rialzo in 3 giorni? Anche li è Dio che parla per mezzo dell'uomo Yeshua come accade anche in rivelazione.

Poi Paolo dove ha detto che il potere di Gesù finirà? Dove dice che è sottoposto? Tutt'ora è sotoppsto ma ha ancora lo stesso potere. È ammesso che il suo potere finirà ora come è possibile che Cristo ha lo stesso potere del Padre? Gesù risorto ha detto di avere OGNI potere IN CIELO E IN TERRA e questo significa potere senza limite,ONNIPOTENZA. Ora se Gesù nn fosse Yah per i racconti del nuovo testamento e se Yah ha lo stesso potere di Dio a scadenza, allora avremmo per un certo tempo due Dei onnipotenti distinti il che sarebbe idolatria.
ארמאנדו אלבנו
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

Perché Paolo sta parlando li di cieli spirituali? I tdg la pensarebbero così. Paolo parla di cielo fisico,utilizza lo stesso linguaggio ebraico che usa il cielo come metafora del luogo del trono di Dio. Chi crede che saremo letteralmente sollevati in alto o portati in qualche cielo spirituale? Solo i tdg possono pensare così perché leggono alla lettera
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Daminagor
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Daminagor »

Non dice che riceve il regno da subito in cielo, in una sua prima venuta e dopo la sua resurrezione.
Questo è il punto secondo me. Il punto in cui si apre la netta separazione tra il messia "creato" dalla teologia del NT e il messia concreto del popolo di Israele. La doppia venuta del messia è qualcosa di estraneo all'ebraismo, tanto quanto il regno dei cieli come lo intendono molte confessioni religiose. Azzardo una provocazione, dicendo che forse ha parzialmente ragione Biglino quando dice che la Bibbia (AT) non parla di Dio. Certo, lui esagera con questa affermazione, ma forse un fondo di verità c'è, nel senso che noi occidentali cerchiamo nell'AT qualcosa che ci aspettiamo di trovare ma che in realtà è qualcos'altro. E' la storia di un popolo e del rapporto con il suo Legislatore Supremo, è legge, è costume, è guida morale. Più tengo a mente queste cose e più faccio fatica a trovare una connessione con le scritture greche che, al confronto con quelle ebraiche, sembrano decisamente intrise di teologia.
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Besasea, Daminagor, i Vangeli non dicono che il re ultraterreno entra nel "luogo" da cui Dio regna, anche perché Dio non può avere un luogo. Dicono che "siede alla destra" di Dio, che è un'espressione puramente simbolica che indica la potenza ricevuta da Dio. E si siede sul trono insieme ai santi (v. citazione fatta nel mio commento indietro), che regnano insieme al re. Ma sul trono, in realtà, c'è sempre solo Dio. E poi, alla fine, si sottomette a Dio, "affinché Dio sia tutto in tutti" (non affinché tutti siano in Dio). Adesso non ho molto tempo, piú tardi vi cito i versetti.

La realtà celeste non è la dimensione di Dio. Nessuno può vedere veramente Dio, ossia entrare nella Sua dimensione, "in Lui". La realtà celeste è una realtà diversa e superiore a quella terrestre, ma pur sempre parte della creazione. Dunque sempre e comunque distaccata da Dio. Io la vedo come uno "stato superiore", a cui siamo destinati perché così ci ha concepiti Dio sin dall'inizio.
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Daminagor
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Daminagor »

Antonio, a prescindere dal posto a sedere del messia, è innegabile che il messia descritto nelle scritture ebraiche NON torna due volte. Morte, resurrezione e ritorno una seconda volta nulla centrano con il messia descritto nella scrittura ebraica. Negare ciò significa rifiutare l'evidenza. Guarda alla concretezza del messia giudaico e guarda alla sfilza di elaborazioni teologiche che gli stessi autori delle scritture greche fanno su di lui...davvero riesci ad armonizzare tutto....?
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Dami, mi sembra di far fatica a farmi capire. Innanzitutto, è davvero difficile stabilire, attraverso il Tanach, l'esatto progetto di Dio riguardo agli eventi messianici; lo possiamo delineare, ma nessuno, e dico nessuno, può avere l'arroganza e la presunzione da poter dire: "io ho capito esattamente cosa Dio farà e come lo farà". E su questo (spero) siamo tutti d'accordo.

La cosiddetta "prima venuta" consiste fondamentalmente nell'intronizzazione, nella "nascita" del messia in quanto tale (e nel recupero dei "dispersi"). Le Scritture Greche presentano un messia che viene in groppa d'asino (Zc 9:9) che non diventa effettivamente messia finché non è risorto da Dio (Rm 1:4) e diviene veramente a Sua immagine e somiglianza. Un nuovo Adamo, ma che diviene superiore ad Adamo. La differenza tra ciò che le SG affermano e ciò che gli ebrei sostengono è fondamentalmente questa:

Gli ebrei aspettano un re umano potente, che porterà la restaurazione del regno di Israele e Israele sarà il centro del mondo. Dunque, eliminano ogni aspetto di soprannaturalità dalla Scrittura (dico bene, Besasea?). Questo re, lo stabiliranno gli uomini chi sia (un eventuale Sinedrio?), in base a cose che farà.

Le SG presentano un re umano umile (Yeshùa era umano in tutti i sensi) che viene intronizzato da Dio, non dagli uomini, e che quindi non diviene effettivamente re fino al momento in cui è direttamente Dio a dichiararlo re, resuscitandolo dalla morte. Questa resurrezione è unica (qui rispondo a Besasea), perché non è espletata come le altre resurrezioni, in cui sussiste l'intervento di un intermediario (un profeta); questa è realizzata direttamente da Dio, senza che nessuno la chieda. Inoltre, tutti gli altri casi di resurrezione erano temporanei, per cui quegli uomini morirono comunque; Yeshùa risorge per non morire più, e qui sta l'unicità (il termine risurrezione, in greco, esprime anche il passaggio ad uno stato superiore); lo stesso destino è riservato ai "santi dell'Altissimo", ossia coloro che obbediscono veramente a Dio (come vuole Dio) e si distinguono (i santi non costituiscono l'intero popolo di Israele, ma sono quelli che si sono "separati", secondo il significato di qodesh, e sono il "vero Israele" perché hanno ubbidito a Dio in modo genuino). Quel re, ora già intronizzato, è il re potente che deve venire e che gli ebrei aspettano. Lo stesso re. Solo che gli ebrei aspettano un uomo come noi, e le SG invece affermano che sarà piú di un uomo (ma era comunque nato uomo). Tuttavia, quella figura che verrà farà esattamente ciò che Israele si aspetta che faccia, e molto di piú, che nessuno avrebbe potuto immaginare. Dunque, cambia poco. La differenza è che non saranno gli uomini a sceglierlo, sarà lui che si presenterà inequivocabilmente come messia, in quanto è stato già Dio a dichiararlo tale. Praticamente, il messia delle SG nasce nel mondo, come uomo, non in cielo; ma verrà dal cielo (Dn 7:13) a liberare Israele e il mondo e a governare con i santi, portando vera conoscenza e vera pace. È Dio che invia il Suo messia, già intronizzato, non sono gli uomini a sceglierlo.

Tale progetto non fu rivelato prima di Yeshùa, esattamente come il progetto di Dio per Israele non fu rivelato per intero ad Abraamo nei dettagli, ma solo con l'avvento di Mosè, che ricevette la Torah. Ogni profeta, probabilmente, ha "visto" l'ombra delle cose future, ma non il disegno chiaro. Paolo dice: “ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte; ma allora conoscerò pienamente” (1Cor 13:12). Dio si è rivelato all'uomo in modo progressivo, in base alle capacità dell'uomo di comprendere e ai tempi, che ha stabilito Lui. Si può credere o no che questa rivelazione sia vera, ma il risultato non cambia: il messia verrà e porterà vera pace e vera conoscenza, e realizzerà appieno la promessa fatta ad Abraamo.

Credo che se procediamo così, emergeranno molti punti diversi ma non necessariamente contrastanti. Devo ancora rispondere a Besasea.
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Besasea, ti riferisci a Gv 10:18? “Nessuno me la toglie, ma io la depongo da me. Ho il potere di deporla e ho il potere di riprenderla. Quest'ordine ho ricevuto dal Padre mio.”
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Daminagor
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Daminagor »

Qui si parla di falso profeta che fa miracoli, il re messia non fa miracoli.
Appunto. L'unico modo per "armonizzare" la figura di Yeshùa con le scritture ebraiche sarebbe di sottointendere che esse fossero incomplete (per non dire imprecise) e che quindi la figura del messia ebraico non era stata descritta correttamente da Dio nel AT, mentre la "nuova rivelazione", quella che completa le scritture ebraiche e ne "corregge il tiro" è quella del messia Yeshùa che poco o niente ha a che fare con quello descritto in precedenza come messia. A qualcuno pare che tutto questo abbia un senso? :-??
Non farmi elencare tutte queste incongruenze, che sono davvero numerosissime.
Invece credo sarebbe molto stimolante. Ci aiuterebbe tutti ad uscire per un momento dalle nostre mentalità occidentali radicate nei dogmi e nella teologia ;)
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Gv 10:18 dice che Yeshùa ha l'autorità di deporre la sua vita per riceverla di nuovo. L'azione prevede un'autorità esterna. Infatti, ἐξουσία (exusìa) è "autorità conferita", "delega", e il verbo λαμβάνω (lambàno) significa "prendere" ma anche "ricevere", e enfatizza il prendere qualcosa che è offerto. Dunque, nel contesto, Yeshùa afferma che la missione affidatagli da Dio è quella di offrire la sua vita ("la depongo da me") per riceverla di nuovo. Non si tratta di un sacrificio umano, in cui la vittima è offerta dal sacerdote; si tratta della capacità di mettere la propria vita al di sotto di quella degli altri, offrendola, con la garazia di riceverla di nuovo, e di farlo con spirito attivo, cioè volenteri. Tutto ciò è "ordine" di Dio, ossia Sua volontà, ed è Dio che espleta il tutto, che concede. Anche questo è un atto di fede, come Abraamo fu disposto a sacrificare la vita del suo primogenito e il primogenito fu disposto ad offrirla ("andarono insieme"). Ma Dio non lasciò che l'erede della promessa morisse.
Un vero profeta non dice: chi viene a me ha la vita, ma indirizza invece ad osservare la Toràh, che da lunga vita.
“se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti” (Mt 19:17)

Ma Yeshùa pone in evidenza il come obbedire, non il quanto: “Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore.” (Gv 15:10). Osservare i comandamenti di Yeshùa significa imitarlo, mettere in pratica il suo insegnamento, dunque obbedire alla Torah in modo autentico, in base alla fede e all'amore, con purezza e genuina dedizione interiore. Yeshùa dice di aver osservato i comandamenti, ma certamente non in modo tradizionale; anzi, si pose nettamente in contrasto con l'obbedienza tradizionale. Non osservava il sabato come voleva la tradizione, ma lo violava? Qual'è l'essenza dell'osservanza del sabato? Egli pose l'accento sulla morale, più che sulla forma. È dunque piú che comprensibile che non fosse accettato, perché violava la forma. Nonostante tutto, lui deve fare ciò che fece, perché Dio voleva che così facesse ("ordine del Padre").
Sarebbe però poco rispettoso farlo in un forum come questo, da molti qui concepito come incoraggiante la loro fede. Mi propongo di farlo solo quando mi si chiede o quando si presenta l'occasione e certamente solo con l'approvazione della direttiva del forum.
Chapeau alla tua sensibilità, Besasea. Da parte mia non ci sono ostacoli, premesso che discutiamo tenendo ben presente che l'intento non è screditare (da ambo le parti) ma evidenziare il contenuto del testo, discuterlo e valutarlo in modo obbiettivo. Dalla discussione che abbiamo intavolato fino ad ora, grazie alle tue precisazioni e critiche, ho potuto approfondire molti versetti delle SG e, come ti ho detto, scoprire punti di convergenza, piú che di contrasto. L'obbiettivo deve essere sempre quello di esaminare cosa dicono i testi, poi ognuno fa le sue considerazioni. Finché c'è rispetto, non sussistono problemi.

Sarebbe interessante che partecipasse anche Gianni.
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