D-o uccide?

noiman
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Re: D-o uccide?

Messaggio da noiman »

Ringrazio Gianni per le sue parole, vi propongo il proseguo.

Il D-o di Israele appare ostile , l’immagine che rileviamo della sua personalità è intransigente , collerica, distruttivo nei confronti di tutto quello che non è conforme al suo volere.
Ad aggravare questa immagine è l’estrema arbitrarietà con cui spesso giudica e colpisce gli uomini.
Non bisogna arrivare a leggere Vajkrà o Bemidbar per ritrovare gli aspetti del D-o crudele che uccide, nel libro della genesi con Khain e Hevel apprendiamo il primo esempio di violenza e D-o ci sembra proprio la miccia che la innesca rifiutando il sacrificio di Khain e accettando quello di Hevel , il testo enigmatico certamente non contribuisce a spiegare il motivo del rifiuto , questo ci crea disappunto e disagio.

Rimane anche inspiegabile la morte dei figli di Aronne, annientati da D-o all’interno tempio solo per non aver seguito correttamente le istruzioni sulla presentazione del sacrificio:
“I figli di Aronne, Nadav e Avihù presero ognuno un incensiere, vi misero del fuoco e posero su di esso dell’incenso e presentarono davanti al Signore un fuoco estraneo che non avevano avuto ordine di presentare. Allora uscì un fuoco da davanti al Signore e li divorò, ed essi morirono davanti al Signore.”(Vayikrà, Sheminj10/1-2),

Successivamente dal libro di Shofetìm ci accostiamo ad un altro dramma in cui D-o è solo spettatore , il sacrificio della figlia di Iefte, come in una favola persiana un padre per mantenere una folle promessa è costretto a sacrificare la propria figlia, questa parte di Shofetim ci angoscia perché nel nostro inconscio il sacrificio di una fanciulla vergine si carica di significati supplementari.
L’episodio del sacrificio della figlia rivela un D-o indifferente alla ingiustizia che avviene sotto il suo sguardo, questo episodio ricorda alcuni film dove l’attore protagonista per esigenza di copione viene lasciato morire in modo che si ponga il dubbio ! sarà morto davvero?
Come nell’Aqedah di Izchak, siamo sicuri che Avrahàm non sacrificò suo figlio? E la figlia di Iefte fu sacrificata davvero?
Entrambi i racconti letti nella lingua originale lasciano qualche dubbio sull’epilogo. Se tutto questo è voluto e non casuale , D-o che oltre capriccioso è anche burlone.


Il D-o di Israele entra nelle vicissitudini umane in prima persona, qualche volte a gamba tesa, ma esplorando il testo scopriamo che Egli è: legislatore e consigliere, sacerdote e guerriero, giustiziere e misericordioso, avvocato accusatore e difensore , e come apprendiamo dal libro di esodo, protettore degli orfani e delle vedove.
Ma il D-o di Israel è anche geloso e irascibile, i maestri di Torah danno una buona interpretazione della “gelosia divina”:

Rabban Gamlièl disse:
La gelosia di Dio può essere paragonata ad un uomo che pur avendo moglie decide di sposarne un’altra, se la seconda donna è migliore della prima, allora la prima moglie non avrebbe motivo legittimo di essere gelosa; ma se la seconda moglie è inferiore, la prima moglie ha ragione di essere infuriata.”

Ma D-o è anche un padre, Padre di tutta l’umanità, sulla terra la responsabilità è consegnata ai Re di Israel , successivamente estesa a ciascun uomo nella sua responsabilità individuale, generazione dopo generazione.
La teologia che vede il buon D-o con la barba bianca che perdona tutto e tutti è una minimizzazione occidentale, Pinchas Lapide scrive che l’idea di un buon D-o è sdolcinata quanto la preghiera serale di un bambino di cinque anni , sottoposta alla teologia dello struzzo che vuole escludere gli aspetti sconosciuti di D-o.
Per secoli le interpretazioni cristiane hanno relegato il D-o del A.T. al rigore cieco e assoluto contrapponendo il Vangelo che è amore e perdono.
Il D-o implacabile e vendicativo del A.T contrapposto al D-o buono del N.T. ha scavato un profondo solco che ha separato il giudaismo dal cristianesimo , eppure basta leggere bene per ritrovare in tutte due le scritture parole che come in un pendolo alternano rigore e misericordia.
לא תקם ולא תטר את בני עמך ואבת לרעך כמוך אני יהוה
Non vendicarti e non conservare rancore verso i figli del tuo popolo e desidera per il tuo prossimo quello che desideri per te stesso” (Vaykrà 19/18) ( Levitico).
Queste sono le parole che ispireranno i Vangeli secoli dopo , sono parole di giustizia e misericordia, il principio di una pace sociale alternativa alla giustizia fai da te.
“ E Gesù disse: “Ama il Signore tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua e con tutta la mente tua” (Matteo 22/37). Queste parole contengono lo stesso insegnamento che leggiamo nei proverbi:
Se il tuo nemico a fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere” (25/21).

Nei Vangeli leggiamo anche affermazioni che non sono appartenere al D-o dell’amore incondizionato.
Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre”(Matteo 22/13) “Non sono venuto a portare la pace ma una spada” (Matteo 10/34) .
Fino a quando, Signore, tu che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?”( Ap6/10).
In questo passo apprendiamo che la vendetta e giustizia sono complementari.

Se uno viene a me e non odia suo padre, e sua madre, e la moglie, e i fratelli, e le sorelle, e finanche la sua propria vita, non può essere mio discepolo”( Luca14/26)

Io vi dico che chiunque ha, sarà dato; ma a chi non sarà tolto anche quello che ha. Quanto poi ai miei nemici che volevano che io regnassi su loro, menateli qua e scannateli in mia presenza” (Luca 19/26-27).

Dunque D-o è crudele anche nel N.T. ? Oppure bisogna interpretare queste parole come un midrash in uso in quel tempo per spiegare alle genti concetti difficili da comprendere?
O forse la verità sta nel mezzo, l’enfasi di un pensiero alternativo espresso secondo le espressioni del tempo?
Bisogna anche considerare che la Giudea dove visse in gran parte della sua vita Gesù era sotto il potere romano, faceva parte alla terza classe delle provincie imperiali, quindi meno importante , non amministrata da persone di rango senatoriale, la Giudea era governata da ex pretori, il praefectus che era anche procurator (cioè colui che faceva pagare le tasse), i governatori della Giudea dipendevano dal “legatus Augusti pro praetore” che risiedeva in Siria, luogo molto lontano.
Il prefetto che governava Gerusalemme e dintorni risedeva a Cesarea.
Il controllo di Gerusalemme e dintorni era affidato ai comandanti militari, solo in occasioni di particolari il procuratore si recava a Gerusalemme a titolo prudenziale e risiedeva nel ex palazzo di Erode, il praetorium di Gerusalemme , quello fu il luogo in cui visse Pilato in occasione di Pesàch , contemporaneamente a Gesù.
Perché questa precisazione che apparentemente sembra OT?
Per fare un approfondimento riguardo ai Vangeli.
Chi applicava la giustizia in Giudea non era un senatore romano che in genere era un uomo colto e abituato alla vita dell’impero, con vedute superiori a un militare, la condizione eccellente per governare popoli conquistati .
Pilato era un militare, Filone e Giuseppe Flavio lo descrivono come uomo inflessibile, impietoso e protervo, ostile a gli ebrei contrariamente ai suoi predecessori pronto a sfidare i giudei entrando a Gerusalemme con il vessillo dell’imperatore, cosa che i precedenti procuratori avevano sempre evitato di fare, Pilato lo fece e fu costretto a ritirare insegne e truppe da Gerusalemme.
Questo spiega in parte che nei Vangeli non vi sono riferimenti ai romani che potessero essere percepiti come ostili.
Il messaggio di Gesù Cristo era quello che volevano sentire i romani e le loro spie, la predicazione del rabbi non costituiva un pericolo aggiunto alla ribellione giudaica che era già iniziata dopo la morte di Erode che seppe mantenere buoni rapporti con Roma e con il Sinedrio.
Solo alla fine quando Gesù si dichiara re dei giudei le cose cambiano e Pilato vede in Lui un segno pericoloso.
I Vangeli nel raccontare l’episodio del processo a Gesù sono molto prudenti , quando a Gesù fu chiesto se era lui il Re dei Giudei le risposte che riportano i Vangeli sono alquanto discordanti, Matteo riporta: ”Tu l’hai detto”, Marco fa dire: ”Io sono” Luca scrive “Lo hai detto tu stesso.

Ritornando al tema se D-o è crudele occorre ritornare ancora indietro di un millennio.
Abbiamo già considerato che il mondo che descrive la Bibbia è cupo e ostile, popolato da popolazioni sanguinarie che in nome dei loro idoli immolavano i loro figli, il sangue era il legame che manteneva il potere, qualche cosa del genere lo ritroviamo i mesoamerica dove il culto dell’uccisione rituale è il cemento che univa regni e uomini.

Un D-o misericordioso quale seguito avrebbe avuto?

D-o dovette abbassarsi al livello degli uomini per cercare di recuperare l’umanità e lo fece attraverso un progetto iniziando da Abrahàm che a seguito dell’episodio della sostituzione del figlio Izchàk con un montone viene ripudiato il sacrificio umano delegittimandolo, la successiva lezione è la liberazione del popolo di Israel dall’Egitto, il cavaliere padrone dell’Egitto viene disarcionato dal suo cavallo e liberato Israele , la lezione è severa, l’Egitto viene duramente colpito ma non annientato, quello che viene colpito è il sistema piramidale in cui al vertice c’era il faraone.

D’ora in poi D-o che combatte accanto al suo popolo , non il popolo che combatte per il suo D-o.

Nel libro di Yehoshuà יהושע il racconto raggiunge il massimo della crudeltà e dello spargimento di sangue, intere popolazioni vengono sterminate e D-o appare a fianco di Israele, questo libro scritto nel 630 circa a.e.v. narra le gesta di Giosuè il successore di Moshè 600 anni prima che fosse scritto il libro di Giosuè, circa nel 1220 a.e.v.
Il racconto è profondamente influenzato dalle vittorie ebraiche nei confronti del regno Assiro, le popolazioni con cui Giosuè si scontra nel racconto sono i cananei , popoli che offrivano sacrifici umani al dio Ba’al , per soddisfare il culto al loro dio migliaia di bambini furono sacrificati.

Infine non dobbiamo poi dimenticare le città di Sodoma e Gomorra che leggiamo nella bibbia che furono distrutte da D-o per l’estrema violenza sociale e le devianze sessuali dei suoi abitanti. Oggi nessuno di noi si sente particolarmente turbato dalla distruzione di quelle città con tutti i suoi abitanti, mentre siamo profondamente commossi dalla storia di Iefte.
Noiman
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Gianni
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Re: D-o uccide?

Messaggio da Gianni »

Grazie, Noiman, per le tue spiegazioni molto chiare e illuminanti.

Ora vorrei riprendere il commento di Besaseà, con cui non mi trovo d’accordo.
Besaseà infatti dice che il termine הַשְּׁדוּדָה (hashedudàh) di Sl 137:8 (e non 7) non è applicabile a Babilonia e che, “dato che la depredata (o la rapita) qui è la israelita”, "bat bavel si riferisce a questa”. A parte il fatto che si tratterebbe casomai della giudea e non dell’israelita (perché a Babilonia erano prigionieri i giudei e non gli israeliti), non si comprende comeבַּת־בָּבֶל (bat-bavèl), “figlia di Babilonia” possa applicarsi alla comunità giudaica esiliata.
A me pare che הַשְּׁדוּדָה (hashedudàh) sia il participio passivo femminile del verbo שָׁדַד (shadàd), traducibile con “che devi essere distrutta”. La versione maschile la troviamo in Gdc 5:27: “Cadde distrutto [שָׁדוּד (shadùd]”. Che la Babilonia doveva essere distrutta è profetizzato da Is 47:1: “Scendi e siedi sulla polvere, vergine figlia di Babilonia! Siediti in terra, senza trono,
figlia dei Caldei!”. E si noti che qui Babilonia, capitale della Babilonia, è chiamata parimenti בַּת־בָּבֶל (bat-bavèl).

Sl 137:8 così prosegue: “Beato colui che renderà a te ricompensa di te che ricompensasti a noi” (traduzione letterale dall’ebraico). Si confronti Ger 50:29. Si noti il concetto di ricompensa, che - come mostrerò - è la chiave di tutto.

Besaseà dice che che nel passo si invoca “il massimo della distruzione della nazione israelita, essi desiderano anche che sia ripagata in modo sproporzionato ciò che essi hanno ricevuto dal re Amazia”. A parte, di nuovo, che si tratta casomai della nazione giudaica e non israelita, mostrerò più avanti che non si tratta affatto di “modo sproporzionato” ma di modo assolutamente proporzionato. Chiariamo intanto 2Cron 25:11,12. Qui è detto che sotto il re giudeo Amazia 10.000 nemici furono catturati dai giudei e portati in cima ad una rupe e buttati di sotto, sfracellandosi. La guerra è guerra, ma i giudei non sfracellarono assolutamente mai contro le rocce i bambini dei nemici. Tali azioni orrende le facevano i pagani.

Besaseà dice che “sono gli edomiti a parlare” e a dire: “Beato chi afferrerà e sbatterà bambini di te contro la roccia” (v. 9, traduzione letterale dall’ebraico). Così non è affatto. Si noti infatti il v. 7: “Ricorda, Yhvh, figli di Edom [nel] giorno di Gerusalemme i dicenti: distruggete, distruggete fino a la base in essa” (traduzione letterale dall’ebraico). A parlare sono chiaramente i giudei, i quali si rivolgono al loro Dio Yhvh.

Come spiegare allora l’augurio che i bambini babilonesi fossero sfracellati contro la roccia?
Si spiega con la legge del taglione, che era contro la tendenza di vendicarsi in maniera esagerata.
Si può cercare di capire quelle espressioni per noi orrende mettendole nell'ambiente in cui sorsero. Tali espressioni sono piuttosto una preghiera a Dio; il salmista anziché attuare personalmente la vendetta, la lascia a Dio. In mancanza di un vero tribunale giusto, dinanzi alla propria impotenza il salmista si rivolge a Dio. Mancando il concetto di una giustizia ultraterrena, la giustizia doveva attuarsi sulla terra, per cui l'orante chiede a Dio che qui si attui la giustizia da lui voluta e la realizzi mediante la legge del taglione: ciò che altri fecero ai devoti, ricevano pure essi da Dio: dolori, sofferenze, morti, stragi che essi hanno inflitto a chi si affidava a Dio (cfr. Ap 13:10: “Se uno deve andare in prigionia, andrà in prigionia; se uno dev'essere ucciso con la spada, bisogna che sia ucciso con la spada. Qui sta la costanza e la fede dei santi”).
Anche il giusto si sottoponeva per conto suo al taglione quando pregava, proprio nello stesso salmo: “Se ti dimentico, Gerusalemme [considerata una sede divina], si paralizzi la mia destra” (Sl 137:5). Gli ebrei chiedono per sé e per tutti che dinanzi al tribunale di Dio ognuno riceva la punizione o il premio secondo la legge del taglione.
Si veda anche Salmo 83:9-18.

Il Salmo 137 non fa altro che descrivere la situazione barbara delle stragi che allora si compivano usualmente da parte dei vincitori contro i nemici vinti (ai bimbi si sfracellava il capo contro la roccia). Però, già gradatamente penetra il senso morale della benevolenza anche nelle Scritture Ebraiche (Lv 19:18 verso il prossimo), e anzi si raccomanda di ricondurre il bue smarrito persino al proprio nemico. - Es 23:4.
Naturalmente oggi non possiamo più ripetere (nemmeno in senso simbolico) espressioni imprecative di tal genere, perché siamo stati istruiti da Yeshùa a perdonare i nemici (Mt 5:43-48). I discepoli di Yeshùa non possono più maledire, ma devono vincere il male con il bene (1Pt 3:9; Rm 12:14; Lc 6:28). Dio, che si era adeguato alla mentalità del tempo, ha lavorato di continuo per purificarne ed elevarne la moralità sino al messaggio definitivo di Yeshùa vissuto nella pienezza dei tempi.
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bgaluppi
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Re: D-o uccide?

Messaggio da bgaluppi »

Besasea, ma tu che vangeli hai letto? Istigatore? Dove? Ora mi sembra che sei tu a fare una improbabile forzatura, contro ogni evidenza testuale.
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Gianni
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Re: D-o uccide?

Messaggio da Gianni »

Con tutto il rispetto per Abramo del forum consulenza ebraica e dello stesso Besaseà, rimango della mia opinione e confermo quanto ho scritto.
Togliendo tutti i riferimenti a Yeshùa e al cosiddetto Nuovo Testamento, mi piacerebbe avere l'opinione dello stesso Abramo, e magari anche di Noiman.
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Gianni
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Re: D-o uccide?

Messaggio da Gianni »

Besaseà, continuo a rimanere della mia opinione.

Ho scoperto ieri – dopo che avevo pubblicato il mio commento - che anche la traduzione dall’ebraico di Dante Lattes, riportata nel sito di consulenza ebraica che hai citato, in Sl 137:8 traduce il participio passivo הַשְּׁדוּדָה (hashedudàh) “che devi esser distrutta”. Mi è stato di grande conforto dopo che tu avevi definito la mia traduzione una “forzatura grande come una fortezza”. Avevi anche aggiunto che “è assolutamente fuori contesto”.

Sai una cosa, Besaseà? Può leggo tutto il Sl 137, e più noto come proprio tutto il contesto è armonioso e come la mia spiegazione è in perfetta armonia con il contesto. Si noti il contenuto del Sl 137, che parafraso richiamandomi ai versetti e attenendomi all’ottima traduzione del rabbino Dante Lattes:
1. Eravamo [noi giudei] seduti presso le acque di Babilonia,
2. piangevano ricordandoci di Gerusalemme.
3. Le nostre cetre li avevamo appese ai salici, sebbene i nostri carcerieri ci chiedessero di cantare canzoni allegre dicendoci:
4. «Cantateci delle canzoni di Sion». Ma come avremmo noi potuto cantare le canzoni del Signore in paese straniero?
5. Se io ti dimentico, Gerusalemme, se la mia mano ti dimentica …
6. si attacchi la mia lingua al palato, se non mi ricordo di te, se non ti tengo come mio primo pensiero.
7. Signore, non dimenticati degli edomiti, che quand’erano a Gerusalemme dicevano: «Radetela tutta al suolo».
8. Ah, figlia di Babilonia che devi essere distrutta, beato chi pareggerà i conti con te per il male che ci hai fatto,
9. beato chi farà altrettanto ai tuoi bambini!

Ora si noti come tutto è progressivo e armonico.

Chi parla? Il salmista a nome dei giudei prigionieri a Babilonia.

Da dove nasce il suo salmo? Da una circostanza molto triste in cui i giudei subiscono pure il sarcasmo dei loro aguzzini. Mentre loro prigionieri se ne stanno seduti e tristi, i loro carcerieri li sfottono chiedendo che cantino.

Come reagisce il salmista? Prima osserva che in quelle condizioni non potevano certo cantare, poi – giacché è stata nominata Gerusalemme - il suo pensiero corre alla città santa ed è preso da profonda nostalgia e garantisce di non dimenticarsi mai della città di Dio; lo fa con una specie di giuramento in cui applica a se stesso, come garanzia, la legge del taglione: se la dimenticherà, si paralizzino la sua lingua e la sua mano destra.

A chi si rivolge il salmista? A Dio. Prega che Lui non dimentichi ciò che quei pagani hanno fatto al suo popolo. Infine inveisce contro i nemici di Dio e auspica anche per loro la legge del taglione: dente per dente, che siano ripagati da Dio con la stessa moneta.

Quando parlano i babilonesi? Solo in due circostanze, ambedue ricordate dal salmista stesso: quando sfottevano i giudei chiedendo che cantassero e quando molto prima avevano incitato a radere al suolo la capitale del Regno di Giuda.

A parlare è sempre e solo il salmista, anche quando riporta le parole dei suoi nemici.

Il salmo è tutto armonioso e progredisce fino al culmine in cui il salmista chiede a Dio di ripristinare la giustizia.

Di che tenore sono le parole dei babilonesi? Quelle distruttive pronunciate a Gerusalemme sono trapassate e vengono ricordate solo per la loro cattiveria. Quelle attuali, riferite nel salmo, sono sarcastiche.

Perché le parole finali del salmista (vv. 8 e 9) non possono essere dei babilonesi? Perché:
• Sarebbero del tutto fuori contesto;
• Ci sarebbe un brusco cambiamento dal precedente sarcasmo all’odio distruttivo, inspiegabile psicologicamente;
• Sarebbe del tutto illogico perché i babilonesi erano i vincitori e sarebbe assurdo che si augurassero per i loro prigionieri ciò che avevano già fatto loro e che in ogni caso potevano attuare di nuovo senza doverselo augurare;
• Sarebbe antistorico perché dopo la brutalità della vittoria babilonese, i giudei non erano stati trattati male: se pur prigionieri, godevano a Babilonia di una relativa libertà e molti di loro avevano perfino assunto importanti incarichi pubblici.

Infine l’espressione “figlia di Babilonia”, che è sempre applicata ai babilonesi e mai ai giudei:
Is 47:1: “Scendi e siedi sulla polvere, vergine figlia di Babilonia! Siediti in terra, senza trono, figlia dei Caldei!”.
Ger 50:42: “Sono pronti a combattere come un solo guerriero, contro di te, o figlia di Babilonia!”.
Ger 51:33: “Così parla il Signore degli eserciti, Dio d'Israele: «La figlia di Babilonia è come un'aia al tempo in cui la si trebbia; ancora un poco, e verrà per lei il tempo della mietitura»”.
Zc 2:7: “Su, Sion, mettiti in salvo, tu che abiti con la figlia di Babilonia!”.
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bgaluppi
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Re: D-o uccide?

Messaggio da bgaluppi »

Però così diventa davvero difficile, con tante interpretazioni diverse. La traduzione che propone Chabad di Sl 137:8:

“O figlia di Babilonia, che è destinata ad essere saccheggiata, lodevole è colui che ti ripaga ricompensandoti con ciò che tu hai fatto a noi.”

Al v.7 Rashi commenta:
Radila al suolo: Eb. עָרוּ è un'espressione di distruzione, e così (Ger 51:58): “Le larghe mura di Babilonia saranno abbatture (תתערער) ,” e così (Ab 3:13): “esporre (ערות) le fondamenta.” È usato soltanto per qualcosa le cui radici vengono sradicate dal terreno.
Dunque, la traduzione del v.8 è una dimostrazione di quanto detto al v.7: “Ricorda, Signore, per i figli di Edom, il giorno di Gerusalemme, quelli che dicono: "Radila al suolo, radila al suolo, fino alle fondamenta!"”.

Senza mettere in dubbio la veracità della lettura che propone Besasea, diventa davvero difficile capire. A questo punto credo che l'interpretazione giusta, tra quelle offerte, sia quella che ha più senso.
GEMELLO76
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Re: D-o uccide?

Messaggio da GEMELLO76 »

Questa è la traduzione in italiano del Salmo 137 della Bibbia ebraica di Dario Disegni ( ed. Giuntina)
Allegati
Salmo 137.pdf
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Re: D-o uccide?

Messaggio da Gianni »

Besaseà, ho una domanda per te riguardo alla parola הַשְּׁדוּדָה (hashedudàh) di Sl 137:8. Indubbiamente si tratta di un participio passivo, ma secondo te cosa indica il prefisso הַ (ha)? Sei così certo che si tratti proprio di un articolo? Prova ad indagare un’altra possibilità.
trizzi74
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Re: D-o uccide?

Messaggio da trizzi74 »

Quindi Besasea quale sarebbe la corretta traduzione di questi versetti del Salmo 137?
"Le religioni sono sistemi di guarigioni per i mali della psiche, dal che deriva il naturale corollario che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di religioni."
Carl Gustav Jung
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Re: D-o uccide?

Messaggio da Gianni »

Besaseà, hai trascurato un'altra possibilità.
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