Le traduzioni della Bibbia

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Gianni
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Re: Le traduzioni della Bibbia

Messaggio da Gianni »

Se ti riferisci ai termini greci, la questione è alquanto controversa, nel senso che i vocabolari di greco danno i due termini come sinonimi.
Tempo fa un sacerdote cattolico mi scrisse:
"Specifico che non è mia intenzione entrare in merito al significato di Col 2,9, ma mi interessa solo la traduzione: come, allora secondo te andrebbe resa la traduzione rispettando il testo greco? Oltre alle bibbie da te citate ne riporto altre:
divinità TOB, NVP, RI, GCC, CON, GA3, SBTI
Dio è perfettamente presente nella sua persona TILC (Parola del Signore)
deità ND, RL, NR, NA, NIV, SBT
c’è tutto Dio in un corpo umano GL
c’è la perfezione di Dio in un corpo umano LB
l’intera pienezza della divinità BLM".

Così gli risposi:
"Il fatto è che le due parole greche, così simili e pur diverse, non hanno (stando ai vocabolari) significati così diversi e specifici. Anche il Rocci dà per le due parole sia il significato di natura divina sia quello di qualità divina. Ora, il greco è una lingua molto precisa, e io stesso sono sorpreso che i vocabolari non separino chiaramente i significati. Ma, a quanto pare, sembra che si tratti di due varianti della stessa parola. Ciò che io volevo far risaltare è l’intenzione dei traduttori di volgere il testo alla propria dottrina. La questione importante, comunque, riguarda ciò che la Scrittura dice di Yeshùa. Tu dici che non è tua intenzione entrare in merito al significato di Col 2:9, tuttavia il problema è tutto lì e non si può cercare la giusta traduzione a prescindere da ciò. Più che dire che Yeshùa è Dio, la Bibbia afferma che in lui Dio dimora in modo tutto speciale. In fondo, è questo che si afferma in Col 2:9. Mi piace molto, quindi, la traduzione di TILC: “Dio è perfettamente presente nella sua persona”. Questa traduzione, sebbene libera, rende molto bene l’idea.
Come tradurre allora letteralmente il passo di Col 2:9? Domanda difficile. Credo non si debba far dire al testo, contro le evidenze bibliche, che Yeshùa sia Dio. Tuttavia una traduzione va trovata. Sarò lieto di avere il tuo contributo".

Purtroppo, non ho avuto mai risposta.
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bgaluppi
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Re: Le traduzioni della Bibbia

Messaggio da bgaluppi »

Ho inserito il messaggio prima di leggere Gianni.

Trizzi, se guardiamo i termini greci si capisce la differenza:

θεότης è un nome e deriva da θεός, che è un nome. θειότης è un nome ma deriva da θεῖος, che è un aggettivo ed esprime qualità. Quindi, ne consegue che θεότης esprime la "deità", l'essere Dio, mentre θειότης esprime la "qualità divina", gli attributi divini.

Il mio interrogativo sorgeva dal fatto che i dizionari non sembrano essere particolarmente chiari. Infatti, θειότης è tradotto anche con "divinità", "natura divina", esattamente come θεότης. Allora mi chiedo se sia possibile tradurre i due termini in modo diverso per distinguerne la diversa sfumatura semantica.
GEMELLO76
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Re: Le traduzioni della Bibbia

Messaggio da GEMELLO76 »

Chi ha contribuito a fare uno studio estensivo sui termini theotes e theiotes è stato il prof. H.S Nash. Questo risulta essere lo studio più completo fino ad oggi. Però occorrerebbe qualcuno che sappia leggere l’inglese per poterci fare almeno un sunto di questo studio. Spero che ci sia qualcuno che si faccia avanti!
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bgaluppi
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Re: Le traduzioni della Bibbia

Messaggio da bgaluppi »

L'inglese è la mia seconda lingua, lo leggerò volentieri. Grazie Gemello, sei una fonte inesauribile di studi! :-) 34 pagine... #:-S Mi ci vorrà un po', ma commenterò strada facendo.
GEMELLO76
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Re: Le traduzioni della Bibbia

Messaggio da GEMELLO76 »

Ti posso anticipare che in questo studio il prof. H.S. Nash dimostra come i due termini sono assolutamente sinonimi e dunque theotes non ha più forza dell'altro. Almeno questo è quello che ho letto in un forum. Forse è proprio per questo motivo che le traduzioni interlineari di Vianello e della San Paolo traducono theiotes ( in Ro 1:20) e theotes ( in Col.2:9) nello stesso modo: divinità.
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bgaluppi
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Re: Le traduzioni della Bibbia

Messaggio da bgaluppi »

Trizzi, scusami ma quello studio è troppo prolisso. Ho letto a fatica le prime tre pagine senza capire esattamente dove vuole andare a parare. Secondo me facciamo prima a trasporre i due termini in italiano e ragionare in italiano, come se lo facessimo in greco. Poi esaminiamo di nuovo il testo.

Theòtes deriva da theòs, theiòtes deriva da thèios, che è un aggettivo. In italiano avremmo:

Dio --> deità, divinità, nel senso di "essere Dio".

Divino --> qualità divina, divinità, che io esprimerei scorrettamente in italiano con "divinezza". :-)

Adesso, vediamo in che contesto Paolo applica i due termini. Abbiamo theòtes (deità) in Col 2:9 e theiòtes (qualità divina) in Rm 1:20.

Leggiamo anche il versetto 8 del cap.2 di Colossesi: “Guardate che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vani raggiri secondo la tradizione degli uomini e gli elementi del mondo e non secondo Cristo;  perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità [theòtes]” (NR). La traduzione è giusta, ma il termine "deità", in italiano, forse non rende bene il senso di "essere Dio". Comunque si capisce. Significa praticamente che in Cristo fu presente Dio in modo completo (per come Dio può essere presente in un uomo), e quindi nessuna dottrina umana può essere paragonabile al suo insegnamento, che fu insegnamento di Dio. Giovanni esprime bene questa idea di "pienezza della deità" con l'immagine della parola fatta carne.

Leggiamo adesso Rm 1:20: “le sue [di Dio] qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità [theiòtes], si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue [ποίημα, pòiema, "ciò che è fatto"]” (NR). Se traduciamo theiòtes con "qualità divina" abbiamo quasi una ripetizione: "le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e qualità divina". Ma ciò che la NR traduce con "qualità invisibili" in greco è τὰ ἀόρατα (ta aòrata), che è il nominativo plurale sostantivato di ἀόρατος (aòratos), che non significa "qualità invisibile" ma semplicemente "invisibile" ed è un aggettivo (la NR aggiunge "qualità, che non è presente sul testo). Nel nostro caso è sostantivato e diventa un nome, che potremmo tradurre letteralmente "invisibilità". In italiano non possiamo dire "le invisibilità", ma si capisce il senso: ciò che non è visibile, che appartiene al mondo invisibile. Potrebbe essere "ciò che è spirituale". Personalmente, io tradurrei con "opere invisibili". Liberamente avremmo, dunque: “le Sue opere invisibili, la Sua eterna potenza e qualità divina, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite attraverso ciò che è stato fatto (creato)".

Come vedi, abbiamo a che fare con due termini che in greco si capiscono benissimo ma in italiano sono difficilmente traducibili. Per questo, forse, i dizionari li rendono praticamente come sinonimi: in italiano, "divinità" può significare sia essenza divina che qualità divina.

Per concludere, credo che sia valido ciò che ha detto Gianni e che ho enunciato anche io nel mio primo commento: ciò che conta, qui, non è la traduzione in sé, che in italiano funziona malino, ma il concetto della presenza divina in Yeshùa: il testo non dice che Yeshùa è divino, ma che Dio è presente in lui. Ben diverso. Eppure, molti religiosi non riescono a capire la differenza, o si rifiutano di capirla. Poi, però, non spiegano come sia possibile che anche i credenti possano essere “ricolmi della pienezza di Dio” (πᾶν τὸ πλήρωμα τοῦ θεοῦ, pan to plèroma tu theú, Ef 3:19). Anche i credenti, dunque, sono "divini"?
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Gianni
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Re: Le traduzioni della Bibbia

Messaggio da Gianni »

Antonio, hai fatto una sintesi chiara ed efficace, comprensibilissima. Complimenti.
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bgaluppi
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Re: Le traduzioni della Bibbia

Messaggio da bgaluppi »

:-)
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Israel75
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Re: Le traduzioni della Bibbia

Messaggio da Israel75 »

Sì decisamente chiaro a mio avviso. DIO dimorava in Gesù pienamente.
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
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bgaluppi
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Re: Le traduzioni della Bibbia

Messaggio da bgaluppi »

Caro Gianni, un altro versetto che mi piacerebbe chiarire è Eb 10:5, che cita Sl 40:6 e che riporto:

Θυσίαν καὶ προσφορὰν οὐκ ἠθέλησας, σῶμα δὲ κατηρτίσω μοι
sacrificio e offerta non hai desiderato un corpo ma (piuttosto) hai preparato a me

Vediamo adesso il testo della LXX che traduce l'ebraico:

θυσιαν και προσφοραν ουκ ηθελησας ωτια δε κατηρτισω μοι
sacrificio e offerta non hai desiderato orecchie ma (piuttosto) hai preparato a me

LXX ha ὠτίον (otìon, orecchio) mentre Ebrei ha σῶμα (sòma, corpo). L'ebraico di Sl 40:6 ha אזנים כרית , che significa “hai aperto le mie orecchie”, se non erro. Il che, nel contesto, non si capisce bene cosa significhi: “Tu non gradisci né sacrificio né offerta; m'hai aperto gli orecchi. Tu non domandi né olocausto né sacrificio per il peccato” (NR). :-? Inoltre, il testo della LXX non dice mi hai "aperto" (le orecchie) ma mi hai "preparato", "perfezionato" (καταρτίζω). :-?

Come mai tali differenze? Da dove trae l'agiografo di ebrei tale traduzione di Sl 40:6? Il testo ebraico è corrotto? E perché la LXX rende con καταρτίζω che sembra non avere niente a che fare con "aprire"?
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