Io sono la via e la verità e la vita. Valgono ancora?

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bgaluppi
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Re: Io sono la via e la verità e la vita. Valgono ancora?

Messaggio da bgaluppi »

Marco, gli Apostoli erano testimoni diretti, cioè avevano vissuto a contatto con Yeshúa quando era ancora in vita e dopo la risurrezione. Avevano visto direttamente. Chi non vede, non può essere testimone di ciò che non ha visto. Ora, leggi quale era il requisito primario per essere apostoli; ce lo dice Pietro in persona in At 1:21-26:

“«Bisogna dunque che tra gli uomini che sono stati in nostra compagnia tutto il tempo che il Signore Gesú visse con noi, a cominciare dal battesimo di Giovanni fino al giorno che egli, tolto da noi, è stato elevato in cielo, uno diventi testimone con noi della sua risurrezione». Essi ne presentarono due: Giuseppe, detto Barsabba, che era soprannominato Giusto, e Mattia. Poi in preghiera dissero: «Tu, Signore, che conosci i cuori di tutti, indicaci quale di questi due hai scelto per prendere in questo ministero apostolico il posto che Giuda ha abbandonato per andarsene al suo luogo». Tirarono quindi a sorte, e la sorte cadde su Mattia, che fu incluso tra gli undici apostoli”.

Come puoi vedere, il requisito primario era quello di essere stati in compagnia di Yeshúa tutto il tempo, a partire dal battesimo di Giovanni fino all'ascensione. Chi non aveva questo requisito, non poteva essere apostolo. Per cui, non può esistere nessuna successione apostolica, poiché chi non vide non poteva testimoniare.

Altro requisito era l'investitura diretta da parte Cristo. Paolo, che non fu testimone diretto, ebbe questo requisito, poiché ricevette il mandato di apostolo da Cristo stesso, diventando suo testimone (Rm 1:5; Ga 1:1; 2Cor 1:1; At 9:15; 22:6 ss.; 23:11; 26:16)

Inoltre, in 2Cor 1:1, Paolo si distingue nettamente da Timoteo: “Paolo, apostolo di Cristo Gesú per volontà di Dio, e il fratello Timoteo”.

Come ho già spiegato, ἀπόστολος (Strong 652, apóstolos) significa “inviato” e deriva da ἀποστέλλω (Strong 649, apostèllo), che significa "inviare", "commissionare", "mandare" qualcuno con un messaggio o una missione. Il termine "apostolo" è ben diverso da "discepolo", o "credente", o "fratello". Gli apostoli di Cristo erano tutti credenti, discepoli e fratelli, ma non tutti i discepoli (o credenti, o fratelli) sono apostoli di Cristo. Yeshúa fu apostolo (inviato) di Dio: “guardate attentamente Gesu: egli è l'inviato [τὸν ἀπόστολον, ton apòstolon] di Dio e il sommo sacerdote della fede che professiamo" (Eb 3:1). I Dodici furono apostoli (inviati) di Yeshúa. Timoteo fu apostolo (inviato) di Paolo, quindi non di Cristo; e infatti, Paolo lo specifica e si distingue da lui.

La Scrittura è una cosa, la dottrina cristiana un'altra. Siamo liberissimi di scegliere cosa seguire, ma stiamo attenti a non confondere le due cose.

Per finire, poiché ho detto abbastanza, non manca affatto la voglia di parlare del regno di Dio, manca semmai chi ha voglia di ascoltare. E chi non vuole ascoltare rientra tra quei "porci" a cui noi non dobbiamo gettare le perle. La fede e il messaggio devono certamente essere condivisi, ma solo con chi, già attirato da Dio (Gv 6:44), chiede spiegazioni (1Pt 3:15).
Sandro.48
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Re: Io sono la via e la verità e la vita. Valgono ancora?

Messaggio da Sandro.48 »

Mi piace.(questa spiegazione di Bgaluppi). 2.6.2016 (non l'avevo mai sentito
Sandro_48
marco
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Re: Io sono la via e la verità e la vita. Valgono ancora?

Messaggio da marco »

Caro Antonio, ripetiamo sempre le stesse cose, è inutile che mi spieghi ogni volta la differenza tra Apostolo e discepolo, pensi che non lo sappia?
da marco » venerdì 20 maggio 2016, 6:48
Caro Antonio conosco la differenza tra apostolo e discepolo. La mia puntualizzazione era riferita all'idea che SOLO gli apostoli potevano "predicare il Regno e annunciare il Messia".
Invece la Sacra Scrittura afferma che l'evangelizzare è compito anche nostro.
È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio.Ef 4,11/13
Nessun Papa o padre della Chiesa ha mai pensato di essere un apostolo. Tant'è che hanno fatto in modo di cristallizzare nel Canone Biblico il messaggio di Cristo e degli apostoli. Messaggio che non può essere modificato ma evangelizzato. Ecco qual è il compito del discepolo tramandare agli altri il messaggio del vangelo. In linea di massima consiste in questo la successione apostolica. Ripeto non significa essere apostoli, ma testimoni di Cristo tramite la fede.
Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
La nostra missione, come è ovvio, non è fondata sul dito nella costola, ma sulla fede di ciò che non abbiamo visto con gli occhi ma che il nostro cuore contiene.
Antonio LT
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Re: Io sono la via e la verità e la vita. Valgono ancora?

Messaggio da Antonio LT »

12Nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza. [13]Fino al mio arrivo, dèdicati alla lettura, all'esortazione e all'insegnamento. [14]Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito, per indicazioni di profeti, con l'imposizione delle mani da parte del collegio dei presbiteri. [15]Abbi premura di queste cose, dèdicati ad esse interamente perché tutti vedano il tuo progresso. [16]Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano.
(1 timoteo 12,16)

Ieri leggendo questa lettera mi sono soffermato su questi versi e mi è venuto in mente,leggendo il verso 16,ciò che c'è scritto in Ezechiele 33:7,9

Ezechiele 33,7-9

7 O figlio dell'uomo, io ti ho costituito sentinella per gli Israeliti; ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia. 8 Se io dico all'empio: Empio tu morirai, e tu non parli per distoglier l'empio dalla sua condotta, egli, l'empio, morirà per la sua iniquità; ma della sua morte chiederò conto a te.
9 Ma se tu avrai ammonito l'empio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte, egli morirà per la sua iniquità. Tu invece sarai salvo.

Ci vedo molte analogie....sembra che l evangelizazione sia un dovere con molte responsabilità...che ne pensate?
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bgaluppi
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Re: Io sono la via e la verità e la vita. Valgono ancora?

Messaggio da bgaluppi »

Marco, quindi non ho capito. Tu sostieni la successione apostolica ma dici di aver capito la differenza tra gli apostoli e i credenti. :-??

Antonio, credo che il versetto si riferisca ai profeti. Infatti, Dio stesso dice di averlo costituito "sentinella per gli Israeliti". Se Dio sceglie un uomo perché "sia sentinella" e poi non fa la sentinella ma sta zitto... La responsabilità ce l'ha colui a cui viene data. Nel caso degli apostoli fu simile: furono loro soltanto a ricevere l'incarico di annunciare il regno, e lo ricevettero da Yeshua per conto di Dio, non da altri uomini. I credenti devono seguire il consiglio di Paolo:

“Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni” (1Pt 3:15)
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bgaluppi
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Re: Io sono la via e la verità e la vita. Valgono ancora?

Messaggio da bgaluppi »

Gli unici che ebbero l'autorità di annunciare il Regno furono gli Apostoli, come già ampiamente dimostrato, perché furono testimoni. Oggi, la loro parola è contenuta nella Sacra Scrittura. La Sacra Scrittura è il libro piú diffuso al mondo e chi vuole conoscere gli insegnamenti contenuti in essa non deve far altro che aprirla e leggerla ragionando con la propria testa.

Se, invece, ci si affida agli insegnamenti di uomini che non sono stati testimoni e non hanno ricevuto alcun mandato, cioè non sono "inviati" (apostoli), si rischia di cadere vittima di dottrine non conformi agli insegnamenti di Cristo, tramandati dagli Apostoli e contenuti nella Scrittura.

Infatti, molti non sanno che la Scrittura non dice di pregare Maria; o degli uomini morti; o addirittura Cristo. La Scrittura insegna a pregare solo Dio. E allora perché molti pregano delle creature e non il Creatore? Perché si affidano ai falsi insegnamenti di evangelizzatori.
ilvigilante
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Re: Io sono la via e la verità e la vita. Valgono ancora?

Messaggio da ilvigilante »

Buongiorno,

Molto istruttivi i vostri interventi su questo tema.
Ma, per comprendere meglio, vorrei chiedere a Bgaluppi come possiamo interpretare Luca 10:1 circa i 70 "inviati" da Gesù, poiché a suo stesso dire, la messe è grande, ma gli operai sono pochi. Sono anch'essi apostoli?... sono semplici discepoli o semplici credenti? Considerando che fu data loro anche la facoltà di operare guarigioni (v. 9)
Notevole l'invito di Gesù di pregare affinché il Padre mandi altri operai.
Questi operai dovevano essere semplicemente dei personaggi passivi in attesa che la messe si rivolgesse loro o dovevano essere attivi per svolgere l'opera alla stessa stregua dei 70?
Antonio LT
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Re: Io sono la via e la verità e la vita. Valgono ancora?

Messaggio da Antonio LT »

Antonio e Jon...quindi il verso di Ezechiele non può essere considerato valido anche per noi?In quel caso per figlio dell uomo a chi si riferiva?

Vorrei però capire anche ,come mai nelle due lettere di Timoteo,Paolo ha tanta premura nell istruire e spronare nell evangelizzare colui che era suo discepolo..quindi non addestrato ne da Yeshua ne da i 12....?
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bgaluppi
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Re: Io sono la via e la verità e la vita. Valgono ancora?

Messaggio da bgaluppi »

Scusate se tardo un po' nelle risposte ma sono un po' preso questi giorni. Rispondo innanzitutto a ilvigilante.

La tua è una giusta osservazione. Il numero preciso degli apostoli, oltre ai Dodici, è impossibile da stabilire, poiché la Scrittura non lo fissa. Tra gli "operai" non c'erano soltanto gli apostoli di Cristo, ma anche molti membri delle congregazioni (Barnaba e Sila, apostoli delle chiese; Timoteo ed Erasto; Giuda Barsabba; i diaconi, etc.). Proprio perché il numero degli apostoli non è specificato, e a conferma del fatto che di apostoli dovevano essercene altri, oltre a quelli indicati dal testo, molti ne approfittavano e tentavano di spacciarsi ai credenti come tali, sotto false vesti, promulgando false dottrine (2Cor 11:4,5,12,13). Per risponderti, credo che sia importante capire se ci siano delle differenze tra gli apostoli e gli operai in genere.

In Lc 10 leggiamo che "il Signore scelse altri settantadue discepoli" (v. 1) e che Yeshúa li invia [ἀποστέλλω, apostèllo] "nei villaggi o nelle borgate che egli stava per visitare". Quei settandadue sono, dunque, apostoli di Yeshua a tutti gli effetti, ossia suoi inviati; ciò è confermato dal v. 16, in cui Yeshúa, parlando ai settantadue, afferma che "Chi ascolta voi ascolta me. Chi disprezza voi disprezza me, ma chi disprezza me disprezza il Padre che mi ha mandato". I settantadue discepoli furono inviati a rappresentare Yeshúa (e Dio stesso) e dovevano essere accolti al pari di Yeshúa. Al v. 20 si legge una cosa importante: "Non rallegratevi però perché gli spiriti maligni si sottomettono a voi, ma piuttosto rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti in cielo"; i nomi di quei discepoli sono già scritti in cielo, poiché Yeshúa li ha scelti come suoi inviati. Nonostante ciò, la differenza tra i Dodici e i settantadue è marcata in Lc 6:13: “Quando fu giorno, chiamò a se i suoi discepoli [μαθητὰς, mathetàs] e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli [ἀποστόλους, apostólus]".

Perché dunque Yeshúa chiama solo i dodici discepoli, e non anche tutti gli altri, anche col nome di apostoli? Perche solo i Dodici furono preordinati da Dio (Gv 17:5), e Yeshúa, nel momento in cui li sceglie come discepoli, li sceglie già anche come suoi apostoli futuri dopo la risurrezione; i Dodici furono non solo il fondamento della ecclesía di Cristo (1Cor 12:28), ma anche le dodici colonne portanti della Nuova Gerusalemme, simbolo del Nuovo Israele: "Le mura della città avevano dodici fondamenti, e su quelli stavano i dodici nomi di dodici apostoli dell'Agnello" (Ap 21:12-14). Neppure Paolo, uno dei massimi apostoli, pensò mai di poter essere paragonato a loro (1Cor 15:8,9).

Il numero dodici era di grande importanza per gli ebrei, tanto che nella Scrittura venne a simboleggiare i dodici figli di Giacobbe, capostipiti delle dodici tribú di Israele (Gn 35:23; At 7:8), a cui fu promesso il Regno Messianico. I Dodici discepoli che il Messia sceglie, dunque, rappresentano il legame tra l'Israele della promessa e il Nuovo Popolo di Dio, i cui capostipiti sono, appunto, i Dodici apostoli, le fondamenta stesse della Gerusalemme Celeste. Questa è la differenza fondamentale che sussiste tra i Dodici e gli altri "inviati" (apostoli).

È necessario mettere in evidenza che Yeshúa, prima di salire al cielo, radunò gli undici discepoli, i prescelti, non tutti i discepoli. Prima di scomparire dà istruzioni solo agli undici, i suoi compagni e fratelli inseparabili. In Lc 24:50,51 leggiamo: "Poi Gesú condusse i suoi discepoli verso il villaggio di Betania. Alzò le mani sopra di loro e li benedisse. Mentre li benediceva si separò da loro e fu portato verso il cielo"; chi fossero questi discepoli è chiarito da Mt 28:16: "Gli undici discepoli andarono in Galilea, su quella collina che Gesú aveva indicato". Ciò è confermato dalle stesse parole di Yeshúa, che appena dopo l'ultima cena disse agli undici "dopo che sarò resuscitato vi precederò in Galilea" (Mt 26:32; Mr 14:28).

Ci furono dunque numerosi apostoli, ma solo i Dodici rappresentano le fondamenta della chiesa e della Nuova Gerusalemme; tutto ha inizio con loro e da loro.
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bgaluppi
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Re: Io sono la via e la verità e la vita. Valgono ancora?

Messaggio da bgaluppi »

Adesso rispondo ad Antonio LT. Nei versetti da te citati, Dio parla al profeta Ezechiele. Ez 3:1-3 spiega il momento in cui viene designato da Dio stesso come suo profeta. Inutile dire che nessuno di noi possa paragonarsi ad Ezechiele e sentirsi investito della stessa missione.

“Egli mi disse: «Figlio d'uomo, mangia ciò che trovi; mangia questo rotolo, e va' e parla alla casa d'Israele». Io aprii la bocca, ed egli mi fece mangiare quel rotolo. Mi disse: «Figlio d'uomo, nùtriti il ventre e riempiti le viscere di questo rotolo che ti do». Io lo mangiai, e in bocca mi fu dolce come del miele.”

Questo ricorda molto Ap 10:8-11:

“8 Poi la voce che avevo udita dal cielo mi parlò di nuovo e disse: «Va', prendi il libro che è aperto in mano all'angelo che sta in piedi sul mare e sulla terra». 9 Io andai dall'angelo, dicendogli di darmi il libretto. Ed egli mi rispose: «Prendilo e divoralo: esso sarà amaro alle tue viscere, ma in bocca ti sarà dolce come miele». 10 Presi il libretto dalla mano dell'angelo e lo divorai; e mi fu dolce in bocca, come miele; ma quando l'ebbi mangiato, le mie viscere sentirono amarezza. 11 Poi mi fu detto: «È necessario che tu profetizzi ancora su molti popoli, nazioni, lingue e re».”

Direi che l'atto di far mangiare il libro simboleggia la concessione della capacità profetica da parte di Dio.

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Perché Paolo istruisce Timoteo? Perché Paolo era un apostolo. Timoteo era un fratello che veniva inviato, come altri, a rappresentare l'apostolo Paolo quando lui non fosse in grado di andare (1Cor 4:17). Barnaba e Sila furono inviati della congregazione di Gerusalemme ai Gentili ( At 15:27), e anche Giuda detto Barsabba (At 15:22). Costoro erano i cosiddetti "apostoli delle chiese", ossia gli inviati delle congregazioni. Ma non erano apostoli di Cristo. Nonostante ciò, tutti avevano lo spirito e testimoniavano la dottrina apostolica (e cristica) mentre gli apostoli erano ancora in vita. Giuda e Sila sono "uomini autorevoli tra i fratelli", e mai vengono definiti apostoli. Nel libro degli Atti, gli apostoli sono sempre ben distinti dai discepoli o dai fratelli, e questo è rilevante.

Gli apostoli erano garanti della trasmissione della vera dottrina di Cristo. Anche altri, non apostoli, evangelizzavano (Filippo il diacono, ad esempio); ma la loro evangelizzazione era garantita non solo dallo spirito che li pervadeva e donava loro carismi, ma anche dall'autorità degli apostoli che erano in vita. Il problema sorge dopo la morte dell'ultimo apostolo, Giovanni.

Paolo predisse l'avvento dell'apostasia, già attiva in epoca apostolica, che dilagò in seguito alla morte dell'ultimo apostolo (At 20:29,30; 2Tes 2:7); i Dodici, in quanto testimoni diretti di Yeshúa e unici depositari della pura dottrina, garantirono l'unità e la salute spirituale della chiesa finché furono in vita e fecero sí che essa crescesse in modo conforme alla verità, che fu trasmessa loro dal Cristo e dallo spirito per volontà di Dio (insieme a Paolo e pochi altri); morti loro, questa garanzia venne meno per sempre e l'apostasia dilagò: "Quando l'erba germogliò ed ebbe fatto frutto, allora apparvero anche le zizzanie" (Mt 13:26).
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