Mi hai anticipato Andrea, magari potremmo approfondire l'argomento in un'altra discussione più pertinente
Anche a me interessa capire perché si è arrivati a credere alla salvezza tramite Yeshua uomo se nelle Scritture Ebraiche viene esplicitamente detto che sarà il Creatore a portare la salvezza.
Andrea il passo citato è in Isaia 35 e non lo trovi nella Pentateuco, ma devi cercare nei profeti posteriori, נביאים אחרונים, il profeta Yeshayà si riferisce alle vicende della minaccia Assira e alle guerre con i potenti vicini, re Achaz che salva Gerusalemme, da questo libro che la Chiesa ha ricavato con interpretazioni forzate e tramite qualche manipolazione la visione messianica e la prefigurazione di Gesù, appropriandosi del testo di Isaia che non parla di Gesù.
Ciao
noiman ha scritto: ↑lunedì 5 agosto 2024, 19:00
Andrea il passo citato è in Isaia 35 e non lo trovi nella Pentateuco, ma devi cercare nei profeti posteriori, נביאים אחרונים, il profeta Yeshayà si riferisce alle vicende della minaccia Assira e alle guerre con i potenti vicini, re Achaz che salva Gerusalemme, da questo libro che la Chiesa ha ricavato con interpretazioni forzate e tramite qualche manipolazione la visione messianica e la prefigurazione di Gesù, appropriandosi del testo di Isaia che non parla di Gesù.
Ciao
noiman ha scritto: ↑lunedì 5 agosto 2024, 19:00
Andrea il passo citato è in Isaia 35 e non lo trovi nella Pentateuco, ma devi cercare nei profeti posteriori, נביאים אחרונים, il profeta Yeshayà si riferisce alle vicende della minaccia Assira e alle guerre con i potenti vicini, re Achaz che salva Gerusalemme, da questo libro che la Chiesa ha ricavato con interpretazioni forzate e tramite qualche manipolazione la visione messianica e la prefigurazione di Gesù, appropriandosi del testo di Isaia che non parla di Gesù.
Ciao
Noiman, il testo di Isaia 35, è ben dettagliato ed è un testo riferito al futuro.
Nel capitolo non si legge del re Achaz; non vi è il minimo accenno o allusione.
Il passo recita che Dio stesso "Yhwh" sarebbe venuto a salvare il Suo popolo e Dio avrebbe: allora apriranno gli occhi dei ciechi
e saranno sturati gli orecchi dei sordi;
6 allora lo zoppo salterà come un cervo
e la lingua del muto canterà di gioia
Dove leggi nella storia del re Achaz che per mano di questo,
Dio avrebbe operato tali miracoli ?
Mentre nel passo vi è un chiaro riferimento di quanto Yeshùa IL Figlio di Dio ha operato in Israele "(Mt 11:2-5; Lu 4:16-22)"
Salute
Grazie per la salute, è la cosa più preziosa.
Mi riferivo a re Acaz perché la profezia della nascita di Emmanu’el è usata dai cristiani per anticipare la venuta di Cristo, di questo ne abbiamo discusso abbondantemente, invece in questo contesto è la vendetta divina in arrivo e Dio salverà il suo popolo dalla schiavitù, il deserto che separa Babilonia da Gerusalemme per il ritorno del popolo gioirà e fiorirà, la gloria del Signore trasformerà , la vendetta divina è contro i nemici del suo popolo, tutti saranno rinvigoriti e leggi anche che il deserto diventerà un stagno, la strada verso Gerusalemme sarà chiara a tutti e non popolata di bestie feroci, il capitolo successivo è determinante per comprendere Yeshayà’, è ovvio che il Vangelo ha usato questa scrittura a suo vantaggio come molte altre volte, Il Vecchio Testamento non ha preparato il Nuovo, ma il Nuovo fu adattato all’Antico.
dove leggi:
Mentre nel passo vi è un chiaro riferimento di quanto Yeshùa IL Figlio di Dio ha operato in Israele "(Mt 11:2-5; Lu 4:16-22)"
Intanto, il contesto storico – da cui non si può prescindere - in cui operò il profeta Isaia.
Nell’8° secolo a. E. V. l’Assiria rientrò nella storia di quel tempo sotto la possente guida di re conquistatori come Salmanasar V (727-722 a. E. V.), Sargon (722-705 a. E. V.) e Sennacherib (705-681 a. E. V.), che ad uno ad uno debellarono i loro avversari. All’inizio si creò una forte coalizione anti-assira in cui entrarono a far parte la Siria (con capitale a Damasco) e il Regno di Israele (sotto Peca), che si riversò contro il Regno di Giuda che sotto Acaz non aveva voluto aderire alla loro alleanza (733-732 a. E. V.).
In quei momenti di smarrimento Isaia raccomanda al re di avere fede, affermando che se non avessero creduto non sarebbero sussistiti. Isaia lavorò invano affinché Acaz non si appellasse all’Assiria, annunciandogli che il vero pericolo non veniva dagli invasori siro-efraimiti ma proprio dall’Assiria. Il re si rivolse invece al re assiro proclamandogli: “Io sono tuo servo e tuo figlio; sali qua e liberami dalle mani del re di Siria e dalle mani del re d'Israele, che hanno marciato contro di me” (2Re 16:7). Questo fatto provocò la reazione dell’Assiria che culminò con la devastazione di Damasco e nel 721 a. E. V. con la presa di Samaria e il crollo definitivo del Regno di Israele.
Il sollievo per Acaz, re di Giuda, fu solo temporaneo. Alla fine, “Acaz aveva spogliato la casa del Signore, il palazzo del re e dei capi, e aveva dato tutto al re d'Assiria; ma a nulla gli era giovato” (2Cron 28:21), anzi per colpa sua Giuda finì sotto il pesante giogo dell’Assiria. Isaia aveva avuto ragione.
Ma ecco che sorge in Egitto l’intrepida dinastia etiopica (25a dinastia) con la sua politica vigorosamente anti-assira che fa fremere di speranza i popoli che anelavano alla libertà dal gioco assiro. E Isaia apostrofa così l’Egitto:
“Oh, paese dalle ali strepitanti oltre i fiumi dell'Etiopia, che invia messaggeri per mare in navicelle di papiro, voganti a pelo d'acqua! Andate, veloci messaggeri, verso la nazione dall'alta statura e dalla pelle lucida, verso il popolo temuto fin nelle regioni lontane, nazione potente che calpesta tutto, il cui paese è solcato da fiumi!”. - Is18:1,2.
Acaz, trascinato dall’entusiasmo e dalla diplomazia dei suoi consiglieri, si ribellò all’Assiria – contro l’avviso di Isaia che gli raccomandava fedeltà ai patti con gli assiri. Fu allora che Sennacherib, re d’Assiria, invase fulmineamente la Palestina e dopo averne debellate le singole città, strinse Gerusalemme d’assedio (701 a. E. V.). – Is 30:15-17.
In quel tragico momento dell’assedio assiro Isaia suggerì fede in Dio, l’unico che poteva salvarli. E ancora una volta ebbe ragione. Sennacherib, che si era rivolto beffardo contro il Dio di Giuda, dovette battere presto in ritirata per una moria dovuta alla peste che invase le sue truppe.
I capitoli 34 e 35, che fanno parte del Proto-Isaia (capitoli 1-39) e sono detti “nuova apocalisse”, in due quadri grandiosi descrivono lo sterminio di Edom (cap. 34) e il ritorno a Sion (cap. 35) degli ebrei per una via santa che attraverserà il deserto, divenuto per l’occasione un roseto.
Domanda: che mai c’entra tutto ciò con Yeshùa di Nazaret?!
Grazie Gianni, siamo evidentemente molto fuori la discussione sul Logos, ma vale la pena di approfondire le due figure profetiche che hanno vissuto e commentato quella parte di storia che comprende la dominazione Babilonese e Assira e poi successivamente persiana.
Quello che segue è un commento di cui non trovo la fonte e sapete tutti bene che non amo i copia incolla, tuttavia questa è una eccezione:
Il profeta ha davanti agli occhi la desolazione dell'esilio e ancor più la desolazione di Gerusalemme e del monte Sion che è stato diroccato e distrutto. Ma agli occhi del profeta sorge un nuovo mondo, pieno di luce e di speranza. Finalmente si capovolgono le realtà di ingiustizia e di violenza. Finalmente Dio mette mano alla storia e riprende a dare speranza al suo popolo deportato. Il capitolo precedente (34) racconta l'intervento di Dio come un combattente vincitore contro Edom, il paese che nella distruzione di Gerusalemme si è affiancato come alleato ai Babilonesi. Il linguaggio drammatico della distruzione e la desolazione li si possono paragonare alle sofferenze della sconfitta di Israele. In questo capitolo si intravede la salvezza che Dio porta: le immagini sono splendide, cariche di poesia e di sogno, ma anche di progetti, di sviluppo, di fecondità, di gioia e di benessere.
Nella prima parte il mondo viene rigenerato come un giardino, quasi un paradiso terrestre e i luoghi nominati: Libano, Carmelo e Saron sono luoghi splendidi e i più rigogliosi nel Medio Oriente. Dio mostra la sua potenza sul mondo che viene rigenerato. Ma la preoccupazione prima è per chi abiterà questa magnifica casa rinnovata.
Scompaiono le infermità fisiche e spirituali: "Guariranno i ciechi e i sordi, lo zoppo e il muto festeggeranno nuovamente in pienezza il tempo" (il numero 4 ricorda l'universalità della terra).
“9 Ricordate le cose passate di molto tempo fa, perché io sono Dio e non c’è alcun’altro; sono DIO e nessuno è simile a me, 10 che annuncio la fine fin dal principio, e molto tempo prima le cose non ancora avvenute, che dico: "Il mio piano sussisterà e farò tutto ciò che mi piace,"” (Isa 46:9-10 LND).
Invece quello che segue è un riassunto di un articolo salvato che a titolo
Il libro della Consolazione L’architettura del libro di Geremia (Yirmeyà’):
Stiamo parlando di Geremia il cui vero nome è Yirmeyà, un profeta che nonostante la deportazione degli ebrei in Babilonia oltre che salvarsi personalmente dopo una breve schiavitù divenne un uomo libero visse per molti anni in Babilonia e fu anche sostentato fino alla fine dei suoi giorni, Yirmeyà’ quale oracolo di D-o è l’esempio della sua parola a discapito del Re Sedecia che viene eliminato, quasi una vocazione messianica Yirmeyà’ poetizza sul servo “ umiliato e disprezzato e condotto al macello” il servo sofferente è identificato in Israele , il modello del servo risorto dalle disgrazie è il modello che servirà al cristianesimo per il Cristo risorto, tutta la sua opera è una anticipazione messianica.
E assolutamente probabile che il racconto della sua vita sia stato scritto da qualche suo discepolo, il materiale narrativo che disponevano gli autori del libro era disomogeneo, una parte costituita dagli oracoli contro Israele e Gerusalemme, altri a consolazione del popolo ebraico , poi i racconti in prosa, scopriamo che i redattori hanno isolato e ricostruito all’interno dell’opera l’antologia positiva , nei capitoli 30-33 del libro è stato definito il “Libro della Consolazione”, sembra un libro in un libro , che sembra isolarsi dall’opera principale interrompendo la narrazione della sua storia personale per privilegiare un “senso teologico”.
Espressioni consolatorie “Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà”(31/3), “Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, Vergine Israele (4), Li condurrò a fiumi di acqua viva per una strada diritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Efraim è il mio primogenito”(31/9).
“Ascoltate popoli, la parola del Signore, annunciatela alle isole più lontane, chi ha disperso Israele lo raduna e lo custodisce come un pastore il suo gregge” (31/10).
Interessante che Yirmeyà’ è contemporaneo di Yeshàya’, fisicamente distanti ma non è escluso che si fossero anche conosciuti, questo spiegherebbe perché trasmettono lo stesso messaggio.
“Verranno e canteranno inni sull’altura di Sion, affluiranno verso i beni del Signore, verso il grano, il mosto e l’olio, verso i nati dei greggi” (31/12) , un passo celebre estratto dal cristianesimo in chiave messianica
Nell’appropriazione il grano diventa l’ostia, il vino per la messa, l’olio per la cresima.
“Una voce si ode da Rama, lamento e pianto amaro, Rachele piange i suoi figli, rifiuta di essere consolata perché non sono più”(14).
Rama era presso il quartiere di Nabuccodonossor, il punto in cui si divideva il bottino e gli schiavi catturati per spedirli nelle varie destinazioni dell’impero
Yirmeyà’ è discendente della tribù di Beniamino e bisogna anche ricordare che Rachel morì di parto dando alla luce Beniamino, secondo la tradizione fu seppellita presso Betlemme, il pianto di Rachele per gli innocenti è consolato dalla promessa di D-o, che i figli non sono perduti e ritorneranno,
“Trattieni la voce dal pianto, i tuoi occhi dal versare lacrime, perché c’è un compenso per le tue pene, essi torneranno dal paese nemico. C’è una speranza per la tua discendenza:i tuoi figli ritorneranno entro i loro confini”
Matteo citerà il versetto in proposito della strage degli innocenti e in riferimento cristologico travisando il significato originale.
“Fino a quando andrai vagando, figlia ribelle? Perché Il Signore crea una cosa nuova sulla terra:la donna cingerà l’uomo”
Interessante (e questa è una mia aggiunta) rivedere alcuni termini utilizzati da Yirmeyà’ in questa ultima espressione “La donna cingerà l’uomo”, נקבה תסבב-נבר, neqevà, “ donna” , ma intesa come “femmina”, mentre per l’uomo leggiamo ghever, che nella polisemia della radice e generatore di significati come “forte, elevato, valoroso, eroe , ecc. tsovev, circondare è un verbo utilizzato in ambito militaresco, nel senso di cingere tutto intorno a una cosa, largamente impiegato come cingere d’assedio una città, l’interpretazione secondo noi più vicina a quella di Yirmeyà’ è quella di Israele rappresentata come una figura femminile che circonda il suo eroe identificato come H.
L’agiografo nel suo stile evidenzia nella sua opera Israele come sposa infedele, adultera e prostituta che rifugge dal suo sposo divino, questo ritorno era già stato profetizzato in “Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà”(31/3), “Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, Vergine Israele (4), Li condurrò a fiumi di acqua viva per una strada diritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Efraim è il mio primogenito”(31/9).
Ovviamente il cristianesimo l’ha interpretata in versione messianica, come la vergine che abbraccia Gesù portandolo in grembo, l’unica concessione che l’interpretazione cristocentrica lascia a Israele il merito di aver generato il messia, il gigante che Israele circonda in un abbraccio
Carissimo Noiman, hai fatto un commento stupendo su Isaia. Peccato solo che tu tendi ad usare i caratteri grafici piccoli che il sistema credo abbia in automatico e la lettura ne soffre. La tua esegesi l’ho comunque letta e riletta più volte.
Quelle isaiane sono pagine stupende. Lo stile narrativo di Isaia è molto elegante, tanto che presuppone un’educazione raffinata e di classe elevata; egli era indubbiamente in relazione con persone altolocate (cfr. Is (8:2)). Vissuto a Gerusalemme, era ben al corrente dell’aristocrazia cittadina. È lui che parla del lusso della città, delle donne provocanti che camminano a piccoli passi (si legga Is 3:16,18-26 in una buona tradizione) e delle case lussuose e piene di ogni bendidio mentre i poveri muoiono di fame. - Is 5:8.
Il libro di Isaia, scritto in un ebraico classico, presenta una lingua corretta ed elegante; anche dal punto di vista stilistico è un vero capolavoro dell’età aurea della letteratura ebraica.
Isaia ci colpisce per la sua forza, elevatezza e profondità di pensiero. Il tutto è condito con delicatezza d’espressione. Le sue immagini sono corrette, varie e brillanti. Isaia possiede tutte le risorse dell’arte oratoria: suscita la sorpresa, eccita l’attenzione, mette in rilievo i punti salienti, adatta la sua lingua alle circostanze e allo scopo da raggiungere.
La sua narrativa abbonda di assonanze, di similitudini, di antitesi. Purtoppo, molte bellezze letterarie svaniscono in qualsiasi traduzione.
Chi non conosce l’ebraico ma sa leggerlo può ascoltare la musicalità di Is 26:7-9 gustandone le assonanze e il ritmo che crea una musicalità poetica.
Isaia si diede con coraggio indomito all’adempimento della sua missione profetica. Nulla lo fece indietreggiare.
Il carattere di Isaia era lontano dalle esitazioni e dai terrori di Geremia. Geremia aveva opposto resistenza. Si confronti la diversa reazione dei due alla chiamata di Dio in Ger 1:6 e in Is 6:8.
Tornando in tema, come giustamente osserva Noiman siamo ben oltre la discussione sul lògos, che comunque è e mimane il davàr di Dio e non quello della filosofia greca.
L’intreccio dissennato suggerito da Luigi tra stupendi passi del Tanàch e passi neotestamentari che nulla c’entrano mi porta a fare due riflessioni.
Da una parte emerge il solito vizio di leggere la Scrittura alla lettera (come le descrizioni poetiche isaiane!) anziché studiare.
Dall’altra viene investita la filosofia della religione e perfino la psicologia della mente religiosa. Di ciò sarebbe bene parlare, se e quando se ne presenterà l’occasione.