Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

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Daminagor
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Daminagor »

L'unica cosa su cui dissento è la presunta discussione sulla storicità dei testi.
Antonio, volevo solo dire che non esistono prove esterne ai testi che certifichino nei dettagli tutto quello che è narrato. Per intenderci, non esistono prove che Yeshùa abbia mangiato li, piuttosto che dormito là oppure detto quella o quell'altra cosa. Il fatto che Yeshùa disse o fece "storicamente" determinate cose è provabile quanto è provabile il viaggio di Dante all'inferno (passami il parallelo forzato). Restiamo sul testo e poi ognuno è libero di credere vero o meno a livello storico quello che c'è scritto.

Siccome il concetto di regno dei cieli non appartiene all'ebraismo, domando: da dove prese Yeshùa tali concetti? (vi prego non ditemi da Dio che sennò non ne usciamo più).
Esisteva forse all'epoca qualche scuola di pensiero ebraica (anche marginale) che sostenesse l'intronizzazione del messia nel regno dei cieli invece che in terra?
No...allora non sapremo mai chi ha ragione!


Armageddon non importa chi ha ragione. L'importante è non smettere di cercare ;)
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Yeshùa utilizza "regno di Dio" in vari modi. In Mt 12:28 Yeshùa dice: “se è con l'aiuto dello Spirito di Dio che io scaccio i demòni, è dunque giunto fino a voi il regno di Dio”. Qui non si tratta del regno di Dio inteso in termini di aldilà, ma piuttosto sta a significare ciò che potremmo chiamare "presenza di Dio", attiva in mezzo agli uomini. In Mr 12:34 dice: “Tu non sei lontano dal regno di Dio”; qui "regno di Dio" sembra indicare piuttosto una condizione di levatura spirituale. In Mr 14:25: “In verità vi dico che non berrò più del frutto della vigna fino al giorno che lo berrò nuovo nel regno di Dio”; qui si riferisce all'Era Messianica, il regno di Dio sulla terra, nel senso che ci ha spiegato Besàseà.

Generalmente, il regno di Dio è ricollegabile al messia. Alla venuta del messia ci sarà la risurrezione dei morti, come anche l'ebraismo insegna; la risurrezione è uno dei princìpi di fede del giudaismo stabiliti da Maimonide. È ovvio, dunque, che l'avvento del messia non sarà un semplice evento terreno, ma vedrà il verificarsi di opere straordinarie.
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Daminagor
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Daminagor »

Alla venuta del messia ci sarà la risurrezione dei morti
Non direttamente per mano del messia. Ricordo che nel giudaismo i fenomeni apparentemente inspiegabili sono sempre prodotto di fenomeni fisici ben precisi (per quanto sconosciuti) e mai di qualcosa di "magico".
La scienza in futuro potrebbe trovare il modo di resuscitare i morti. Se avessi detto ad uno scienziato del 15esimo secolo che in futuro troveremo il modo di riprodurre copie di essere viventi in laboratorio ti averebbero bruciato su un palo. Eppure...
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

La risurrezione dei santi avverrà in epoca messianica, con l'avvento del messia.

http://www.chabad.org/library/moshiach/ ... rocess.htm" onclick="window.open(this.href);return false;

I santi, gli Tzaddikim, resusciteranno immediatamente con l'arrivo del messia, gli altri dopo:

“Non vi meravigliate di questo; perché l'ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe udranno la sua voce e ne verranno fuori; quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; quelli che hanno operato male, in risurrezione di giudizio” - Gv 5:28,29

“Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba per riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all'altro dei cieli.” - Mt 24:30,31

“Essi tornarono in vita e regnarono con Cristo per mille anni” - Ap 20:4
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Non c'è mai stata nessuna sostituzione, i patti nella Torà si rinnovano, ma non sostituiscono i precedenti.
Infatti non c'è sostituzione, nel senso che il nuovo patto non annulla quello precedente. Yeshùa afferma che “finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto” (Mt 5:18); Miryam esulta dicendo: “Ha soccorso Israele, suo servitore, ricordandosi della misericordia, di cui aveva parlato ai nostri padri, verso Abraamo e verso la sua discendenza per sempre” (Lc 1:54,55); Zaccaria: “Benedetto sia il Signore, il Dio d'Israele, perché ha visitato e riscattato il suo popolo [...] Egli usa così misericordia verso i nostri padri e si ricorda del suo santo patto, del giuramento che fece ad Abraamo nostro padre” (Lc 1:68,72,73). E Paolo afferma: “un indurimento si è prodotto in una parte d'Israele, finché non sia entrata la totalità degli stranieri; e tutto Israele sarà salvato, così come è scritto: «Il liberatore verrà da Sion. Egli allontanerà da Giacobbe l'empietà; e questo sarà il mio patto con loro, quando toglierò via i loro peccati» [Is 59:20, si ricollega a Ger 31:34, “Poiché io perdonerò la loro iniquità, non mi ricorderò del loro peccato”].” (Rm 11:25-27). Is 59:21, poi, sancisce la validità del patto in ogni tempo, dunque il patto è lo stesso ma si rinnova.

Eb 8:7 non parla di sostituzione, afferma la necessità del sancimento di un secondo patto in seguito ad un primo: “se infatti il primo [patto] era senza difetto, condizione per un secondo non sarebbe stata necessaria”. Ciò si basa su Ger 31:31-34

“Ecco, i giorni vengono», dice il Signore, «in cui io farò un nuovo patto [ברית חדשה] con la casa d'Israele e con la casa di Giuda; non come il patto che feci con i loro padri il giorno che li presi per mano per condurli fuori dal paese d'Egitto: patto che essi violarono, sebbene io fossi loro signore», dice il Signore; «ma questo è il patto che farò con la casa d'Israele, dopo quei giorni», dice il Signore: «io metterò la mia legge nell'intimo loro, la scriverò sul loro cuore, e io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo. Nessuno istruirà più il suo compagno o il proprio fratello, dicendo: "Conoscete il Signore!", poiché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande», dice il Signore. «Poiché io perdonerò la loro iniquità, non mi ricorderò del loro peccato».”

Il profeta annuncia un patto nuovo e diverso dal patto istituito con i padri al tempo dell'uscita dall'Egitto. Dice: “un patto nuovo... non come il patto che feci coi padri”, dunque diverso, poiché distingue il secondo dal primo. Poi annuncia il nuovo patto: “questo è il patto che farò con la casa d'Israele, dopo quei giorni” [è nel futuro, “i giorni vengono”]: ... io metterò la mia legge nell'intimo loro...”. Ma il secondo non sostituisce il primo, dunque si tratta certamente di un rinnovamento.
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Anche del ritorno del popolo di Israel nella terra promessa avevate detto che è simbolico e questo sta scritto poco prima nel libro di Ezechiele. Ma ecco, non siamo qui, siamo tornati e abbiamo uno Stato. Avevate detto che ciò era impossibile. Che era impossibile mettersi contro tutto il mondo arabo. Ma ecco siamo qui.
Chi lo aveva detto? Certamente qualcuno che non crede alla verità di ciò che afferma la Scrittura.
Non c'è un sacrificio animale che può espiare un peccato mortale e quindi il sistema filosofico del NT non è compatibile con la Toràh.
Ma Ebrei parla proprio di questo, della necessità di un nuovo patto che sia in grado di espiare il peccato mortale proprio perché il sacrificio animale non può farlo:

“I doni e i sacrifici offerti secondo quel sistema non possono, quanto alla coscienza, rendere perfetto colui che offre il culto, perché si tratta solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, insomma, di regole carnali imposte fino al tempo di una loro riforma [il nuovo patto] ... Per questo egli [il messia] è mediatore di un nuovo patto. La sua morte è avvenuta per redimere dalle trasgressioni commesse sotto il primo patto, affinché i chiamati ricevano l'eterna eredità promessa [primo patto ancora valido]” - Eb 9:9,10,15
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Il salmo non è messianico, è un canto in onore del re
Certo, Besa. Il re. È un salmo regale. Ma questo re è benedetto in eterno e parla con parole di grazia: “Tu sei bello, più bello di tutti i figli degli uomini; le tue parole sono piene di grazia; perciò Dio ti ha benedetto in eterno.” (v.2). Rashi spiega: “Because charm is poured into your lips to instruct according to the halachah. הוּצַק means “poured,”. E i vv.6-7 come dovrebbero essere tradotti in italiano? Correggimi se sbaglio: “Il tuo trono, o Giudice, dura in eterno; lo scettro del tuo regno è uno scettro di giustizia. Tu ami la giustizia e detesti l'empietà. Perciò Dio, il tuo Dio, ti ha unto d'olio di letizia; ti ha preferito ai tuoi compagni.”. Il Giudice, qui, non è forse riferibile anche al messia re, come fa l'agiografo di Ebrei? Perché dopo dice che אלהים אלהיך (elohim eloheka, spero di aver trasltterato correttamente) ha unto il re elohim, il giudice di cui sopra, con olio di letizia. Dunque il re è supremo, scelto ed unto dal Giudice Supremo, cioè da Dio. Ma questo re sembra proprio essere speciale; è il piú speciale di tutti i figli degli uomini, il suo trono (che è il trono di Dio) dura in eterno, e la grazia è riversata nel suo insegnamento (Is 11:2). Il trono di Dio dura certamente in eterno, poiché è scritto che “Il tuo regno è un regno eterno e il tuo dominio dura per ogni età” (Sl 145:13), e “Il Signore regnerà per sempre, in eterno” (Es 15:18, cfr. Sl 9:7; 10:16).; ma qui il Giudice non può essere riferito a Dio, perché dopo dice che Dio, il suo Dio, lo ha unto. Dunque, è riferito al re, e i re non durano in eterno. Ma il regno di questo re invece si; egli siede sul trono di Davide, perché è scritto: “Stabilirò la tua discendenza in eterno ed edificherò il tuo trono per ogni età” (Sl 89:4). Naturalmente, questa è solo la mia interpretazione.
"il tuo trono è il trono di Elohim (nome proprio di persona riferito a Dio)"
Proprio questo fa Ebrei, utilizzando il Sl 45 in una esaltazione poetica del messia. La LXX traduce con ὁ θεός (ho theòs). Il paragone con Elohim non vuole uniformare il messia a Dio, ma esaltare la sua gloria e potenza in quanto il suo trono è il trono di Dio. Dove sarebbe l'idolatria nel far sedere il messia sul trono di Dio? Il re non siede forse sul trono di Dio? L'idolatria è altra cosa. Ti ho mostrato gli altri versetti dove lo stesso agiografo distingue nettamente il messia da Dio.

In Ap 3:21 il messia e i santi si siedono sul trono di Dio: “Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono.”. Solo simbolicamente, perché, in realtà, sul trono c'è seduto Uno solo: “Subito fui rapito dallo Spirito. Ed ecco, un trono era posto nel cielo e sul trono c'era uno seduto” (v.2). Questo è Hashem, perché poco dopo è scritto: “i ventiquattro anziani si prostrano davanti a colui che siede sul trono e adorano colui che vive nei secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono, dicendo: «Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza: perché tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà furono create ed esistono».” (vv.10,11).
marco
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da marco »

Come conciliare la profezia di Malachia 3,22 con quella di Geremia 31,31?
Malachia dice che fino al giorno del Signore "grande e spaventoso" l'unica legge è quella dell'Oreb.
Geremia, invece, afferma che "verranno giorni" in cui sarà imposta da Dio una nuova alleanza.
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Marco, mi pare semplicemente che Malachia profetizzi una cosa e Geremia un'altra. Malachia annuncia l'avvento di un profeta che simboleggia Elia, il quale dovrà fare un'opera di riconciliazione con Dio; Geremia invece annuncia la stipula di un nuovo patto, attraverso il quale la legge sarà "scritta nel cuore". Non mi sembra che debbano essere conciliati, perché non sono in contrasto.
marco
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da marco »

bgaluppi ha scritto:Marco, mi pare semplicemente che Malachia profetizzi una cosa e Geremia un'altra.
Si, vero. Infatti la mia domanda era provocatoria.
Tutte le profezie del VT si sono avverate con Cristo. Ognuna al proprio tempo e ruolo. Malachia parla della figura del Giovanni Battista, in cui tutti coloro che temono il Signore devono smettere di lamentarsi, fare penitenza ed osservare la legge e i precetti dell'Oreb. Durante la predicazione Cristo insegnò loro la vera legge dell'Oreb, persa durante i secoli e contaminata da precetti umani (Mr 7 1,23).
Geremia si concentra sulla nuova alleanza tramite il sangue di Cristo. Questa nuova alleanza sostituisce la legge dell'Oreb, legge di schiavitù. Gesù ha inaugurato il Regno di Dio, la Gerusalemme celeste, per coloro che sono chiamati e si trovano scritti nel libro della vita. Questo Regno non deve venire è già in atto e raccoglie uomini di tutte le tribù e nazioni.
Paolo nella lettera a Galati cap.4 descrive benissimo la funzione delle due legge paragonandole a Sara e Agar. Quest'ultima, la schiava, è il simbolo della legge dell'Oreb.

Perché allora Malachia spingere verso la legge di schiavitù (Oreb)?
Perché la conversione del popolo doveva prima avvenire tramite questa legge. Dovevano ritornare a Dio in questo modo.
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