Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Antonio LT
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Antonio LT »

Il sacrificio di Yeshùa, in virtù di un atto d'amore incondizionato in cui lui offre se stesso per tutti gli uomini (annullando il sacrificio antico e stabilendo un patto nuovo), elimina la condanna che è scaturita dal peccato adamico.
Il vero atto d amore sarebbe stato eliminare la condanna scaturita dal peccato adamico subito dopo il peccato stesso!
Perché non dare questa possibilità di redenzione subito dopo la caduta di Adamo?
Se questo è il senso e motivo del Messia Yeshua allora non si spiega tutta questa attesa...!
Se siamo tutti figli di Dio..non mi spiego perché questo sacrificio umano non è stato fatto per la salvezza di ogni uomo subito dopo il fatto di Eden!
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Sarebbe bello poter entrare nella mente di Dio.
Antonio LT
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Antonio LT »

Sarebbe bello poter entrare nella mente di Dio.
...o dell'uomo...dipende dai punti di vista! :YMSMUG:
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Per entrare nella mente dell'uomo basta un buon percorso psicologico. Io l'ho fatto e ora sto acquisendo i mezzi per comprendere e controllare la mente inconscia con quella conscia. :-)

Con i se non si va da nessuna parte.
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Gianni
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Gianni »

Ho l’impressione, Besàseà, che puntualizzando molto un certo aspetto ed essendo particolarmente rigido nelle tue osservazioni, tu voglia in ogni modo dar sempre torto. È un’impressione che ho in generale ma che noto costantemente. È come se tu volessi ogni volta stabilire la tua superiorità culturale umiliando l’interlocutore. Se così non è, perdona la mia osservazione, caro Besàseà. Ho parlato di impressione, e l’impressione non è un’accusa. Se la mia impressione è sbagliata, scusami. Ma nel contempo domandati perché la susciti. La tua superiorità culturale non è messa in discussione, però conta molto anche il modo di porsi. Il cosa e il come sono due cose diverse. Quando il come non è appropriato rimane difficile accettare il cosa (anche se è obiettivo di per sé). Questa reazione psicologica è sintetizzata nel commento che a volte si fa: “Non è tanto cosa mi ha detto ma il come lo ha detto”.

Venendo alla questione, tu osservi che “il re non è considerato figlio di Dio, è Dio che gli fa da padre”. Avresti potuto citare 1Cron 22:10 in cui Dio dice del futuro re Salomone: “Egli mi sarà figlio, e io gli sarò padre”, che in ebraico è ancora più chiaro: “Per me figlio e io per lui padre”, meglio ancora: “come figlio”, levèn (לְבֵן) e “come padre”, leàv (לְאָב). Anzi, spiegaci tu, caro Besàseà, la sfumatura giusta di quel prefisso לְ; tu magari puoi tradurlo meglio e aiutarci ad apprezzare (e gustare) di più il testo biblico. – Cfr. 1Cron 17:13, 2Sam 7:14.

Vedi, Besàseà, nella nostra cultura il termine metaforico “figlio” è preso forse troppo alla leggera; si pensi, ad esempio, all’insulso e antiscritturale “figli di Maria” del parlare cattolico.

Una cosa però è emersa. Per chi non l’avesse notato, ora possiamo capire molto meglio la reazione rabbiosa dei giudei che cercavano di uccidere Yeshùa perché “chiamava Dio suo Padre” (Gv 5:18). Nella faciloneria della concezione dei “figli di Maria”, viene da dire: “E che sarà mai?”. Nell’ambiente di Yeshùa era una bestemmia.
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Prova a riportare tutte le altre ricorrenze di "figlio di Dio" del NT
Besa, infatti volevo fare proprio questo. :-)
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

“E il tentatore, avvicinatosi, gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pani»” - Mt 4:3

Salto questa parte delle tentazioni, perché ne abbiamo già parlato a lungo. Qui sembra riproporsi la scena del giardino, in cui Eva lotta con se stessa, o col suo yetzer ra (o con il satan, ma evitiamo di rientrare nell'argomento, adesso), dunque non è un esempio che può darci indicazioni sull'uso del termine "figlio di Dio".

Il prossimo episodio è quello degli indemoniati di Gadara, che vedono Yeshùa e gridano: “Che c'è fra noi e te, Figlio di Dio? Sei venuto qua prima del tempo a tormentarci?” (Mt 8:29). Non sappiamo se gli indemoniati lo chiamarono esattamente con questo appellativo; il testo dice di si, ma potrebbe essere un espediente narrativo che Matteo usa per mettere in evidenza la messianicità di Yeshùa. Tuttavia, anche in Lc 8:28 Yeshùa è chiamato “Figlio del Dio Altissimo” dall'indemoniato. Luca e Matteo si basano su Marco, ma Marco tace su questo episodio; dunque, la fonte di Luca, qui, può essere stata Matteo oppure Pietro o altro apostolo, che erano presenti.

Non dimentichiamoci però che i Vangeli sono scritti successivamente agli eventi relativi alla vita e le opere di Yeshùa, e che, come ho specificato, lo scopo dei Vangeli è quello di diffondere la notizia sul messia nel mondo romano, in cui dominavano una cultura e un modo di pensare estranei all'ebraismo; il re era un dio o un semi-dio, comunque scelto dalla divinità per esercitare il suo potere. Non c'è da stupirsi che gli agiografi abbiano utilizzato un linguaggio che veicolasse nel modo piú immediato possibile un concetto che, altrimenti, sarebbe stato difficile da esprimere. Mi chiedo: l'uso frequente del termine "figlio di Dio", messo anche in bocca agli indemoniati e che, peraltro, Yeshùa non usa mai, non potrebbe essere una scelta precisa, dettata dall'esigenza di comunicare ed evidenziare ai lettori, per lo piú pagani, la messianicità di Yeshùa?
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

In Mt 26:61 due testimoni si presentano per accusare Yeshùa: “Costui ha detto: "Io posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni"”. In seguito a questa frase, che mette in evidenza il tema della messianicità di Yeshùa in quanto si parla di ricostruire il Tempio (che era ancora in piedi), “il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro per il Dio vivente di dirci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio»” (v.63). Qui avviene il contrario, rispetto all'episodio di Natanaele: prima il sommo sacerdote chiede a Yeshùa di rivelare se fosse il Cristo, ossia il Messia, poi il testo specifica che il Messia è il figlio di Dio.

Anche qui, dobbiamo necessariamente ricordare che gli eventi sono narrati a posteriori la glorificazione di Yeshùa, che sancisce senza ombra di dubbio la sua messianicità e intronizzazione (Rm 1:4), e che sono scritti per diffondere la notizia nel mondo pagano. Per questo, a mio parere, si insiste con il termine "figlio di Dio" (che poi la religione di stato fondata da Costantino ha usato per divinizzare il messia, secondo il costume pagano).

Aggiungo una considerazione sui vv.64,65, che seguono: “Gesù gli rispose: «Tu l'hai detto; anzi vi dico che da ora in poi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza, e venire sulle nuvole del cielo». Yeshùa non si limita a rispondere affermativamente, ma va oltre. “Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti, dicendo: «Egli ha bestemmiato; che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la sua bestemmia”. Qui accade una cosa molto interessante, che richiama cò che Besasea ci ha spiegato. Perché mai lo accusano di bestemmia? Yeshùa applica i vv. di Sl 110:1 e Dn 7:13 al messia e a se stesso, ed è per questo che viene accusato di bestemmia. Non certo per il fatto di aver dichiarato di essere il messia, ma probabilmente per aver presentato il messia (cioè se stesso) come un essere spirituale e non umano. Il messia atteso era un uomo, un re terreno potente, non un essere che scende dal cielo e quindi esiste in forma spirituale. Evidentemente, i giudei non concepivano il messia glorioso come qualcosa di soprannaturale, perché il solo pensare che in cielo possa sussistere un essere spirituale oltre a Dio costituisce idolatria, e dunque bestemmia.
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Daminagor
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Daminagor »

Non c'è da stupirsi che gli agiografi abbiano utilizzato un linguaggio che veicolasse nel modo piú immediato possibile un concetto che, altrimenti, sarebbe stato difficile da esprimere.
Ma perchè avrebbero dovuto farlo, se erano davvero ebrei?
Questa convinzione sul fatto che gli agiografi scrissero in un certo modo per farsi capire inizia a sembrarmi una scusa o un tentativo forzoso di armonizzare qualcosa.
Non dico che non sia vero, anche perchè non posso provare il contrario, però è un pò poco per giustificare il modo di esprimersi del NT e i suoi contenuti. Ok, gli ebrei assorbirono molto delle culture con cui vennero a contatto, ma fino al punto di snaturare il loro stesso messia? Forse si trattò di ebrei "controcorrente" che costruirono sul maestro Gesù una figura letteraria attingendo un pò dalla tradizione ebraica e un pò dal paganesimo per creare una figura che fosse a cavallo tra i due mondi. Purtroppo l'esito fu che la figura del Cristo non era abbastanza ebrea per gli ebrei e non abbastanza pagana per i pagani.
Inoltre, Antonio, riguardo al discorso del messia che non deve essere sconfitto, è inutile fare tante acrobazie per arrivare a dire che fu intronizzato e quindi non venne sconfitto... Le SE parlano chiaro di un re vittorioso (in terra) che porta la pace, non c'è tanto da pensarci sopra. Purtroppo Cristo non fu re per gli ebrei e tantomeno portò la pace (in realtà proprio l'opposto, vista la storia). Tutto il discorso sul messia che viene ucciso ma tornerà, è una cosa che non centra niente con l'ebraismo. Poi capisco che chi è animato dalla fede fa di tutto per raccontarsi che le cose stanno diversamente ma a conti fatti si parla di un uomo, sicuramente un grande maestro, che però non scrisse una sola riga, le cui vicende sono state narrate decine di anni dopo la sua morte, per la maggior parte da gente che non lo aveva mai visto in faccia. Il tutto con lo scopo di farsi capire da popolazioni pagane che con il messia ebreo non avevano nulla a che fare?
Il messia è una questione ebraica. Perchè mai degli ebrei avrebbero dovuto farsi capire dai romani o dai greci, che erano quanto di più lontano potesse esserci dalla cultura ebraica, riguardo il loro messia atteso da così tanto tempo?
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Giorgia
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Giorgia »

Il messia è una questione ebraica. Perchè mai degli ebrei avrebbero dovuto farsi capire dai romani o dai greci, che erano quanto di più lontano potesse esserci dalla cultura ebraica, riguardo il loro messia atteso da così tanto tempo?
Dami, scusa, ma questa affermazione? Il messia è una questione ebraica? Cioè tu dici a Dio cosa riguarda chi? Ora, non è questione di fede o non fede. Qui è questione che state persino decidendo al posto di Dio a chi deve arrivare il messaggio di Dio?

Da qui mi rivolgo a tutti, non solo a Dami.


Personalmente sto vedendo in questa discussione solo un "questo è mio tu non puoi capire" "no quello è mio e tu non ci arriverai mai"

Quello che mi aspettavo da questa discussione (illusa io, sicuramente) era uno studio delle scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica. Il fatto che gli ebrei non riconoscono in Cristo il messia, mi pareva abbastanza chiaro... non è che c'è da aprire un post per dichiararlo... siete in ritardo di circa duemila anni e 10 minuti.

Fate in modo di non metterci dentro quello che credete voi (visto che poi accusate chi crede in Cristo che ci mette sempre di mezzo la fede) e fate un'analisi del testo. Cosa vuol dire e cosa non vuol dire.
Non è argomento del forum il fatto che qualcuno accetti come messia o meno.

Un altro appunto che vorrei fare. Quando dite che "Cristo era un bravo maestro" ma non credete che sia il messia, state in realtà contraddicendovi. Lui stesso diceva di sé le cose per cui poi fu ucciso... E le motivazioni che indussero alcuni ebrei a chiedere la sua morte al posto di Barabba mi pare che non siano cambiate, non è che Cristo è tornato e ha detto: "non è vero niente, scusate, mi sono inventato tutto". Quindi di che stiamo parlando? Che per quelle stesse motivazioni ora è diventato "bravo", ma non abbastanza da essere il messia?

Boh... coerenza portami via proprio!
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