Come ho già detto, la mancanza dell'articolo è richiesta dal fatto che theòs è predicato nominale e non soggetto. Ma spiegherò piú in dettaglio questa costruzione. Come abbiamo già discusso, se mettessimo l'articolo e theòs fosse soggetto, avremmo "Dio era la parola". Ma ciò non avrebbe alcun senso in rapporto a quanto è scritto al v.3:
“Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta.”
Se theòs fosse soggetto e quindi il testo dicesse che "Dio era la parola", il v.3 direbbe che ogni cosa è stata fatta per mezzo di Dio. Quindi non fu Dio a creare, ma qualcun altro che si è servito di Dio come parola...

Per quanto riguarda invece la traduzione cara ai TdG, "un dio", non si può dire che sia necessariamente scorretta (cfr. At 28:6, sotto); in termini assoluti è corretta, ma nel nostro caso specifico potrebbe andar bene solo estrapolando il versetto dalla Scrittura; ma questo non lo si può fare. Se scegliamo di tradurre con "un dio", dobbiamo spiegare come mai lo stesso criterio non dovrebbe essere applicato in tutti gli altri innumerevoli casi scritturali in cui theòs non ha l'articolo davanti e viene sempre tradotto (da altrettanto emeriti professori) con "Dio", non "un dio". Nel caso specifico di Gv 1:1, la traduzione è obbligatoriamente senza l'articolo indeterminativo, poiché tutta la Scrittura afferma con forza che la creazione è opera di Dio, il Dio di Israele, YHWH, non di "un dio". I TdG traducono cosí per soddisfare la loro teologia binitaria, sbugiardando tutta la Scrittura.
Nelle Scritture Greche Abbiamo centinaia di casi in cui theòs non presenta l'articolo ma viene tradotto con "Dio" senza articolo indeterminativo, e il professore (con i TdG) mi vuol far credere che nel caso di Gv 1:1, invece, la traduzione "grammaticalmente corretta" è con l'articolo indeterminativo? E per quale motivo, esattamente? Le risposte possono essere: per esigenze teologiche, per ignoranza biblica, o perché cosí piace a lui. Oppure può darsi che tutti i traduttori del mondo abbiano preso un abbaglio grammaticale nel tradurre i versetti che seguono (solo alcuni tra i moltissimi) senza articolo indeterminativo:
παντὶ ῥήματι ἐκπορευομένῳ διὰ στόματος θεοῦ.
ogni parola che esce dalla bocca di (un) Dio (Mt 4:4)
μακάριοι οἱ εἰρηνοποιοί, ὅτι αὐτοὶ υἱοὶ θεοῦ κληθήσονται.
beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di (un) Dio (Mt 5:9)
οὐ δύνασθε θεῷ δουλεύειν καὶ μαμωνᾷ
non potete servire (un) Dio e Mammona (Mt 6:24)
οὐκ ἔστιν θεὸς νεκρῶν ἀλλὰ ζώντων
non è (un) Dio dei morti, ma dei viventi (Mr 12:27)
Ἀληθῶς οὗτος ὁ ἄνθρωπος υἱὸς θεοῦ ἦν
veramente quest'uomo era figlio di (un) Dio! (Mr 15:39)
τίς ἐγκαλέσει κατὰ ἐκλεκτῶν θεοῦ; θεὸς ὁ δικαιῶν
chi accuserà gli eletti di (un) Dio? (Un) Dio è colui che li giustifica. (Rm 8:33)
Tuttavia, in At 28:6 si può tradurre come piace al professor BeDuhn:
ἔλεγον αὐτὸν εἶναι θεόν
cominciarono a dire che egli era un dio.
Incredibile! Perché mai? Perché in questo caso specifico è il contesto che lo stabilisce. Infatti, gli uomini che dicevano che Paolo era un dio erano gli indigeni dell'isola di Malta, dei pagani. Ecco perché qui si può tradurre "un dio" con articolo indeterminativo. Un altro caso è in At 17:23:
Ἀγνώστῳ θεῷ
a un dio sconosciuto
Nonostante tutti i traduttori rendano con "al dio sconosciuto", qui si potrebbe benissimo tradurre con articolo indeterminativo, volendo. Di nuovo, è il contesto che ci consente questa traduzione. La frase in questione fu notata da Paolo essendo incisa su un altare ad Atene, città pagana che venerava molteplici dèi; l'altare era dedicato dagli ateniesi ad un dio sconosciuto, ossia a uno dei molti dèi che veneravano. Ma è corretto rendere anche con "al dio sconosciuto", come fanno tutti i traduttori, poiché questo non cambia il senso del discorso e perché, comunque, in italiano suona meglio.
Quindi, non si può prendere una frase e tradurla estrapolandola dal contesto; questo è ciò che fanno i cattivi traduttori o quelli che hanno interesse a farlo. Sul curriculum del professor BeDuhn leggo spesso la parola "religione". Il problema, infatti, è sempre lei: la religione, che rende anche gli uomini piú intelligenti incapaci di intendere concetti semplici.
