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Prego.
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Sono due i frammenti di papiro greco dalla Grotta 7 di Qumràn che sono stati identificati come passi delle Scritture Greche (7Q4 = 1Timoteo 3:16-4:3; 7Q5 = Marco 6:52,53). Pur restando controversi per alcuni, altri studiosi che hanno analizzato il problema del 7Q4 e del 7Q5 da una posizione neutrale sono d’accordo su un punto: tutti i tentativi di trovare una nuova identificazione del frammento 7Q5 sono miseramente falliti. Il caso è più sorprendente se prendiamo in considerazione la discussione su un altro frammento del papiro greco dalla Grotta 7 di Qumràn, il 7Q4. Questo è composto di due parti, una più lunga e una molto breve. Per un papirologo professionista ha sempre aiutato il fatto che il frammento più lungo conserva la parte in alto a destra della fine di una pagina. Ciò significa che si sa come finiscono le righe e ciò rende assai più facile la ricostruzione degli inizi, poiché l’inizio e la fine di ogni riga deve riportare il testo in sequenza. Quindi anche i papirologi che inizialmente avevano dubitato che il frammento 7Q5 fosse di Marco, hanno accettato che il 7Q4 è di 1Tm 3:16. Si tratta di un’identificazione evidente. Che cosa dunque ha fatto sorgere i dubbi recenti?
Alcuni studiosi, soprattutto Ernest A. Munro e Emile Puech, sono convinti che i testi delle Scritture Greche non avrebbero potuto essere preservati a Qumràn. Si tratta però di una decisione ideologica basata su assunzioni che potrebbero essere errate. Gli storici non dimenticano, infatti, che non esisteva un “Nuovo Testamento” quando furono scritti la prima lettera a Timoteo e il Vangelo di Marco. Quando Marco scriveva, non esisteva un genere letterario chiamato “vangelo” e non esisteva una comunità di discepoli di Yeshùa con una raccolta stabilita di lettere quando Paolo inviò le sue missive alle congregazioni e alle persone. Tutto ciò è avvenuto più tardi. Paolo, Marco e gli altri autori degli scritti che ora vengono chiamati “Nuovo Testamento” erano degli ebrei che scrivevano su un ebreo – Yeshùa il consacrato – e i loro primi lettori erano ebrei, con alcuni non ebrei come ulteriore e più ampio pubblico di lettori.
Ebrei scrivevano per gli ebrei su un ebreo: è certo che gli ebrei leggevano tali testi ed è un’ovvia conclusione che gli ebrei di Qumràn, gli esseni, fossero particolarmente interessati a questi documenti. Dopo tutto essi stessi stavano aspettando l’arrivo del messia e l’avvento degli ultimi giorni. Essi dovevano aver studiato questi documenti di un movimento messianico rivale – un movimento che affermava che il messia era giunto e che era Yeshùa di Nazaret.
È un fatto evidente che la grotta 7 era situata oltre i quartieri residenziali di Qumràn. Chiunque voleva raggiungere questa grotta doveva passare davanti agli uffici della comunità. La grotta 7 era sorvegliata, e soltanto le persone con buone credenziali, i pii esseni, vi avevano accesso. Dopo tutto, questa grotta conservava testi “pericolosi” di un movimento messianico rivale che proclamava Yeshùa come il messia da lungo tempo atteso.
Per questo motivo vi sono esperti ebrei dei rotoli del Mar Morto (come Shemaryahu Talmon) che affermano che Qumràn era il luogo più naturale in cui i primi scritti relativi a Yeshùa venivano raccolti e studiati. Talmon ha anche affermato che l’esistenza di una copia del Vangelo di Marco – un Vangelo senz’altro scritto prima del 68 E. V., quando Qumràn fu occupata dai romani – deve essere data per scontata, anche se il frammento 7Q5 non fosse mai stato trovato e identificato.
In altre parole, le tesi contro una collezione relativa a Yeshùa a Qumràn e, in particolare, le recenti tesi contro il 7Q4, non possono avere valore storico e teologico. A parte l’ideologia, l’unico motivo perché tali tesi dovrebbero essere discusse è semplicemente papirologico: esistono davvero delle ragioni dal punto di vista della papirologia per dubitare che le lettere e le righe sul frammento 7Q4 non sono conformi al testo della prima lettera a Timoteo 3:16–4:3?
Prima di tutto deve essere categoricamente affermato che un’identificazione del 7Q4 con la prima lettera a Timoteo non pone alcun problema testuale. Vi sono soltanto due variazioni rispetto al testo greco moderno stampato e queste sono normali varianti degli scribi, ben note e ben attestate da numerosi papiri antichi. Nessun filologo classico vede alcun problema in ciò. Se Munro e Puech suggeriscono piuttosto dei passaggi dal libro non biblico di Enoc, utilizzando a sostegno di ciò ulteriori frammenti dalla grotta 7, dobbiamo porci una domanda diretta: il loro suggerimento rappresenta davvero un passo in avanti, oppure si tratta puramente di un tentativo disperato da parte di chi semplicemente non può e non vuole accettare che un frammento della prima lettera a Timoteo sia stato trovato in una grotta di Qumràn?
Per chiunque abbia studiato i frammenti originali della grotta 7, la risposta è chiara: l’identificazione del 7Q4 e di altri piccoli pezzi dalla grotta 7 con Enoc 103 è pura fantasia, non un fatto. Dal punto di vista storico non è affatto sicuro che sia esistita una traduzione greca di Enoc prima del 68 E. V.. Dal punto di vista papirologico, le lettere sui frammenti non corrispondono in ogni caso a Enoc. Munro e Puech devono inventare dei collegamenti che non esistono, e lettere che non ci sono. Le analisi al microscopio hanno indicato che in particolare il suggerimento di Puech è basato su disegni falsificati. Per dirla in termini inequivocabili: egli ha falsificato l’evidenza.
Ulteriori frammenti dalla grotta 7 corrispondono alla prima lettera a Timoteo. Il frammento 7Q11 concorda con 1Tm 2:15–3:1; il 7Q12 può essere identificato con 1Tm 3:1,2; il frammento 7Q13 è 1Tm 3:15 e il 7Q14 corrisponde a 1Tm 3:7. In altre parole, appare ora che il frammento 7Q4 non è la sola evidenza per questa epistola. Il 7Q4 è stato ampliato dai frammenti 7Q11, 7Q12, 7Q13 e 7Q14, e ora possediamo una sequenza impressionante: questa lettera pastorale, scritta prima del 68 E. V., era stata studiata a Qumràn, e i passaggi dai capitoli 2, 3, e 4 sono sopravvissuti in meno di sei frammenti. Questo avvalora l’esistenza di Marco già nel 50 E. V..
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.Besàseà ha scritto: Però prima ho bisogno che qualcuno risponda a queste semplici domande:
1) Dove il nuovo testamento parla di ritorno degli israeliti nella loro terra promessa?
2) Dove presenta che il popolo di Israel è un popolo eterno, che non sarà mai distrutto?
3) Dove si parla di riedificazione delle vecchie rovine della terra di Israel nel nuovo testamento?