C'E VITA DOPO LA MORTE?

noiman
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Re: C'E VITA DOPO LA MORTE?

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Enigma
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Re: C'E VITA DOPO LA MORTE?

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Antonino ha scritto:Carissimo Enigma, il "soffio" potrebbe tranquillamente essere l'ossigeno presente nell' aria il quale per grazia di Dio permette di far vivere sia gli uomini che gli animali. Cosa ne pensi?
Penso che se fosse solo aria non era il caso che Dio soffiasse, l'aria era già presente. Quel soffio lo considero più che semplice aria, lo concepisco come la corrente che fa accendere una lampadina. La persona quando muore, non muore perché gli manca l'aria, come la lampadina quando si fulmina non è perché la corrente non c'è più, la corrente continua ad esserci, è la lampadina che è morta. Scusa il paragone, ma è l'unico che mi viene per farmi capire, non è possibile per me andare nel profondo per spiegare il soffio di Dio, lo vedo umanamente impossibile, quindi mi avvalgo di questi poveri paragoni.
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Enigma
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Re: C'E VITA DOPO LA MORTE?

Messaggio da Enigma »

emiliano ha scritto:Caro Enigma non credo si parli di persona che torna Dio ma di energia. Il concetto di Palazzo prevede la comprensione della lettera ebraica He e credo che abbia poco a che fare con il corpo umano.
Allora non ho capito niente di quello che ho letto. Ho inteso male, io credevo che Noiman per palazzo volesse intendere un corpo che viene abitato dalla persona. Penavo che Noiman avesse detto questo perché era d'accordo con il discorso di Antonella. Hai visto cosa fa l'ignoranza? :mrgreen:
noiman
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Re: C'E VITA DOPO LA MORTE?

Messaggio da noiman »

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Enigma
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Re: C'E VITA DOPO LA MORTE?

Messaggio da Enigma »

francesco.ragazzi ha scritto: In tal caso quest'energia ritorna a Dio nel senso che si ricompone all'energia di Dio che permea l'intero universo.-
L’energia che ritorna a Dio, o detto biblicamente, “lo spirito torni a Dio che l’ha dato” (Ecclesiaste 12:7), potrebbe anche intendersi che solo Dio può ricordarsi della persona morta e riportarla in vita, esattamente come avvenne a Yeshùa che morendo disse: “Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio” (Luca 23:46). Per come la vedo io, Yeshùa non stava mettendo niente nelle mani del Padre, era solo un modi come dire che si affidava a Dio per essere riportato in vita.
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Gianni
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Re: C'E VITA DOPO LA MORTE?

Messaggio da Gianni »

Caro Noiman, la questione è indubbiamente complessa. Credo però che occorra scindere bene i concetti dell’ebraismo attuale da quello antico e biblico. L’idea ebraica di un’anima immortale entrò a far parte dell’ebraismo solo quando esso incontrò la filosofia greca e ne fu contaminato.
Il Qohèlet afferma che alla morte lo spirito torna a Dio (Ec 12:9; v. 7 nel Tanàch e in alcune versioni). Si tratta dello spirito רוּחַ (rùakh), che qui ha il senso di alito vitale o respiro.
La vita (umana e animale) dipende dal processo respiratorio. Lo afferma anche la Bibbia: “Tu ritiri il loro fiato [רוּחַ (rùakh)] e muoiono”. Tuttavia, la vita, sebbene sostenuta dalla respirazione, è qualcosa di più. Fisiologicamente, una volta che la persona cessa di respirare, la vita rimane ancora per un certo tempo nelle cellule. È proprio per questo fatto che è possibile rianimare una persona e trapiantare i suoi organi. È solo quando la forza vitale (e non il respiro) si spegne che è del tutto impossibile prolungare la vita. Quando le cellule perdono la loro forza vitale, non esiste quantità di ossigeno che possa ravvivarle.
Tale forza vitale è data sia agli umani sia agli animali. È detto in Gn 7:22,23, relativamente al Diluvio: “Tutto quello che era sulla terra asciutta e aveva alito di vita [נִשְׁמַת־רוּחַ חַיִּים (nishmàt-rùakh khayìym), “alito di soffio di vita”] nelle sue narici, morì. Tutti gli esseri che erano sulla faccia della terra furono sterminati: dall'uomo fino al bestiame, ai rettili, e agli uccelli del cielo; furono sterminati sulla terra”.
Il neshamàh come contrassegno dell’uomo vivo a differenza di quello morto viene stabilito in Gb 27:3:
“Il mio alito è ancora tutto dentro di me,
e lo spirito di Dio è nelle mie narici”. – TNM.
La prima parola, tradotta “alito”, è nell’ebraico נשמה (neshamàh), che qui sarebbe meglio tradurre con “respiro”. La seconda parola, tradotta “spirito”, è רוח (rùakh), che qui sarebbe meglio tradurre con “alito”.
Quando si racconta del figlio malato della vedova di Sarepta, in 1Re 17:17, si dice che la sua malattia lo aveva talmente spossato che alla fine nessun neshamàh restava in lui, e così subentrò la morte. “Dopo queste cose avvenne che il figlio della donna, la padrona della casa, si ammalò, e la sua infermità fu così grave che non gli restò respiro [נשמה (neshamàh)]” (TNM). È evidente che qui la parola neshamàh sta ad indicare la vita. Quando non gli resta più respiro, muore.
Questo significato di “vita” è chiaro in Gs 11:11: “Colpivano tutte le anime [kol-hanèfesh] che erano in essa col taglio della spada, votando[le] alla distruzione. Non si lasciò nessuna cosa che respirava” (TNM). “Cosa che respirava” è un giro lungo per tradurre נשמה (neshamàh). “Non si lasciò nessun respiro” è una traduzione letterale che mal si comprende. “Non vi restò anima viva” di NR rende l’idea ma non è letterale. Una buona traduzione potrebbe essere: “Nessuna vita fu risparmiata”, in cui neshamàh assume il significato di “vita”.
In riferimento alla “vita”, neshamàh – richiamando il respiro – è evidentemente più preciso di nèfesh. Il significato di “essere vivente” è nella radice di neshamàh. Tale significato matura quando neshamàh diventa l’oggetto di esecuzione in Gs 10:40: “Giosuè colpiva tutto il paese della regione montagnosa e il Negheb e la Sefela e le pendici e tutti i loro re. Non lasciò rimanere alcun superstite, e tutto ciò che respirava lo votò alla distruzione” (TNM). Ancora una volta TNM preferisce il giro di parole “ciò che respirava” per tradurre נשמה (neshamàh). Anche qui viene distrutta ogni “vita” umana.
Il termine è usato anche al plurale. Le “le creature che respirano” di Is 57:16 in TNM sono i neshamòt della creazione di Dio, gli “esseri viventi”.
Con ciò possiamo dire che in ebraico l’essere vivente è definito come un essere che ha respiro.
Nel passo di Pr 20:27, però, sembrerebbe che questo significato fondamentale vada dimenticato. Infatti, NR traduce: “Lo spirito [neshamàh] dell'uomo è una lucerna del Signore, che scruta tutti i recessi del cuore”. È ovvio che possa essere solo lo spirito umano che scruta, non il respiro o alito come in TNM: “L’alito dell’uomo terreno è la lampada di Geova, che scruta attentamente tutte le parti più interne del ventre”. Come può un “alito” scrutare? Tuttavia, ammettere qui neshamàh come lo spirito umano che indaga costituirebbe davvero un’eccezione, dato che anche per rùakh sarebbe un significato inconsueto. D’altra parte, la logica ci obbliga a scartare il respiro come indagatore dell’interiorità. Esaminando meglio in testo la nostra attenzione cade sull’inizio del versetto: נֵר יְהוָה (ner Yhvh). Ner significa “lucerna”, e così viene tradotto. Il dubbio è che si tratti di un errore del copista. Anziché scrivere נצר (nòtser) lo scriba avrebbe scritto נר (ner), tralasciando la lettera צ (ts) e creando così una frase senza senso. Nòtser significa “colui che veglia”, come in Pr 24:12: “Colui che veglia [נצר (nòtser)] su di te non lo sa forse?” e come in Gb 7:20: “Se ho peccato, che posso compiere contro di te, Osservatore [נצר (nòtser)] del genere umano?” (TNM). La frase di Pr 20:27, ricostruita, suonerebbe: “Yhvh, colui che veglia sul respiro dell’uomo, scruta le oscurità del corpo”. Il che avrebbe un senso, creandosi anche il parallelismo respiro-corpo: Dio è contemporaneamente colui che veglia e scruta la sua creatura. Il significato fondamentale di neshamàh è così riscoperto.
Il respiro come contrassegno della vita mostra l’essere umano in inscindibile connessione con Dio. Tutto l’essere umano è materiale, anche se creato da Dio stesso. Come essere vivente è debitore del conferimento del respiro da parte di Dio. I primi libri della Bibbia, perciò, non parlano mai del respiro di Dio. Resta tuttavia da considerare che in almeno otto passi (in libri biblici più tardivi) ciò avviene.
In Giobbe è spesso menzionato. In 33:4, stando a NR, si legge: “Lo Spirito [rùakh] di Dio mi ha creato, e il soffio [neshanàh, “respiro”; TNM: “alito”] dell'Onnipotente mi dà la vita”. In 34:14 è detto che Dio può richiamare il neshamàh umano. In 32:8 è detto che è il neshamàh di Dio che rende saggi! In 37:10 il respiro di Dio forma il ghiaccio! Il respiro di Dio non è solo una forza creatrice; il suo alito porta anche il giudizio: “Periscono mediante l’alito [neshanàh] di Dio”. - 4:9, TNM; cfr. 2Sam 22:16; Is 30:33.
Del respiro degli animali non si parla mai espressamente. Solo in Gn 7:22 se ne accenna.
Compito di ogni respiro umano è la lode di Dio: “Ogni cosa che respira [ebraico: “ogni respiro”], lodi Iah”. - Sl 150:6, TNM.
Perciò, ogni respiro come funzione fondamentale della vita umana dovrebbe tenere unito l’uomo al suo Creatore.

Cara Antonella, la risurrezione di Lazzaro è un fatto storico. Gli si possono attribuire tutti i significati che si vuole, ma rimane il fatto storico. Come tu giustamente ricordi, Giovanni stesso dice di aver scritto suo Vangelo per suscitare la fede in Yeshùa. Stabilire la fede su fatti non veri e solo allegorici non avrebbe senso; sarebbe solo credulità religiosa. La fede si basa su fatti reali. E la risurrezione di Lazzaro lo è.
Quanto alla presunta vita dopo la morte, le tue idee (o speranze?) trovano ampio seguito nelle religioni, ma non nella Scrittura. La morte è una tragedia che l’essere umano respinge; ciò mostra come in lui sia innata la spinta alla vita. Tutti, più o meno, viviamo con la non realistica idea che la morte non ci tocchi. In verità, ogni vita è un conto alla rovescia chi inizia con il primo vagito del neonato. Il nostro rigetto della morte fa umanamente supporre (o sperare?) che la vita continui chissà come dopo la morte. Questa credenza religiosa può essere di consolazione, ma è un inganno. L’unica possibilità di vita dopo la morte è la risurrezione. La credenza pagana di una vita dopo la morte, accolta dalle religioni, ha dovuto affrontare il problema della retribuzione, così ha creato delle categorie (paradiso, inferno, purgatorio) che sono del tutto estranee alla Bibbia; siccome poi rimaneva il problema dei bambini morti, per i quali non avrebbe senso la retribuzione, data la loro innocenza, si è creata una quarta categoria (il limbo). Tutto ciò è assurdo. È triste vedere come la gente, per consolarsi, ricorra a tanta menzogna. Gli antichi egizi mettevano nel sepolcro dei loro cari cibi e bevande perché i defunti avessero di che nutrirsi; oggi non si fa più, ma l’idea di una presunta vita dopo la morte è rimasta la stessa. Pagana e menzognera come allora. Ancora oggi, le religioni, figlie del paganesimo, rimangono ancorate alle favole, ma intanto fomentano la follia umana, “facendo morire coloro che non devono morire e facendo vivere coloro che non devono vivere”. - Ez 13:19.
Antonella

Re: C'E VITA DOPO LA MORTE?

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Antonella

Re: C'E VITA DOPO LA MORTE?

Messaggio da Antonella »

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stella
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Re: C'E VITA DOPO LA MORTE?

Messaggio da stella »

Antonella ...io avrei tutta la notte a disposizione ,ma sono a corto di argomenti ,,e poi resto spiazzata difronte ai vostri interventi ...
Anzi resto senza parole ,ma solo pensierosa ...si forse ha ragione Gianni non accettiamo la morte ed allora ecco che cerchiamo uno spiraglio un qualcosa che ci fa aggrappare alla speranza ...behh ma accontentiamoci ....un sonno profondo ..di cui un giorno ci sveglieremo .... :) ...
Ho capito bene? ..
l,anima mia. ha sete del Dio vivente
stella
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Re: C'E VITA DOPO LA MORTE?

Messaggio da stella »

A si Giovanni ...dove eravamo ;)

...nel pensiero di Dio ....
l,anima mia. ha sete del Dio vivente
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