CHIUNQUE NOMINA IL NOME... SARA' SALVATO

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Antonino
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Re: CHIUNQUE NOMINA IL NOME... SARA' SALVATO

Messaggio da Antonino »

Nessuno ha intenzione di invocare un nome di cui si sconosce la pronuncia, sia chiaro! Ma credo che ci sia una precisa volontà che non è Divina ad occultarlo!
Gianni ha scritto:Nel linguaggio semitico (che è quello della Bibbia) il nome indica la realtà della persona, l’essere costitutivo, la sua essenza: “Come è il suo nome, così è lui”. - 1Sam 25:25.
Una domanda mi sorge spontanea: Come faccio a realizzare la persona Divina se non ne conosco il Suo nome Anagrafico?
Il Nome, non soltanto nel linguaggio semitico indica la realtà della persona. Io mi chiamo Antonino, dietro il mio nome coesiste tutta la mia realtà che può conoscere solamente chi mi conosce realmente! Cosa voglio dire? Ovviamente conoscere un nome anagrafico non comporta nessuna miglioria nel caso di Dio a livello spirituale! Ma conoscere il nome, ovvero l'imprinting che ci è stato dato attraverso la testimonianza del Re Yeshùa è imperativo per la salvezza!
Abbiamo ben compreso che Romani 10:13 fa riferimento chiaramente al Dio unico, YHWH......... Leggendo i versi successivi dovremmo un'attimo riflettere tutti:
Paolo scrive: Infatti chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato. [Romani 10:13 INR] Citazione a Gioele 2:32
Come continua dopo?
Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c'è chi lo annunzi? E come annunzieranno se non sono mandati? Com'è scritto: "Quanto sono belli i piedi di quelli che annunziano buone notizie!" Ma non tutti hanno ubbidito alla buona notizia; Isaia infatti dice: "Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?" Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo. [Romani 10:14-17 INR]

Yeshùa, L'Unto da YHWH è colui che ha fatto conoscere il Padre!
Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito figlio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere. [Giovanni 1:18 INR]
Nessuno può invocare la realtà della persona di Yhwh se non ha conosciuto il Figlio!
Shalom
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
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Michele
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Re: CHIUNQUE NOMINA IL NOME... SARA' SALVATO

Messaggio da Michele »

Non sono d'accordo Antonino,
l'essenziale è conoscere il vero Dio. Poi che lo si faccia attraverso Gesù, oppure che lo si faccia nell'intimo del nostro cuore, senza averlo ancora conosciuto, non credo che cambi molto.
E ciò viene dimostrato dal fatto e dai versetti che tu stesso riporti. Gesù venne a far conoscere Dio il Padre e non se stesso. Lui volle farlo conoscere, Lui che era stato a contatto diretto (non sappiamo come) con il Padre, volle rivelarlo a noi. Infatti è attraverso il racconto di Gesù del Padre che noi sappiamo il profilo (per quanto ci è possibile) di Dio, anche senza conoscere il suo vero nome, che tra l'altro, secondo me è molto relativo.
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Antonino
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Re: CHIUNQUE NOMINA IL NOME... SARA' SALVATO

Messaggio da Antonino »

Michele ha scritto:l'essenziale è conoscere il vero Dio. Poi che lo si faccia attraverso Gesù, oppure che lo si faccia nell'intimo del nostro cuore, senza averlo ancora conosciuto, non credo che cambi molto.
Qui sta l'inghippo........ Secondo ciò che credo Yeshùa è il mezzo essenziale ed insostituibile per conoscere YHWH!
Uomini e donne, danno la personale interpretazione di un dio al quale arrivano per mezzo dei personali ragionamenti! Infischiandosene della proclamazione fatta dal Figlio Suo!

Personalmente e dico "personalmente" non credo che Yhwh possa esser conosciuto oltre quello che ha rivelato il Figlio ;)
Non intendo tutte le speculazioni Theos-logiche che i vari Theos-logi hanno stilato nel corso dei secoli! Mi riferisco al messaggio semplice e puro che il Figlio ha rivelato!
Chi è veramente puro di cuore (pensieri), chi è povero in spirito (le intenzioni e gli intenti)....... potrà vedere Yhwh! Potrà ereditare il regno dei cieli......... Dal mio canto non ho tale presunzione e vivo la mia vita al giorno.... Sperando che un dì (parlo per eccesso): Pecora o Capra, mi rallegrerò vedendo istituire il regno di Yhwh!
Forse parlo con ipocrisia (non so) ma al momento questo è il mio fermo proposito...... i fatti alla fine parleranno da se ;)
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Gianni
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Re: CHIUNQUE NOMINA IL NOME... SARA' SALVATO

Messaggio da Gianni »

Caro Antonino, Dio è tutto e oltre il tutto. Forse per questo non ha un nome. L’espressione “Colui che è”, va intesa come l’Essere in continuazione ed eternamente. Parlare di sua essenza è riduttivo, ma la se diamo alla parola la valenza di essere, ciò ha più senso: Dio è l’essere ed è Colui che causa l’essere.
Per quanto riguarda il pensiero ebraico, il nome di una persona indica la sua essenza e la sua realtà. L’angelo dice Miryàm, la futura mamma di Yeshùa: “Tu gli dovrai mettere nome Yeshùa [= Yah salva], poiché egli salverà il suo popolo dai loro peccati” (Mt 1:21). Ma non poteva chiamarsi Beniamino o Simone e salvare lo stesso il suo popolo? Per l’occidentale sarebbe stato indifferente; per l’ebreo, no.

Caro Michele, è curioso che tu dica che Yeshùa era stato a contatto diretto con Dio e poi aggiunga che non sappiamo come. È una contraddizione. Se non lo sappiamo, come facciamo a dire che fosse stato a contatto diretto prima di nascere?
Quanto al conoscere Dio, occorre capire cosa vuol dire conoscere in senso biblico.
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Antonino
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Re: CHIUNQUE NOMINA IL NOME... SARA' SALVATO

Messaggio da Antonino »

Ma la scrittura quando fa riferimento al tetagramma, si sta riferendo a nessuno?
Non possiamo affermare Che non conosciamo la pronuncia di tal nome (il tetagramma) e poi affermare che Dio non ha un nome!
Questa è contraddizione, bella e buona!
Tu stesso Gianni hai avuta la premura di affermare che una certa Bibbia (non ricordo quale) ai versi citati di Romani e Atti, riporta il tetagramma ad avvalorare che si stava scrivendo inequivocabilmente di Dio (Yhwh) e non di Yeshùa!
Ora, non si può avere un atteggiamento di convenienza per alcuni versi e per altri no!
La coerenza è il principio di ogni uomo retto. Converrai con me che nelle tue affermazioni sei stato discordante!
Una realtà come Dio (Yhwh), non può essere manifesta nell'anonimato! Una realtà è tale quando vi sono dei connotati ben visibili, dei tratti distintivi che si possono vedere e toccare! Ovviamente, Yhwh non può essere contenuto n'è visto! Ma è altrettanto vero che lo abbiamo conosciuto attraverso l'opera del Figlio!
Vorrei precisare: mi guardo bene dall'affezionarmi ad una pronuncia di un nome, ricercando in esso una qualche pratica di salvezza!:mrgreen: Ma! Inconfutabilmente, il tetagramma "YHWH", dove non si ha nessuna certezza su come vocalizzarlo, comunque è quel nome, attributo biblico nel quale si manifesta la realtà della persona. Non solo la realtà ma anche il suo compito, destino, ministero......... Io Sarò, questo è il Suo significato! Il Suo compito! Il Suo Ministero........... Forse rende meglio la TNM: Io mostrerò d'essere, ciò che sono!.......... Ah! Quale dolce dimostrazione, pienamente rivelata è quella che abbiamo avuto nel Figlio Suo?

Dico questo affinché nessuno vi inganni con parole seducenti; perché, sebbene sia assente di persona, sono però con voi spiritualmente, e mi rallegro vedendo il vostro ordine e la fermezza della vostra fede nell'Unto. Come dunque avete ricevuto L'Unto Yeshùa, il Signore, così camminate in lui; radicati ed edificati in lui, saldi nella fede, come vi è stata insegnata, e abbondando nel ringraziamento. Guardate che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vani raggiri secondo la tradizione degli uomini e gli elementi del mondo e non secondo L'unto; perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità; (Lettera ai Colossesi 2:4-9 NR06).......
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
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Gianni
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Re: CHIUNQUE NOMINA IL NOME... SARA' SALVATO

Messaggio da Gianni »

Caro Antonino, non sono stato incoerente, e ti spiego perché. Avevo anche scritto, infatti, che in assenza di un nome Yhvh divenne il Nome di Dio. È il caso di ripercorrere un po’ la storia.
Mosè, attribuendo la sua domanda agli ebrei, domandò a Dio: “‘Qual è il suo nome?’ Che dirò loro?” (Es 3:13). Mosè vuol sapere il nome di Dio. Ma non lo sapeva già? Tutti gli ebrei si erano sempre riferiti a Dio come a Yhvh. Evidentemente Mosè era consapevole che quella formula non era proprio un nome, ma era il modo misterioso con cui ci si doveva riferire a Dio. Ma il suo nome, quello vero? Vista la confidenza con Dio - di cui Mosè godeva fino al punto che Dio parlava “a Mosè faccia a faccia, proprio come un uomo parlerebbe col suo prossimo” (Es 33:1) - egli osa la domanda. Certo con prudenza, usando un giro di parole e attribuendo la domanda ad altri: “Supponiamo che . . . ed essi realmente mi dicano: ‘Qual è il suo nome?’ Che dirò loro?”. - Es 3:13.
Gli angeli furono riottosi nel rivelare il proprio nome e, di fatto, non lo rivelarono. Come avrebbe risposto Dio?
“A ciò Dio disse a Mosè:” (v. 13). Si noti molto attentamente, ma davvero molto attentamente. “A ciò”, cioè alla richiesta di Mosè, Dio “disse”. La Bibbia dice che in realtà Dio non rispose alla richiesta di Mosè. Ma “disse” qualcosa. Per tutta risposta, Dio “disse”: “IO MOSTRERÒ D’ESSERE CIÒ CHE MOSTRERÒ D’ESSERE”. - V 14, il maiuscoletto è di TNM.
Qui occorre fare bene attenzione. Dobbiamo esaminare la frase di Dio nell’originale per comprenderla dovutamente.
אהיה אשר אהיה
ehyèh ashèr ehyèh
sono/sarò colui che sono/sarò
La locuzione divina non è l’espressione con cui Dio chiama se stesso. In verità, Dio qui non sta chiamando se stesso: se così fosse i Testimoni di Geova userebbero questo “nome” e non “Geova”. Dio sta invece rispondendo alla domanda di Mosè, ma non per dare il suo nome. Come tutta risposta a Mosè che vuol sapere il suo nome, Dio dice: “Sono chi sono” (traduzione letterale dall’ebraico). Coglie nel segno Rotherham traducendo “Io diverrò qualunque cosa mi piaccia”. In pratica, Dio sta dicendo a Mosè: Domandi il mio nome? Io sarò quel che vorrò. Modo elegante e istruttivo per dire che il suo nome non lo farà sapere. Di fatto – lo si noti – Dio non risponde a Mosè soddisfacendo la sua domanda. Il suo nome non lo dice. Per tutta risposta dice che sarà chi gli pare.
Dio risponde così a Mosè per dirgli che il suo nome non lo dirà. Il contesto, se lo si legge bene, indica proprio questo. Nei confronti degli altri Dio sarà semplicemente quel che vorrà essere.
Fin qui, quindi, abbiamo che:
1. Mosè, prendendola alla larga, domanda a Dio il suo nome.
2. Dio non glielo rivela, ma per tutta risposta gli dice che sarà chi sarà.
Si noti bene ora come prosegue il racconto. Dopo aver detto a Mosè che sarà chi vorrà, Dio aggiunge: “Devi dire questo ai figli d’Israele:” (v. 14). Qui Dio sta per dare una risposta alla preoccupazione di Mosè, che aveva ipotizzato: “Supponiamo che . . . essi realmente mi dicano: ‘Qual è il suo nome?’ Che dirò loro? (v. 13). Dio ora dice a Mosè ciò che deve dire a chi glielo domandasse: “Devi dire questo ai figli d’Israele: IO MOSTRERÒ D’ESSERE mi ha mandato a voi”. V. 14, il maiuscoletto è di TNM.
In pratica, Dio vuole che Mosè dia al popolo la stessa risposta che lui stesso aveva appena ricevuto da Dio. Ma qui c’è una variante. La prima espressione di Dio (“Io sono chi sono”) qui viene abbreviata: אהיה (ehyèh), “Io sono”.
È ora il caso di vedere più da vicino questo verbo. Ehyèh deriva dal verbo ebraico hayàh, che può significare “divenire; mostrar d’essere”. Questo significato è però molto secondario. Il significato principale di hayàh è “essere”. Perché non ci siano dubbi ci si può riferire al Dizionario di ebraico e aramaico biblici a cura di J. A. Soggin, uno dei massimi esperti mondiali di ebraico biblico, relativo al verbo ebraico היה (hayàh). Come si nota in tale autorevole dizionario, il significato “divenire” appare solo al quinto posto. In quanto al tempo, la forma verbale heyèh (אהיה) è all’imperfetto, prima persona singolare. L’espressione heyè, e quindi l’intera locuzione ehyèh ashèr ehyèh, può essere tradotta non solo “io sarò”, ma anche “io sono”, dandogli però il senso non compiuto che è proprio del tempo imperfetto ebraico (“Io continuo a essere”). Si vedano le versioni CEI, Diodati; Nuova Diodati e Nuova riveduta, che hanno “Io sono”.
Questa traduzione è più conforme al contesto. Alla domanda di Mosè su quale sia il nome di Dio, tutto ciò che egli ottiene in risposta da Dio è: “Io sono chi sono”. Dio è chi vuole essere. Così, anche la successiva abbreviazione - heyèh (אהיה) – va intesa: “Io sono”.
Il racconto biblico prosegue con Dio che ribadisce la risposta che Mosè deve dare al popolo: “Quindi Dio disse ancora una volta a Mosè: ‘Devi dire questo ai figli d’Israele:’” (v. 15). Ora qui c’è tutto il nocciolo della questione, quindi esamineremo molto attentamente il testo biblico.
Partiamo dalla traduzione che ne fa TNM: “Devi dire questo ai figli d’Israele: ‘Geova l’Iddio dei vostri antenati, l’Iddio di Abraamo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe, mi ha mandato a voi’. Questo è il mio nome a tempo indefinito, e questo è il memoriale di me di generazione in generazione” (v. 15). Qui, in questa traduzione, appare che “Geova” sarebbe il “nome” di Dio. Non dice forse Dio stesso, subito dopo, “questo è il mio nome”?
Come studiosi, dovremmo sempre andare a fondo. Di enorme importanza, come sempre, è il contesto. E il contesto finora ci ha detto che, alla richiesta di Mosè, Dio dà una risposta che non è la risposta attesa da Mosè. Anziché rivelare il suo nome, Dio dice: “Io sono chi sono”. Non solo. Dio dà anche ordine a Mosè di riferirsi a lui, parlando al popolo ebraico, con l’espressione “Io sono”, che è esattamente la forma precedente abbreviata. Per la seconda volta, Dio dice a Mosè quali sono le parole che deve usare con gli ebrei. Rileggiamolo, ma questa volta riferendosi direttamente anche alla Scrittura, non solo ad una traduzione.
Vediamo il testo di TNM, ma sostituendo a “Geova” la parola ebraica presente nella Scrittura: “Dio disse ancora una volta a Mosè: ‘Devi dire questo ai figli d’Israele: יהוה [yhvh] l’Iddio dei vostri antenati, l’Iddio di Abraamo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe, mi ha mandato a voi’”.
Si noti che, all’inizio del versetto, la frase che introduce le parole di Dio è: “Dio disse ancora una volta a Mosè”. Ciò indica in modo molto chiaro che il concetto era già stato presentato a Mosè. Se vogliamo capire il senso di quel יהוה (yhvh) dobbiamo paragonare la prima espressione alla seconda.
• Prima espressione: “Devi dire questo ai figli d’Israele: אהיה [ehyèh] mi ha mandato a voi’”.
• Seconda espressione: “Dio disse ancora una volta a Mosè: ‘Devi dire questo ai figli d’Israele: יהוה [yhvh] l’Iddio dei vostri antenati, l’Iddio di Abraamo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe, mi ha mandato a voi’”.
Dio ripete due volte a Mosè ciò che egli deve dire agli ebrei. La seconda volta si notano però due cambiamenti nell’espressione divina. Uno s’individua subito: viene aggiunta la specificazione “l’Iddio dei vostri antenati, l’Iddio di Abraamo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe”. Gli israeliti non devono avere dubbi sull’identità del Dio che incarica Mosè: è il Dio dei loro antenati, il Dio che già conoscono; è sempre lui. La seconda variante sta nella formula “io sono”. Seguiamone l’evoluzione.
1. Alla domanda di Mosè la risposta di Dio era stata: “Io sono chi sono”.
2. È di questo “io sono” che Mosè deve poi riferire al popolo: “L’‘io sono’ mi ha mandato a voi”.
3. Rivolgendosi al popolo Mosè avrebbe poi logicamente dovuto dire “Colui che è”. Ecco la formula finale. Dio rimane per il suo popolo “Colui che è”.
Rivediamolo in italiano:
• Prima espressione: “Devi dire questo ai figli d’Israele: ‘Io sono [אהיה (ehyèh)] mi ha mandato a voi’”.
• Seconda espressione: “Dio disse ancora una volta a Mosè: ‘Devi dire questo ai figli d’Israele: Colui che è [יהוה (yhvh)], l’Iddio dei vostri antenati, l’Iddio di Abraamo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe, mi ha mandato a voi’”.
Da notare anche che questa espressione non è un nome proprio. Se lo fosse non potrebbe esserci variazione: si dovrebbe cioè usare sempre la stessa formula. Invece, quando Dio parla di sé dice “io sono”, ma quando sono gli altri a riferirsi a lui devono dire “colui che è”.
Qual è la pronuncia di יהוה (Yhvh)? Nessuno al mondo lo sa più. La forma יהוה (Yhvh) divenne poi nota come “tetragramma”, una parola greca che significa “quattro lettere”.
Mosè deve aver certo appreso la lezione. Dio può dirgli ora: “Questo è il mio nome a tempo indefinito, e questo è il memoriale di me di generazione in generazione” (v. 15). Mosè voleva sapere il nome di Dio? Si accontenti di questo: Dio è chi vuole essere, egli rimane “Colui che è.
Con questo “nome”, che più che un nome è un epiteto, Dio era stato conosciuto per secoli presso il suo popolo: Così doveva rimanere. Suo malgrado, la Watchtower dice una grande verità quando afferma: “È il nome col quale EGLI ha deciso di essere chiamato” (La Torre di Guardia del 1° giugno 1984, pag. 4; il maiuscoletto è della Watchtower). Anche qui si impone la logica: quel “nome” (“Colui che è”) era sempre stato usato dagli ebrei prima di allora. L’espressione stessa “colui che è” indica che si doveva ricorrere a questo giro di parole proprio perché non si conosceva il nome di Dio. Il fatto poi che Mosè domandi a Dio il suo nome, dimostra a maggior ragione che “Colui che è” (YHVH) non era il nome. Cosa cambia dopo che Mosè ha domandato a Dio il suo nome? In pratica nulla. Dio ribadisce che devono continuare a chiamarlo “Colui che è” (YHVH, יהוה).
Dato il forte significato che gli ebrei attribuivano al nome di una persona, trattandosi qui del suo stesso nome, Dio lo protegge. Così, a Mosè che vorrebbe conoscerlo, Dio non fa altro che ribadire il modo con cui era già conosciuto: Yhvh, “Colui che è”. In Es 3:15, nell’attuale testo (il Testo Masoretico) si legge: “Questo è il mio nome a tempo indefinito”, “in eterno” (NR). Ho specificato che si tratta del testo attuale perché la traduzione sopra riportata è stata fatta dal Testo Masoretico, ovvero dal testo vocalizzato dai masoreti alcuni secoli dopo Yeshùa. La parola tradotta con il senso di “per sempre” è nell’ebraico, secondo la vocalizzazione dei masoreti, לְעֹלָם (leolàm). Ma nella Bibbia originale tale parola è senza vocali: לעלם (llm). Anziché leolàm è possibile anche vocalizzare in lealèm. Con questa vocalizzazione la frase significa: “Questo è il mio nome perché sia nascosto”. Questo significato appare in perfetta armonia con il contesto. A Mosè che vuole scoprire il nome divino (il più importante che possa esistere nell’universo visibile e invisibile), Dio ribadisce che il suo nome deve rimanere quello con cui Israele lo ha sempre conosciuto: Yhvh, “Colui che è”. E aggiunge che quello è il suo nome, “perché sia nascosto”. Così, quello nascosto, che Mosè avrebbe voluto conoscere, rimane nascosto.
Dio non rivelò mai il suo nome a Mosè. Dio disse a Mosè soltanto che lui è “Colui che è”. Questa formula è tanto precisa quanto insondabile. Dietro quel יהוה (Yhvh), “Colui che è”, c’è il Dio uno e unico, eterno e misterioso.
Dio non è un uomo o una donna che ha bisogno di distinguersi da altre persone. Ha del blasfemo quanto scritto dalla Watchtower in Impariamo dal grande Insegnante: “Non sono solo le persone ad avere un nome. Pensa ad altre cose che ce l’hanno. Se ti regalano una bambola o un cucciolo, tu gli dai un nome, non è vero?” (cap. 4, pag. 26). Dio non è un oggetto o un animale domestico o un uomo cui si debba dare un nome. È vergognoso che si facciano paragoni simili.
È biblicamente molto discutibile la seguente affermazione: “L’incomparabile nome di Dio, Geova, serve a distinguerlo da tutti gli altri dèi” (La conoscenza che conduce alla vita eterna, cap. 3, pag. 24, § 6). Gli dèi pagani avevano un nome: dovevano, infatti, essere distinti da altri dèi pagani. Ma da chi dovrebbe mai essere distinto Dio? Da dèi inesistenti? “Non c’è che un solo Dio. Poiché benché ci siano quelli che sono chiamati ‘dèi’, sia in cielo che sulla terra, come ci sono molti ‘dèi’ e molti ‘signori’, effettivamente c’è per noi un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi per lui”. - 1Cor 8:4-6.
Agli ebrei era vietato perfino nominare gli dèi: “Non dovete menzionare il nome di altri dèi. Non si dovrebbe udire sulla tua bocca” (Es 23:13). Il Dio unico, il loro Dio, gli ebrei lo chiamavano “Colui che è”, יהוה (Yhvh). Questa formula, che, in effetti, non era un nome (perché Dio non rivelò mai a Mosè il suo nome), divenne “il Nome” con cui ci si riferiva a Dio. Si spiega così il fatto che nelle Scritture Ebraiche questo “nome” compare migliaia e migliaia di volte.
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Re: CHIUNQUE NOMINA IL NOME... SARA' SALVATO

Messaggio da Michele »

Antonino ha scritto:
Michele ha scritto:l'essenziale è conoscere il vero Dio. Poi che lo si faccia attraverso Gesù, oppure che lo si faccia nell'intimo del nostro cuore, senza averlo ancora conosciuto, non credo che cambi molto.


Qui sta l'inghippo........ Secondo ciò che credo Yeshùa è il mezzo essenziale ed insostituibile per conoscere YHWH!
Uomini e donne, danno la personale interpretazione di un dio al quale arrivano per mezzo dei personali ragionamenti! Infischiandosene della proclamazione fatta dal Figlio Suo!

Personalmente e dico "personalmente" non credo che Yhwh possa esser conosciuto oltre quello che ha rivelato il Figlio ;)
Non intendo tutte le speculazioni Theos-logiche che i vari Theos-logi hanno stilato nel corso dei secoli! Mi riferisco al messaggio semplice e puro che il Figlio ha rivelato!
Chi è veramente puro di cuore (pensieri), chi è povero in spirito (le intenzioni e gli intenti)....... potrà vedere Yhwh! Potrà ereditare il regno dei cieli......... Dal mio canto non ho tale presunzione e vivo la mia vita al giorno.... Sperando che un dì (parlo per eccesso): Pecora o Capra, mi rallegrerò vedendo istituire il regno di Yhwh!
Forse parlo con ipocrisia (non so) ma al momento questo è il mio fermo proposito...... i fatti alla fine parleranno da se ;)


Non è mia intenzione, caro Antonino, di convertire nessuno a quanto io credo, quindi si sta parlando sempre per supposizioni. Anche secondo ciò che io credo Gesù è il mezzo privilegiato per capire qualcosa del Padre,ma non l'unico. Diversamente, dovremmo ammettere che Dio abbia voluto "isolare" pecore da pecore (per riprendere un tuo linguaggio). Dio non isola nessuno, semmai è l'uomo che non accetta Dio, e lo fa per mille motivi, ma sempre rifiuto è. Gesù ha proclamato Dio il Padre, Padre suo e Padre nostro, Padre di chi lo vuole e non di chi passa attraverso la sua proclamazione.
Gesù non dice nulla del Padre, nulla che già non si potesse sapere, aggiunge soltanto che Lui è l'espressione fisica, materiale di Dio e chi conosce Gesù in un certo senso è come se avesse conosciuto Dio. Il Regno dei Cieli, io credo che sia già in atto, e non perché si chiama del Cieli, deve essere ad ogni costo collocato nel futuro e lontano materialmente. Il Regno dei Cieli è dentro di noi, nella forma spirituale, poi, questo stesso Regno si dovrà manifestare in una forma materiale, fisica e questo indubbiamente riguarda il futuro. Capisco la posizione di chi vuole condizionare l'entrata in questo Regno, secondo determinati schemi, però non la condivido.
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Re: CHIUNQUE NOMINA IL NOME... SARA' SALVATO

Messaggio da Michele »

Gianni ha scritto: Caro Michele, è curioso che tu dica che Yeshùa era stato a contatto diretto con Dio e poi aggiunga che non sappiamo come. È una contraddizione. Se non lo sappiamo, come facciamo a dire che fosse stato a contatto diretto prima di nascere?
Quanto al conoscere Dio, occorre capire cosa vuol dire conoscere in senso biblico.
Caro Gianni, sarà anche curioso ma è quello che io penso. la contraddizione la posso spiegare: Gesù ci dice in più versetti, che è stato a contatto con il Padre, e noi gli dovremmo credere. Almeno!
Poi, di come lo possa essere stato, è qualcosa che io per primo non riesco a capire e quindi deduco che l'uomo non possa capirlo. Però forse mi sono misurato troppo alto o basso, a seconda i punti di vista, e forse ci sono persone, anche come te, che potrebbero capirlo. Io, al momento non saprei come Gesù possa aver fatto, eppure è scritto così. Tranne che il senso che do io ai quei versetti sia del tutto fuori misura. Ormai mi sono abituato a rileggere la Bibbia, con dei sensi completamente diversi da quanto credevo. Hai visto mai che anche qui, la lettura che ho fatto non coglie nel segno? Io ci scommetto. Sono stato bravo? :D
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Re: CHIUNQUE NOMINA IL NOME... SARA' SALVATO

Messaggio da Michele »

Quindi come dice Gianni nella sua "lezione-spiegazione", il nome di Dio non ci è stato mai rivelato e non poteva che essere così, Dio può avere tutti i nomi e nessuno, allo stesso tempo. E in questa definizione c'è anche molto umorismo da parte di Dio: "di al popolo che Io sono colui che è", oppure che "Io sono" ti ha mandato. Mi ricorda tanto quei giochetti da bambini che si facevano con le parole. Insomma, anziché rivelare un nome, Dio si diverte a dare al suo popolo uno scioglilingua. E Mosè in questo non fu molto accorto, con quale pretesa rivolgersi a Dio e pretendere la sua carta d'identità? Detto questo, vorrei dire una cosa, sempre che sia possibile dirla, no, non è nulla di scandaloso, ma gli ebrei, prima di Mosè e anche con Mosè, continuavano ad adorare altri dei? YHVH, non era altro che uno dei tanti dei e che poi Dio prese come punto, o nome di riferimento' Quindi, secondo questo ragionamento Dio avrebbe preso un nome di un dio che gli ebrei già adoravano? O non è così?
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Gianni
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Re: CHIUNQUE NOMINA IL NOME... SARA' SALVATO

Messaggio da Gianni »

Michele, non posso che accogliere con piacere il tuo nuovo atteggiamento di saperti mettere in dubbio. Tu vai anche oltre, perché ammetti di aver dovuto cambiare parere su alcune cose. Ciò merita una lode, e la mia è sincera quanto per te meritata. D’altra parte, se non sapessimo mettere in dubbio il pensiero comune e non sapessimo valutare pensieri nuovi, staremmo ancora qui tutti a credere che il sole gira intorno alla terra.
Quanto all’ultima cosa che dici, no, non c’è davvero nulla di scandaloso. Tu poni una questione complessa con una serie di domande, che riporto e su cui faccio alcune osservazioni personali:
• Gli ebrei, prima di Mosè e anche con Mosè, continuavano ad adorare altri dei? Domanda non solo legittima ma anche interessante. Se risaliamo a centinaia di anni prima di Mosè, al tempo di Abraamo, sappiamo da Gs 24:2 che “Tera padre di Abraamo e padre di Naor, abitarono anticamente di là dal fiume, e servirono gli altri dèi”; tuttavia, dopo la chiamata da parte di Dio, Abraamo fu certissimamente monoteista. Quanto al tempo di Mosè, che dati abbiamo per supporre che gli ebrei fossero diventati politeisti? Nessuno.
• Yhvh, non era altro che uno dei tanti dèi? Se così fosse, dovremmo trovare traccia di Yhvh nelle antiche religioni politeiste orientali, cosa che però non avviene.
• Dio avrebbe preso un nome di un dio che gli ebrei già adoravano? Prima di tutto, tra di dèi dell’antichità non ce n’è uno che abbia nome Yhvh. Poi, come abbiamo visto, Yhvh non era un nome ma un epiteto atto a distinguere il Dio uno e unico.
Credo quindi che possiamo affermare con certezza che presso gli ebrei non ci fu un processo che portò, nel loro pensiero, a privilegiare uno dei tanti dèi antichi per farne il loro unico dio. Avvenne esattamente il contrario: fu l’unico vero Dio a rivelarsi ad Abraamo. In Gs 24:2 è detto che gli antenati del popolo ebraico “servirono gli altri dèi”, ma ciò prima della chiamata da parte di Dio. Il passo di Gs 24:2 contiene le parole stesse di Dio, il quale non dice di essere stato adorato tra altri dèi quando gli antenati ebrei erano in Mesopotamia, ma dice che allora “servirono gli altri dèi [elohìm akherìm]”.
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