Re: Il difficile brano di 1Cor 7:36-38
Inviato: lunedì 9 aprile 2018, 11:28
Grazie della risposta, che però vorrei controbattere. Metto in quote le tue parole così riesco a procedere con ordine.
Detto ciò, ribadisco che mi sembra di capire che secondo la Torah la separazione non esiste: o si è sposati o si è non-sposati. Sarebbe assurdo, dunque, che Paolo ordinasse per conto di Dio una condizione di separazione non contemplata dalla Torah ma praticata dai pagani secondo il diritto greco-romano. Se ci pensi, anche oggi che senso ha la separazione? O si è sposati o non lo si è.
Volevi dire τοῖς δὲ γεγαμηκόσιν (tòis de ghegamekòsin).In 1Cor 7:10 Paolo specifica: τοῖς ἀγάμοις, “agli sposati”. È dunque degli sposati che l’apostolo parla.
Come avrebbe scritto, se avesse voluto far riferimento al divorzio e non alla separazione? Io credo esattamente come ha scritto, usando il verbo ἀφίημι (afìemi), che ha lo stesso significato di ἀπολύω (apolùo) usato dagli evangelisti (ma mai da Paolo): “Chiunque ripudia [ἀπολύσῃ] sua moglie...” (Mt 5:31); oppure usando il verbo che usa qui, χωρίζω (korìzo), come in Mt 19:6 e Mr 10:9, in cui si parla di divorzio e non di separazione: “quello dunque che Dio ha unito, l'uomo non lo separi [μὴ χωριζέτω]”. Dunque, in questo caso è la traduzione a dare il giusto senso alla frase: si può parlare di separazione, ma anche di divorzio.Poi aggiunge che non lui ma il Signore ordina che la moglie non si separi e, al v. 11, che il marito non mandi via la moglie.
Mi chiedo perché mai Paolo avrebbe dovuto ordinare ai credenti di conformarsi al diritto romano e greco. Oltretutto, ciò che Paolo ordina sarebbe un ordine di Dio, non suo: “Ai coniugi poi ordino, non io ma il Signore” (v. 10). Sembra strano che Dio ordini di conformarsi al diritto romano e greco invece che alla Torah o all'insegnamento di Yeshùa, che prevede il ripudio della donna nei confronti dell'uomo (in caso di fornicazione).In questo chiaro contesto Paolo prevede però anche la possibilità della separazione da parte della moglie credente, accogliendo così la norma del diritto romano e greco che permetteva non solo all’uomo ma anche alla donna di separarsi.
Ma Dt 24:1-4 non ammette riconciliazione col primo marito nel caso in cui la parte ripudiata si sposi con altra persona: “Se lei, uscita dalla casa di quell'uomo, diviene moglie di un altro...” (Dt 24:2); in questo caso solamente, la coppia originaria non potrebbe ricostituirsi (Dt 24:4). Se la parte ripudiata resta sola e non si contamina con altra persona, e lo stesso fa il ripudiante, perché mai i due non potrebbero tornare insieme? Infatti, Paolo dice: “la moglie non si separi dal marito (e se si separasse, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito)”. Il caso che tratta Paolo non prevede un nuovo matrimonio (“rimanga senza sposarsi” [di nuovo]), dunque la riconciliazione della coppia originaria sarebbe possibile, anzi auspicabile (“si riconcili con il marito” [l'unico marito]). Paolo, in vece del Signore, ordina alla moglie di non separarsi (ossia non divorziare), e, nel caso si separasse (tramite divorzio), non si sposi con altro uomo (per non contaminarsi) o si riunisca al marito. Non vedo perché si debba parlare di separazione, che non mi risulta sia contemplata né dalla Torah né da Yeshùa. E come si può dire ad una separata: “resta senza matrimonio”; se non è divorziata, significa che è ancora sposata. È più logico pensare che Paolo dicesse ad una divorziata di non sposarsi di nuovo (dunque restare senza matrimonio).Se Paolo parlasse di divorzio e non di separazione, avremmo una grave incongruenza consentendo alla moglie separata di riconciliarsi col marito (v. 11). Ciò sarebbe infatti una violazione di Dt 24:1-4 che non ammetteva la riconciliazione dopo il divorzio.
La norma deuteronomica consentiva alla donna di risposarsi ma non la obbligava a farlo: “Se lei, uscita dalla casa di quell'uomo, diviene moglie di un altro...”, nel caso in cui... È interessante il commento di Rashi, che cita Sifrei 24:135, da cui si evince che il testo consiglia (ma non impone) alla parte ripudiata di non risposarsi e di non sposare una ripudiata, proprio come dice Paolo: “se quest'altro marito la prende in odio, scrive per lei un atto di divorzio, glielo mette in mano e la manda via di casa sua, o se quest'altro marito, che l'aveva presa in moglie, muore” (Dt 24:3). Rashi spiega: “La Scrittura lo informa [il secondo marito] che eventualmente arriverà a detestare la moglie [perché ripudiata], e se ciò non accade, lei lo sotterrerà [cioè il secondo marito morirà prima della moglie ripudiata che ha sposato], poiché è detto "o se l'ultimo marito... muore"”. Tuttavia, la norma deuteronomica non obbliga la ripudiata a non risposarsi, né a risposarsi; la obbliga a non ricongiungersi col primo marito solo nel caso incui ella — dopo esser stata ripudiata dal primo marito — abbia sposato un altro uomo.In più, la norma deuteronomica consentiva alla donna divorziata di risposarsi, per cui Paolo non potrebbe dire alla donna di rimanere ἄγαμος, “non sposata”.
Di nuovo, non vedo come una ripudiata che non si risposasse violerebbe Dt 24:2, poiché la norma non le vieta di restare sola, ma di tornare col primo marito nel caso in cui avesse sposato altro uomo (il quale, poi, l'ha a sua volta ripudiata o è morto, rendendola libera di nuovo). L'insegnamento di Paolo non contraddice Dt 24:1-4: “resti senza sposarsi [di nuovo] o si riconcili col marito [non essendosi risposata]”. Per questo, a mio avviso, Paolo sta dicendo che una donna che abbia divorziato dal marito deve restare senza matrimonio oppure riconciliarsi col marito, “per evitare le fornicazioni” (v. 2); Paolo, per conto di Dio, sta ordinando alla divorziata di non sposarsi di nuovo, dunque rende più restrittiva la norma deuteronomica che non vieta un secondo matrimonio (ma lo sconsiglia, come spiegato dai maestri) né obbliga la parte ripudiata a restare sola.E qui veniamo alla tua osservazione che una donna, per restare "non-sposata", deve essere logicamente libera dal legame coniugale. Il vocabolo ἄγαμος significa letteralmente “senza γάμος” ovvero “senza matrimonio”. Detto diversamente, “rimanga senza sposarsi”. Se fosse divorziata, come tu supponi, Paolo non potrebbe chiederle di rimanere “senza matrimonio”, perché ciò violerebbe Dt 24:2b.
Detto ciò, ribadisco che mi sembra di capire che secondo la Torah la separazione non esiste: o si è sposati o si è non-sposati. Sarebbe assurdo, dunque, che Paolo ordinasse per conto di Dio una condizione di separazione non contemplata dalla Torah ma praticata dai pagani secondo il diritto greco-romano. Se ci pensi, anche oggi che senso ha la separazione? O si è sposati o non lo si è.