Intanto rispondo a Marco seguendo il discorso di Gianni su 1Cor 5:8 e cercando di spiegare come, secondo me, dovrebbe essere celebrata Pesach da parte di un credente in Yeshùa, secondo le indicazioni riportate in questi versetti di Paolo, armonizzandole con la Torah.
marco ha scritto:In Cor 5,8 Paolo non dice affatto di celebrare la festa degli azzimi ma utilizza il richiamo biblico in modo da poter esprimere meglio l'uso dottrinale del termine azzimo.
Il termine
ἑορτάζω (heortàzo) significa precisamente "festeggiare", "celebrare una festa" (Rocci), "osservare una festa" (Thayer, Strong). Dunque, seguiamo il tuo consiglio, Marco, e leggiamo quello che è scritto davvero. Con questo verbo, Paolo sta dicendo esattamente quello che il verbo significa, ossia
esorta a osservare la festa, con l'uso del congiuntivo. Quale festa? Naturalmente Pesach, visto che si parla di azzimi. Qui non c'è un significato simbolico, Paolo sta esortando i credenti ad osservare la festa.
Come va celebrata? “Non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità.”. Innanzi tutto questa è un'indicazione relativa al
modo di celebrare la festa, e non annulla la celebrazione della festa stessa. Se Paolo avesse insegnato che la celebrazione di Pesach non è più valida ed è stata sostituita da qualcos'altro o annullata, lo avrebbe detto chiaramente. Invece, con il verbo
heortàzo al congiuntivo, esorta proprio a osservarla. Il testo dice questo. Adesso, bisogna capire
come va osservata.
Al v.7 dice: “la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata”. Yeshùa ha rappresentato il
korban pesach, che ha liberato l'uomo in modo definitivo e perenne dal peccato. Significa che ha riconciliato l'uomo con Dio una volta e per sempre. È naturale che chi accetta questo, non avrà più bisogno di sacrificare alcun agnello, né per Pesach, né per il Giorno delle Espiazioni. Che senso avrebbe, infatti, il sacrificio di un agnello successivamente al sacrificio di Yeshùa? Sarebbe come annullare il significato del suo sacrificio. Oltretutto, poco dopo la morte di Yeshùa il tempio fu distrutto e il sacrificio interrotto; se Dio avesse voluto che il sacrificio animale continuasse, non avrebbe certo permesso la distruzione del tempio. Come spiega la Lettera agli Ebrei, il sacrificio animale temporaneo è stato sostituito da uno perenne, che resta in eterno.
Quindi, non è la festa ad essere stata sostituita, ma il korban. Questo, naturalmente, per chi crede che Yeshùa sia il messia redentore.
Perché gli azzimi? Vediamo di stabilire prima il significato originale dell'uso di questi non fermentati, per poi comprendere cosa sta dicendo Paolo.
“Non mangerai con queste offerte pane lievitato; per sette giorni le mangerai con pane azzimo, pane d'afflizione, poiché uscisti in fretta dal paese d'Egitto, affinché per tutta la vita ti ricordi del giorno che uscisti dal paese d'Egitto.” — Dt 16:3
Gli azzimi servono a ricordare il giorno della liberazione dalla schiavitù, che certamente rappresenta un "evento redentore" per il popolo ebraico, e quindi per tutti gli uomini che credono in Yeshùa, poiché egli è uscito dal popolo ebraico. La liberazione dall'Egitto, dunque, concerne anche chi accetta Yeshùa come messia e rappresenta un'anticipazione della vera liberazione che sarebbe venuta, attraverso la rinascita in spirito. La liberazione avvenne all'improvviso, come il diluvio (e come la prossima venuta del messia) e non ci fu tempo di far lievitare pani; per questo, l'azzimo rammenta quella notte.
Ora, cosa sta dicendo Paolo? Dopo aver esortato ad osservare Pesach, dice che deve essere osservata “non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità”. Il lievito rappresenta la cattiva intenzione, l'azzimo la buona intenzione; peccato e purezza. Sta semplicemente dicendo che è necessario presentarsi a Dio in modo puro, sincero, abbandonando ogni cattiva disposizione. Aggiunge, dunque, un significato spirituale agli azzimi, concorde al korban spirituale, già offerto. E quindi ciò cosa significa? Che possiamo tranquillamente andare in pizzeria durante il periodo di Pesach, tanto basta essere sinceri e puri di cuore? Che possiamo celebrare Pesach un po' come ci pare? Io credo di no, e spiego.
Qui, a mio parere, può entrare in gioco un
segno; come la consumazione della cena rappresenta un segno in ricordo del sacrificio di Yeshùa, e l'immersione rappresenta il segno della morte della vecchia condizione e la rinascita in una nuova, gli azzimi possono rappresentare ora un segno che rafforza il significato simbolico e spirituale di Pesach dopo la morte di Yeshùa.
L'atto di eliminare gli azzimi durante Pesach, rafforza l'intento di intenzioni pure. Le opere dimostrano e rafforzano la fede. Come il sacrificio d'espiazione è una legge perenne (Lv 16:29), ossia eterna e inestinguibile, anche Pesach lo è: “Osservate dunque la festa degli Azzimi; poiché in quello stesso giorno io avrò fatto uscire le vostre schiere dal paese d'Egitto;
osservate dunque quel giorno di età in età, come un'istituzione perenne.”.
Com'è possibile che Pesach sia un'istituzione perenne, se il tempio è stato distrutto e gli ebrei dispersi? Sappiamo con certezza che Dio non mente ed è fedele. Perché, nonostante il tempio fisico non ci sia più, permane in forma spirituale; allo stesso modo, l'osservanza di Pesach permane, ma in forma rinnovata. Osservare significa “Seguire ciò che una legge, una disposizione, una norma prescrive; obbedire, adempiere, rispettare” (Treccani); l'osservanza corretta di Pesach è stabilita da Dio nelle Scritture Ebraiche. Dopo Yeshùa, si comprende un nuovo modo di osservare, ma sempre di osservanza si tratta. Se si elimina l'osservanza, la fede non è dimostrata dalle opere, e le parole di Giacomo non hanno senso. Il sacrificio è rinnovato, e gli azzimi hanno adesso un significato "completo"; il sacrificio resta, poiché il korban è già stato immolato in eterno, e anche gli azzimi che ricordano il riscatto restano, e hanno
un significato simbolico legato alla purezza delle intenzioni e al riscatto spirituale. Questo per quanto concerne i discepoli di Yeshùa.
Fede e opere: “Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede.” (Gia 2:18).