Luca 23, 42 Poi disse a Gesù: «Signore, ricordati di me quando verrai nel tuo regno». 43 Allora Gesù gli disse: «In verità ti dico: oggi tu sarai con me in paradiso».
Quale sarebbe la traduzione corretta tenendo conto che :
1) "Oggi" si riferisce a "ti dico" - presente indicativo e non a "sarai" futuro prossimo .-
2) In quello stesso giorno Gesù non si trovava in paradiso, ma nel sepolcro (come Giona) .-
LUCA 23:43
- Gianni
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Re: LUCA 23:43
Ciao, Francesco. Tu chiedi la traduzione corretta di Lc 23:42. Tu stesso dai però la risposta corretta, per cui la giusta traduzione è qui quella di TNM: “In verità ti dico oggi: tu sarai con me nel Paradiso”.
Siccome tu stesso hai fatto giuste osservazioni ai tuoi punti 1) e 2), dando tu stesso la risposta corretta, non so se ho capito bene ma mi pare che tu voglia sapere il senso delle parole di Yeshùa.
Rispondo quindi a questo. Se poi ho inteso male, non tenerne conto e tieni per buona la risposta che tu stesso hai dato.
Yeshùa si stava rivolgendo ad un malfattore ebreo condannato dai romani. Promettendogli che sarebbe stato in paradiso, è chiaro che usò la parola “paradiso” nell’unico senso che quell’ebreo poteva conoscere: il paradiso terrestre di Gn. La speculazione rabbinica sul paradiso – tra l’altro molto confusa – è ben posteriore al primo secolo, per cui quel malfattore ebreo non la conosceva. Quindi: paradiso = paradiso terrestre (restaurato). In pratica, Yeshùa gli stava garantendo che sarebbe risorto lui pure nel mondo a venire. Ciò è in armonia con la speranza che gli ebrei avevano e che è menzionata in At 24:15 ovvero che ci sarebbe stata una risurrezione sia dei giusti che degli ingiusti. - Cfr. Ap 21:1.
Siccome tu stesso hai fatto giuste osservazioni ai tuoi punti 1) e 2), dando tu stesso la risposta corretta, non so se ho capito bene ma mi pare che tu voglia sapere il senso delle parole di Yeshùa.
Rispondo quindi a questo. Se poi ho inteso male, non tenerne conto e tieni per buona la risposta che tu stesso hai dato.

Yeshùa si stava rivolgendo ad un malfattore ebreo condannato dai romani. Promettendogli che sarebbe stato in paradiso, è chiaro che usò la parola “paradiso” nell’unico senso che quell’ebreo poteva conoscere: il paradiso terrestre di Gn. La speculazione rabbinica sul paradiso – tra l’altro molto confusa – è ben posteriore al primo secolo, per cui quel malfattore ebreo non la conosceva. Quindi: paradiso = paradiso terrestre (restaurato). In pratica, Yeshùa gli stava garantendo che sarebbe risorto lui pure nel mondo a venire. Ciò è in armonia con la speranza che gli ebrei avevano e che è menzionata in At 24:15 ovvero che ci sarebbe stata una risurrezione sia dei giusti che degli ingiusti. - Cfr. Ap 21:1.