Interpretazione delle Scritture Ebraiche

AKRAGAS
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da AKRAGAS »

Concordo, si distingue nettamente il frutto degli studi seri da quelli improvvisati.
Io ho imparato molto da Noiman anche per come si confronta con tutti e per questo sono debitore.
Hashem lo benedica sempre.
AKRAGAS
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da AKRAGAS »

Considerato che tutti hanno commentato ;) , anche io voglio fare una domanda a Noiman.

Ho letto nella Parashat Noach che il termine ebraico tevà (arca) significa anche parola come le tevot sono le parole e le lettere della Torah.
Pertanto, quando leggiamo che D-o disse a Noach di entrare nell'arca , il significato nascosto di tali parole scritte corrisponde al rifugiarsi nella parola della Torah in modo che l'uomo possa salvarsi da ogni diluvio(occlusione del mondo).
Se ne deduce che anche la preghiera essente parola rivolta a D-o è il mezzo per trovare riparo.

Avresti da aggiungere qualcosa a questa sintesi?

Shalom
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Ciao Akragas

Il racconto di Noàch e]
Ultima modifica di noiman il domenica 12 febbraio 2017, 21:57, modificato 1 volta in totale.
AKRAGAS
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da AKRAGAS »

Ottimo. :-)
Ti ringrazio, Noiman.
Shalom
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

8 Yom tamuz 5776

Shabbat Shalom Chaverim :YMHUG:
Ultima modifica di noiman il domenica 12 febbraio 2017, 21:57, modificato 2 volte in totale.
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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Noiman, la tua spiegazione è molto profonda. Inizio a coglierne alcuni significati alla terza lettura. Certamente il pensiero ebraico di Giovanni era difficilmente traducibile in lingua greca, specialmente nel tentativo di enunciare che "in principio Dio creò i cieli e la terra". Come tu spieghi, i significati che esprime l'ebraico tramite la sua verticalità e possibilità di combinazione sono pressoché impossibili da rendere in una lingua che non possiede queste caratteristiche. Ci vorrebbero pagine su pagine di greco per spiegare ciò che contengono poche parole ebraiche. Allora Giovanni, secondo me, sceglie dei termini precisi ed elabora un discorso piú articolato, per poter esprimere ciò che l'ebraico può contenere in poche parole. Credo che dobbiamo analizzare anche i versetti che seguono, per poter arrivare a mettere insieme i pezzi.

Il termine λόγος non significa "parola" in senso di singolo vocabolo. Questo senso è espresso da ῥῆμα (rèma). Allora mi chiedo: è possibile che Giovanni abbia utilizzato lògos perché è l'unico vocabolo che può avvicinarsi al senso di "saggezza", quando usato in rapporto a Dio? Il lògos è un'espressione di pensieri che hanno senso compiuto, quindi nel caso di Dio è la Sua saggezza. Infatti, nel suo incipit, Giovanni fa un ovvio parallelismo con Pr 8:22 e ss., specialmente, mi pare, con il v.27: “Quand'egli disponeva i cieli io ero là”. La saggezza descrive se stessa come già presente mentre Dio creava; Giovanni dice che il lògos era, senza specificare una temporalità (poiché nel principio il lògos già era), ed era con Dio.

Per adesso mi fermo qui, perché ho bisogno di procedere con la quarta lettura del tuo messaggio. Mi sfugge ancora il senso di "nel principio". :-)
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Bgaluppi ottima la tua osservazione, lllllllllllllllllllllllllllllll
Ultima modifica di noiman il domenica 12 febbraio 2017, 21:58, modificato 1 volta in totale.
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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Antonio ha spiegato bene perché Giovanni usa lògos e non rèma. Giovanni non dice che in principio ci fosse il “vocabolo” ma afferma che c’era la “parola”. In francese è quindi “au commencement était la parole” e non ‘le mot’. In ebraico, come ha tradotto Noiman, Giovanni dice “in principio era il davàr” (la “parola”, in ebraico maschile) e non la milàh (il “vocabolo”, in ebraico femminile). In ebraico – chiedendo conferma a Noiman – io tradurrei: Bereshìyt hayàh hadavàr vehadavàr hayàh et haelohìym veelohìym hayàh hadavàr.
Il richiamo a Gn 1:1 è evidente.

Il greco “era”, essendo all’imperfetto, esprime un’azione continuativa nel passato; il senso è ‘continuava ad essere’. Ottimo l’abbinamento fatto da Antonio con Pr 8. La parola sapiente di Dio era alla creazione già una potenza. In Sl 33:6 è detto che con il davàr di Hashèm furono fatti i cieli; poi, con il noto parallelismo ebraico, il concetto è ripetuto dicendo che “da[l] soffio [della] bocca di lui [fu fatta] ogni schiera di essi”. Si tratta proprio della parola sapiente di Dio, il quale creò parlando: Egli diceva il nome delle cose e queste iniziavano ad esistere.

È molto significativa la traduzione di Gv 1:1 in cinese: “In principio era il Tao” (le legge dào).

L’attuale teologia cristiana del lògos – completamente staccata dal vero concetto biblico - la dobbiamo al filosofo ellenistico di cultura ebraica Filone di Alessandria (noto anche come Filone l'Ebreo) che morì nel 45 circa della nostra era, quindi contemporaneo di Yeshùa. Filone Alessandrino abbinò il logos biblico al logos della filosofia stoica. Un disastro. I teologi cristiani fecero di peggio: vi abbinarono la pagana trinità.

La domanda è: che cosa era per Giovanni il lògos? La risposta è tutto sommato semplice. Basta leggere l’intero Vangelo giovanneo: in esso Giovanni parla spesso del lògos e ogni volta indica sempre la stessa unica cosa: la parola di Dio. Nel suo prologo, richiamandosi alla prima espressione della Bibbia, Giovanni ricorda che all’inizio c’era la parola sapiente di Dio, poi sviluppa il suo pensiero per arrivare a dire che quella parola divina ha trovato dimora in Yeshùa per il tempo della sua vita. Ecco perché Yeshùa poté affermare: “Io non ho parlato di mio; ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha comandato lui quello che devo dire e di cui devo parlare” (Gv 12:49), “La parola che voi udite non è mia, ma è del Padre che mi ha mandato” (Gv 14:24). Si noti poi cosa Yeshùa dice a chi lo contrastava: “La sua [di Dio] parola non dimora in voi” (Gv 5:38). In Yeshùa, invece, quella parola dimorava costantemente.
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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Grazie Gianni per le precisazioni. Giusto, la concordanza! Analizzando gli altri casi in cui Giovanni utilizza il termine lògos si comprende il senso che gli attribuisce. Vorrei aggiungere una considerazione. 

Giovanni precisa che il lògos che esisteva prima della creazione, che costituisce il mezzo stesso con cui Dio crea tutte le cose (come dice Noiman, ciò che sta sopra e ciò che sta sotto), che era con Dio ed era Dio stesso. Questa piena identificazione della parola di Dio con Dio stesso è confermata dal pensiero di Paolo, che in diverse occasioni la personifica: “La Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato gli stranieri per fede, preannunziò ad Abraamo questa buona notizia: «In te saranno benedette tutte le nazioni»” (Gal 3:8). La Scrittura, ossia la parola di Dio, annuncia ad Abraamo la salvezza delle nazioni; in realtà fu Dio a fare questo annuncio, quindi Dio e la Sua parola sono un tutt'uno. Stessa cosa accade in Rm 9:17: “La Scrittura infatti dice al faraone: «Appunto per questo ti ho suscitato: per mostrare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra»”; anche qui, la parola e Dio sono la stessa cosa.

Questo ci riporta alle considerazioni che Noiman ha fatto sulla Torah eterna e preesistente e alle citazioni di Bereshit Rabbà: “La Torah dice: "Io ero lo strumento di lavoro del Santo, Egli sia Benedetto". [...] Così il Santo, Egli sia Benedetto, guardò la Torah e creò l’universo, come la Torah dice: "In principio (con reshit) creò Dio"”. 

Piú si scava e piú si scopre come il pensiero degli apostoli fosse conforme alla tradizione, al contrario di quanto sostengono certi religiosi cristiani. E piú si entra nel pensiero ebraico, piú le Scritture Greche diventano chiare! 
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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Ben detto, Antonio: piú si entra nel pensiero ebraico, piú le Scritture Greche diventano chiare!
E, se la matematica non è un'opinione, più ci si allontana dal pensiero ebraico e più le Scritture Greche sono travisate.
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