Interpretazione delle Scritture Ebraiche
-
- Messaggi: 559
- Iscritto il: mercoledì 11 febbraio 2015, 9:30
Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche
Concordo con tutta la tua digressione di Isaia.
Ma il concetto di fondo che stai ufficializzando anche tu è che, lo studio rabbinico di Isaia è comunque INCOMPLETO. Si completerà con l'arrivo di Cristo che permetterà un interpretazione cristologica di tutte le Scritture. Sappiamo tutti che Egli stesso spiegò ai due discepoli sulla via di Emmaus tutte le Scritture che lo riguardavano.
Questo principio quindi va a distruggere la metodologia tanto in voga qui e cioè di interpretare antico e nuovo testamento con soli paradigmi rabbinici.
Altro discorso invece è quello che avevo fatto io, e cioè che la legge (cerimoniale e sacrificale) andasse praticata UGUALMENTE dopo la morte di Cristo.
Ma il concetto di fondo che stai ufficializzando anche tu è che, lo studio rabbinico di Isaia è comunque INCOMPLETO. Si completerà con l'arrivo di Cristo che permetterà un interpretazione cristologica di tutte le Scritture. Sappiamo tutti che Egli stesso spiegò ai due discepoli sulla via di Emmaus tutte le Scritture che lo riguardavano.
Questo principio quindi va a distruggere la metodologia tanto in voga qui e cioè di interpretare antico e nuovo testamento con soli paradigmi rabbinici.
Altro discorso invece è quello che avevo fatto io, e cioè che la legge (cerimoniale e sacrificale) andasse praticata UGUALMENTE dopo la morte di Cristo.
-
- Messaggi: 559
- Iscritto il: mercoledì 11 febbraio 2015, 9:30
Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche
Discussione arenata? O conclusa?
Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche
7
Continuo la discussione proponendovi ulteriori argomenti di riflessione che costituiscono la base per poter affrontare insieme , in seguito , qualche esempio di interpretazione ebraica delle scritture, anche se mi rendo conto di “noiosarvi” così diceva uno dei miei figli da piccolo, non possiamo iniziare questo confronto con i testi originali se non abbiamo chiarito e definito il pensiero e il metodo ermeneutico per compiere questo lavoro.
Gianni conosce molto bene l’ermeneutica, più volte si è impegnato per approfondire questo metodo di studio dei testi biblici.
Una deriva di collaterale di questo studio è stato argomento in alcune discussioni con titolo : “mentalità semita o semitica” , molti di noi hanno fornito le proprie osservazioni sulla utilità o inutilità del pensiero semitico per l’interpretazione delle scritture del VT.
Prima di procedere occorre completare e precisare su che basi nasce il ragionamento interpretativo ebraico che non è quello a cui siamo abituati.
E’ consuetudine ritenere che l’interpretazione delle scritture ebraiche sia rimasta immutata dai tempi in cui furono fissati per la prima volta , conosciamo commentari scritti in epoca antecedente al cristianesimo.
In realtà consultando le opere scritte nei diversi secoli scopriamo che il tempo e l’ambiente circostante hanno profondamente influenzato il pensiero degli addetti ai lavori.
Quindi ciascuno ha interpretato la Torah nello spirito contemporaneo del suo tempo, secondo le proprie esigenze personali, secondo il suo livello di cultura e non per ultimo attraverso le proprie aspettative differenti tra un uomo laico e un uomo di fede.
L’avanzamento del tempo e l’inserimento di culture diverse all’interno dell’ebraismo rabbinico, hanno deviato progressivamente gli studiosi dal senso che il testo originale conteneva oltre il puro significato letterale.
Filone interpretò con lo spirito di Platone, Maimonide con lo spirito di Aristotele. Il grande commentatore medioevale Rashi interpretò a sua volta le scritture con lo spirito feudale di una epoca dove ogni cosa aveva un padrone, con la necessità di giustificare la creazione e giustificare la legittimità di governare un regno per consegnarlo a degli eredi.
E cosi è stato fatto da molti altri anche in epoca moderna, studiare sappiamo che per definizione significa anche interpretare, questo lo ho abbiamo già discusso, molto spesso chi studia l’Antico T. come il N.T. ha come fine il sostenere una tesi che è già determinata in partenza, lecito ma pericoloso!
“Chi ha un cacciavite in mano cercherà solo viti, chi ha un martello in mano vedrà solo chiodi. “
Spesso dei frammenti casuali vengono uniti per sostenere una tesi, poi si cerca di costruire un’opera e infine un pensiero.
Oggi nell’epoca di internet dove tutti i possibili testi e documenti del mondo sono disponibili subito e gratis, la tentazione del copia e incolla a uso personale è grandissima; Quando questo avviene le parole tratte dai testi sorgente vengono nascoste o evidenziate, manipolate per uso personale e con una destinazione finale, e chi legge non avrà più la possibilità di giudizio se non cercando l’originale e confrontandolo, ma per fare questo deve ripercorrere il pensiero originale, perdendosi nella immensa mole di materiale oggi ancora disponibile e difficilmente recuperabile.
L’ eventuale manipolazione dei testi non può essere quasi mai identificata..
L’interpretazione ebraica del Tanach per chi non è avvezzo a questa materia può destare meraviglia e stupore, questo perché il testo viene affrontato con presupposto che limita di molto il classico ragionamento che non considera di primaria importanza l’ induzione e la deduzione, mentre è considerata predominante l’analogia, su questo base di ragionamento è stata costruita tutta la speculazione talmudica.
Chi ha la pretesa di comprendere a fondo testi e pensieri di oltre duemila anni prima deve innanzitutto evitare di ragionare come è abituato nella sua esperienza attuale. Per cercare di capire deve innanzitutto provare a comprendere i contenuti che appartengono a un mondo arcaico , ma è difficile per uno studioso che vive in una casa invece che una tenda, possiede una macchina al posto di un cammello, ha l’acqua calda nel bagno invece che un pozzo e tante altre certezze, è estremamente difficile comprendere il pensiero di un nomade della Giudea del 1500 prima dell’era volgare.
Come possibile comprendere un generale romano che prima della battaglia osservava in silenzio per ore un pollo, cercando di interpretare il “beccare “ dell’animale nella ricerca di un auspicio favorevole o meno.
Il generale romano non era superstizioso nel significato che noi attribuiamo alla parola” superstizione”, ma piuttosto da uomo di potere e istruito cercava attraverso l’osservazione delle informazioni, esattamente come oggi un moderno generale esamina le previsioni meteorologiche.
I gesti non sono diversi, secondo noi il generale romano è irrazionale, mentre siamo disponibili a pensare che la sua battaglia è razionale perché fatta di strategia.
Nei tempi moderni chi si pone nell’ordine di leggere, comprendere e commentare la Torah secondo lo spirito e la mentalità del nostro tempo, avrà grandi difficoltà, perchè il testo non è sempre consequenziale, tanto è vero che i commentatori ebrei conoscono il principio per cui :”en mukdam umeuchar ba Torah” cioè “ non c’è un prima e un dopo nella Torah”.
Gli eventi narrati non seguono sempre necessariamente l’ordine del testo, questo ci crea delle difficoltà di comprensione, le apparenti omissioni logiche e temporali ci confondono. Qualche volta le lunghe descrizioni e i particolari di qualche cosa ci fanno accelerale la lettura, mentre in altre parti del testo l’estrema laconicità delle parole impiegate ci lascia basiti. Un buon esempio l’abbiamo leggendo la “Akedàh Izchàk”, il sacrificio di Isacco
Era un ‘epoca in cui potere degli antichi era soggetto al fato e alla divinazione, e l’intervento o il non intervento divino era la regola dei pensieri comuni.
Il primo libro di Samuele narra le innumerevoli guerre tra i Filistei e Israel , in Samuele 6 apprendiamo che i Filistei a un certo punto si sono impossessati dell’Arca Santa e per questo il D-o di Israele li punisce duramente tramite pestilenze e altro, nonostante tutte queste sventure il filistei non hanno ancora ben realizzato la causa dei loro mali, intuiscono che le loro disgrazie sono straordinarie ma lo spirito nazionale impedisce loro di ammettere che questo dipende dal Dio degli ebrei.
A un certo punto del racconto leggiamo che essi sentirono delle urla provenire dall’accampamento di Israele :
“Ora quando giunse l’arca del patto del Signore nell’accampamento, tutto Israel emise un grande tale da fare tremare la terra” I Samuele 4/5 ed essi dicono:אוי לנו ”Hoi lanu !” Guai a noi, chi ci salverà dalla mano di questo Dio Onnipotente”, Questo è quel Dio che colpi l’Egitto con piaghe di ogni specie nel deserto, siate forti filistei, e dimostratevi uomini se non volete diventare schiavi come essi furono a voi,”( 4/8).
Nonostante l’ammissione di temere il D-o dei vicini essi si riferiscono a Elohim nel modo generico di divinità al plurale , come dire: “gli dei di quelli”.
Questa sottigliezza testuale la si può solo osservare leggendo il testo originale in ebraico che non possiede lettere maiuscole e virgole
אוי לנו מי יצילנו מיד האלהים האדירים האלה אלה הם האלהים המכים את-מצרים בכל- מכה במדבר
Dunque i filistei temono istintivamente i poteri dell’arca del patto e il D-o che la consegnata a Israele. Convocano i loro sacerdoti e indovini e cercano la soluzione in questo modo: essi pongono l’arca santa su di un carro e stabiliscono che se le giovenche legate al carro prenderanno una particolare direzione vorrà dire che è il D-o di Israele che li ha puniti, se andranno in direzione contraria, dedurranno che le loro disgrazie sono dovute al caso: “ E sapremo che non è la mano del Signore che ci ha colpito, è stato per noi un caso”
(Sam 6/9).
Nel mondo antico: rivelazione fede e rituale sono tutt’uno, solo in epoca recente il pensiero contemporaneo gli ha scissi e oggi definitivamente separati, i sofisticati rituali con cui l’uomo del libro si confrontava ogni giorno rimangono incompresi.
Esiste un racconto di Rabbì Jochannan Ben Zaccai riguardo la cerimonia della vacca rossa, questo rituale è uno dei più misteriosi e discusso nelle scritture , come funziona è descritto in Numeri (29).
La difficoltà era di trovare in erez Israel un animale completamente di pelo rosso, senza nessun difetto e imperfezione, oggi sappiamo che trovare un animale come prescritto era quasi impossibile, la difficoltà fu tale che questo rituale fu celebrato solo 8 volte in tutta la storia ebraica.
Un pagano domandò a Rabban Jochannan: “Queste cose che voi fate sembrano atti di magia! Prendete una vacca, la macellate, la bruciate, la riducete in polvere, poi ne prendete la cenere, e a quello di voi, che si sia reso impuro per aver toccato un morto, spruzzate addosso due o tre gocce di acqua con la cenere della vacca e gli dite: ora sei puro». Gli chiese allora R. Jochanna: «Non hai mai visto nessuno che fosse colto da un'improvvisa pazzia? E che gli fate in questi casi? Il pagano rispose: «Si prendono radici aromatiche, si bruciano e si fa salire il fumo sotto di lui, poi si versa dell'acqua e lo spirito della pazzia fugge via». Disse R. Jochannan: «E le tue orecchie non sentono ciò che la tua bocca dice? Nel nostro caso è lo spirito dell'impurità che fugge via!» Dopo che il pagano se ne andò, i discepoli chiesero al rabbino: «Maestro, lui lo hai mandato via con poco, ma a noi cosa rispondi?». Disse loro: «Per la vostra vita, vi assicuro che il morto non rende impuri, né l'acqua purifica; questa non è altro che una legge del Santo Benedetto, che così ha detto: una legge ho stabilito, e un decreto ho emanato, e a te non è lecito trasgredirli. “ (Pesiktà de-Rav Kahane, Parà; Bemidbar Rabbà 8).
Questo è un racconto stupendo. Il pagano vuole mostrare che anche nella Torah vi sono atti magici esattamente come nel mondo circostante, egli ritiene che il sacrificio della paràh adumàh sia un esorcismo, il rituale destinato a scacciare uno spirito maligno, per il pagano un dato di fatto da non mettere in dubbio.
Quando R. Jochannan gli spiega che l'aspersione delle ceneri della vacca è simile a un esorcismo, il pagano se ne va soddisfatto della spiegazione. Ma ai suoi discepoli R. Jochannan rivela la sua vera idea e afferma che il rito dell'aspersione delle ceneri della vacca non ha alcun significato al di là di quello di essere, appunto, un rito. Il sacrificio di per se non purifica, quella che purifica è l’intenzione.
Il morto rende impuri perché così è stabilito dalla normativa giuridica, ma questa impurità non ha alcun potere in quanto tale, né l'acqua che purifica ha poteri magici: è una “mitzvà”, è in virtù della “mitzvà “ il morto rende impuri e l'acqua purifica.
שלום
נוימן
Continuo la discussione proponendovi ulteriori argomenti di riflessione che costituiscono la base per poter affrontare insieme , in seguito , qualche esempio di interpretazione ebraica delle scritture, anche se mi rendo conto di “noiosarvi” così diceva uno dei miei figli da piccolo, non possiamo iniziare questo confronto con i testi originali se non abbiamo chiarito e definito il pensiero e il metodo ermeneutico per compiere questo lavoro.
Gianni conosce molto bene l’ermeneutica, più volte si è impegnato per approfondire questo metodo di studio dei testi biblici.
Una deriva di collaterale di questo studio è stato argomento in alcune discussioni con titolo : “mentalità semita o semitica” , molti di noi hanno fornito le proprie osservazioni sulla utilità o inutilità del pensiero semitico per l’interpretazione delle scritture del VT.
Prima di procedere occorre completare e precisare su che basi nasce il ragionamento interpretativo ebraico che non è quello a cui siamo abituati.
E’ consuetudine ritenere che l’interpretazione delle scritture ebraiche sia rimasta immutata dai tempi in cui furono fissati per la prima volta , conosciamo commentari scritti in epoca antecedente al cristianesimo.
In realtà consultando le opere scritte nei diversi secoli scopriamo che il tempo e l’ambiente circostante hanno profondamente influenzato il pensiero degli addetti ai lavori.
Quindi ciascuno ha interpretato la Torah nello spirito contemporaneo del suo tempo, secondo le proprie esigenze personali, secondo il suo livello di cultura e non per ultimo attraverso le proprie aspettative differenti tra un uomo laico e un uomo di fede.
L’avanzamento del tempo e l’inserimento di culture diverse all’interno dell’ebraismo rabbinico, hanno deviato progressivamente gli studiosi dal senso che il testo originale conteneva oltre il puro significato letterale.
Filone interpretò con lo spirito di Platone, Maimonide con lo spirito di Aristotele. Il grande commentatore medioevale Rashi interpretò a sua volta le scritture con lo spirito feudale di una epoca dove ogni cosa aveva un padrone, con la necessità di giustificare la creazione e giustificare la legittimità di governare un regno per consegnarlo a degli eredi.
E cosi è stato fatto da molti altri anche in epoca moderna, studiare sappiamo che per definizione significa anche interpretare, questo lo ho abbiamo già discusso, molto spesso chi studia l’Antico T. come il N.T. ha come fine il sostenere una tesi che è già determinata in partenza, lecito ma pericoloso!
“Chi ha un cacciavite in mano cercherà solo viti, chi ha un martello in mano vedrà solo chiodi. “
Spesso dei frammenti casuali vengono uniti per sostenere una tesi, poi si cerca di costruire un’opera e infine un pensiero.
Oggi nell’epoca di internet dove tutti i possibili testi e documenti del mondo sono disponibili subito e gratis, la tentazione del copia e incolla a uso personale è grandissima; Quando questo avviene le parole tratte dai testi sorgente vengono nascoste o evidenziate, manipolate per uso personale e con una destinazione finale, e chi legge non avrà più la possibilità di giudizio se non cercando l’originale e confrontandolo, ma per fare questo deve ripercorrere il pensiero originale, perdendosi nella immensa mole di materiale oggi ancora disponibile e difficilmente recuperabile.
L’ eventuale manipolazione dei testi non può essere quasi mai identificata..
L’interpretazione ebraica del Tanach per chi non è avvezzo a questa materia può destare meraviglia e stupore, questo perché il testo viene affrontato con presupposto che limita di molto il classico ragionamento che non considera di primaria importanza l’ induzione e la deduzione, mentre è considerata predominante l’analogia, su questo base di ragionamento è stata costruita tutta la speculazione talmudica.
Chi ha la pretesa di comprendere a fondo testi e pensieri di oltre duemila anni prima deve innanzitutto evitare di ragionare come è abituato nella sua esperienza attuale. Per cercare di capire deve innanzitutto provare a comprendere i contenuti che appartengono a un mondo arcaico , ma è difficile per uno studioso che vive in una casa invece che una tenda, possiede una macchina al posto di un cammello, ha l’acqua calda nel bagno invece che un pozzo e tante altre certezze, è estremamente difficile comprendere il pensiero di un nomade della Giudea del 1500 prima dell’era volgare.
Come possibile comprendere un generale romano che prima della battaglia osservava in silenzio per ore un pollo, cercando di interpretare il “beccare “ dell’animale nella ricerca di un auspicio favorevole o meno.
Il generale romano non era superstizioso nel significato che noi attribuiamo alla parola” superstizione”, ma piuttosto da uomo di potere e istruito cercava attraverso l’osservazione delle informazioni, esattamente come oggi un moderno generale esamina le previsioni meteorologiche.
I gesti non sono diversi, secondo noi il generale romano è irrazionale, mentre siamo disponibili a pensare che la sua battaglia è razionale perché fatta di strategia.
Nei tempi moderni chi si pone nell’ordine di leggere, comprendere e commentare la Torah secondo lo spirito e la mentalità del nostro tempo, avrà grandi difficoltà, perchè il testo non è sempre consequenziale, tanto è vero che i commentatori ebrei conoscono il principio per cui :”en mukdam umeuchar ba Torah” cioè “ non c’è un prima e un dopo nella Torah”.
Gli eventi narrati non seguono sempre necessariamente l’ordine del testo, questo ci crea delle difficoltà di comprensione, le apparenti omissioni logiche e temporali ci confondono. Qualche volta le lunghe descrizioni e i particolari di qualche cosa ci fanno accelerale la lettura, mentre in altre parti del testo l’estrema laconicità delle parole impiegate ci lascia basiti. Un buon esempio l’abbiamo leggendo la “Akedàh Izchàk”, il sacrificio di Isacco
Era un ‘epoca in cui potere degli antichi era soggetto al fato e alla divinazione, e l’intervento o il non intervento divino era la regola dei pensieri comuni.
Il primo libro di Samuele narra le innumerevoli guerre tra i Filistei e Israel , in Samuele 6 apprendiamo che i Filistei a un certo punto si sono impossessati dell’Arca Santa e per questo il D-o di Israele li punisce duramente tramite pestilenze e altro, nonostante tutte queste sventure il filistei non hanno ancora ben realizzato la causa dei loro mali, intuiscono che le loro disgrazie sono straordinarie ma lo spirito nazionale impedisce loro di ammettere che questo dipende dal Dio degli ebrei.
A un certo punto del racconto leggiamo che essi sentirono delle urla provenire dall’accampamento di Israele :
“Ora quando giunse l’arca del patto del Signore nell’accampamento, tutto Israel emise un grande tale da fare tremare la terra” I Samuele 4/5 ed essi dicono:אוי לנו ”Hoi lanu !” Guai a noi, chi ci salverà dalla mano di questo Dio Onnipotente”, Questo è quel Dio che colpi l’Egitto con piaghe di ogni specie nel deserto, siate forti filistei, e dimostratevi uomini se non volete diventare schiavi come essi furono a voi,”( 4/8).
Nonostante l’ammissione di temere il D-o dei vicini essi si riferiscono a Elohim nel modo generico di divinità al plurale , come dire: “gli dei di quelli”.
Questa sottigliezza testuale la si può solo osservare leggendo il testo originale in ebraico che non possiede lettere maiuscole e virgole
אוי לנו מי יצילנו מיד האלהים האדירים האלה אלה הם האלהים המכים את-מצרים בכל- מכה במדבר
Dunque i filistei temono istintivamente i poteri dell’arca del patto e il D-o che la consegnata a Israele. Convocano i loro sacerdoti e indovini e cercano la soluzione in questo modo: essi pongono l’arca santa su di un carro e stabiliscono che se le giovenche legate al carro prenderanno una particolare direzione vorrà dire che è il D-o di Israele che li ha puniti, se andranno in direzione contraria, dedurranno che le loro disgrazie sono dovute al caso: “ E sapremo che non è la mano del Signore che ci ha colpito, è stato per noi un caso”
(Sam 6/9).
Nel mondo antico: rivelazione fede e rituale sono tutt’uno, solo in epoca recente il pensiero contemporaneo gli ha scissi e oggi definitivamente separati, i sofisticati rituali con cui l’uomo del libro si confrontava ogni giorno rimangono incompresi.
Esiste un racconto di Rabbì Jochannan Ben Zaccai riguardo la cerimonia della vacca rossa, questo rituale è uno dei più misteriosi e discusso nelle scritture , come funziona è descritto in Numeri (29).
La difficoltà era di trovare in erez Israel un animale completamente di pelo rosso, senza nessun difetto e imperfezione, oggi sappiamo che trovare un animale come prescritto era quasi impossibile, la difficoltà fu tale che questo rituale fu celebrato solo 8 volte in tutta la storia ebraica.
Un pagano domandò a Rabban Jochannan: “Queste cose che voi fate sembrano atti di magia! Prendete una vacca, la macellate, la bruciate, la riducete in polvere, poi ne prendete la cenere, e a quello di voi, che si sia reso impuro per aver toccato un morto, spruzzate addosso due o tre gocce di acqua con la cenere della vacca e gli dite: ora sei puro». Gli chiese allora R. Jochanna: «Non hai mai visto nessuno che fosse colto da un'improvvisa pazzia? E che gli fate in questi casi? Il pagano rispose: «Si prendono radici aromatiche, si bruciano e si fa salire il fumo sotto di lui, poi si versa dell'acqua e lo spirito della pazzia fugge via». Disse R. Jochannan: «E le tue orecchie non sentono ciò che la tua bocca dice? Nel nostro caso è lo spirito dell'impurità che fugge via!» Dopo che il pagano se ne andò, i discepoli chiesero al rabbino: «Maestro, lui lo hai mandato via con poco, ma a noi cosa rispondi?». Disse loro: «Per la vostra vita, vi assicuro che il morto non rende impuri, né l'acqua purifica; questa non è altro che una legge del Santo Benedetto, che così ha detto: una legge ho stabilito, e un decreto ho emanato, e a te non è lecito trasgredirli. “ (Pesiktà de-Rav Kahane, Parà; Bemidbar Rabbà 8).
Questo è un racconto stupendo. Il pagano vuole mostrare che anche nella Torah vi sono atti magici esattamente come nel mondo circostante, egli ritiene che il sacrificio della paràh adumàh sia un esorcismo, il rituale destinato a scacciare uno spirito maligno, per il pagano un dato di fatto da non mettere in dubbio.
Quando R. Jochannan gli spiega che l'aspersione delle ceneri della vacca è simile a un esorcismo, il pagano se ne va soddisfatto della spiegazione. Ma ai suoi discepoli R. Jochannan rivela la sua vera idea e afferma che il rito dell'aspersione delle ceneri della vacca non ha alcun significato al di là di quello di essere, appunto, un rito. Il sacrificio di per se non purifica, quella che purifica è l’intenzione.
Il morto rende impuri perché così è stabilito dalla normativa giuridica, ma questa impurità non ha alcun potere in quanto tale, né l'acqua che purifica ha poteri magici: è una “mitzvà”, è in virtù della “mitzvà “ il morto rende impuri e l'acqua purifica.
שלום
נוימן
Ultima modifica di noiman il domenica 30 aprile 2017, 22:51, modificato 2 volte in totale.
-
- Messaggi: 559
- Iscritto il: mercoledì 11 febbraio 2015, 9:30
Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche
Io invece carissimo Noiman, sono per un'apertura al rispeto inter-religioso e quindi per un approccio "accademico" alla Scrittura che tenga in considerazione gli effetti legati all'applicazione di una metodologia piuttosto che un'altra.
Mi spiego meglio.
Se studio un testo contenuto nella Torah, dovrei effettivamente iniziare da cosa il testo dica di per sè e in sè, valutando gli aspetti etimologici e quindi filologici di quel testo. Leggo il primo verso di Genesi in ebraico e devo studiare effettivamente cosa il testo dica in sè considerando quando è stato scritto, da chi, perchè e tutti gli aspetti linguistici ad esso correlati. Questo è quanto credo accada nelle università e in centri di ricerca e studio di testi antichi. Questa lettura sarà ovviamente "laica", scevra cioè da qualsiasi influenza religiosa. Potrei cioè semplicemente affermare che il testo religioso in analisi scritto da un ignorante vissuto circa 3500 anni fa, utilizza un linguaggio arcaico, espone il credo di allora che era privo di molte conoscenze odierne e indirizza ad ipotetica deità l'origine di ogni cosa. (Semplifico ovviamente per rendere l'idea che ho in mente).
Se a questa lettura io aggiungo un interpretazione ebraica, nata magari dall'analisi di ulteriori testi come Talmud, Midrash etc... ecco che devo tener conto che sto influenzando l'interpretazione di quel testo aggiungendo dettagli che furono scritti a posteriori, da altri personaggi, che avevano altri scopi, altre conoscenze, una lingua evoluta, etc etc. Quindi dovrei prima passare dallo studio di quei testi applicando lo stesso metodo precedente, per rimanere "scevro" dalle loro influenze religiose. Per intenderci pongo un ulteriore esempio. Non dovrei stabilire cosa intende il primo versetto di Genesi sulla base di un testo che ne parla nel Talmud. Dovrei prima analizzare e approfondire dal punto di vista linguistico e storico culturale il testo talmudico, stabilirne scopi, significati etc etc... Successivamente potrei verificare le relazioni con il testo biblico e verificarne compatibilità e incompatibilità.
Potrebbe infatti darsi che Genesi 1:1, nel contesto in cui fu scritto potesse avere solo un determinato significato per l'agiografo e i relativi destinatari. Significato ovviamente mutato e reinterpretato per i successivi destinatari, ossia gli ebrei che si trovavano il testo tra le mani decine se non centinaia di anni dopo. La loro cultura si evolse, la loro lingua si evolse, la loro conoscenza si evolse. Quindi potevano reinterpretare diversamente quel testo.
Non a caso infatti nascono questi testi PARALLELI al testo biblico (come il talmud), proprio per mettere per iscritto le "interpretazioni" di quel testo più attendibili o corrette secondo il rabbino tal dei tali o secondo l'altro.
A questo punto quindi abbiamo 2 possibili interpretazioni di Genesi 1:1:
- quella filologica grammaticale, ossia quella esposta con il metodo primo;
- quella religiosa, ossia quella che nasce con il metodo secondo, ossia con l'uso di testi successivi ed esplicativi;
Le due interpretazioni non sono di per sè contrastanti per principio. Non sono però sicuramente entrambe uguali, coerenti o compatibili per lo stesso principio.
Proseguendo per questa linea di pensiero e quindi di studio abbiamo una terza interpretazione che si aggiunge. Quella che nasce dalle scritture successive alla genesi o successive alla Torah, che però fanno parte del canone di Scritture che generalmente chiamiamo Antico Testamento. In queste Scritture sono presenti riferimenti a Genesi 1:1. Se ne può fare esplicito riferimento o allusione. Anche queste Scritture possono reinterpretare il testo di Genesi 1:1, sulla base delle evoluzioni del pensiero che il popolo ebraico ha vissuto nel corso della sua storia. Questa terza interpretazione può essere pienamente compatibile alla prima e contraria alla seconda. Compatibile alla prima e alla seconda. Può essere una completa rivoluzione rispetto a tutte le altre.
Ci siamo fin qui?
La quarta interpretazione da dove può nascere? Dai testi esterni alla Bibbia, che reinterpretano questo testo biblico di cui sto ipoteticamente parlando che cita Genesi 1:1 ma è contenuto in altri testi biblici posteriori. Ci troviamo di fronte ad un ulteriore testo che andrebbe a sua volta analizzato e confrontato tutte le interpretazioni precedenti. Mi capisci?
Ed eccoci poi alla quinta interpretazione: i testi greci, facenti parte del Nuovo Testamento. E qui... siamo al completo!
Ora... capisci che... siamo di fronte ad uno scenario davvero complesso quanto interessante. Quando nascono i problemi? Quando i testi in analisi sono anche la fonte della propria fede. Quando i testi in analisi vengono presi come testi sacri e quindi ci si dedica la vita. I problemi nascono quando si decide di credere al contenuto di quei testi come reale e quindi si cerca "la Verità" di Dio per ottenere ciò che il testo stesso promette in diverse sue parti: la vita eterna. In fondo di questo parliamo ed è questo a cui aspira ogni essere umano che si dedica allo studio dei testi sacri. Che lo si ammetta oppure no è così.
Questa semplice parola, FEDE, crea un sacco di problemi. Perchè la fede è ciò che anima le discussioni che spingono verso un metodo oppure l'altro. Ad ignorare un testo parallelo ai testi sacri oppure a valutarlo come necessario.
Io come dicevo, sono per l'apertura e per il rispetto.
E cioè, io come cristiano, studio la Bibbia, ma dalla prospettiva cristiana appunto. La prospettiva dettata o indotta dai testi greci. Gli stessi testi che producono le reinterpretazioni al punto 5 di cui parlo su. Questa è la mia premessa, come è la premessa di tanti altri che magari la applicano anche inconsciamente.
Tu Noiman, credo di fede ebraica invece, utilizzi altre premese che ti permettono di rileggere i testi secondo una prospettiva diversa.
E mi piace un sacco tutto ciò.
Amo il rispetto tra le parti, il dialogo, il confronto. Mi piace davvero.
Ovviamente io ho deciso di prendere una posizione .... come posso dire... "ermeneutica"? Teologica?
Ho preso una posizione, tu la tua, altri la loro. Tutto rispettabile e interessantissimo.
Possiamo insieme studiare come va interpretato un testo, perchè.... possiamo scambiarci moltissime informazioni per la crescita comune.
Ma allo stesso tempo però... potremmo avere posizioni diverse. Io in Isaia ci vedo il Cristo Gesù, tu ci vedi generalmente il Messia (ipotizzo).
Quando invece chiudo le porte al dialogo?
Quando mi si dice che l'unico metodo di interpretazione biblica valido è quello di utilizzare il patrimonio della cultura ebraica. Quando si afferma con veemenza che l'unica intepretazione plausibile è quella cristiana. Oppure quando mi si dice che senza conoscere la lingua ebraica non si può essere veri interpreti. Quando leggo che persone come me, che pongono la loro fede personale nel contenuto del testo greco, si ergono a titolo di "insegnante" sostenendo che la loro è l'unica vera interpretazione biblica possibile perchè hanno studiato greco, ebraico, talmud, midrash e anche la Bibbia, quindi sanno ciò che dicono. Il che equivale a dire che Dio abbia voluto relegare il suo divino messaggio di salvezza solo a grandi biblisti e teologi, contraddicendo quello che lo stesso Gesù diceva parlando ai semplici.
Vedi, questo post partiva con una domanda: come è lecito interpretare le scritture ebraiche?
Io mi sarei limitato a dire: "secondo me è corretto così perchè... non è corretto cosà perchè...". Esponendo così ciò che ho in mente io, che ho maturato io e che ritengo essere razionalmente più coerente. Esponendo dove secondo me le altre tesi sono cadute e non mi hanno convinto. Non imponendo nulla a nessuno e accettando possibili critiche costruttive.
Quello che invece spesso noto è che invece spesso si tenta di imporre una visione come l'unica sostenibile e questo secondo me, chiude il dialogo.
Spero che questo post, seppur lunghetto, sia in qualche modo di utilità.
Mi spiego meglio.
Se studio un testo contenuto nella Torah, dovrei effettivamente iniziare da cosa il testo dica di per sè e in sè, valutando gli aspetti etimologici e quindi filologici di quel testo. Leggo il primo verso di Genesi in ebraico e devo studiare effettivamente cosa il testo dica in sè considerando quando è stato scritto, da chi, perchè e tutti gli aspetti linguistici ad esso correlati. Questo è quanto credo accada nelle università e in centri di ricerca e studio di testi antichi. Questa lettura sarà ovviamente "laica", scevra cioè da qualsiasi influenza religiosa. Potrei cioè semplicemente affermare che il testo religioso in analisi scritto da un ignorante vissuto circa 3500 anni fa, utilizza un linguaggio arcaico, espone il credo di allora che era privo di molte conoscenze odierne e indirizza ad ipotetica deità l'origine di ogni cosa. (Semplifico ovviamente per rendere l'idea che ho in mente).
Se a questa lettura io aggiungo un interpretazione ebraica, nata magari dall'analisi di ulteriori testi come Talmud, Midrash etc... ecco che devo tener conto che sto influenzando l'interpretazione di quel testo aggiungendo dettagli che furono scritti a posteriori, da altri personaggi, che avevano altri scopi, altre conoscenze, una lingua evoluta, etc etc. Quindi dovrei prima passare dallo studio di quei testi applicando lo stesso metodo precedente, per rimanere "scevro" dalle loro influenze religiose. Per intenderci pongo un ulteriore esempio. Non dovrei stabilire cosa intende il primo versetto di Genesi sulla base di un testo che ne parla nel Talmud. Dovrei prima analizzare e approfondire dal punto di vista linguistico e storico culturale il testo talmudico, stabilirne scopi, significati etc etc... Successivamente potrei verificare le relazioni con il testo biblico e verificarne compatibilità e incompatibilità.
Potrebbe infatti darsi che Genesi 1:1, nel contesto in cui fu scritto potesse avere solo un determinato significato per l'agiografo e i relativi destinatari. Significato ovviamente mutato e reinterpretato per i successivi destinatari, ossia gli ebrei che si trovavano il testo tra le mani decine se non centinaia di anni dopo. La loro cultura si evolse, la loro lingua si evolse, la loro conoscenza si evolse. Quindi potevano reinterpretare diversamente quel testo.
Non a caso infatti nascono questi testi PARALLELI al testo biblico (come il talmud), proprio per mettere per iscritto le "interpretazioni" di quel testo più attendibili o corrette secondo il rabbino tal dei tali o secondo l'altro.
A questo punto quindi abbiamo 2 possibili interpretazioni di Genesi 1:1:
- quella filologica grammaticale, ossia quella esposta con il metodo primo;
- quella religiosa, ossia quella che nasce con il metodo secondo, ossia con l'uso di testi successivi ed esplicativi;
Le due interpretazioni non sono di per sè contrastanti per principio. Non sono però sicuramente entrambe uguali, coerenti o compatibili per lo stesso principio.
Proseguendo per questa linea di pensiero e quindi di studio abbiamo una terza interpretazione che si aggiunge. Quella che nasce dalle scritture successive alla genesi o successive alla Torah, che però fanno parte del canone di Scritture che generalmente chiamiamo Antico Testamento. In queste Scritture sono presenti riferimenti a Genesi 1:1. Se ne può fare esplicito riferimento o allusione. Anche queste Scritture possono reinterpretare il testo di Genesi 1:1, sulla base delle evoluzioni del pensiero che il popolo ebraico ha vissuto nel corso della sua storia. Questa terza interpretazione può essere pienamente compatibile alla prima e contraria alla seconda. Compatibile alla prima e alla seconda. Può essere una completa rivoluzione rispetto a tutte le altre.
Ci siamo fin qui?
La quarta interpretazione da dove può nascere? Dai testi esterni alla Bibbia, che reinterpretano questo testo biblico di cui sto ipoteticamente parlando che cita Genesi 1:1 ma è contenuto in altri testi biblici posteriori. Ci troviamo di fronte ad un ulteriore testo che andrebbe a sua volta analizzato e confrontato tutte le interpretazioni precedenti. Mi capisci?
Ed eccoci poi alla quinta interpretazione: i testi greci, facenti parte del Nuovo Testamento. E qui... siamo al completo!
Ora... capisci che... siamo di fronte ad uno scenario davvero complesso quanto interessante. Quando nascono i problemi? Quando i testi in analisi sono anche la fonte della propria fede. Quando i testi in analisi vengono presi come testi sacri e quindi ci si dedica la vita. I problemi nascono quando si decide di credere al contenuto di quei testi come reale e quindi si cerca "la Verità" di Dio per ottenere ciò che il testo stesso promette in diverse sue parti: la vita eterna. In fondo di questo parliamo ed è questo a cui aspira ogni essere umano che si dedica allo studio dei testi sacri. Che lo si ammetta oppure no è così.
Questa semplice parola, FEDE, crea un sacco di problemi. Perchè la fede è ciò che anima le discussioni che spingono verso un metodo oppure l'altro. Ad ignorare un testo parallelo ai testi sacri oppure a valutarlo come necessario.
Io come dicevo, sono per l'apertura e per il rispetto.
E cioè, io come cristiano, studio la Bibbia, ma dalla prospettiva cristiana appunto. La prospettiva dettata o indotta dai testi greci. Gli stessi testi che producono le reinterpretazioni al punto 5 di cui parlo su. Questa è la mia premessa, come è la premessa di tanti altri che magari la applicano anche inconsciamente.
Tu Noiman, credo di fede ebraica invece, utilizzi altre premese che ti permettono di rileggere i testi secondo una prospettiva diversa.
E mi piace un sacco tutto ciò.
Amo il rispetto tra le parti, il dialogo, il confronto. Mi piace davvero.
Ovviamente io ho deciso di prendere una posizione .... come posso dire... "ermeneutica"? Teologica?
Ho preso una posizione, tu la tua, altri la loro. Tutto rispettabile e interessantissimo.
Possiamo insieme studiare come va interpretato un testo, perchè.... possiamo scambiarci moltissime informazioni per la crescita comune.
Ma allo stesso tempo però... potremmo avere posizioni diverse. Io in Isaia ci vedo il Cristo Gesù, tu ci vedi generalmente il Messia (ipotizzo).
Quando invece chiudo le porte al dialogo?
Quando mi si dice che l'unico metodo di interpretazione biblica valido è quello di utilizzare il patrimonio della cultura ebraica. Quando si afferma con veemenza che l'unica intepretazione plausibile è quella cristiana. Oppure quando mi si dice che senza conoscere la lingua ebraica non si può essere veri interpreti. Quando leggo che persone come me, che pongono la loro fede personale nel contenuto del testo greco, si ergono a titolo di "insegnante" sostenendo che la loro è l'unica vera interpretazione biblica possibile perchè hanno studiato greco, ebraico, talmud, midrash e anche la Bibbia, quindi sanno ciò che dicono. Il che equivale a dire che Dio abbia voluto relegare il suo divino messaggio di salvezza solo a grandi biblisti e teologi, contraddicendo quello che lo stesso Gesù diceva parlando ai semplici.
Vedi, questo post partiva con una domanda: come è lecito interpretare le scritture ebraiche?
Io mi sarei limitato a dire: "secondo me è corretto così perchè... non è corretto cosà perchè...". Esponendo così ciò che ho in mente io, che ho maturato io e che ritengo essere razionalmente più coerente. Esponendo dove secondo me le altre tesi sono cadute e non mi hanno convinto. Non imponendo nulla a nessuno e accettando possibili critiche costruttive.
Quello che invece spesso noto è che invece spesso si tenta di imporre una visione come l'unica sostenibile e questo secondo me, chiude il dialogo.
Spero che questo post, seppur lunghetto, sia in qualche modo di utilità.
Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche
Ringrazio Akragas per il suo intervento.
La citazione:”en mukdam umeuchar ba Torah” cioè “ non c’è un prima e un dopo nella Torah”. ha implicazioni profonde e ci porta fuori dalla discussione.
Tuttavia stiamo parlando di interpretazione ebraica e quindi anche queste parole vanno considerate.
La prima lettura di questa asserzione è riferita alla Torah celeste che la tradizione vuole che essa sia preesistente alla nostra creazione, l’affermazione “non c’è un prima e un dopo” significa che essa non ha un inizio e una fine, quindi atemporale.
Questo è stato argomento di studio per millenni e ci si sono impegnati talmudisti e cabalisti.
Forse qualche paragone può essere fatto immaginando un immenso numero che trova la ragione di esistere solo nel suo insieme, questo numero per quanto grande possa essere possiede una sua identità che corrisponde al numero stesso, aggiungendo una sola unità a questo numero esso non sarà più quello di prima.
Poi se questo numero fosse Infinito ? aggiungendo un numero si rende l’infinito finito, come una goccia di pioggia che cade nell’oceano e mentre cade pensa: ” non sarò più una goccia, ma neanche l’oceano non sarà più come prima”.
Un numero rimane un numero ovunque esso si trovi, la sua perfezione è nella sua individualità e unicità.
“non c’è un prima e un dopo nella Torah” può significare che essa nella complessità della sua manifestazione rimane una unicità, ma tutto questo è di nuovo difficile da comprendere perché l’unicità implica un confine e un limite, l’unicità stessa.
Se immaginiamo la Torah come un grande unico numero siamo di nuovo limitativi perché abbiamo immaginato che anche se i numeri sono infiniti se ne può sempre aggiungere uno e quindi essa non può rappresentare l’infinito.
Allora bisogna pensare più in là, l’affermazione” en mukdam umeuchar ba Torah” è una espressione forte e ci suggerisce che essa comprende tutti i numeri possibili , quindi non è più un numero ma tutti i numeri, un vero spacca cervello.
Dunque la Torah secondo la mistica ebraica non ha ne fine ne principio, essa non appartiene a questo mondo limitato e misurabile, anche l’universo che conosciamo ci sembra misurabile e come esempio estremo, potremo conoscere il numero di tutti gli atomi che lo compongono , a questo immenso numero possiamo sempre aggiungere sempre qualche cosa.
Questo discorso se vogliamo può essere connesso a quanto è scritto : “Lo fece uscire all’aperto e gli disse: Osserva il cielo e conta le stelle, se puoi contarle. E soggiunse: Così numerosa sarà la tua discendenza”.( Bereshit-Lech Lechà 15/5) (genesi).
Ad Avrahàm fu chiesto di osservarle e poi di contarle, questo è l’inizio di una profezia , egli vide che erano tante ma non poté contarle, il Signore lo fece per lui e non solo le contò fino al confine dell’universo ma pose a ciascuna un nome, in una“ biskirà hachat” che significa in un’unica occhiata, perché tutto quello che è molteplice per noi per D-o coincide nel particolare. Ma per noi il particolare è un limite!
Il secondo significato di ” en mukdam umeuchar ba Torah “è molto più terrestre e pratico , spiega le apparenti contraddizioni temporali che si notano nel testo. Su questo non voglio dilungarmi perché la materia è molto complessa e ci porterebbe via molto tempo.
Ritornando al primo significato della affermazione, la mistica ebraica ha tratto le sue speculazioni: ipotizzando l’esistenza di un numero infinito, da un certo punto da infinito diventò “immenso” , poi esso si rivesti di fisicità si contrasse e divenne materia poi si dovette limitare e stratificare in diversi livelli.
La Torah terrestre è dunque la Torah she bi-ktav cioè la Torah scritta che proviene dalla Torah kelulàh, non dispiegata.
I numeri si rivestirono di significato e nella fisicità divennero tante “ yod “che è un segno puntiforme indivisibile, come gli amminoacidi presenti nel DNA che genera la diversità , i numeri divennero segni, lettere , significati , informazioni , infine un linguaggio.
Riprenderemo a breve la discussione dopo questo piccolo OT.
Shalom
noiman
La citazione:”en mukdam umeuchar ba Torah” cioè “ non c’è un prima e un dopo nella Torah”. ha implicazioni profonde e ci porta fuori dalla discussione.
Tuttavia stiamo parlando di interpretazione ebraica e quindi anche queste parole vanno considerate.
La prima lettura di questa asserzione è riferita alla Torah celeste che la tradizione vuole che essa sia preesistente alla nostra creazione, l’affermazione “non c’è un prima e un dopo” significa che essa non ha un inizio e una fine, quindi atemporale.
Questo è stato argomento di studio per millenni e ci si sono impegnati talmudisti e cabalisti.
Forse qualche paragone può essere fatto immaginando un immenso numero che trova la ragione di esistere solo nel suo insieme, questo numero per quanto grande possa essere possiede una sua identità che corrisponde al numero stesso, aggiungendo una sola unità a questo numero esso non sarà più quello di prima.
Poi se questo numero fosse Infinito ? aggiungendo un numero si rende l’infinito finito, come una goccia di pioggia che cade nell’oceano e mentre cade pensa: ” non sarò più una goccia, ma neanche l’oceano non sarà più come prima”.
Un numero rimane un numero ovunque esso si trovi, la sua perfezione è nella sua individualità e unicità.
“non c’è un prima e un dopo nella Torah” può significare che essa nella complessità della sua manifestazione rimane una unicità, ma tutto questo è di nuovo difficile da comprendere perché l’unicità implica un confine e un limite, l’unicità stessa.
Se immaginiamo la Torah come un grande unico numero siamo di nuovo limitativi perché abbiamo immaginato che anche se i numeri sono infiniti se ne può sempre aggiungere uno e quindi essa non può rappresentare l’infinito.
Allora bisogna pensare più in là, l’affermazione” en mukdam umeuchar ba Torah” è una espressione forte e ci suggerisce che essa comprende tutti i numeri possibili , quindi non è più un numero ma tutti i numeri, un vero spacca cervello.
Dunque la Torah secondo la mistica ebraica non ha ne fine ne principio, essa non appartiene a questo mondo limitato e misurabile, anche l’universo che conosciamo ci sembra misurabile e come esempio estremo, potremo conoscere il numero di tutti gli atomi che lo compongono , a questo immenso numero possiamo sempre aggiungere sempre qualche cosa.
Questo discorso se vogliamo può essere connesso a quanto è scritto : “Lo fece uscire all’aperto e gli disse: Osserva il cielo e conta le stelle, se puoi contarle. E soggiunse: Così numerosa sarà la tua discendenza”.( Bereshit-Lech Lechà 15/5) (genesi).
Ad Avrahàm fu chiesto di osservarle e poi di contarle, questo è l’inizio di una profezia , egli vide che erano tante ma non poté contarle, il Signore lo fece per lui e non solo le contò fino al confine dell’universo ma pose a ciascuna un nome, in una“ biskirà hachat” che significa in un’unica occhiata, perché tutto quello che è molteplice per noi per D-o coincide nel particolare. Ma per noi il particolare è un limite!
Il secondo significato di ” en mukdam umeuchar ba Torah “è molto più terrestre e pratico , spiega le apparenti contraddizioni temporali che si notano nel testo. Su questo non voglio dilungarmi perché la materia è molto complessa e ci porterebbe via molto tempo.
Ritornando al primo significato della affermazione, la mistica ebraica ha tratto le sue speculazioni: ipotizzando l’esistenza di un numero infinito, da un certo punto da infinito diventò “immenso” , poi esso si rivesti di fisicità si contrasse e divenne materia poi si dovette limitare e stratificare in diversi livelli.
La Torah terrestre è dunque la Torah she bi-ktav cioè la Torah scritta che proviene dalla Torah kelulàh, non dispiegata.
I numeri si rivestirono di significato e nella fisicità divennero tante “ yod “che è un segno puntiforme indivisibile, come gli amminoacidi presenti nel DNA che genera la diversità , i numeri divennero segni, lettere , significati , informazioni , infine un linguaggio.
Riprenderemo a breve la discussione dopo questo piccolo OT.
Shalom
noiman
Ultima modifica di noiman il domenica 30 aprile 2017, 22:57, modificato 2 volte in totale.
-
- Messaggi: 559
- Iscritto il: mercoledì 11 febbraio 2015, 9:30
Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche
Innanzitutto ti ringrazio per avermi letto con attenzione. Per me questo è il più fondamentale segno di rispetto che si possa ricevere su un forum.
Ti fa onore e ti fa stimare da me e ti garantisco da chiunque ci leggerà in futuro.
Dalla mia personale esperienza di "forummista", ho tratto questo insegnamento, se chi scrive pone come prima attenzione il rispetto verso l'altro mostrando attenzione verso il suo scritto, chi ne giova sono tutti i lettori, perchè il thread diventerà fonte APERTA, TRASPARENTE di condivisione del sapere.
Detto questo, ti rispondo.
Può mai questo Dio desiderare che per esser compreso il Suo messaggio debba passare dalle interpretazioni di umili creature?
Non è questo invece il classico tentativo dell'uomo di interporsi tra il messaggio di Dio e altri uomini?
Non è forse intuibile il tentativo di rendersi in qualche modo partecipi della rivelazione, mettendosi le vesti di intermediario?
Insomma, il Nuovo Testamento (e qui vedi entriamo nel merito di tutte le questioni) ci mostra un Messia (per chi lo riconosce tale) che lottò conto una classe farisaica che si era interposta tra Dio e gli uomini. Loro stabilivano cioè che le leggi di Dio andavano interpretate come dicevano loro, senza comprendere che doveva essere il sentimento a muovere una vera adorazione. Non a caso questa classe "dirigente" religiosa, postasi come intermediario, decise di muoversi CONTRO Gesù.
Quindi ciò che vedo io è che Dio ci dimostra perfettamente che non vi è garanzia nell'uomo (sappiamo tutti che è sempre la Scrittura a dire che il cuore dell'uomo è insanabilmente malvagio).
Ecco perchè io ho molte remore nel pensare che Dio abbia potuto decidere che l'uomo per decifrare il Suo messaggio dovesse PER FORZA passare per la comprensione della lingua, degli usi e dei costumi e delle interpretazioni UMANE. Mi capisci?
Ed ecco perchè da una prima forma di "applicazione letteralistica" del testo, si è passati ad un'applicazione che comprende il senso dello scritto con una maggiore visione a ciò che si vuole dire in sè, prima del farlo letteralmente che è un pò quello che successe ai farisei del tempo di Gesù.
Gli stessi problemi li viviamo oggi tra cristiani anche sul testo tradotto non ti credere.
Spero molto presto di poter iniziare degli approfondimenti se non veri e propri studi di lingua ebraica. Ti ringrazio per la stima e ovviamente sappi che è più che condivisa.
Grazie.
Ti fa onore e ti fa stimare da me e ti garantisco da chiunque ci leggerà in futuro.
Dalla mia personale esperienza di "forummista", ho tratto questo insegnamento, se chi scrive pone come prima attenzione il rispetto verso l'altro mostrando attenzione verso il suo scritto, chi ne giova sono tutti i lettori, perchè il thread diventerà fonte APERTA, TRASPARENTE di condivisione del sapere.
Detto questo, ti rispondo.
Nel momento in cui scrivevo, questo dettaglio non aveva molta importanza, perchè seppur in questo thread effettivamente si parlava dell'interpretazione delle Scritture ebraiche, il mio discorso era generico perchè ho trovato in questo forum anche chi vuole interpretare il Nuovo Testamento, utilizzando i paradigmi dell'Antico testamento. Quindi era un'espressione generalista apposta perchè esiste chi usa entrambe.Partirei dalla tua ultima pagina, dove dici che qualcuno afferma che l’unico metodo per l’interpretazione biblica ( non chiaro se si riferisce al VT o al NT) è utilizzare il patrimonio della cultura ebraica.
Vero.Sono d’accordo con te nel rifiuto di questa affermazione esclusiva. Però prima di interpretare è necessario tradurre e tu sai che quasi tutti noi interpretiamo una cosa scritta molto tempo fa da uno scriba distratto e annoiato , annoiato perché non capiva quello che gli hanno dato da copiare, il suo lavoro era solo quello di ripetere i segni tratti da un testo, copia di una copia.
Questa premessa mi sembra molto molto forte e andrebbe vagliata molto approfonditamente. Perchè io personalmente, approfondendo cosa dice la Scrittura di per sè e di sè stessa, mi sono persuaso che questo principio è pericolossisimo. Premettere cioè che solo chi conosce il testo ebraico possa comprendere il messaggio della Parola di Dio, ossia del testo biblico, è una forte affermazione. Primo perchè distrugge e annienta secoli di credo cristiano costruitosi sulle traduzioni. Secondo perchè annienta il potere di Dio e lo rende schiavo degli scrittori e dei traduttori. Permettimi la digressione, può mai il Sovrano dell'universo, il Dio che ha creato ogni cosa, aver sottomesso il Suo messaggio ad un elitè di traduttori conoscitori della lingua in cui fu scritto?La differenza di lettura del testo ebraico rispetto una traduzione: è come per colui che riesce a capire un fumetto ma senza aver la possibilità di leggere all’interno delle didascalie il testo scritto.
Può mai questo Dio desiderare che per esser compreso il Suo messaggio debba passare dalle interpretazioni di umili creature?
Non è questo invece il classico tentativo dell'uomo di interporsi tra il messaggio di Dio e altri uomini?
Non è forse intuibile il tentativo di rendersi in qualche modo partecipi della rivelazione, mettendosi le vesti di intermediario?
Insomma, il Nuovo Testamento (e qui vedi entriamo nel merito di tutte le questioni) ci mostra un Messia (per chi lo riconosce tale) che lottò conto una classe farisaica che si era interposta tra Dio e gli uomini. Loro stabilivano cioè che le leggi di Dio andavano interpretate come dicevano loro, senza comprendere che doveva essere il sentimento a muovere una vera adorazione. Non a caso questa classe "dirigente" religiosa, postasi come intermediario, decise di muoversi CONTRO Gesù.
Quindi ciò che vedo io è che Dio ci dimostra perfettamente che non vi è garanzia nell'uomo (sappiamo tutti che è sempre la Scrittura a dire che il cuore dell'uomo è insanabilmente malvagio).
Ecco perchè io ho molte remore nel pensare che Dio abbia potuto decidere che l'uomo per decifrare il Suo messaggio dovesse PER FORZA passare per la comprensione della lingua, degli usi e dei costumi e delle interpretazioni UMANE. Mi capisci?
Questo lo so bene e so che anche in questo Dio aveva un piano ben specifico che non è certamente pienamente comprensibile per noi.D-o ha dato al suo popolo la sua legge in ebraico e chi conosce l’ebraico può studiare dal testo originale che per la caratteristica polisemica di questa lingua il contenitore nasconde un diverso significato e i segnali per capire dove si può scavare e non.
Conosco un detto ebraico su cosa siano "le Parole di Dio" e non "la Parola di Dio". Si dice che sia come un martello che batte il ferro caldo. Ne odiamo il rumore, ne carpiamo le scintille... ma non possiamo vederne lo splendore e e la forma chiaramente una per una. Sono sfuggenti e alcuni ne vedono una, altri altre. Così è del parlare di Dio, inafferrabile per l'uomo così piccolo e limitato. E io adoro questo modo di pensare a Dio e l'opera Sua.I concetto ebraico di interpretare è diverso da quello che si attribuisce genericamente, interpretare non significa non avere ben chiaro il testo che si legge ma solo cercare strade alternative alla comprensione letterale di quello che è scritto.
Verissimo.Gli ebrei che leggono il testo originale nella comprensione letterale soffrono anche loro dalla loro capacità di tradurre, perché tradurre è la prima forma di interpretazione. Tradurre significa “avere compreso” quello che l’autore voleva dire, comprendendo espressioni che spesso sono molto lontane da noi e che trovano senso solo nel contesto storico in cui il pensiero originale è stato composto.
Solo dopo essi sviluppano all’interno dei segni la ricerca di un significato alternativo e utilizzano quello che il Talmud , Misnàh e infine il Midrash hanno discusso in millenni. Rimangono comunque studi aperti e la tradizione non si è ancora cristallizzata e non si è ancora detto la parola fine.
Qui siamo già al limite del "laico" e iniziamo a entrare nel merito della "fede". Perchè per affermare che il Libro sia sacro e voluto da Dio si sta iniziando a dare VALORE al contenuto del testo. Cosa che anche io faccio, ma che quindi INFLUENZA la nostra visione e interpretazione.E giusto quello che tu affermi dove scrivi che esistono le” interpretazioni “ (con virgolette) grammaticali e quelle religiose, ma devi tenere conto che il testo è un libro sacro, voluto da D-o che richiede studi e commenti affini al testo originale.
Bellissimo.Hai perfettamente ragione quando scrivi che le interpretazioni possono essere compatibili e contrarie, questo è lo studio.
Ti faccio un esempio di uno studio talmudico caro a mio nonno che afferma:
In TB Berachot 35b troviamo: “Hanno insegnato i Maestri [in una Baraità]: ‘Che cosa vuole insegnare [il verso dello Shemà che dice]: ‘E raccoglierai il tuo frumento’? Dal momento che è scritto (in Jeoshua I, 8): ‘Non si staccherà questo Libro della Torà dalla bocca [e mediterai su esso giorno e notte]’, [sarebbe stato] possibile [pensare che] queste parole[vadano intese] alla lettera. [La Torà] ci vuole insegnare [con il verso] ‘E raccoglierai il tuo frumento’: ‘Comportati circa queste cose con un comportamento di Derech Erez.’ Queste sono le parole di Rabbi Jshmael...Rabbi Shimon ben Jochai dice: ‘È mai possibile che l’uomo ari nel tempo dell’aratura, semini nel tempo della semina, mieta nel tempo della mietitura, trebbi nel tempo della trebbiatura e separi il seme dalla paglia col vento nell’ora...? Che ne sarà della Torà? Allora [devi intendere il verso] che quando Israel fanno la volontà del Luogo, il loro lavoro viene da altri e quando non fanno la volontà del Luogo, il loro lavoro viene fatto da loro stessi come è scritto ‘E raccoglierai il tuo frumento’. E non solo, ma anche il lavoro degli altri viene fatto da loro come è detto (Deuteronomio XXVIII, 48): ‘E servirai il tuo nemico’. Ha detto Abbajè:
‘Molti hanno fatto come [dice] Rabbì Jshmael e sono riusciti e [molti altri] hanno fatto come [dice] Rabbì Shimon ben Jochai e non sono riusciti.’”
Ed ecco perchè da una prima forma di "applicazione letteralistica" del testo, si è passati ad un'applicazione che comprende il senso dello scritto con una maggiore visione a ciò che si vuole dire in sè, prima del farlo letteralmente che è un pò quello che successe ai farisei del tempo di Gesù.
Gli stessi problemi li viviamo oggi tra cristiani anche sul testo tradotto non ti credere.

Certo che voglio. Mi inviti a nozze.Concludendo questa prima parte, ti rinnovo la mia stima personale e apprezzo molto quello che scrivi, sono spesso in sintonia con i tuoi pensieri di vero studioso. Mi chiedo: chissà cosa potresti ancora comprendere aggiungere se in grado di leggere e comprendere l’ebraico biblico nei segni originali.
Se vuoi possiamo approfondire meglio.
Shalom, Chaver li’
Noiman
Spero molto presto di poter iniziare degli approfondimenti se non veri e propri studi di lingua ebraica. Ti ringrazio per la stima e ovviamente sappi che è più che condivisa.
Grazie.
Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche
La domanda di Gianni è interessante, ricordo che nell’estate del 2015 vi confrontaste nella discussione sulla preesistenza e di quella discussione conservo un ottimo studio di bgaluppi.
Ovviamente la preesistenza della Torah alla creazione include anche il mashiach, anche se il concetto della preesistenza ebraica non è quello cristiano.
Nel Midràsh questo è ricordato nel celebre citazione dove è scritto: All'inizio della creazione del mondo il Re Messia era già nato, perché egli entrò nella mente del Signore prima ancora che il mondo fosse creato" פסיקתא רבתי (Pesiktà, 15).
Sempre il talmud riporta "Sette cose furono create prima che il mondo fosse: la Torah, il pentimento, il Gan Eden, Gehinnom, il Trono della Gloria, il Tempio, e il nome del Messia"
Riguardo la citazione” Egli entrò nella mente del Signore” è da interpretare come un progetto, una intenzione, ma non ancora specificato nella definizione, questo significa che esso non era ancora stato creato.
Significativo è un brano tratto dal Bereshit Rabbàh:
“Ciò e simile ad un re che avendo sposato una matrona non aveva avuto figli da lei. Una volta passando per il mercato il re disse: prendete inchiostro, calamaio, e penna per mio figlio. E tutti dicevano: Egli non ha figli, eppure dice: Prendete, questo inchiostro, calamaio e penna per mio figlio. Tornavano a dire: Il Re è un grande astrologo perché se non avesse previsto di avere in futuro un figlio, non avrebbe detto: prendete inchiostro, calamaio e penna per mio figlio: Così il Santo, Egli sia benedetto, non avesse previsto che dopo 26 generazioni Israele avrebbe accettato la Torah, non avrebbe scritto in essa : Comanda ai figli di Israel; parla ai figli di Israele. Rav. Banajah disse: L’Universo con il suo contenuto non fu creato se non per la Torah, come è detto: Il Signore con La Sapienza fondò la terra.”
E che solo alla fine dei tempi il Mashiach viene inviato a liberare Israele e questo nessuno sa quando avverrà, la domanda che si fanno gli ebrei da millenni:” Quando ci salverai? Egli risponde: Quando sarete sprofondati fino in fondo, allora vi salverò” (salmi 45/3)
L’idea messianica nell’ebraismo è assolutamente coerente con il monoteismo che prevede D-o nella sua unicità.
Una storia tratta dal talmud :
Rav Yoshua ben Levi domandò al profeta Elia quando sarebbe giunto il Messia, e gli fu risposto di domandarlo al Messia stesso. A rav Yoshua il Messia rispose “Oggi”. Quando terminò il giorno e il messia non era giunto, rav Yoshua, amareggiato e depresso tornò da Elia, che gli spiegò quello che significava la risposta : “ Oggi, se tu ascolterai la mai voce “ (tehilim 95/7)
Shalom
Noiman
Ovviamente la preesistenza della Torah alla creazione include anche il mashiach, anche se il concetto della preesistenza ebraica non è quello cristiano.
Nel Midràsh questo è ricordato nel celebre citazione dove è scritto: All'inizio della creazione del mondo il Re Messia era già nato, perché egli entrò nella mente del Signore prima ancora che il mondo fosse creato" פסיקתא רבתי (Pesiktà, 15).
Sempre il talmud riporta "Sette cose furono create prima che il mondo fosse: la Torah, il pentimento, il Gan Eden, Gehinnom, il Trono della Gloria, il Tempio, e il nome del Messia"
Riguardo la citazione” Egli entrò nella mente del Signore” è da interpretare come un progetto, una intenzione, ma non ancora specificato nella definizione, questo significa che esso non era ancora stato creato.
Significativo è un brano tratto dal Bereshit Rabbàh:
“Ciò e simile ad un re che avendo sposato una matrona non aveva avuto figli da lei. Una volta passando per il mercato il re disse: prendete inchiostro, calamaio, e penna per mio figlio. E tutti dicevano: Egli non ha figli, eppure dice: Prendete, questo inchiostro, calamaio e penna per mio figlio. Tornavano a dire: Il Re è un grande astrologo perché se non avesse previsto di avere in futuro un figlio, non avrebbe detto: prendete inchiostro, calamaio e penna per mio figlio: Così il Santo, Egli sia benedetto, non avesse previsto che dopo 26 generazioni Israele avrebbe accettato la Torah, non avrebbe scritto in essa : Comanda ai figli di Israel; parla ai figli di Israele. Rav. Banajah disse: L’Universo con il suo contenuto non fu creato se non per la Torah, come è detto: Il Signore con La Sapienza fondò la terra.”
E che solo alla fine dei tempi il Mashiach viene inviato a liberare Israele e questo nessuno sa quando avverrà, la domanda che si fanno gli ebrei da millenni:” Quando ci salverai? Egli risponde: Quando sarete sprofondati fino in fondo, allora vi salverò” (salmi 45/3)
L’idea messianica nell’ebraismo è assolutamente coerente con il monoteismo che prevede D-o nella sua unicità.
Una storia tratta dal talmud :
Rav Yoshua ben Levi domandò al profeta Elia quando sarebbe giunto il Messia, e gli fu risposto di domandarlo al Messia stesso. A rav Yoshua il Messia rispose “Oggi”. Quando terminò il giorno e il messia non era giunto, rav Yoshua, amareggiato e depresso tornò da Elia, che gli spiegò quello che significava la risposta : “ Oggi, se tu ascolterai la mai voce “ (tehilim 95/7)
Shalom
Noiman
Ultima modifica di noiman il domenica 30 aprile 2017, 23:00, modificato 2 volte in totale.
-
- Messaggi: 559
- Iscritto il: mercoledì 11 febbraio 2015, 9:30
Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche
Credo che derivati di questo pensiero siano la base di molte scuole teologiche protestanti. Una delle premesse infatti che viene posta come tra le fondamentali è che la Bibbia non è un testo per comprendere il mondo o per dare risposte a tutte le nostre domande. Viene insegnato invece che la Bibbia è il messaggio di Salvezza di Dio per l'umanità intera, che è passato attraverso il popolo di Israele prima e attraverso la chiesa di Cristo oggi.Ciao Stefanotus
Inizio con una affermazione :Il cardinale Baronio diceva sempre:”La Bibbia fu scritta per insegnarci come andare in cielo, e non come i cieli vanno.
(da Riccardo Chiaberge “la Variabile di Dio. Bel libro da leggere.
Ovviamente questa è una premessa protestante, quindi interpreta così il libro, ma mi pare di scorgere lo stesso principio del cardinale che citi.
Carissimo mi permetto di condividerti una diversa prospettiva.Questa affermazione è dunque l’invito a leggere le scritture come possiamo, dalle traduzioni disponibili muniti della nostra capacità di capire il messaggio contenuto e non cercare di andare oltre. Ma sai meglio di me che le scritture disponibili nella versione originale sono solo scritte in ebraico e in greco i Vangeli, che per loro grande diffusione sono soggetti a maggiori errori di traduzione e rimaneggiamenti nei secoli in cui sono stati copiati e ricopiati. Ma questo non è un problema se si accetta il messaggio globale e non si va a cercare attraverso le singole parole, aggettivi, verbi e altro che modificano sostanzialmente il significato; solo recentemente abbiamo assistito alla dotta discussione sul significato del termine “finche” che se letto in un modo piuttosto che in un altro modificava il senso con cui vanno i cieli.
E' vero, siamo a conoscenza del fatto che soprattutto il Nuovo Testamento sia stato vittima di cattive traduzioni e diverse difficoltà teologiche. E' vero anche che ciò che abbiamo in mano non è l'originale, ma abbiamo solo frammenti di copie di copie... Tutto questo è vero.
E' vero che lavorando su traduzioni nella nostra lingua non possiamo avere la certezza che ciò che leggiamo sia esattamente ciò che il testo voleva dire.
Inoltre se aggiungiamo che persino la nostra traduzione può essere reinterpretata sulla base dei nostri diversi paradigmi mentali... il quadro si complica.
Tutto questo è vero, ma io ho un MA grande quanto una casa che mi risuona in testa.
Dal punto di vista UMANO, cioè dal nostro punto di vista, tutte queste premesse sono limiti e pericoli. Dal nostro punto di vista questi sono ostacoli fastidiosi. Ma dovrebbero cadere se però ci poniamo razionalmente a pensare che questo testo è divino. Può Dio davvero averci "costretto" a comprendere il Suo volere o il Suo libro attraverso il superamento perfetto di queste difficoltà?
Quesito che ho già posto anche sul principio di interpretazione basato su testi "paralleli" alla Bibbia.
Cosa dice la Bibbia stessa riguardo a questo?
In fondo sappiamo che gli apostoli, i seguaci di Cristo, così come molti altri ebrei provenienti dalla diaspora, usassero un testo biblico tradotto nella lingua greca e sappiamo anche, che la loro cultura fu influenzata dal processo di ellenizzazione" in corso in quel tempo. Quindi queste difficoltà le avevano anche allora non solo oggi. Come affronta la Bibbia questo argomento?
Ecco quindi che io mi sono persuaso che, aldilà di alcuni tecnicismi, non è possibile che Dio abbia ispirato un testo sacro contenente il Suo volere...e poi non abbia valutato che nel corso dei secoli avremmo dovuto affrontare queste difficoltà. E' un controsenso per me inaccettabile.
Ci deve essere un'altra chiave di lettura.
Questo argomento io l'ho già trattato più volte anche sul forum. Come la Bibbia chiede di essere interpretata? Come la Bibbia presenta esempi di interpretazione?
Tu per esempio affermi che dovremmo accettare il messaggio globale o più generale, senza puntualizzare e soffermarsi su singole parole, aggettivi, verbi etc. Eppure Gesù stesso, che per me cristiano è un esempio da seguire, si permise di interpretare un testo e dare un insegnamento basandosi su un unica parola dei Salmi (Luca 20:42). Quindi sembrerebbe che Gesù stesso e quindi indirettamente il Nuovo Testamento diano importanza alle singole parole "ispirate da Dio". Altrove abbiamo Parole di Gesù che affermano chiaramente che: "Finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto" (Matteo 5:18).
Neppure uno iota passerà?
E potrei continuare con citazioni prese qui e là anche nell'Antico testamento dove si evince che la Bibbia o se vogliamo quindi Dio, dia in realtà importanza anche al singolo testo, parola, verbo etc. Basti pensare agli insegnamenti di Paolo, fariseo della scuola di Gamaliele, che addirittura questione sull'ordine della creazione di Genesi per stabilire un'ordine sociale all'interno della famiglia che faccia onore a Dio.
Quindi il principio del "prendiamo il senso generale, ma non questioniamo sulle parole", mi risulta difficile da accettare per questi due semplici motivi:
1) La Bibbia si propone al mondo come il testo di Dio, e quindi se ci crediamo non possiamo trattarlo come un testo antico e basta. Dovremmo chiederci come Dio abbia pensato che questo libro dovesse essere letto e "applicato".
2) All'interno della Bibbia invece troviamo diverse contraddizioni a questo principio... e quindi non saprei più come dover credere a ciò che dice...
Io concordo con il fatto che chi conosce il testo originale coglie maggiori sfumature di me. Ma anche tra loro hanno "diverse visioni e diverse interpretazioni", prova ne sono le numerose versioni della Bibbia in nostro possesso. Quindi la certezza matematica non c'è nemmeno leggendo il testo originale direttamente.Se uno è in grado di leggere il testo originale è anche in grado di cogliere il vero messaggio che l’autore biblico voleva che noi capissimo. Ma questo lo possono fare in pochi.
Vero.Io che non conosco il greco quando leggo i vangeli mi devo solo fidare della mia capacità di cogliere quello che sono in grado di capire, leggendo secondo la mia esperienza.
Per mia esperienza... tecnicamente sia che si conosca il greco, sia che non lo si conosca, si riesce a comprendere discretamente bene il messaggio della Bibbia. Abbiamo moltissimi strumenti per farlo, sia che si conosca il greco che non.Quindi sono convinto che se non si è in grado di attingere alla scrittura originale ci si deve accontentare di quello che è il messaggio globale e non impegnarsi in acrobazie interpretative. Questo vale per i cristiani e anche per gli ebrei.
mmmm non capisco dove vuoi arrivare?Scrivi:” Può mai questo Dio desiderare che per esser compreso il Suo messaggio debba passare dalle interpretazioni di umili creature?
Hai ragione questo sarebbe assurdo, ma quello che D-o fece scrivere a Moshè e ai profeti del VT come agli evangelisti, compreso Paolo fu scritto o ispirato nella lingua che non è la nostra. E oggi siamo qui tutti a cercare di interpretare un pensiero scomparso.
Quindi sono gli uomini che sono carenti e incapaci di comprendere queste parole millenarie
Si esattamente. E infatti questo atteggiamento risponde a quello che ti dicevo io nel confronto delle diverse posizioni che ognuno può prendere sulla base delle sue premesse. Io non contraddico e non contrasto la possibilità di analizzare i testi esterni alla Bibbia o il tentativo di ogni studioso di cercare di approfondire il significato del testo biblico. Io semplicemente contrasto il principio del "questa è l'unica via per comprendere". E su questo credo che siamo molto d'accordo entrambi.Scrivi: “Ecco perché io ho molte remore nel pensare che Dio abbia potuto decidere che l'uomo per decifrare il Suo messaggio dovesse PER FORZA passare per la comprensione della lingua, degli usi e dei costumi e delle interpretazioni UMANE. Mi capisci? …….Certo che ti capisco, ma anche tu mi pare che ha suo tempo di sei lungamente impegnato per cercare all’interno del Tanach spiegazioni che non erano così evidenti leggendo il testo come è scritto, ho stampato alcune di queste tue derashòt (così si definiscono in ebraico) , anche tu anelavi a trovare una risposta gradita al tuo pensiero e alla tua fede. Esattamente come io quando studio la Torah cerco di trovare significati più profondi di quello che il testo sembra suggerire.
E questo forse per me è più facile per una migliore comprensione del testo originale e per poter attingere dalle opere di quelli che molto prima di me hanno potuto aggiungere in questo studio, testi che difficilmente trovi in libreria sotto casa.
Si esattamente. Infatti io non mi fermo all'aspetto letterale, ma lo tengo in seria considerazione.Quando scrivi “Conosco un detto ebraico su cosa siano "le Parole di Dio" e non "la Parola di Dio". Si dice che sia come un martello che batte il ferro caldo. Ne odiamo il rumore, ne carpiamo le scintille... ma non possiamo vederne lo splendore e e la forma chiaramente una per una. Sono sfuggenti e alcuni ne vedono una, altri altre. Così è del parlare di Dio, inafferrabile per l'uomo così piccolo e limitato. E io adoro questo modo di pensare a Dio e l'opera Sua.” Non è forse l’inizio di un percorso che non si ferma all’aspetto letterale del testo?
Il metodo interpretativo che preferisco è chiamato "filologico grammaticale", si tratta di un metodo ermeneutico considerato da molti anacronistico ormai, ma per me invece è il più concreto e lo posso dimostrare con molti esempi ma anche con molti testi biblici stessi. Il metodo filologico grammaticale ci permette di analizzare il testo dal punto di vista grammaticale, tenendo cioè in forte considerazione lo stile del testo, il contesto storico e culturale dell'agiografo e quindi il significato primo che quel testo ha e il messaggio primo che questo poteva recare ai diretti destinatari.
Se leggo ad esempio che Eliseo stese il mantello di Elia... seppur potessi approfondire come culturalmente un mantello andava steso, se pure potessi approfondire i colori di un mantello allora, non sarei autorizzato dal testo biblico a seguire interpretazioni allegoriche di questo passo che per assurdo mi protebbero spingere a pensare che data la forma di quel mantello, dati gli usi nello stendere un mantello di allora, dato il colore e il riflesso della luce contro quel genere di tessuto, il movimento dell'aria che si produceva abbianato alla luce solare permise ad Eliseo di passare attraverso il fiume asciutto.
Mi spiego?
Per me il testo dice semplicemente che venne steso un mantello. Posso trovarvi mille simbolismi e trovare mille approfondimenti testuali estranei al testo stesso che mi permetterebbero di comprendere tante altre informazioni... ma ciò che Dio ha ispirato è quel "Eliseo stese il mantello di Elia", e questo semplice significato non può essere "annientato" da nessuno studio o testo "parallelo" alla Bibbia.
Caro Noiman, se ci fai caso, molto spesso, anzi oserei dire spessissimo, mi viene detto che sono un discreto conoscitore della Bibbia e non ne voglio fare mica un vanto. Ma perchè mi viene detto? Semplicemente perchè nel rispondere a questo o quel quesito io difficilmente prendo spunto da testi esterni alla Bibbia. La mia tendenza (che nasce dalla tradizione protestante "Sola Scriptura") è quella di cercare ogni risposta biblica attraverso la Bibbia stessa. Quindi mi applico allo studio della Bibbia, alla conoscenza dei testi biblici. Tutta la Bibbia, dalla Genesi alla Apocalisse. Cerco di approfondire ogni episodio, ogni racconto, ogni insegnamento. E quindi, nell'affrontare questo o quell'argomento ho sempre alla mente questo o quel passaggio biblico.
Seppur sia vero che non posso contenere nella mia mente tutte le possibili interpretazioni di questo o quel testo, indirittamente però li leggo e li conosco, quanto meno nel significato primo, quello più semplice, quello più immediato. E credo che in fondo Dio, che conosce il cuore dell'uomo, non volesse altro che uomini capaci di comprendere il Suo volere affinchè vivessero bene la loro vita e si preparassero all'incontro che avranno un giorno con Lui.
E questo è quanto di più semplice e chiaro si possa capire. Aldilà di mille passaggi di Talmud. Mi spiego?
Ora non che io voglia sminuire chi conosce il Talmud... ma ciò che vorrei fare è sottolineare il primato che deve avere il testo biblico al di sopra di qualsiasi altro testo. Perchè per esperienza so, che l'atteggiamento di coloro che hanno affiancato delle tradizioni orali e poi scritte al testo biblico "per spiegarlo", molto spesso ne hanno travisato la semplicità e al tempo stesso la profondità di quel testo. E questo non vale solo per i farisei, ma anche per i cristiani cattolici o protestanti.
E io sono infatti orgoglioso di aver frequentato corsi in cui queste premesse sono sempre state sottolineate quasi ad imporle.Le scritture non sono un testo di matematica e occorre anche una visione fideistica per il suo studio, ma occorre che sia senza dogmi. Un cristiano o un ebreo che si cimentano nella ricerca e nello studio delle scritture devono avere la mente impegnata e il cuore leggero.
Wow. Bellissimo.Questi due organi che dominano la nostra esistenza ricorrono in una tradizione ebraica……..una curiosità la somma( gematria) delle parole לב “lev” “cuore” e מוח “Mòach” cervello è 86, esattamente come la parola אלהים , Elohim. quale è l’insegnamento? Che la natura di D-o è in qualche modo riconducibile a quella dell’uomo che pensa e rende attivo il suo pensiero tramite il cuore che non è un semplice muscolo, ma lo strumento che insieme al pensiero diventa azione.
Concordo.Un altro insegnamento è che cuore e cervello non possono essere separati, ma in perfetto equilibrio e armonia come il nome di D-o, nessuno di essi può prevalere. Secondo me questa è la ricetta giusta.
Dio ti benedica Noiman, è un piacere parlare con te.Ti saluto con un altro detto ebraico:“ Moshè ha ricevuto la Torah sul Sinai e l’ha consegnata a Jeoshua, e Jehoshua agli Anziani, e gli Anziani ai Profeti, e i Profeti l’hanno consegnata agli uomini della Grande Assemblea. Questi hanno detto tre cose:”Siate moderati nel giudizio e create molti discepoli e fate una siepe intorno alla Torah” ( Avot )
Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche
10
Ringrazio Gianni per la sua osservazione riguardo la predestinazione che per l’ebraismo ha presupposti completamente diversi. La predestinazione ha significato aggiunto e coinvolge il mondo terrestre in alcuni dettagli che per indicazioni del Santo devono corrispondere al mondo celeste, anche la Torah rivelata appartiene a questo modello e che deve essere mantenuta integra come è stata consegnata a Moshè sul Sinai
Elì’ezer figlio di Ircano è un pozzo intonacato che non perde una goccia” tratto da Pirky Avot (Avot 2/8) (Massime dei Padri). Questa principio che ho già riportato riguarda la Torah orale, ma come siamo sicuri che la Torah scritta è passata indenne attraverso i millenni? Oggi possiamo confrontare alcuni testi con quelli ritrovati a Qumran e abbiamo capito che essi sono fotocopie antiche.
Le cose non sono cambiate , gli ebrei di ogni tempo si applicano per il mantenimento e la conservazione del testo dettato da D-o a Moshè
Gli uomini del “libro” hanno mantenuto il testo indenne attraverso il tempo, l’ostinazione è diventata la certezza di consegnare dal passato al futuro l’ordine esatto delle lettere , gli spazi tra le lettere che sono leggibili e interpretabili.
La certezza è diventata norma , poi la norma è diventata regola per scrivere un nuovo sefer Torah e se tra tutte le regole che vi descrivo ne viene invalidata solo una, il rotolo è considerato “pasul” cioè “inadatto”
La pergamena: deve essere di pelle, animale kasher e macellato secondo l’uso.
L’inchiostro: di origine vegetale, di colore nero, deve essere indelebile
Lo strumento per scrivere: in genere una piuma d’oca, la misura della punta scelta tra quelle che fanno il segno della misura e dell’intensità giusta.
Lo scrittore: solo uno che è osservante e colto nei segni, in grado di mantenere le dimensioni delle lettere costanti, salvaguardare gli spazi conoscere i “ta’amim” e le corone di completamento. Ogni volta che si giunge al nome divino si deve rileggere indietro il testo e pronunciare una speciale preghiera. Lo scritto viene controllato da persone diverse in stato di purità (immersione nel mikvè).
Tutto questo garantisce che il messaggio rimane indenne, come D-o lo ha voluto consegnare al suo popolo e poi al mondo.
Quello che segue è un esempio di interpretazione ebraica sul più grande progetto che il Santo ha voluto che si realizzasse sulla terra dopo la consegna della Torah.
La costruzione del Miskan , la dimora della sua presenza nel regno di malkut .
”E faranno per Me un santuario ed Io risiederò in essi” Attenzione, non è scritto in esso , in genere le traduzioni riportano: ”risiederò con loro” e non trasmettono bene il pensiero originale in ebraico che amplia di molto il significato.
Risiedere in essi significa fare un distinguo nella materialità dell’opera destinata a ricevere la presenza divina destinata ai singoli.
“Non ha detto in esso, ma in “essi, per insegnare che la presenza Divina non risiede nel santuario a causa del santuario, ma al contrario a causa di Israele poiché “Essi sono il tempio del Signore”(rav Issakhar Bar Henburg- Zeidà Laderech).
Questa costruzione sfugge alla materialità che non è un fine ma un mezzo, se la costruzione sarà assolutamente materiale essa è intesa come strumento per la costruzione in ciascun uomo di un edificio spirituale immagine di quello celeste che deve dimorare nel cuore di ciascun uomo.
Commenta Malbim “Ha comandato che ognuno gli costruisca un Santuario con gli interni del suo cuore, sicché prepari se stesso a essere Residenza del Signore e abitazione per la presenza della sua forza e così un altare per innalzare tutte le parti della sua anima al Signore”(Artzoth Ha-Shalom).
Nessuno è esentato alla costruzione del Santuario, come il Santo dimorerà in “essi” ciascuno è impegnato moralmente nella costruzione materiale e nell’accoglimento di ciascun uomo che ne deve fare la propria casa portandolo nel cuore.
“E parlò il Signore a Moshè dicendo:”parla ai figli di Israele e prenderanno per Me un offerta per ogni uomo il cui cuore lo spinga prendere la mia offerta”(shmot 25/1-2) (esodo)
Quando poi ricevette l’ordine egli fece realizzare il Tabernacolo sulle istruzioni e in base a quello che aveva visto sul monte. “ Abbi cura di fare secondo i modelli che ti furono indicati sul monte” (shemoth 25/40).
Ci si sempre chiesti il significato di questa affermazione e quali sono i modelli indicati a Moshè sul monte, perché si parla di modelli al plurale.
La tradizione afferma che la loro pluralità è dovuta ai diversi livelli a cui essi appartengono , sono necessari per descrivere in una forma comprensibili le immagini celesti che senza la materialità rimarrebbero incomprensibili, una specie di rappresentazione grafica.
Per questa opera questo viene incaricato un uomo speciale “ Il Signore parlò a Moshè dicendo così: “Vedi che Io scelgo Bezhael figlio di Uri, figlio di Chur della tribù di Giuda, l’ho riempito di spirito divino [letteralmente dello spirito di Elohim] per abilità, intuizione, assennatezza, per ogni sorta di lavoro” ( Shemot- Chi Tissà 31/1) (Esodo)
Riprendiamo il testo dal libro di Shmot:
"Il Signore parlò a Mosè e gli disse: Vedi, ho chiamato per nome Bezhael, figlio di Uri, figlio di Cur, della tribù di Giuda. L'ho riempito dello Spirito di Dio perché abbia saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro, per concepire progetti e realizzarli in oro, argento e rame, per intagliare le pietre da incastonare, per scolpire il legno e compiere ogni sorta di lavoro. Ed ecco gli ho dato per compagno Ooliab, figlio di Achisamach, della tribù di Dan. Inoltre nel cuore di ogni artista ho infuso saggezza, perché possano eseguire quanto ti ho ordinato: la tenda del convegno, l'arca della Testimonianza, il coperchio sopra di essa e tutti gli accessori della tenda; la tavola con i suoi accessori, il candelabro puro con i suoi accessori, l'altare dei profumi e l'altare degli olocausti con i suoi accessori, la conca con il suo piedistallo, le vesti ornamentali, le vesti sacre del sacerdote Aronne e le vesti dei suoi figli per esercitare il sacerdozio; l'olio dell'unzione e il profumo degli aromi per il santuario. Essi eseguiranno ogni cosa secondo quanto ti ho ordinato" (Es 31,1-11).
Chi è questo Bezhael ? il midrash afferma che questo era un profondo conoscitore delle lettere dell’alfabeto ebraico, Il suo nome in ebraico è בצלאל che può essere tradotto “ nell’ombra di D-o, nonostante che esso venga incaricato da D-o stesso, la Torah riporta che esso prima di iniziare il lavoro dovette essere autenticato da tutta Israele, con una serie di accettazioni progressive.
E su questa stranezza vi sono alcuni commenti rabbinici “Disse Rabbì Izchak:” Non si mette un gestore sul pubblico altro che se viene eletto dal pubblico come è detto :” Guardate! Ha chiamato il Signore per nome Bezalel?”
Disse il Santo Benedetto Egli Sia a Moshè :” Moshè , è adatto secondo te Bezalel?” Gli disse: “Padrone del Mondo se davanti a Te è adatto, davanti a me non a maggior ragione ?”
Gli disse :” Nonostante ciò vallo a dire loro (a Israele). Andò e disse loro ai figli d’Israele.” E adatto secondo voi Bezalel?” Gli dissero: “Se davanti al Santo Benedetto Egli Sia e davanti a te è adatto, davanti a noi non a maggior ragione” (talmud –beracot 55°).
“L’ho riempito di Spirito Divino” di Chokhmah, Binàh e Da’at , queste sono le ragioni per cui secondo la mistica ebraica il mondo sussiste e ogni cosa creata è in eterno equilibro, Rashi nel suo commento al libro di Shmòt anche se non nominandole direttamente afferma
” per abilità- ( Chokhmah) ciò che una persona ha appreso da altri ed ha imparato., Intuizione-( Binah) Ciò che uno intuisce personalmente per deduzione, dopo aver studiato; Assennatezza- ( Da’at) Per sacra ispirazione” che è l’insieme delle tre .
Quest’uomo fu scelto dalla collettività per costruire l’arca. Rabbì Ovadia Sforno ( un mio antenato) , commenta: ”L'Arca che era il più particolare tra tutti gli oggetti è stata fatta da Bezazel, che era il più grande di tutti, come hanno detto “Bezazel sapeva comporre le lettere con quali furono creati il Cielo e la Terra”(Trattato delle berachòt -55a).
“E fece Bezazel l’Arca di legno d’acacia, due ammot e mezzo la sua lunghezza, una ammà e mezzo la sua larghezza, ed un ammà e mezzo la sua altezza” (shmot 37/17).
Il tabernacolo fu costruito in questo modo da Bezahel, secondo D-O, con l’approvazione di Moshè e di tutta Israele.
Una curiosità che è stata fonte di riflessioni e di insegnamenti, lo stesso comandamento è stato scritto due volte nel libro di shmòt, la prima volta lo leggiamo in shmòt 25/10:
” E faranno un Arca di legno di acacia…”Generalmente le traduzioni riportano : “ si farà”, ma nel testo il verbo fare compare nel biniam “kal” al futuro, ועשו mentre per quasi tutti i componenti del tempio la forma è singolare.
Ovviamente bisogna scartare il letteralismo delle parole, i benè Israel erano molti, forse alcuni di loro non videro mai direttamente l’arca che era un oggetto assai piccolo che occupava una minima parte del tabernacolo, quindi solo pochi uomini diretti da Bezahel furono utilizzati nella costruzione, allargando il concetto possiamo anche pensare che a ciascuno fu richiesto di contribuire fornendo l’oro con cui l’arca era rivestita, ma anche questa ipotesi la possiamo scartare perché la quantità d’oro impiegata era veramente minima rispetto all’oro in possesso ai singoli e alla collettività.
Eppure queste parole sono dette per tutti, l’invito è collettivo e impegna il singolo in un legame con questo oggetto .
Il plurale di “faranno” implica che ogni uomo, donna in viaggio nel deserto deve essere impegnato mentalmente in una idea unica, questa intenzione condivisa sarà la base dell’anima collettiva di Israele, le parole del comandamento includevano un concetto ben oltre l’azione fisica, quel faranno include l’anima collettiva di Israele che si realizza attraverso il singolo..
Forse se esaminiamo gli ordini con cui viene costruito il Santuario potremmo scoprire che esso “rappresenta la creazione del mondo, alla rovescia, gli ornamenti, i materiali con cui viene costruito hanno riferimenti con le fasi della creazione raccontate nel libro di Bereshit .
E’ la seconda volta che D-o interviene direttamente per spiegare e ordinare la costruzione di un oggetto, l’arca è il primo modello , Noàch riceve le istruzioni dettagliate su come costruirla, i materiali e le misure, porte e finestre vengono indicate con estrema precisione, la seconda volta e Israele che riceve le istruzioni direttamente da D-o su come costruire l’Aron per contenere le seconde tavole date da D-o sul Sinai,
Esiste una particolarità di questo oggetto , era costruito in ha forma di parallelepipedo che a sua volta era costituito da tre scatole ricoperte d’oro tranne quella di mezzo che era di legno di acacia. Anche se erano un corpo unico essere erano tre oggetti diversi con misure proporzionali per essere contenute e nello stesso contenitori.
E’ curioso che il coperchio fosse fatto di un unico pezzo, la tradizione afferma che essa non è solo un contenitore ma che condensi le misure metafisiche a immagine e somiglianza del mondo superiore, il micro santuario è una specie di comunicazione tra il mondo terrestre e quello celeste; Il “mishkan” è il santuario mobile, che accompagnerà Israel per quarant’anni nel deserto perché esso contiene oltre le tavole della legge anche le regole dei mondi superiori.
“Il Santo dei Santi è un luogo situato nel nostro mondo e negli altri mondi al tempo stesso. In quanto tale è un luogo sottoposto alle leggi del tempo e dello spazio.”( La rosa dei tredici petali di Adin Steinsaltz).
L’Aròn soggiorna nel tabernacolo in cui solo Moshè e pochi altri possono accedere.
L’Aron per essere trasportato nel deserto è munito di quattro anelli d’oro in fusione, collocati a quattro angoli, in questi anelli erano introdotte quattro stanghe di legno di acacia rivestite di oro.
La Torah prescrive che queste stanghe non dovevano mai essere tolte dagli anelli. L’Aròn poteva essere solo trasportato a spalla e quindi la presenza delle stanghe garantiva che in qualunque momento esso potesse essere trasportato.
Queste aste sono : ועשית בדי עצי שטים וצפית אתם זהב , “ ….di legno di acacia rivestite d’oro.(shemoth 25/13). Rav. Shlomo Luntschitz, spiega che le tre lettere ז ה ב che compongono la parola zahav”“oro” hanno valore 7-5-2 , ha indicare il settimo, il quinto e il secondo giorno della settimana, cioè: sabato, giovedì e lunedì
Questi sono i giorni in cui è prescritto che si debba leggere la Torah, questo precetto è insegnato nel Talmud dove è prescritto che non devono passare più di tre giorni senza che essa venga letta, quindi il sabato , il lunedì e il giovedì.
Una altra spiegazione considera le “badim” come parte strutturale dell’arca esattamente come le gambe di un tavolo, senza le aste l’arca non è completa, e la tradizione afferma che esse non servono a trasportare l’arca, servono a trasportare coloro che trasportano l’arca
Il midrash ricorda che Moshè sali sul Sinai il lunedì e ne discese un giovedì, in questo giorno furono consegnate al popolo le tavole con la legge.
Il Tabernacolo era di complessa costruzione e rileggendo tutto il capitolo 26 di shmot possiamo fare qualche osservazione interessante.
Nel riferimento all’incontro tra i mondi superiori e quelli inferiori, il punto di confine era il פרכת “ parochèt” la tenda che separava la parte più sacra della struttura, il passaggio di questo limite non era consentito a nessuno, tranne al Gadol Coèn , il sommo sacerdote solo nel giorno di Kippur. Questa barriera era fisica, chiunque avesse tentato il passaggio sarebbe stato annientato nel corpo, l’insegnamento è che non è consentito alla materia del nostro mondo di mischiarsi e accedere alle dimensioni spirituali.
Solo con la costruzione del santuario in pietra la struttura viene a completarsi con le nuove misure.
Tutto il capitolo 26 di terumàh – shemoth, (esodo) dedica dovizia di particolari alla costruzione della struttura del tabernacolo.
La parte fondamentale della struttura era costituita di un certo numero di pannelli che la Torah chiama קרשים “ kerashim” che il testo descrive come “assi” lunghi dieci cubiti e larghi un cubito e mezzo, spessi un cubito.
Questi assi venivano connessi e si sostenevano tramite un piedistallo che la Torah definisce come “caviglia”.
La connessione era garantita dai בריחם “berichìm” i cardini. Il lato sud e il lato nord erano composti da 20 “kerashim”, il lato a occidente sono posti 6 assi, vengono aggiunti ancora due assi per costituire l’angolo.
Totale 48 “kerashim”” che nel loro insieme costituiscono 72 cubiti.
Una costruzione che rimane aperta da un lato. Le istruzioni ricevute da Moshè per la costruzione prevedono che ciascuno dei lati abbia in dotazione cinque cardini i “berichìm” che erano delle sbarre che passavano attraverso degli anelli, il cui fine era di unire e rendere solida la struttura, in totale 15 sbarre che scorrevano negli anelli.
Poi la Torah parla di una ulteriore sbarra chiamata והבריח התכן “ beriàch haticòn” la sbarra di mezzo” che viene posta in modo di collegare attraverso le scanalature interna alle tavole tutte le 48 tavole e deve scorrere attraverso i 72 cubiti del perimetro che costituisce il Tabernacolo. Questa sbarra in legno di acacia deve compiere una forma a U tutto il perimetro, cosa impossibile dal punto di vista costruttivo.
Eppure questa istruzione è chiara , ma è evidente che per poterla realizzare bisogna considerare miracoloso, come essa possa essa scorrere all’interno dei “kerashim”.
I maestri che già da secoli hanno osservato questa “impossibilità fisica” hanno fornito spiegazioni ricorrendo al miracolo e il midrash viene tirato in ballo per cercare di fornire una spiegazione.
Se la Torah terreste è lo specchio della Torah celeste, luogo dove non esiste la materia nei suoi limiti. L’uomo per costruire il Santuario con il materiale disponibile, il testo menziona sette materiali: il legno, le pelli di montone, il lino, la lana, il rame, l’argento e l’oro, ma ha rendere stabile e completa l’opera è la “Shechinà” la presenza divina, che rende completa l’opera facendo da giunzione e collegamento di mondi diversi.
Emerge il concetto di unita, anche il numero di 72 cubiti, assume un significato nuovo“ che attraverserà le assi nell’interno da una estremità all’altra” queste sono le istruzioni che ha ricevuto Moshè.
“Erigerai così il Tabernacolo secondo le disposizioni che ti furono date sul monte” (terumà 26/30)
Lo shabbat è il mondo di mezzo, la pausa tra i due stai che comunicano tramite il giorno in cui D-o decise il non fare .La Torah dice a proposito” Poiché in esso ha cessato da ogni sua opera che ha creato il Signore per fare”(Bereshit).
Un libro dove tutte le storie possibili sono già scritte, ancora prima di ogni creazione possibile, l’inchiostro e la carta non si sono ancora incrociati nella possibilità del combinarsi delle “ lettere “ Dal Bereshit Rabbà questo concetto è spiegato da una paradosso:
Ciò e simile ad un re che avendo sposato una matrona non aveva avuto figli da lei. Una volta passando per il mercato il re disse: prendete inchiostro, calamaio, e penna per mio figlio. E tutti dicevano: Egli non ha figli, eppure dice: Prendete, questo inchiostro, calamaio e penna per mio figlio. Tornavano a dire: Il Re è un grande astrologo perché se non avesse previsto di avere in futuro un figlio, non avrebbe detto: prendete inchiostro, calamaio e penna per mio figlio: Così il Santo, Egli sia benedetto, non avesse previsto che dopo 26 generazioni Israele avrebbe accettato la Torah, non avrebbe scritto in essa : Comanda ai figli di Israel; parla ai figli di Israele. Rav. Banajah disse: L’Universo con il suo contenuto non fu creato se non per la Torah, come è detto: Il Signore con La Sapienza fondò la terra.”
Shalom
Noiman
]
Ringrazio Gianni per la sua osservazione riguardo la predestinazione che per l’ebraismo ha presupposti completamente diversi. La predestinazione ha significato aggiunto e coinvolge il mondo terrestre in alcuni dettagli che per indicazioni del Santo devono corrispondere al mondo celeste, anche la Torah rivelata appartiene a questo modello e che deve essere mantenuta integra come è stata consegnata a Moshè sul Sinai
Elì’ezer figlio di Ircano è un pozzo intonacato che non perde una goccia” tratto da Pirky Avot (Avot 2/8) (Massime dei Padri). Questa principio che ho già riportato riguarda la Torah orale, ma come siamo sicuri che la Torah scritta è passata indenne attraverso i millenni? Oggi possiamo confrontare alcuni testi con quelli ritrovati a Qumran e abbiamo capito che essi sono fotocopie antiche.
Le cose non sono cambiate , gli ebrei di ogni tempo si applicano per il mantenimento e la conservazione del testo dettato da D-o a Moshè
Gli uomini del “libro” hanno mantenuto il testo indenne attraverso il tempo, l’ostinazione è diventata la certezza di consegnare dal passato al futuro l’ordine esatto delle lettere , gli spazi tra le lettere che sono leggibili e interpretabili.
La certezza è diventata norma , poi la norma è diventata regola per scrivere un nuovo sefer Torah e se tra tutte le regole che vi descrivo ne viene invalidata solo una, il rotolo è considerato “pasul” cioè “inadatto”
La pergamena: deve essere di pelle, animale kasher e macellato secondo l’uso.
L’inchiostro: di origine vegetale, di colore nero, deve essere indelebile
Lo strumento per scrivere: in genere una piuma d’oca, la misura della punta scelta tra quelle che fanno il segno della misura e dell’intensità giusta.
Lo scrittore: solo uno che è osservante e colto nei segni, in grado di mantenere le dimensioni delle lettere costanti, salvaguardare gli spazi conoscere i “ta’amim” e le corone di completamento. Ogni volta che si giunge al nome divino si deve rileggere indietro il testo e pronunciare una speciale preghiera. Lo scritto viene controllato da persone diverse in stato di purità (immersione nel mikvè).
Tutto questo garantisce che il messaggio rimane indenne, come D-o lo ha voluto consegnare al suo popolo e poi al mondo.
Quello che segue è un esempio di interpretazione ebraica sul più grande progetto che il Santo ha voluto che si realizzasse sulla terra dopo la consegna della Torah.
La costruzione del Miskan , la dimora della sua presenza nel regno di malkut .
”E faranno per Me un santuario ed Io risiederò in essi” Attenzione, non è scritto in esso , in genere le traduzioni riportano: ”risiederò con loro” e non trasmettono bene il pensiero originale in ebraico che amplia di molto il significato.
Risiedere in essi significa fare un distinguo nella materialità dell’opera destinata a ricevere la presenza divina destinata ai singoli.
“Non ha detto in esso, ma in “essi, per insegnare che la presenza Divina non risiede nel santuario a causa del santuario, ma al contrario a causa di Israele poiché “Essi sono il tempio del Signore”(rav Issakhar Bar Henburg- Zeidà Laderech).
Questa costruzione sfugge alla materialità che non è un fine ma un mezzo, se la costruzione sarà assolutamente materiale essa è intesa come strumento per la costruzione in ciascun uomo di un edificio spirituale immagine di quello celeste che deve dimorare nel cuore di ciascun uomo.
Commenta Malbim “Ha comandato che ognuno gli costruisca un Santuario con gli interni del suo cuore, sicché prepari se stesso a essere Residenza del Signore e abitazione per la presenza della sua forza e così un altare per innalzare tutte le parti della sua anima al Signore”(Artzoth Ha-Shalom).
Nessuno è esentato alla costruzione del Santuario, come il Santo dimorerà in “essi” ciascuno è impegnato moralmente nella costruzione materiale e nell’accoglimento di ciascun uomo che ne deve fare la propria casa portandolo nel cuore.
“E parlò il Signore a Moshè dicendo:”parla ai figli di Israele e prenderanno per Me un offerta per ogni uomo il cui cuore lo spinga prendere la mia offerta”(shmot 25/1-2) (esodo)
Quando poi ricevette l’ordine egli fece realizzare il Tabernacolo sulle istruzioni e in base a quello che aveva visto sul monte. “ Abbi cura di fare secondo i modelli che ti furono indicati sul monte” (shemoth 25/40).
Ci si sempre chiesti il significato di questa affermazione e quali sono i modelli indicati a Moshè sul monte, perché si parla di modelli al plurale.
La tradizione afferma che la loro pluralità è dovuta ai diversi livelli a cui essi appartengono , sono necessari per descrivere in una forma comprensibili le immagini celesti che senza la materialità rimarrebbero incomprensibili, una specie di rappresentazione grafica.
Per questa opera questo viene incaricato un uomo speciale “ Il Signore parlò a Moshè dicendo così: “Vedi che Io scelgo Bezhael figlio di Uri, figlio di Chur della tribù di Giuda, l’ho riempito di spirito divino [letteralmente dello spirito di Elohim] per abilità, intuizione, assennatezza, per ogni sorta di lavoro” ( Shemot- Chi Tissà 31/1) (Esodo)
Riprendiamo il testo dal libro di Shmot:
"Il Signore parlò a Mosè e gli disse: Vedi, ho chiamato per nome Bezhael, figlio di Uri, figlio di Cur, della tribù di Giuda. L'ho riempito dello Spirito di Dio perché abbia saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro, per concepire progetti e realizzarli in oro, argento e rame, per intagliare le pietre da incastonare, per scolpire il legno e compiere ogni sorta di lavoro. Ed ecco gli ho dato per compagno Ooliab, figlio di Achisamach, della tribù di Dan. Inoltre nel cuore di ogni artista ho infuso saggezza, perché possano eseguire quanto ti ho ordinato: la tenda del convegno, l'arca della Testimonianza, il coperchio sopra di essa e tutti gli accessori della tenda; la tavola con i suoi accessori, il candelabro puro con i suoi accessori, l'altare dei profumi e l'altare degli olocausti con i suoi accessori, la conca con il suo piedistallo, le vesti ornamentali, le vesti sacre del sacerdote Aronne e le vesti dei suoi figli per esercitare il sacerdozio; l'olio dell'unzione e il profumo degli aromi per il santuario. Essi eseguiranno ogni cosa secondo quanto ti ho ordinato" (Es 31,1-11).
Chi è questo Bezhael ? il midrash afferma che questo era un profondo conoscitore delle lettere dell’alfabeto ebraico, Il suo nome in ebraico è בצלאל che può essere tradotto “ nell’ombra di D-o, nonostante che esso venga incaricato da D-o stesso, la Torah riporta che esso prima di iniziare il lavoro dovette essere autenticato da tutta Israele, con una serie di accettazioni progressive.
E su questa stranezza vi sono alcuni commenti rabbinici “Disse Rabbì Izchak:” Non si mette un gestore sul pubblico altro che se viene eletto dal pubblico come è detto :” Guardate! Ha chiamato il Signore per nome Bezalel?”
Disse il Santo Benedetto Egli Sia a Moshè :” Moshè , è adatto secondo te Bezalel?” Gli disse: “Padrone del Mondo se davanti a Te è adatto, davanti a me non a maggior ragione ?”
Gli disse :” Nonostante ciò vallo a dire loro (a Israele). Andò e disse loro ai figli d’Israele.” E adatto secondo voi Bezalel?” Gli dissero: “Se davanti al Santo Benedetto Egli Sia e davanti a te è adatto, davanti a noi non a maggior ragione” (talmud –beracot 55°).
“L’ho riempito di Spirito Divino” di Chokhmah, Binàh e Da’at , queste sono le ragioni per cui secondo la mistica ebraica il mondo sussiste e ogni cosa creata è in eterno equilibro, Rashi nel suo commento al libro di Shmòt anche se non nominandole direttamente afferma
” per abilità- ( Chokhmah) ciò che una persona ha appreso da altri ed ha imparato., Intuizione-( Binah) Ciò che uno intuisce personalmente per deduzione, dopo aver studiato; Assennatezza- ( Da’at) Per sacra ispirazione” che è l’insieme delle tre .
Quest’uomo fu scelto dalla collettività per costruire l’arca. Rabbì Ovadia Sforno ( un mio antenato) , commenta: ”L'Arca che era il più particolare tra tutti gli oggetti è stata fatta da Bezazel, che era il più grande di tutti, come hanno detto “Bezazel sapeva comporre le lettere con quali furono creati il Cielo e la Terra”(Trattato delle berachòt -55a).
“E fece Bezazel l’Arca di legno d’acacia, due ammot e mezzo la sua lunghezza, una ammà e mezzo la sua larghezza, ed un ammà e mezzo la sua altezza” (shmot 37/17).
Il tabernacolo fu costruito in questo modo da Bezahel, secondo D-O, con l’approvazione di Moshè e di tutta Israele.
Una curiosità che è stata fonte di riflessioni e di insegnamenti, lo stesso comandamento è stato scritto due volte nel libro di shmòt, la prima volta lo leggiamo in shmòt 25/10:
” E faranno un Arca di legno di acacia…”Generalmente le traduzioni riportano : “ si farà”, ma nel testo il verbo fare compare nel biniam “kal” al futuro, ועשו mentre per quasi tutti i componenti del tempio la forma è singolare.
Ovviamente bisogna scartare il letteralismo delle parole, i benè Israel erano molti, forse alcuni di loro non videro mai direttamente l’arca che era un oggetto assai piccolo che occupava una minima parte del tabernacolo, quindi solo pochi uomini diretti da Bezahel furono utilizzati nella costruzione, allargando il concetto possiamo anche pensare che a ciascuno fu richiesto di contribuire fornendo l’oro con cui l’arca era rivestita, ma anche questa ipotesi la possiamo scartare perché la quantità d’oro impiegata era veramente minima rispetto all’oro in possesso ai singoli e alla collettività.
Eppure queste parole sono dette per tutti, l’invito è collettivo e impegna il singolo in un legame con questo oggetto .
Il plurale di “faranno” implica che ogni uomo, donna in viaggio nel deserto deve essere impegnato mentalmente in una idea unica, questa intenzione condivisa sarà la base dell’anima collettiva di Israele, le parole del comandamento includevano un concetto ben oltre l’azione fisica, quel faranno include l’anima collettiva di Israele che si realizza attraverso il singolo..
Forse se esaminiamo gli ordini con cui viene costruito il Santuario potremmo scoprire che esso “rappresenta la creazione del mondo, alla rovescia, gli ornamenti, i materiali con cui viene costruito hanno riferimenti con le fasi della creazione raccontate nel libro di Bereshit .
E’ la seconda volta che D-o interviene direttamente per spiegare e ordinare la costruzione di un oggetto, l’arca è il primo modello , Noàch riceve le istruzioni dettagliate su come costruirla, i materiali e le misure, porte e finestre vengono indicate con estrema precisione, la seconda volta e Israele che riceve le istruzioni direttamente da D-o su come costruire l’Aron per contenere le seconde tavole date da D-o sul Sinai,
Esiste una particolarità di questo oggetto , era costruito in ha forma di parallelepipedo che a sua volta era costituito da tre scatole ricoperte d’oro tranne quella di mezzo che era di legno di acacia. Anche se erano un corpo unico essere erano tre oggetti diversi con misure proporzionali per essere contenute e nello stesso contenitori.
E’ curioso che il coperchio fosse fatto di un unico pezzo, la tradizione afferma che essa non è solo un contenitore ma che condensi le misure metafisiche a immagine e somiglianza del mondo superiore, il micro santuario è una specie di comunicazione tra il mondo terrestre e quello celeste; Il “mishkan” è il santuario mobile, che accompagnerà Israel per quarant’anni nel deserto perché esso contiene oltre le tavole della legge anche le regole dei mondi superiori.
“Il Santo dei Santi è un luogo situato nel nostro mondo e negli altri mondi al tempo stesso. In quanto tale è un luogo sottoposto alle leggi del tempo e dello spazio.”( La rosa dei tredici petali di Adin Steinsaltz).
L’Aròn soggiorna nel tabernacolo in cui solo Moshè e pochi altri possono accedere.
L’Aron per essere trasportato nel deserto è munito di quattro anelli d’oro in fusione, collocati a quattro angoli, in questi anelli erano introdotte quattro stanghe di legno di acacia rivestite di oro.
La Torah prescrive che queste stanghe non dovevano mai essere tolte dagli anelli. L’Aròn poteva essere solo trasportato a spalla e quindi la presenza delle stanghe garantiva che in qualunque momento esso potesse essere trasportato.
Queste aste sono : ועשית בדי עצי שטים וצפית אתם זהב , “ ….di legno di acacia rivestite d’oro.(shemoth 25/13). Rav. Shlomo Luntschitz, spiega che le tre lettere ז ה ב che compongono la parola zahav”“oro” hanno valore 7-5-2 , ha indicare il settimo, il quinto e il secondo giorno della settimana, cioè: sabato, giovedì e lunedì
Questi sono i giorni in cui è prescritto che si debba leggere la Torah, questo precetto è insegnato nel Talmud dove è prescritto che non devono passare più di tre giorni senza che essa venga letta, quindi il sabato , il lunedì e il giovedì.
Una altra spiegazione considera le “badim” come parte strutturale dell’arca esattamente come le gambe di un tavolo, senza le aste l’arca non è completa, e la tradizione afferma che esse non servono a trasportare l’arca, servono a trasportare coloro che trasportano l’arca
Il midrash ricorda che Moshè sali sul Sinai il lunedì e ne discese un giovedì, in questo giorno furono consegnate al popolo le tavole con la legge.
Il Tabernacolo era di complessa costruzione e rileggendo tutto il capitolo 26 di shmot possiamo fare qualche osservazione interessante.
Nel riferimento all’incontro tra i mondi superiori e quelli inferiori, il punto di confine era il פרכת “ parochèt” la tenda che separava la parte più sacra della struttura, il passaggio di questo limite non era consentito a nessuno, tranne al Gadol Coèn , il sommo sacerdote solo nel giorno di Kippur. Questa barriera era fisica, chiunque avesse tentato il passaggio sarebbe stato annientato nel corpo, l’insegnamento è che non è consentito alla materia del nostro mondo di mischiarsi e accedere alle dimensioni spirituali.
Solo con la costruzione del santuario in pietra la struttura viene a completarsi con le nuove misure.
Tutto il capitolo 26 di terumàh – shemoth, (esodo) dedica dovizia di particolari alla costruzione della struttura del tabernacolo.
La parte fondamentale della struttura era costituita di un certo numero di pannelli che la Torah chiama קרשים “ kerashim” che il testo descrive come “assi” lunghi dieci cubiti e larghi un cubito e mezzo, spessi un cubito.
Questi assi venivano connessi e si sostenevano tramite un piedistallo che la Torah definisce come “caviglia”.
La connessione era garantita dai בריחם “berichìm” i cardini. Il lato sud e il lato nord erano composti da 20 “kerashim”, il lato a occidente sono posti 6 assi, vengono aggiunti ancora due assi per costituire l’angolo.
Totale 48 “kerashim”” che nel loro insieme costituiscono 72 cubiti.
Una costruzione che rimane aperta da un lato. Le istruzioni ricevute da Moshè per la costruzione prevedono che ciascuno dei lati abbia in dotazione cinque cardini i “berichìm” che erano delle sbarre che passavano attraverso degli anelli, il cui fine era di unire e rendere solida la struttura, in totale 15 sbarre che scorrevano negli anelli.
Poi la Torah parla di una ulteriore sbarra chiamata והבריח התכן “ beriàch haticòn” la sbarra di mezzo” che viene posta in modo di collegare attraverso le scanalature interna alle tavole tutte le 48 tavole e deve scorrere attraverso i 72 cubiti del perimetro che costituisce il Tabernacolo. Questa sbarra in legno di acacia deve compiere una forma a U tutto il perimetro, cosa impossibile dal punto di vista costruttivo.
Eppure questa istruzione è chiara , ma è evidente che per poterla realizzare bisogna considerare miracoloso, come essa possa essa scorrere all’interno dei “kerashim”.
I maestri che già da secoli hanno osservato questa “impossibilità fisica” hanno fornito spiegazioni ricorrendo al miracolo e il midrash viene tirato in ballo per cercare di fornire una spiegazione.
Se la Torah terreste è lo specchio della Torah celeste, luogo dove non esiste la materia nei suoi limiti. L’uomo per costruire il Santuario con il materiale disponibile, il testo menziona sette materiali: il legno, le pelli di montone, il lino, la lana, il rame, l’argento e l’oro, ma ha rendere stabile e completa l’opera è la “Shechinà” la presenza divina, che rende completa l’opera facendo da giunzione e collegamento di mondi diversi.
Emerge il concetto di unita, anche il numero di 72 cubiti, assume un significato nuovo“ che attraverserà le assi nell’interno da una estremità all’altra” queste sono le istruzioni che ha ricevuto Moshè.
“Erigerai così il Tabernacolo secondo le disposizioni che ti furono date sul monte” (terumà 26/30)
Lo shabbat è il mondo di mezzo, la pausa tra i due stai che comunicano tramite il giorno in cui D-o decise il non fare .La Torah dice a proposito” Poiché in esso ha cessato da ogni sua opera che ha creato il Signore per fare”(Bereshit).
Un libro dove tutte le storie possibili sono già scritte, ancora prima di ogni creazione possibile, l’inchiostro e la carta non si sono ancora incrociati nella possibilità del combinarsi delle “ lettere “ Dal Bereshit Rabbà questo concetto è spiegato da una paradosso:
Ciò e simile ad un re che avendo sposato una matrona non aveva avuto figli da lei. Una volta passando per il mercato il re disse: prendete inchiostro, calamaio, e penna per mio figlio. E tutti dicevano: Egli non ha figli, eppure dice: Prendete, questo inchiostro, calamaio e penna per mio figlio. Tornavano a dire: Il Re è un grande astrologo perché se non avesse previsto di avere in futuro un figlio, non avrebbe detto: prendete inchiostro, calamaio e penna per mio figlio: Così il Santo, Egli sia benedetto, non avesse previsto che dopo 26 generazioni Israele avrebbe accettato la Torah, non avrebbe scritto in essa : Comanda ai figli di Israel; parla ai figli di Israele. Rav. Banajah disse: L’Universo con il suo contenuto non fu creato se non per la Torah, come è detto: Il Signore con La Sapienza fondò la terra.”
Shalom
Noiman
]
Ultima modifica di noiman il domenica 30 aprile 2017, 23:11, modificato 2 volte in totale.
Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche
Ho seguito la vostra bella discussione. Secondo me c'è un fatto da considerare: la Torah è stata data da Dio al popolo di Israel, non agli altri. E Yeshua insegnava ai figli di Israele, non agli stranieri. La Torah è scritta da agiografi appartenenti al popolo di Israel per il popolo di Israel; gli insegnamenti di Yeshúa erano diretti al popolo di Israel e gli altri ne beneficiano. Il fatto che egli non sia stato accolto da Israel, ha reso possibile che gli stranieri potessero essere "innestati" nell'ulivo domestico, e qui sta la perfezione e l'infinito amore di Dio; ma rimane il fatto che la Torah fu data all'ulivo domestico, e che il Messia venne per l'ulivo domestico. Quindi, chi appartiene all'ulivo selvatico e ha ricevuto la grazia immensa di essere innestato nell'ulivo domestico, deve necessariamente essere cosciente di ciò.
“Dico dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? No di certo! ... Dio non ha ripudiato il suo popolo, che ha preconosciuto ... "Dio ha dato loro uno spirito di torpore, occhi per non vedere e orecchie per non udire, fino a questo giorno". E Davide dice: "La loro mensa sia per loro una trappola, una rete, un inciampo e una retribuzione. Siano gli occhi loro oscurati perché non vedano e rendi curva la loro schiena per sempre" ... Ora io dico: sono forse inciampati perché cadessero? No di certo! Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta agli stranieri per provocare la loro gelosia. Ora, se la loro caduta è una ricchezza per il mondo e la loro diminuzione è una ricchezza per gli stranieri, quanto più lo sarà la loro piena partecipazione! ... Se la primizia è santa, anche la massa è santa; se la radice è santa, anche i rami sono santi. Se alcuni rami sono stati troncati, mentre tu, che sei olivo selvatico, sei stato innestato al loro posto e sei diventato partecipe della radice e della linfa dell'olivo, non insuperbirti contro i rami; ma, se t'insuperbisci, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te ... Bene: essi sono stati troncati per la loro incredulità e tu rimani stabile per la fede; non insuperbirti, ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppure te. Considera dunque la bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti; ma verso di te la bontà di Dio, purché tu perseveri nella sua bontà; altrimenti, anche tu sarai reciso.” — Rm 11 [Is 6:9-13; 8:14]
“Dico dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? No di certo! ... Dio non ha ripudiato il suo popolo, che ha preconosciuto ... "Dio ha dato loro uno spirito di torpore, occhi per non vedere e orecchie per non udire, fino a questo giorno". E Davide dice: "La loro mensa sia per loro una trappola, una rete, un inciampo e una retribuzione. Siano gli occhi loro oscurati perché non vedano e rendi curva la loro schiena per sempre" ... Ora io dico: sono forse inciampati perché cadessero? No di certo! Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta agli stranieri per provocare la loro gelosia. Ora, se la loro caduta è una ricchezza per il mondo e la loro diminuzione è una ricchezza per gli stranieri, quanto più lo sarà la loro piena partecipazione! ... Se la primizia è santa, anche la massa è santa; se la radice è santa, anche i rami sono santi. Se alcuni rami sono stati troncati, mentre tu, che sei olivo selvatico, sei stato innestato al loro posto e sei diventato partecipe della radice e della linfa dell'olivo, non insuperbirti contro i rami; ma, se t'insuperbisci, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te ... Bene: essi sono stati troncati per la loro incredulità e tu rimani stabile per la fede; non insuperbirti, ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppure te. Considera dunque la bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti; ma verso di te la bontà di Dio, purché tu perseveri nella sua bontà; altrimenti, anche tu sarai reciso.” — Rm 11 [Is 6:9-13; 8:14]