Caro Noiman, perché mai dovremmo parlare di contraddizioni? Abbiamo semplicemente due racconti diversi della creazione. Abbiamo già spiegato l’intento dei due racconti: nel primo Dio prepara tutto per accogliere infine l’uomo; nel secondo l’uomo è creato per primo perché è primo nel pensiero di Dio.
Tu più di tutti dovesti sapere che uno stesso evento può essere presentato nella Scrittura in modi diversi. I tuoi antenati ebrei (Dio ti benedica, perché sono tuoi – vorrei tanto averli io) non ci trovavano nulla di strano né tantomeno delle contraddizioni. Porto un esempio biblico attinente: nella Bibbia troviamo ben due altre presentazioni della creazione:
1. Nel Salmo 104, Dio (rivestito di luce) stende i cieli come una tenda, costruisce la sua casa su travi poste sulle acque, fonda la terra su luoghi stabili perché non vacilli, ricopre quindi tutta la terra di acqua, poi causa un cataclisma che fa emergere i monti, pone un confine al mare, dispone delle sorgenti per abbeverare il bestiame, fa germogliare la terra.
2. In Gb 38 Dio fonda la terra affondando i suoi piedistalli con incastro e ponendo la pietra angolare, poi barrica le porte del mare che riveste di oscurità; la terra ha delle estremità o ali; il mare ha delle sorgenti; la luce e le tenebre hanno un loro luogo; la neve e la grandine hanno i loro depositi; c’è un canale per l’inondazione; in cielo ci sono delle giare d’acqua.
Solo chi non conosce bene la Bibbia vi trova delle contraddizioni.
Circa le
toledòt (תֹּולְדֹת), dici bene. Si tratta di genealogie-titoli. Generazioni che introducono alcuni racconti storici. Così le
toledòt di Noè o di Tera o di Abraamo si trasformano in una storia arricchita di aneddoti. Tera sopravvive in Abraamo (Gn 11:27,31,32); Abraamo in Isacco, Isacco in Giacobbe (Gn 25:19-26); Giacobbe nelle dodici tribù da lui fondate (Gn 37:2-49,33). Mentre si dice: Toledòt (o generazioni) di Noè, di Isacco e di Giacobbe, non si parla di loro ma dei loro discendenti. Nelle Scritture Ebraiche la storia di un uomo si attua nella sua posterità.
Se ho scritto solo
toledòt senza dare spiegazioni è perché sapevo che tu avresti capito e non volevo allungare il commento. Ma siamo riusciti lo stesso ad andare fuori tema!
Quanto al
sèfer, certamente era composto da tavolette (argilla, pietra, metallo? Chi lo sa), di certo pesanti. Davvero non va inteso alla nostra maniera! Ma il vocabolo è quello,
sèfer, e lo sai bene.
Che la Toràh fosse in cielo non ci sono dubbi, ma si tratta di capire in che senso. Ma ciò aprirebbe una discussione diversa. Mi limito a far notare solo uno dei tantissimi particolari che dovrebbero far riflettere sul fatto che ogni lettera e spazio siano davvero tutti scritti o dettati da Dio: le Dieci Parole scritte con il dito di Dio (espressione concreta ebraica per dire la provenienza da Dio stesso). Se già ogni versetto è scritto da Dio perfino nelle lettere e negli spazi, perché specificarlo?
“Le tavole erano opera di Dio e la scrittura era scrittura di Dio incisa sulle tavole” (Es 32:15,16). Mosè riferisce: “Le scrisse su due tavole di pietra e me le diede” (Dt 5:22). Queste espressioni si possono intendere in modo figurato; infatti la Bibbia non di rado riferisce a Dio un effetto senza ricordarne la causa intermedia. In un passo, nonostante sia stato detto che Dio scrisse il Decalogo, si continua
con l'ordine di Dio a Mosè di scrivere. Dopo che Mosè aveva spezzato le tavole di pietra per la rabbia e l’indignazione nel vedere che il popolo si era rivolto all’idolatria, Dio gli dà questo comando: “Taglia due tavole di pietra come le prime; e
io scriverò sulle tavole le parole che erano sulle prime due tavole che hai spezzato” (Es 34:1).
Ma poi è detto: “Scrivi queste parole; perché sul fondamento di queste parole io ho fatto un patto con te e con Israele”. Es 34:27.
In più, un rabbino del primo secolo, che aveva studiato alla più alta scuola gerosolimitana di rabbinato, parla di intermediazione di angeli (Gal 3:19). Un altro ebreo fece pure riferimento all'intermediazione di un angelo. - At 7:38.
Su
nèfesh siamo finalmente giunti alla risposta: l’uomo è (
è, non ha) una
nèfesh proprio come gli animali, pur essendone indubbiamente superiore perché a immagine e somiglianza di Dio.
Ecco che allora che spesso si può tradurre
nèfesh giocando con le parole: non anima (che è un concetto greco-pagano) ma … anima-le.
Riguardo a יִּיצֶר (
yiytzèr) di Gn 2:7, con due
yod (י, y), forse interesserà molto ai nostri lettori sapere qualcosa di più in merito, perché ciò ha a che fare con il problema del male. Per cui mi dilungo, ma ne vale la pena.
Più avanti, in 2:19, circa gli animali è però scritto: וַיִּצֶר יְהוָה אֱלֹהִים (
vayitzèr Yhvh Elohìym), “e formò Yhvh Dio”, e qui il verbo יִּצֶר (
yitzèr), “formò”, è scritto correttamente, con una sola
yod (י, y).
I rabbini fanno quindi notare che gli animali sono stati creati con un solo istinto, mentre l’essere umano ha due inclinazioni. Lo
yod (י, y) è, infatti, la prima lettera della parola יֵצֶר (
yètzer), che significa “inclinazione”, come in Gn 6:5: “[Dio] vide che la cattiveria dell’uomo era abbondante sulla terra e che ogni inclinazione [יֵצֶר (
yètzer)] dei pensieri del suo cuore era solo cattiva in ogni tempo”. – TNM.
La buona inclinazione (Yetzer Tov) si manifesta anche nella coscienza morale come voce interiore che ci segnala che c’è qualcosa che non va. La coscienza è innata: Dio ha creato l’essere umano così. La sperimentarono subito Adamo ed Eva, nascondendosi per la vergogna non appena infransero il comando di Dio (Gn 3:7). Paolo conferma che ogni essere umano discendente da Adamo ed Eva la possiede: “Certo i pagani non conoscono la Legge data da Dio; ma quando essi compiono ugualmente ciò che la Legge comanda, è come se l’avessero dentro di sé. La loro condotta dimostra che nei loro cuori è scritto ciò che la Legge prescrive. Lo dimostrano la loro coscienza e i ragionamenti che fanno tra di loro, con i quali, a volte, si accusano, e a volte si difendono”. – Rm 2:14,15, TILC.
La cattiva inclinazione (Yetzer Ra) va compresa secondo il pensiero ebraico (e quindi biblico) e non all’occidentale. Si tratta della nostra natura egoistica. Tuttavia, occorre distingue bene il tipo di egoismo. L’egoismo inteso come aspetto negativo è l’egoismo psicologico ovvero l’agire solo in base ai propri interessi. C’è poi l’egoismo etico che consiste nell’agire in base ai propri interessi ma non solo per quelli. Generalmente, l’egoismo è visto come l’agire nel proprio interesse a scapito degli altri. La natura egoistica dello Yetzer Ra non è però in sé negativa. Si tratta, infatti, di un egoismo razionale. In etica, l’egoismo razionale è visto semplicemente come comportamento logico, affermando che è del tutto razionale agire in base ai propri interessi. Quest’ultima idea trova conferma nella realtà delle cose e nella Scrittura. È del tutto ovvio che mangiare, bere, dormire – per citare alcuni comportamenti comuni – sia fatto nel proprio interesse. Non farlo sarebbe un suicidio. Perfino provare gioia nell’ubbidire a Dio potrebbe essere definito egoistico, ma si tratta – appunto – di un egoismo razionale. La Scrittura ci dice di amare il prossimo come noi stessi (Lv 19:18; Mt 22:39) e ciò comporta necessariamente che prima di tutto amiamo noi stessi.
Lo Yetzer Ra non è quindi, in sé, qualcosa di brutto e negativo. È Dio che ha creato così l’essere umano, ed è grazie a questo istinto che progrediamo. È proprio grazie a tale sano egoismo razionale che mettiamo su casa, ci sposiamo, curiamo il benessere nostro e dei nostri cari. Tuttavia, da uno stimolo in sé positivo si può andare oltre e degenerare. Facciamo un esempio. Il desiderio sessuale è voluto da Dio e garantisce la costituzione di una famiglia e la procreazione; ma non solo, perché è un piacere che Dio invita a godere: “Benedetta la tua sorgente, la donna che hai sposato nella tua gioventù! Con lei sii felice” (Pr 5:18, TILC; cfr. Ec 9:9). In Israele, l’uomo che si sposava era esentato per un anno dal servizio militare e da altri obblighi sociali, così da poter godere insieme a sua moglie le gioie del matrimonio (Dt 24:5). Il desiderio sessuale, in sé buono, può però degenerare in violenza carnale, incesto, adulterio, omosessualità e altre perversioni.
Va notato che lo Yetzer Ra è un’inclinazione interiore che fa parte della persona, non qualcosa che viene dall’esterno. Tutti abbiamo la possibilità di fare una scelta.
“Vedete, io vi pongo oggi davanti alla scelta, tra una benedizione e una maledizione”. – Dt 11:26, TILC.
Lo
yètzer o inclinazione tende al male sin da quando l’essere umano è giovane: “L’inclinazione [יֵצֶר (
yètzer)] del cuore dell’uomo è cattiva [רַע (
ra)] fin dalla sua giovinezza” (Gn 8:21, TNM). I bambini e le bambine non sono malvagi né tantomeno nascono tali. Non sono neppure ancora dotati di una coscienza morale. Non sono neanche contagiati da un presunto peccato originale. Quando Paolo dice che “noi tutti vivevamo un tempo, secondo i desideri della nostra carne, ubbidendo alle voglie della carne e dei nostri pensieri” (Ef 2:3), egli vede l’essere umano per quello che è, per come si trova nella situazione attuale del mondo. E vede che l’essere umano, nell’ambiente attuale, cade nella schiavitù delle concupiscenze carnali e vive schiavo di satana. Paolo non parla qui dei bambini che nascono e muoiono, ma delle persone già mature che l’apostolo aveva davanti agli occhi con tutti i loro peccati. Anche se cerchiamo di creare un ambiente ideale, i nostri sforzi saranno frustrati dall’ereditarietà che influisce sull’individuo e lo condiziona, rendendolo tarato. A questa miseria umana è venuto incontro Dio con il suo grande e immenso amore: “Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore con cui ci ha amati, anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati)”. – Ef 2:4,5.
La cattiva inclinazione ci permette di conoscere il male e quindi ci aiuta a comprendere meglio il bene. Anche in ciò lo Yetzer Ra mostra la sua funzione positiva. Esso non va perciò soppresso. Dobbiamo piuttosto impiegarlo nel modo giusto lasciando prevalere lo Yetzer Tov. Il male, di per sé inoffensivo se rimane solo una possibilità che non cogliamo, produce le sue conseguenze se lo scegliamo: “La tua malvagità è quella che ti castiga”. – Ger 2:19.
Per tornare in argomento, possiamo riferirsi al Qohèlet:
“La sorte dei figli degli uomini è la sorte delle bestie; agli uni e alle altre tocca la stessa sorte; come muore l'uno, così muore l'altra; hanno tutti un medesimo soffio [
rùakh]”. - Ec 3:19.