Caro Antonio, per l’esegesi ebraica di Sl 40:6 potrebbe esserci d’aiuto Noiman. Il testo dei manoscritti non risulta comunque corrotto. Da parte mia posso segnalare alcuni riferimenti e collegamenti.
Tu stesso hai indicato che l'apertura degli orecchi probabilmente significa acquisire capacità di comprensione. Io farei un passo in avanti e direi capacità di ubbidienza. Pensa ad Is 50:5: “Il Signore, Dio, mi ha aperto l'orecchio e io non sono stato ribelle, non mi sono tirato indietro”. Qui l'apertura degli orecchi è messa in parallelo all’ubbidienza.
Riguardo al non gradire e chiedere sacrifici, credo vada inteso in senso relativo. Prendi Is 1:11: “Che m'importa dei vostri numerosi sacrifici?», dice il Signore; «io sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate; il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri, io non lo gradisco»”. Qui Dio non sta affatto abolendo i sacrifici (che lui stesso aveva stabilito). Se si legge bene il contesto, è l’ipocrisia che Dio sta rimproverando. Infatti, poi Dio dice:
12 Quando venite a presentarvi davanti a me,
chi vi ha chiesto di contaminare i miei cortili?
13 Smettete di portare offerte inutili;
l'incenso io lo detesto;
e quanto ai noviluni, ai sabati, al convocare riunioni,
io non posso sopportare l'iniquità unita all'assemblea solenne.
14 L'anima mia odia
i vostri noviluni e
le vostre feste stabilite;
mi sono un peso che sono stanco di portare.
15 Quando stendete le mani, distolgo gli occhi da voi;
anche quando moltiplicate le preghiere, io non ascolto;
le vostre mani sono piene di sangue.
16 Lavatevi, purificatevi,
togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni;
smettete di fare il male;
17 imparate a fare il bene; cercate la giustizia.
Questa situazione presentata da Is non è ovviamente la stessa di Sl 40:6. Qui il senso è quello di Os 6:6: “Io desidero bontà, non sacrifici, e la conoscenza di Dio più degli olocausti”. Ciò va letto in chiave ebraica: “Bontà, non sacrifici” non presenta affatto l’una ad esclusione degli altri, ma piuttosto esige che i sacrifici vengano fatti con sincerità e con buona coscienza. Così è anche per “la conoscenza di Dio più degli olocausti”. Precisato che la conoscenza non è quella intellettuale ma quella relazionale, anche qui è ribadito che gli olocausti sono graditi solo se fatti avendo un’intima e sincera relazione con Dio. In Is 11 si lamentava, infatti, proprio la pratica cultuale fatta tanto per farla.
Questo concetto è anche quello del salmista. – Cfr. Sl 51:16.
Concetto che è espresso chiaramente in 1Sam 15:22: “Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l'ubbidire alla sua voce? No, l'ubbidire è meglio del sacrificio, dare ascolto vale più che il grasso dei montoni”.
Il salmista, dopo aver detto:
“Tu non gradisci né sacrificio né offerta;
m'hai aperto gli orecchi.
Tu non domandi né olocausto né sacrificio per il peccato”,
dice infatti:
“Allora ho detto: «Ecco, io vengo!
Sta scritto di me nel rotolo del libro.
Dio mio, desidero fare la tua volontà,
la tua legge [Toràh] è dentro il mio cuore»”. – Sl 40:6-8.
Con la santa Toràh di Dio nella mente (il cuore biblico), il salmista è in sintonia con il pensiero di Dio: ama la sua Toràh e ubbidisce sinceramente. I sacrifici e gli olocausti diventano allora graditi a Dio perché fatti in sincera ubbidienza.
Letto in chiave messianica, il salmista pone tutto se stesso come sacrificio: “Ho detto: «Ecco, io vengo!»”.
Il dotto omileta di Eb lo applica a Yeshùa (Eb 10:5-7). Fa anzi di più. Egli, ispirato, vede giustamente nel sacrificio unico e irripetibile di Yeshùa la cessazione dei sacrifici animali che lo prefiguravano e che ora non sono più necessari perché superati da quello di Yeshùa.
Sono stato troppo complicato?