Devo complimentarmi per come viene condotta questa discussione.
Essa è stata posta correttamente, poi sono stati citati alcuni commentatori e sono state perfino valutate le loro spiegazioni, e tutto in modo corretto. Ottimo. Per una volta tanto si ha davvero l’impressione di essere nel posto giusto, oserei dire tra studiosi.
Nel mio piccolo cercherò anch’io di dare un contributo.
2Pt 1:21 presenta un problema di critica testuale. Infatti, il v. 21 si presenta nei vari manoscritti con lezioni diverse delle quali occorre scegliere la migliore. Esse sono:
• ἀπὸ θεοῦ ἄνθρωποι (
apò theù ànthropoi), “da parte di Dio uomini [parlarono]”. - P72, B, P.
• ἅγιοι θεοῦ ἄνθρωποι (
àghioi theù ànthropoi), “santi di Dio uomini”. - C.
• ἅγιοι ἀπὸ θεοῦ ἄνθρωποι (
àghioi apò theù ànthropoi), “santi da parte di Dio uomini”. È una combinazione delle due precedenti: “Santi uomini da parte di Dio”. - Sin, K, Beda, Vg.
Il senso fondamentale, come si vede, non muta; possiamo escludere la terza lezione che proviene dall'armonizzazione delle altre due. Sembra più probabile la prima che può spiegare l'origine della seconda per la confusione delle lettere greche originarie scritte in maiuscolo:
ΑΠΟ (
APO)
fu letto male come se fosse:
ΑΓΙΟ (
AGHIO)
Ad ΑΓΙΟ (
AGIO, pronuncia:
àghio) fu poi aggiunto uno iota (I) per farlo concordare con il sostantivo plurale ἄνθρωποι (
ànthropoi). Anche se talora il profeta è detto "santo" (
àghios, cfr. At 3:21) in quanto partecipa alla sacralità divina ed è
separato dagli altri uomini non profeti, è preferibile la preposizione "da" (
apò) che meglio si accorda con il contesto del passo.
Il senso del passo. Si oppongono due diverse interpretazioni del vocabolo greco tradotto “interpretazione” (“Nessuna profezia della Scrittura sorge da privata interpretazione”, v. 20, TNM). La parola greca è ἐπιλύσεως (
epilΰseos), genitivo di ἐπίλυσις (
epìlysis) che letteralmente significa "soluzione di una difficoltà; dipanare un complesso problema, spiegazione, esposizione". Siccome la parola può riferirsi tanto al profeta quanto al lettore, si può tradurre con "deduzione" o "interpretazione".
Il lettore. Siccome il profeta ha parlato sospinto dallo spirito santo, ne viene che la sua parola non può essere lasciata all’interpretazione privata, ci vuole un'interpretazione guidata dallo spirito santo. Questa è l’interpretazione favorita da molti cattolici che vogliono vedervi la necessità della guida della Chiesa per capire la Bibbia (Fillion, Sales, Merk, Chaine). Tale ipotesi non regge perché qui Pietro sta parlando dell'origine, del sorgere della profezia: “Nessuna profezia della Scrittura proviene [γίνεται,
ghìnetai] da […]” (v. 21). TNM perde questa importante sfumatura traducendo male quel
ghìnetai: “La profezia non fu mai recata”. Si tratta quindi dell’origine della profezia e non della sua lettura e interpretazione. Tanto è vero che poi si continua al versetto seguente spiegando che i profeti hanno parlato perché sospinti dallo spirito santo. Di più, se Pietro avesse voluto insegnare che nessun lettore può capire con la propria intelligenza la profezia, avrebbe dovuto indicare dove si sarebbe potuto attingere la genuina interpretazione e additare quindi al lettore il magistero della chiesa di allora (apostoli e vescovi). Invece nulla dice di tutto ciò, anzi in seguito, quando parla di errori biblici, afferma che essi sono dovuti all'ignoranza del lettore che va eliminata dalla stessa persona con lo studio (togliere l'ignoranza) e con la fede (eliminare l'instabilità) senza alcun bisogno di un magistero specifico. Inoltre, l'ipotesi sembra anche contraddire quanto afferma l'apostolo all'inizio (v. 19): se la profezia non può essere compresa dal lettore, allora non è più “una lampada ancora più splendente capace di illuminare il cammino”. Occorre quindi ricercare un'altra soluzione.
Le parole di Pietro riguardano il profeta. La profezia non deriva da indagine personale, da deduzione umana, da iniziativa individuale, bensì da illuminazione dello spirito santo. È quanto affermava già Beda (morto nel 735) nel commento a questo passo: “Nessuno dei santi profeti predicò i dogmi della vita con una sua propria interpretazione, ma ciò che Dio aveva detto, raccomandò di farlo ai suoi servitori”.
I profeti ispirati erano “mossi” dallo spirito santo (v. 21), vale a dire “sospinti” (φερόμενοι,
feròmenoi), condotti da esso come una nave è sospinta dal vento (cfr. At 27:15). Il paragone non è improprio: in ebraico la parola “spirito” significa “vento”.
Il risultato di questo “essere sospinti” fu il fatto che quelli parlarono da parte di Dio (
apò Theù). Quindi la loro parola era parola di Dio e al tempo stesso rivelazione per coloro che li ascoltavano. Il fatto che “parlarono” significa che furono uomini reali, non solo strumenti passivi come alcuni cosiddetti Padri della Chiesa e alcuni teologi della post-riforma pensarono, difendendo una ispirazione puramente meccanica. I profeti furono persone viventi, personalmente attive in tutto il processo del loro parlare. Lo scrivere è pur esso un parlare, un profetizzare, come risulta da Lc 1:63: “Egli [Zaccaria], chiesta una tavoletta, scrisse”.
Quindi il processo dell’ispirazione riguarda in modo speciale la predicazione. Tuttavia, siccome Pietro invita i suoi lettori a consultare questa “parola profetica” che allora giaceva depositata nello scritto, significa che anche lo scritto ha il medesimo valore della parola orale. Non vi è quindi distinzione per noi tra la predicazione profetica e il libro che la contiene. Il passo di Pietro riguarda evidentemente le Scritture Ebraiche, che erano ritenute tutte una profezia: “Queste cose avvennero loro per servire da esempio e sono state scritte per ammonire noi, che ci troviamo nella fase conclusiva delle epoche” (1Cor 10:11). Tuttavia, può valere anche per le Scritture Greche perché più avanti Pietro vi affianca le lettere di Paolo, paragonate pure esse alla Sacra Scrittura: “Anche il nostro caro fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; e questo egli fa in tutte le sue lettere, in cui tratta di questi argomenti. In esse ci sono alcune cose difficili a capirsi, che gli uomini ignoranti e instabili travisano a loro perdizione come anche le altre Scritture”. - 2Pt 3:15,16.
In conclusione possiamo asserire che i profeti furono strumenti assunti da Dio per insegnare agli uomini. Il loro ammaestramento è quindi sempre alla portata di tutti, perché è contenuto nella Sacra Scrittura. A questa, che è tuttora accessibile, possono riferirsi i credenti che non erano presenti alla trasfigurazione di Yeshùa. La Bibbia è quindi più importante di questo evento perché tale miracolo fu visibile solo a tre apostoli, mentre la Sacra Scrittura è sempre alla portata di tutti.