Pagina 5 di 17

Re: Le traduzioni della Bibbia

Inviato: sabato 20 agosto 2016, 17:30
da Gianni
Uao! (Scusate se non scrivo wow ma mi fa venire in mente un nauseabondo - almeno per me - liquore all'uovo). Stella Esegeta! :-)

Re: Le traduzioni della Bibbia

Inviato: sabato 20 agosto 2016, 17:46
da stella
ahh...ahhh... b-) ... :-O non avevo detto ,scritto ''che sono curiosa? :P

esegeta ..... [-X Gianni ....curiosita' :-??

Re: Le traduzioni della Bibbia

Inviato: sabato 20 agosto 2016, 17:51
da Gianni
Esegeta è chi si occupa in modo diretto di esegesi, l'interprete dei testi sacri. Ora che hai gli originali in ebreico e in greco ... beh, ci aspettiamo grandi cose! Lo dico con tanta simpatia e tanto affetto, Stellina. :-)

Re: Le traduzioni della Bibbia

Inviato: sabato 20 agosto 2016, 17:54
da stella
lo so caro Gianni come lo dici ,ma il fatto e' che non conosco ne greco ne abraico e a volte nemmeno l'italiano ... #:-S ...
ma chiedo aiuto a te ...ci sei no !... :-)

Re: Le traduzioni della Bibbia

Inviato: sabato 20 agosto 2016, 17:58
da Gianni
Sempre (dove posso). :-)

Re: Le traduzioni della Bibbia

Inviato: domenica 21 agosto 2016, 16:22
da ilvigilante
Oggi mi è capitato di soffermarmi su questo passo di Isaia, tratto da TNM:

Isaia 43:10

10  “Voi siete i miei testimoni”, è l’espressione di Geova, “pure il mio servitore che io ho scelto, affinché conosciate e abbiate fede in me, e affinché comprendiate che io sono lo stesso. Prima di me non fu formato nessun Dio, e dopo di me continuò a non essercene nessuno.

L'ultimo periodo, "Prima di me... e dopo di me continuò a non essercene nessuno" è corretto come traduzione?
Quel "continuò " reso al passato per un'ipotetica situazione futura, mi intriga parecchio!
Primo perché potrebbe essere una cattiva costruzione della frase,
Secondo perché ben renderebbe l'idea che anche il futuro, nella mente di Dio, è come se fosse il passato

Re: Le traduzioni della Bibbia

Inviato: domenica 21 agosto 2016, 18:29
da Gianni
Caro Ilvigilante, non ci resta che vedere il testo originale di Is 43:10:

אַתֶּם עֵדַי נְאֻמ־יְהוָה וְעַבְדִּי אֲשֶׁר בָּחָרְתִּי
attèm edaý neum-Yhvh veavdìy ashèr bakhàrty
voi testimoni di me oracolo Yhvh e servo di me che scelsi

לְמַעַן תֵּדְעוּ וְתַאֲמִינוּ לִי וְתָבִינוּ כִּי־אֲנִי הוּא
lemàan tèdu vetaamìynu liy vetavìynu ky-anìy hu
affinché conosciate e crediate in me e intendiate che io quello

לְפָנַי לֹא־נֹוצַר אֵל וְאַחֲרַי לֹא יִהְיֶה
lefanaý lo-nòtzar el veakharày lo yhyèh
davanti a me non fu formato dio e dopo di me non sarà

Messo in un italiano più comprensibile ma sempre letterale:
“Voi [siete] miei testimoni – oracolo di Yhvh – e [il] mio servo che scelsi perché conosciate e crediate in me, e intendiate che io [sono sempre] quello. Prima di me non fu formato [alcun] dio e dopo di me non ci sarà.

Il verbo oggetto della domanda è yhyèh (יִהְיֶה). Si tratta del tempo kal futuro del verbo “essere”. Ma non si faccia l’errore di intendere futuro nel nostro senso. Invece di futuro alcune grammatiche ebraiche lo chiamano imperfetto, ma anche questo nome è equivoco.
In ebraico il futuro (o imperfetto) esprime un’azione incompiuta, non terminata. Ciò può essere riferito al passato, al presente o al futuro come da noi intesi.

Faccio un esempio con il verbo italiano mangiare. Notate come i nostri tempi rendono bene l’idea del tempo dell’azione:
Mangiai (in passato; azione conclusa);
Ho mangiato (azione conclusa da poco);
Mangiavo (azione continuata nel passato):
Mangio (azione continuata al presente);
Mangerò (azione futura non iniziata);
Avrò mangiato (azione conclusa in futuro).

La lingua ebraica non bada alla questione del tempo come da noi inteso ma si concentra sull’aspetto dell’azione ovvero se l’azione è conclusa oppure no.
In pratica, in ebraico si avrebbe soltanto “mangiai” (azione terminata) oppure “mangerò” (azione non terminata). Queste due azioni sono dette “perfetto” e “imperfetto/futuro”, ma in senso ebraico.

E il tempo come da noi inteso come si esprime? In nessun modo: è il contesto che lo stabilisce.
Se ad esempio dico che domani mangerò, è chiaramente futuro.
Ma se dico che ieri “mangerò”, il senso è che mangiavo (azione continuata nel passato).
Se dico che adesso “mangerò” il senso è che sto mangiando.
Se dico che domani “mangiai” è senso è che avrò mangiato (azione conclusa in futuro).

In Is 43:10 il contesto mostra chiaramente che Dio sta dicendo che lui è l’unico, quindi bene la traduzione della CEI: “Prima di me non fu formato alcun dio né dopo ce ne sarà”.
E TNM? Uno dei suoi pochi pregi è che tende al letterale, ma quando esagera diventa equivoca. Traducendo
“continuò a non essercene” è letterale al massimo, perché esprime molto bene con quel “continuò a” l’azione perdurante e non terminata. Ma poi suscita domande perché non rispetta i nostri tempi secondo il contesto.

Ottima TILC: “Perché crediate in me e sappiate che io sono il solo Dio. Prima di me non ce n'è stato un altro, dopo di me non ce ne sarà”.

Invito Noiman - ringraziandolo anticipatamente - a correggermi se e dove ho sbagliato qualcosa (compresa la trascrizione e la traduzione!).

Re: Le traduzioni della Bibbia

Inviato: lunedì 22 agosto 2016, 9:14
da ilvigilante
Grazie Gianni,
Ottima disamina.
Nulla a che vedere quindi con l'idea che Dio vede il futuro come se fosse già passato, nel senso, comunque plausibile, che tutto ciò che dice e promette, certamente si adempirà.

Re: Le traduzioni della Bibbia

Inviato: lunedì 22 agosto 2016, 9:26
da Gianni
Ilvigilante, per Dio non esiste il futuro. Dio vive nel tempo fermo ed eterno, che è la sua dimensione. Per Lui presente, passato e futuro sono un tutt'uno nel suo eterno presente. Concetto molto difficile, ma così è.

Re: Le traduzioni della Bibbia

Inviato: sabato 3 settembre 2016, 10:42
da bgaluppi
Propongo un'altra traduzione da discutere.

2Pt 1:19-21: “Abbiamo inoltre la parola profetica più salda: farete bene a prestarle attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, fino a quando spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori. Sappiate prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura proviene da un'interpretazione personale; infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell'uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo” (NR)

Il termine interpretazione può riferirsi tanto al profeta quanto al lettore, ed è proprio qui che sorgono divergenze. I cattolici propendono per il riferimento al lettore, infatti la CEI traduce:

“Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta [γίνεται, terza persona del presente indicativo di γίνομαι] a privata spiegazione”. Ma il verbo γίνομαι non significa affatto "rendere soggetto", o "assoggettare", significa "venire ad essere", "nascere", ed indica l'origine di ciò a cui si riferisce, nel caso specifico la profezia.

Attendo vostre considerazioni.